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Autore: Fear    03/12/2015    2 recensioni
[ Romantico, introspettivo, sentimentale; H/C – POV!Hotaru, centric●Hotaru/Gin | prima classificata e vincitrice del "premio miglior stile", "premio miglior titolo", "premio miglior descrizione", "premio miglior fine e inizio" e "premio Ayumu" al contest La luna ci sorride, sussurrandoci che è tempo di andare indetto da Ayumu Okazaki e Himeko Kuroba sul forum di EFP ]
Cit/: Non c'è bisogno di piangere, tuttavia: Gin, tu sei con me. Perché le stelle le vedo, il vento lo sento, la terra la tocco, e il sapore delle tue labbra lo ricordo. Tu sei qui, grazie a me e grazie a te; grazie alla fine che doveva arrivare dopo l'inizio e che mi ha allacciato al sottobosco profumato, facendomi incidere il tuo nome con lo sguardo, così che quando gli spiriti della sera arrivano, lo portano in un posto lontano, urlando, e tutto il mondo sa di te. [...]
Ascoltami, non distrarti, il mio segreto non è ancora completo. [...]
—✿ scritta perché Gin, indifferentemente, sorrideva e stava con lei; 692 parole.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hotaru Takegawa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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T u t t o  è  u n a  t u a  c r e a z i o n e ;
Urlerò nei miei sogni il tuo nome, scriverò le tue poesie,
così ogni cosa parlerà di te.
 



 

La corda — il laccio, il filo rosso — ci congiungeva in un tornante scombinato e argenteo; l’inizio di questo amore aveva le rose e i fiori di pesco, gli aghi di pino dolcemente immersi nella pelle che pareva vetro. L’amore possedeva una canzone dedicata a noi, qualificata da quelle sue parole impenetrabili che attiravano il nostro interesse; le frasi attorcigliate sminuivano in un coro forestale, e una voce a cui avresti dovuto prestare attenzione s’innalza ancora. Tutto ritorna concreto sull’orlo della fine del sogno, al termine del componimento ritmico, e ogni dettaglio compare adesso organico e tangibile, tranne te. Non c’è da soffrire, tuttavia: nell’evo passato in cui si viveva, quando l’estate e le farfalle erano una tua creazione, Gin, quando si rideva e si scherzava, la corda bianca appariva greve sul palmo emaciato e le falangi sottili: il tessuto uniforme pesava sul cuore. Ora, invece…
Chiudi gli occhi, non ti muovere, perché voglio avvicinarmi al tuo viso e svelarti un segreto: a me, la nostra materiale congiuntura non era mai piaciuta. Preferivo le poesie volate in cielo, scappate dalla tua bocca, oppure le occhiate lattee evase dalla felice maschera. Esistevo, io, per il legame astratto tra di noi, per i tasti monocromatici che avrei voluto vederti toccare, perché con quelle dita il ruolo di pianista ti sarebbe stato d’incanto. Magari saresti stato chiamato “compositore” per un ruolo importante in un lungometraggio senza voce che narrava di una tragedia in estate, di una storia di lucciole che si portavano con loro un ragazzo di età troppo acerbo, di una notte calda e di una corda bianca. Del pianoforte, però, tu avresti imparato i tasti candidi del colore dei tuoi capelli, quelli neri li avresti dovuti lasciare a me, così saresti rimasto incontaminato.
Non c’è bisogno di piangere, tuttavia: Gin, tu sei con me. Perché le stelle le vedo, il vento lo sento, la terra la tocco, e il sapore delle tue labbra lo ricordo. Tu sei qui, grazie a me e grazie a te; grazie alla fine che doveva arrivare dopo l’inizio e che mi ha allacciato al sottobosco profumato, facendomi incidere il tuo nome con lo sguardo, così che quando gli spiriti della sera arrivano, lo portano in un posto lontano, urlando, e tutto il mondo sa di te.
Ascoltami, non distrarti, il mio segreto non è ancora completo: sai, Gin, una volta ho provato a gettare via i ricordi della zuccherata dolcezza di un cocomero maturo, delle camminate infinite e della luna brillante, provando a fare spazio solo al tuo viso e alla corda bianca tanto odiata. L’ho fatto perché, dopotutto, la indosso ancora. Al polso, essa odora di frutta e d’incenso, odora di neve e delle lacrime versate per il desiderio d’incrociarti sull’erba mai sfoltita. Le ho buttate in un angolo, queste mie memorie, ho inspirato e le ho viste spiccare il volo: ho guardato dove andavano, dove conducevano il mio braccio e il mio corpo intero. Poi ho sorriso, le ho riprese, sussurrando loro queste parole, e le ho lasciate andare, arrendendomi al fatto che erano tue e capendo che correvano da te.

