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Autore: Mattalara    02/12/2015    2 recensioni
La creatura più maestosa che abbia mai visto.
Così pura, magnifica, potente fuori...ma così fredda, crudele e con una triste vita dentro.
I suoi occhi rossi mi fissano con curiosità e sfida, non posso fare a meno di pensare a quanto sia incredibile...la creatura che finirà presto la mia vita.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali:Ho preso spunto da un gioco sulle creature mitologiche che trovavo perfetto per questa fic.
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                         THE EMPIRE OF GRIFFINS



Non ho mai visto nulla, di così perfetto.

Un grifone femmina.

Bianca come la neve, tutte le sue parti del corpo erano bianche, il pelo, le zampe, le piume, il becco, solo i suoi occhi erano diversi. Pietre rosse come il sangue e il fuoco insieme, un inferno che danza nel suo fiero sguardo. Ipnotico.

Mi fissa, con curiosità e paura. Come se vedesse un umano per la prima volta e avesse paura di essere ferita, da qualcosa di così piccolo e impuro di fronte a lei.









Il progetto era riuscito.

Erano nati.

I bambini Wesker. Come in ogni progetto che ci fallisce e chi eccelle.

Albert Wesker era molto promettente, sapevano già che sarebbe stato destinato a grandi cose.

Anche Alex.

Erano gli unici due sopravvissuti, gli Adamo ed Eva di una nuova grande razza, di qualcosa i superiore.

Peccato solo uno, scelse di non tradire il loro padre.









Tornai spesso sul luogo del mio incontro con Iceshard, così l'avevo chiamata.

C'era un intero branco di grifoni su quelle montagne, ma lei era l'unica di quel colore.

Anche lei mi osservava a volte, standosene lontana o avvicinandosi a scrutarmi da vicino, mi stavo davvero affezionando a lei.

Gli altri membri erano altrettanto interessanti.

Notai una coppia di grifoni dal corpo bianco e dorato con un cucciolo, che credo fosse femmina; una coppia di gemelli, un maschio e una femmina, dalle piume completamente d'oro con gli occhi blu come il ghiaccio. Ho capito che fossero fratelli perché erano indistinguibili da lontano; c'erano due femmine, anche loro della stessa nidiata, una con le piume castane chiare e gli occhi grigio cenere, l'altra con gli stessi occhi ma con le piume corvine; altre due femmine non parenti, una di un nero chiaro con gli occhi nocciola e l'altra dalle piume di un castano quasi biondo con gli occhi più scuri.

I due maschi più potenti avevano gli stessi occhi di Iceshard, ma il più giovane era marrone scuro e il più grande era nero come la pece.











L'Umbrella era un grande impero.

Ogni sua componente era come una cinta di mura che ne custodiva i segreti e tutti coloro che avevano aiutato il capo ne erano a conoscenza.

Certo, Albert Wesker si prese il trono, prese aiutanti anche dalla Tricell e altre società, era il signore assoluto, comandava su tutto e tutti a modo suo.

Le sue regine erano varie, alcune non stavano al suo fianco, altre erano passeggere, altre ancora condividevano il posto.

Quella giusta non l'avrebbe ancora trovata, quella giusta era scomparsa, era fuggita da quell'impero e non era stata ritrovata.

Dov'era Alexandra Wesker?









Iceshard non era mai in mezzo al gruppo.

Spesso stava in disparte, mentre gli altri grifoni conversavano.

Qualche volta però comunicava con loro.

Una volta, le due sorelle e i gemelli le si avvicinarono, temevo che l'attaccassero, invece cominciarono a comunicare.

Spesso la spingevano con la testa o le strattonavano la coda per incitarla ad unirsi più spesso.

Tranne il maschio dal colore bruno.

Una sola volta li ho visti interagire, lei quasi morì. il maschio l'aggredì all'improvviso, l'aveva sempre ignorata.

Quello nero scuro le si era fatto accanto e il bruno l'aveva assalita, la graffiava, la beccava e sollevandosi in volo la scagliava da una parte all'altra.

lei si difendeva con tutte le sue forze, a volte riusciva a ribaltare la situazione, sembrava riuscire a vincere, gli altri incitavano non so chi.

Alla fine lui vinceva, la scagliava via e se ne andava con fare altezzoso, solo la più chiara fra le due sorelle gli si faceva accanto, ma veniva allontanata. Anche se non era scacciata, tornava da sola da Iceshard e il resto del gruppo.

Il maschio nero scuro, che ho chiamato Nightjudge, le si fece vicino, lei era spaventata, ma lui la rimise delicatamente in piedi con il becco e gli artigli anteriori, aiutandole e allontanando l'altro.

Un giorno però, lei lo sconfisse, divenne l'alfa, più forte di lui.







