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Autore: Beth Einspanier    04/12/2015    0 recensioni
Gil Grissom e il suo team si trovano a dover investigare sul curioso caso di un giovane uomo scaricato nel deserto dopo essere stato annegato nel cioccolato. Chi poteva volere la sua morte e cosa aveva a che fare con un lunatico cioccolatiere di Londra?
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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In una stanza d’albergo a Londra, suonarono due cellulari. Grissom rispose a uno, mentre Catherine rispose all’altro. Erano le nove del mattino, ora locale.

“Grissom.”

“Willows.”

“Avete un sospettato per l’esplosione? Bene! Sono lieto di sentirlo.”

“Il signor Wonka desidera un ulteriore colloquio? Quando?”

“Un sospettato per l’omicidio Bucket? Cos’ha a che fare con…”

“Adesso? Be’, ci impiegheremo un po’ ad arrivare…”

“Dalle nostre parti? Dobbiamo stare attenti a qualcuno?”

“Be’, sì, naturalmente saremo lì il prima… cosa?”

Ci fu una pausa, prima che entrambi gli agenti esordissero con la stessa frase:

“La madre di Violet Beauregard?

Si scambiarono uno sguardo.

“Brass, posso richiamarti dopo?”

“Doris, arriviamo subito.”

Due pollici schiacciarono su due pulsanti CHIUDI su due cellulari.

 

Era chiaro perfino a Doris che Brenda Teavee era stata trascinata tra calci e urla nella mezza età, insieme al suo arsenale di Botox, tintura per capelli (che assicurava la copertura dei capelli grigi), plastica al seno e peeling. Aveva un aspetto giovanile, questo era certo, ma biodegradabile quasi quanto una Barbie. Sapeva che al suo attuale marito non interessava molto – dopo lo shock del divorzio si era aggrappato a qualsiasi salvagente avesse trovato, e Brenda si assicurò di essere lei quel salvagente.

Era ferma vicino alla porta in trompe l’oeil in fondo all’atrio mentre Doris terminava la sua telefonata e si incamminava per il lungo passaggio verso la Stanza del Cioccolato. Di certo quello strambo di Wonka era sembrato piuttosto entusiasta nell’apprendere quali novità gli aveva rivelato sull’omicidio di Charlie – e lei sapeva esattamente chi era il colpevole. Resistette alla tentazione di controllare il contenuto della sua borsetta quando Doris la raggiunse e aprì la porta. La porta si spalancò e Doris la condusse nel giardino di zucchero.

Wonka era già lì, seduto su un gigante fungo rosa dondolando le gambe come un bambino impaziente.

“Salve!” squittì, saltando giù dal fungo.

“Sono felice che si ricordi di me,” disse Brenda dolcemente.

“A dire il vero, non mi ricordo,” rispose allegramente, con un gesto della mano, “ma Charlie diceva che ogni tanto dovevo ricevere qualcuno.”

“Oh, bene. Strano che abbia menzionato Charlie…”

“Oh, sì, era un così caro ragazzo, non è vero? Aveva il cioccolato nell’anima, dicevano sempre gli Umpa Lumpa, la persona più gentile che avrei mai pensato di incontrare…” Mentre parlava, saltellò lungo un sentiero di caramella che girava in circolo dietro Brenda. Lei si voltò per tenerlo d’occhio, sapendo fin troppo bene quanto poteva essere imprevedibile. “Il che, ovviamente, mi conduce alla grandegrandegrande domanda del giorno, quella di cui tutti vogliono sapere la risposta, ma soprattutto io, e io so che lei è l’unica persona al mondo che può darmi quella risposta, perché lei è l’unica a conoscerla.”

“E quale sarebbe la domanda, Willy Wonka?”

Si fermò all’improvviso mentre si prendeva gioco di lei e si girò, fissandola con uno sguardo di fuoco. Era uno sguardo tanto intenso quanto concentrato come se prima non lo fosse stato. “…perché?”

“Perché cosa?” gli domandò, sconcertata da quella domanda così approssimativa.

“Perché l’ha ucciso?”

 

Grissom e Catherine decisero di non aspettare il loro accompagnatore per andare da Wonka. Grissom si stava facendo strada nell’infido traffico londinese per raggiungere la fabbrica, il cui profilo sembrava sempre più vicino. Catherine non credeva che avrebbe potuto passare così in fretta da una guida sulla destra a una sulla sinistra – ma sembrava che Grissom ci riuscisse senza difficoltà. Catherine poteva solo sperare che sarebbero arrivati in tempo…

 

“…Cosa?” domandò incredula la signora Teavee.

“Ci pensi un attimo. Dare un colpo in testa al mio assistente non è molto discreto. E per quanto riguarda Veruca, lei sa bene come essere discreta. Lei, invece…” Wonka sorrise, “Lei è un’aspra caramella agli agrumi contro la sua toffee a banana.”

La signora Teavee si accigliò.

“E scommetto che ha tenuto l’arma del delitto, dico bene? Un piccolo trofeo, un piccolo senso di giustizia, una piccola agghiacciante idea di accoppare anche me?”

“Presumendo che quello che dice sia vero – e non sto dicendo che sia così…”

“Ancora,” disse Wonka.

“PER NIENTE,” lo corresse la signora Teavee. “Deve ancora provarlo. Veruca non è la sola ad avere stretti rapporti con i suoi avvocati… e lei lo odiava molto più di me.”

“Ma allora non era lui il problema, vero? No, non è mai e poi mai stato lui il problema, neanche un po’. Voglio dire, forse la faccenda di Las Vegas, ma come chiunque altro, lui era soltanto il mezzo per un fine. Uno strumento. Per rovinare me. Lei è ancora arrabbiata per… oh, com’è che si chiamava? Quella piccoletta…”

“Mia figlia, Violet!”