Ambivano d’oltrepassare l’inizio dell’infatuazione.
Le strade sterrate dell’affezione.
La trasformazione in desiderio.
La fine dell’amore e del tuo tocco, giungendo al limite del confine.

Saltando, entusiaste — sono sicura — sono precipitate nella tua mano e sul bordo dell’inizio di qualcosa di nuovo, di un frammento di vita che ora affronto senza di te. Non c’è bisogno di dirci addio, tuttavia, perché, Gin, all’inizio della corda bianca c’ero io, e io ci sono ancora. Io che un “ti amo” non te l’ho mai detto, ma che te lo posso dire adesso. Alla fine di essa, tu non vivi. Te qui non sussisti perché sei molto di più; sei al di là del limite, giaci tra gli incantesimi di purezza che non mi possono raggiungere, tra le stesse rose e i fiori di pesco, le lucciole e l’estate, le nuvole e il cielo, la pellicola muta e le canzoni d’amore. Ma non ho niente da invidiare a loro, perché io, volendo, volo più in alto, direttamente nel tuo abbraccio.


 

«Gin?»
«Hotaru?»
«Lo vuoi sapere un segreto?»
«Dimmi».

«Ti amo».





nota dell'autrice:
i feels sono veramente potenti in questa one-shot. Onestamente, invidio tutti gli autori che riescono a scrivere flash-fictions: io ci provo, ma puntualmente mi ritrovo in qualche modo oltre le 500 parole. Questa doveva essere una flash-fiction, strutturata persino in modo differente, ma alla fine la musica e il mio cuore mi hanno portato verso una determinata direzione e questo è il risultato. Mi dispiace vedere lo splendido lungometraggio che è Hotarubi no Mori e come uno sfiga!fandom; data la sua bellezza e storia alquanto intrigante e dolce, desidererei leggere ulteriori fictions nella sezione. A ogni modo, ritornando al testo sopra, non c'è molto da dire, tranne che ho sperimentato un po' utilizzando la prima persona e il presente - con chiaramente alcune parti in passato per ambientare i ricordi della protagonista. Abbiamo un costante dettaglio che mi ha ispirato sin da subito a scrivere la storia per il tema dell'inizio e della fine del contest a cui la narrazione partecipa: la corda. Da me chiamata corda, o laccio, s'intende quel pezzo di tessuto che per svariate estati ha legato insieme Hotaru e Gin, un oggetto che di certo non passa inosservato e che ho trovato particolarmente ingegnoso. La storia narra di Hotaru che ricorda di come all'inizio Gin non avesse nessuno, solo la natura, di come sin da subito l'abbia amato e che cosa ella amava di quell'amore: la sua astrazione. Come giovane donna racconta di non avere adorato la corda, nonostante la legasse al ragazzo, e che preferiva le piccole gesta non concrete. Nonostante questo, nonostante il disprezzo per la corda (che non era tanto per la corda stessa ma più che altro per ciò che essa le ricordava), si capisce verso la fine che Hotaru ancora la porta al polso per ricordarsi di Gin e dei bei momenti. Inizialmente abbattuta, ho voluto dimostrare in questa piccola storiella come Hotaru sia andata avanti, senza avere i miei tipici finali depressi, tristi e angst, ma con una decisione e maniere di pensare decisa e che personalmente trovo adatta al personaggio. Ah! Un ultimo appunto: una ripetizione che ho usato tre volte nel testo: "Non c'è [...], tuttavia". Questo è un dettaglio voluto per meglio mostrare al lettore il progresso mentale di Hotaru da quando ella ha perso Gin. Nulla di più, un filo conduttore. Il tema dato l'ho adoperato in varie rifiniture, soprattutto non volendo scrivere di un inizio e di una fine, ma più che altro di una fine che ha generato un nuovo inizio. Spero di avere fatto un lavoro soddisfacente e spero che Ayu ed Eko apprezzino il brano presentato. Alla prossima, jaa ne! Miku.
   
 
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