Lui le aveva voluto bene.

Come ad una sorella.

Di più, lui l'aveva amata, come nessun altro aveva mai fatto.

Vedeva in lei qualità che nessuno credeva esistessero davvero, a lei stessa erano invisibili e inafferrabili.

Ma lui l'aveva aiutata, le aveva dato il suo cuore.

<< Non mi lasciare >>

<< Mai >>

Magari fosse stato vero.

Magari quel mai fosse durato l'eternità che tutte le ignare pedine dei virus sognavano, magari la loro vita fosse stata eterna, come l'immortale bellezza di una bambola di porcellana perfetta.

Bambole, bambole dell'Umbrella, della Tricell, delle fantasie che regnavano nelle loro menti.









Un altro branco di grifoni si era stabilito li accanto, i due leader si odiavano.

Era chiaramente un conflitto nato anticamente, ma i branchi seguivano i loro capi.

Combattevano, ferendosi e morendo, a volte anche i cuccioli rischiavano grosso, erano conflitti terribili e osceni da guardare.

Ma ero preoccupato per Iceshard.

Il nuovo branco stava vincendo, cadevano tutti uno dopo l'altro i membri dell'originario. Nessuno voleva arrendersi.

La cucciola si era salvata, ricordo che la madre l'aveva portata in salvo lontano, o meglio, l'aveva spinta ad andare nel branco vincente, nessuno l'avrebbe sfiorata.

Fu uccisa per sbaglio, il compagno cercava di distruggere una trappola messa da dei cacciatori per altre prede, una rete con delle spine, la lanciò contro la compagna per sbaglio. Le ferite erano gravi.

Fu ucciso da una coppia dell'altro branco, un maschio dalle piume dorate, che credo sia il nuovo compagno della grifona nero chiaro del primo branco e una femmina dalle piume rosso fuoco, lei era meno aggressiva, sembrava triste e nei suoi modi c'erano compassione e comprensione.





<< William! Non mi riconosci? Tua moglie, Annette! >>

a donna alzò la mano con l'anello che il mostro che le era di fronte le aveva donato prima di trasformarsi.

Colui che era William Birkin fissò la donna, un barlume di coscienza era tornato in lui e la vedeva come  qualcosa da non distruggere, poteva quasi sentire il loro legame.

<< William mi dispiace, devo mettere una fine a G >>

Alzò la pistola, puntata contro la testa del marito, che si notava in quel corpo deforme.

Il mostro si spaventò corse verso di lei, pregandola di abbassare l'arma, lei non capiva, sparò alla testa, il punto debole.

Lui urlò ferito, colpendola con gli artigli e scaraventandola contro una parete.

Annette birkin morì poco dopo, davanti agli occhi di sua figlia, Birkin fu giustiziato da Claire e Leon, si poté ricongiungere a sua moglie, Sherry invece andrà ancora avanti.









Un maschio dal colore arancione vivo uccise il maschio dei due gemelli, per salvare la sua compagna rosso fuoco, la sorella stette una vita a cullarlo, sembrava cantare.

Venne uccisa dal fratello maggiore della stessa femmina, che chiamerò Fireflames, non mi vergogno ad ammettere che ho pianto.

Ho pianto vedendo simili magnifiche creature soccombere alla crudeltà della natura.





Alfred Ashford si trascinò morente ai piedi dell'amata sorella.

Era felice di poterla rivedere un'ultima volta, prima di morire.

<< A-Alexia, sei finalmente sveglia...A-Alex-xia >>

Svenne per un attimo, appena lei fu uscita dal contenitore per la criostasi. Risvegliandosi fra le sue braccia.

<< Ciao fratello >>

<< E' così bello rivederti. Un'ultima volta >>

<< Non dire così! >>

Esclamò lei, improvvisamente triste e preoccupata.

<< Ti aiuterò io, vedrai che andrà tutto bene! >>

<< No mia regina. Tu devi andare avanti, questo soldato indegno ha fatto il suo lavoro. Devi continuare è il tuo sogno >>

<< NO! Non sei indegno, non sei solo un soldato, tu sei il mio re! E' il nostro sogno, abbiamo fatto tutto insieme, non possiamo lasciarci adesso, ci siamo appena rivisti! >>

Piangeva disperata.

Quindici lunghi anni, suo fratello, l'aveva appena rivisto, non poteva lasciare che se ne andasse così velocemente.

<< Ti prego non lasciarmi, non sono nulla senza di te >>

<< No. Anche io era nulla senza di te, ma ora siamo insieme, resterò con te anche se non mi vedrai. regnerò al tuo fianco. Ti amo Alexia >>

Quel ti amo era qualcosa di più.

Alfred usò le ultime forze rimaste, per baciare le labbra della sua regina, regina che aveva amato come una sorella e anche di più, in modo che ad altri sarebbe sembrato un amore morboso e osceno fra due fratelli.

<< Anche io ti amo Alfred >>

Disse lei. Cantandogli poi una dolce ninnananna, la stessa che gli cantava sempre.

Fissò con odio coloro che l'avevano ucciso, li avrebbe fatti pagare per tutto.











La grifona nero chiaro era andata nell'altro branco, era ormai la compagna del maschio che aveva ucciso il padre della cucciola dorata.

Le due sorelle si dovettero separare, la più grande, quella nero scuro, portò lontano la più piccola, spesso avevano litigato si, ma ora si stavano separando.

La maggiore andò al fianco del maschio alfa, lui le diede un fiore, lei andò a combattere.

Riconobbi poco dopo un fiore magico.

L'avevo studiato su un libro, dava una forza immensa al possessore, ma in cambio, si prendeva la vita di esso.

lei si contorse a terra, urlando disperata, prima di rialzarsi con gli occhi luminosi e movimento meccanici quasi innaturali, si vedeva chiaramente che era morta, lasciando sangue cadere dal becco e dagli occhi, fino a venire uccisa dall'alfa nemico e un'altra grifona del branco.





Excella barcollò in avanti, cadendo in ginocchio disperata.

Perché?!

Aveva fatto tutto per lui, era destinata a regnare al suo fianco.

Perché?!

Si era ripromessa anche di sistemare i rapporti con la sorella, di essere sempre al fianco del suo Dio.

Ora sentiva solo Uroboros che si agitava nelle sue viscere.

Sentiva delle voci, vedeva delle figure annebbiate davanti a lei, ma non riusciva più a distinguere nulla, quasi non sentiva neanche i suoi pensieri.

<< ALBERT! >>

Allo stremo, urlò il nome del suo amato, del serpente che le aveva offerto una mela avvelenata e lei aveva abboccato all'amo come un idiota.

Ora nella mente del mostro, regnavano rabbia, fame e disperazione.

Disperazione dettata dalla consapevolezza di essere condannata ad una fame eterna, quei cadaveri sul ponte erano leggeri come nulla, non bastavano.

Serviva carne VIVA.

I due umani che la fissavano, sembravano cercare in lei ancora qualche traccia di umanità, i suoi ultimi pensieri razionali erano di odio verso i due, se non fosse stato per loro, non sarebbe successo.

Sprecò così i suoi ultimi istanti di vita Excella Gionne, combattendo per una guerra persa.









Il maschio bruno era ormai sparito.

Introvabile.

L'alfa era sceso in battaglia dopo l'ultima a cadere dei suoi alleati.

I due capi si scontrarono a terra e in cielo, era forse una delle battaglie più cruente che abbia mai visto.

Vi era li accanto un vulcano, spesso i draghi andavano i alla ricerca di un tipo di fiore che cresce solo in quelle condizioni atmosferiche.

Ricordo solo Nightjudge, sparire tra la lava e le fiamme, alzarsi e tentare ancora di combattere, non l'avevo mai visto spaventato.

Ed ora tentava invano la fuga dalla morte, accendendosi come una candela. La cui fiamma si sarebbe presto spenta.





Albert Wesker era andato.

Li tra le fiamme del vulcano e la lava che bruciava il suo corpo, tentava di distruggere l'elicottero contenente la sua più grande rovina.

Un Dio non può morire, il mondo che aveva tanto sperato di creare non poteva fallire.

Non aveva mai avuto paura della morte, neanche davanti al Tyrant, la notte in cui tradì la S.T.A.R.S; ora era diverso, non c'era un dopo.

Sarebbe morto e sarebbe stato dimenticato li, ricordava la Scala del Sole, quel fiore magnifico che era sigillato nel Giardino del Sole.

Per un attimo si sentì come lui, un bocciolo che era fiorito e che ora stava per appassire, aveva paura.

Per la prima volta in vita sua, Albert Wesker aveva pura, non voleva morire, non sul serio, non li da solo.

Vide il missile venire sparato contro di lui, poi nulla.

Il Dio era caduto.









La femmina castano chiaro si lasciò liberamente uccidere.

Aveva visto dei cacciatori difendersi da grifoni aggressivi, che non avevo ancora visto fra i due branchi.

Ricordo che lei era divisa fra due metà, davanti ai nemici era forte e aggressiva, ma da sola o con gli altri, la vedevo triste, fragile, quasi come se stesse solo recitando.

Andò davanti alla traiettoria di uno di loro, aveva arco e frecce, lei aprì le zampe anteriori come fossero braccia.

Accettando la fine, abbracciò la morte, cadendo a terra con grazia, quando mi avvicinai, sorrideva.

Era felice e morì lieta, con le ultime lacrime nei suoi occhi.



Carla Radames era finita.

La sua esistenza era stata solo una bugia, una vita divisa fra una donna forte e coraggiosa, la Ada Wong di Simmons e una donna fragile e consapevole degli errori commessi.

Carla non era più il burattino di quell'uomo, ovvio aveva un piano, un piano infallibile anche post-morte, ma era finalmente libera.

Libera.

E lo sarebbe  stata per sempre.

Gli occhi di un mostro si aprirono al mondo, sarebbe stata libera, una volta che Ada sarebbe stata nella tomba.









Iceshard era a pezzi.

Anche lei aveva combattuto, macchiandosi gli artigli di sangue.

Li fissava con odio e disgusto, si sentiva in colpa.

<< Stai bene? >>

Le chiesi.

Lei indietreggiò pregandomi con lo sguardo di allontanarmi da lei, non era di me che aveva paura, di lei.

<< Possiamo sistemare le cose, cosa vuoi fare?! >>

Era sul bordo di uno scoglio.

Guardò in basso, sorrise.

Mi guardò e parlò per la prima volta.

<< Fuggire >>

<< NO! >>

Si lasciò cadere, come un angelo che perde la fede, il sole brillava sulle sue piume, mentre cadeva in acqua.

Tutti gli animali mitologici e non hanno una voce, solo pochi riescono a sentirla, ma ora sentivo sol disperazione e tristezza.

Nella mia mente vi era una sola immagine: un angelo che affoga, potrebbe salvarsi benissimo, ma si lascia andare perché è ciò che vuole.





Alex Wesker non era mai stata come suo "fratello" Albert.

Quel mai si era infranto li, a Kijuju, ora il sangue delle sue vittime tornava a tormentarla.

Tutte le vite che aveva infranto le urlavano contro, anche le Dee hanno risentimenti no?

Fissò gli occhi blu di Claire, provando grande ammirazione per il coraggio e la tenacia della ragazza.

<< Cosa stai cercando di fare? >>

Le chiese.

Alex sorrise, puntandosi la pistola alla tempia, volendo liberarsi del peso della coscienza.

<< Fuggire >>





Iceshard non c'era più.

Stessi intere settimane ad incolparmi per non aver tentato altro per fermarla.

Poi accadde.

Un urlo allucinante ruppe l'atmosfera, in una fattoria vicino, vedevo qualcosa trascinare via il corpo inerme di una persona.

Una creatura nera come la notte, con ali da pipistrello e grossa come un orso.

Con spada ed incantesimi affrontai la belva, nessuno dei miei colpi sembrava scalfirla.

Mi inchiodò al suolo con gli artigli, ruggendo irata, riconobbi quel ruggito.

<< Iceshard?! >>

Ora si fermò.

Il suo aspetto tornò quello di sempre.

La creatura più maestosa che abbia mai visto.

Così pura, magnifica, potente fuori...ma così fredda, crudele e con una triste vita dentro.

I suoi occhi rossi mi fissano con curiosità e sfida, non posso fare a meno di pensare a quanto sia incredibile...la creatura che finirà presto la mia vita.

Si ritirò lontano, le ferite inferte ora si aprirono sul suo corpo.

Sanguinava morente ed io...io le avevo fatto ciò.

<< Mi dispiace Iceshard. Mi dispiace! >>

<< Prendi-la >>

<< Co-cosa? >>

<< Prendi mia figlia >>

Mi porse un uovo.

<< Si chiama Phoenix, Fenice. Occupati di lei, anche il nostro alfa aveva un figlio, ma non sappiamo dove sia. Promettimi che ne avrai cura ed ora ti prego, metti fine alle mie sofferenze >>

<< Non potrei mai ucciderti >>

<< Ma non puoi lasciarmi soffrire >>

Non potevo dire altro, presi la spada, un solo colpo al collo.

La sua sofferenza era giunta al termine.

Mi chiesi perché la piccola si chiamava Phoenix, la fenice è solitamente la rappresentazione della rinascita, della resurrezione, del ritorno dalla morte.

Poi capii.

Alla schiusa dell'uovo, Phoenix era come la madre, come nel senso di uguale, era il clone vero e proprio.

Era rinata attraverso lei.





Alex Wesker era morta.

Di nuovo.

Stavolta da un mostro infetto, era diventata una bambina, si sentiva rinata, dentro Natalia.

Era di nuovo viva, quel corpo le bastò, il tempo necessario per la rigenerazione del suo corpo originale.

Aprì gli occhi nel luogo dov'era morta.

<< Ben svegliata Alex >>

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Note d'autrice: Il finale è un riferimento al sequel di:Quando le squadre si formano alla cavolo di cane, che scriverò presto.
  
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