“Si chiama così? Non ricordo mai i nomi e le facce – ho sentito che se la sta cavando bene, comunque.”

“È un fenomeno da baraccone!”

“Un’acrobata, ho sentito dire. Molto popolare, molto talentuosa…”

“È BLU, brutto mostro zuccheroso!” La signora Teavee frugò nella sua borsa.

“Uh, solo un avvertimento, se posso… in questo momento lei è nel mio giardino di zucchero, circondata da un sacco di persone che mi vogliono bene. Si dà il caso, che amano me tanto quanto odiano lei. Quindi mi farebbe un ENORME piacere pensando attentamente alla sua prossima mossa. Non voglio che nessuno si faccia male, capisce.” Fece schioccare la lingua in segno di rimprovero.  

I cancelli erano aperti quando gli investigatori arrivarono, così, dopo una rapida occhiata in giro in cerca di un probabile pericolo imminente, si diressero subito alla porta principale. Grissom sollevò il pugno per bussare, ma prima di poter toccare la porta, questa si aprì dall’interno.

All’inizio sembrava che la porta si fosse semplicemente aperta da sola, finché gli agenti non sentirono qualcuno che si schiariva la gola appena all’altezza delle loro ginocchia. Guardarono in basso e videro Doris che gesticolava impaziente.

“Okay,” disse Grissom, “dove sono?”

Fece loro un ultimo cenno e si fiondò nel corridoio d’acciaio così velocemente che Catherine e Grissom facevano fatica a starle dietro. Catherine sapeva cosa stava per succedere, ma poté capire la confusione del suo partner quando raggiunsero la fine del corridoio e lui guardò giù verso la piccola  porta che Doris stava per aprire.

“Perché la porta è così…” cominciò, per essere subito bloccato da un riecheggiante scoppio.

“Uno sparo,” disse Catherine, sebbene le fosse saltato il cuore in gola. “Ma non dovrebbe riecheggiare così. Non ci sono stanze…”

“E l’eco non si sta smorzando,” convenne Grissom, quando un soddisfacente scatto indicò che la porta era stata aperta. La parete si spalancò nella stanza del cioccolato e gli investigatori si trovarono di fronte a una scena stupefacente.

La signora Teavee stringeva con entrambe le mani una piccola pistola, puntata su Wonka con una perfetta posizione di tiro. Wonka era in piedi ad alcuni metri di distanza, mezzo piegato pronto alla fuga, una mano tesa. Dalla mano tesa, piccole volute di quello che sembrava essere un fuoco purpureo fuoriuscì verso la signora Teavee, diffondendosi come un fungo nella collisione con un piccolo proiettile che puntava ancora in direzione del pasticciere.

“Oh mio Dio,” disse Catherine, avvertendo che la mente di Grissom stava cercando freneticamente di dare una spiegazione alla scena.

Un battito d’occhi dopo, Wonka si tuffò su un lato, e il proiettile ristabilì subito la sua normale traiettoria, andando a finire contro un albero che prontamente iniziò a perdere sciroppo rosa. In un attimo, sembrò come se il giardino stesse difendendo Wonka, e un ammasso di inquietanti rampicanti fuoriuscirono avvolgendo la signora Teavee per le caviglie, facendola rovinare per terra quando lei cercò di puntare di nuovo l’arma contro Wonka. Perse l’equilibrio e cadde a faccia in giù sul prato verde menta, lottando e contorcendosi mentre i rampicanti si avvolgevano rapidamente lungo le sue gambe e attorno al busto.

Wonka, nel frattempo, sedeva gongolando come un matto come se non avesse, letteralmente, appena schivato un proiettile, battendo le mani come un bambino avendo appena scongiurato il suo tentato omicidio

“Oh, che delizia,” squittì alzandosi. “Non avete idea di quanto ho dovuto cercare per trovarli – ma ne è valsa la pena, in ogni istante. Oh, lei starà bene non appena smetterà di contorcersi…” Guardò giù verso di lei.”…ma potrebbe volerci un bel po’… Doris! Hai portato degli ospiti! Bentornati!” Rivolse un ampio sorriso di porcellana ai due investigatori mentre si avvicinava per accoglierli, poi notò l’espressione di Grissom con leggera preoccupazione. “Mi dispiace, ma se deve fare una domanda deve alzare la mano e aspettare di essere interrogato.”

“Cos’è appena succ…” cominciò Catherine.

“NON HA ALZATO LA MANO!” l’interruppe Wonka, puntandole contro la testa del suo bastone da passeggio.

Poi la sua spalla esplose.

La potenza del colpo lo fece girare di 180 gradi, con un’espressione leggermente perplessa sul viso, finché non gli cedettero le caviglie, che gli si erano incrociate, e si piegò sul manto erboso. Dietro di lui, uno sciame di Umpa Lumpa uscì dal sottobosco e si gettò addosso alla signora Teavee, strappandole la pistola dalle dita.

Catherine si inginocchiò accanto al pasticciere ferito. La spalla gli sanguinava copiosamente, così vi fece pressione con le sue mani nude per cercare di rallentare il flusso.

“Non ho segnale qui dentro!” disse Grissom. “Doris, chiami un’ambulanza!” La minuscola receptionista esitò, chiaramente riluttante a far entrare degli estranei nella fattoria. “Hanno sparato al signor Wonka! Ha bisogno di un dottore, lo capisce?” Finalmente Doris annuì e gli fece cenno di seguirla. Le andò dietro mentre lei schizzava via.

“Non è colpa loro,” disse Wonka, con voce trasognante. “Non hanno mai capito veramente cosa siano le armi… e io non ho mai avuto il cuore di spiegarglielo. Le armi non rendono mai nessuno felice…”

“Cerchi di non parlare,” disse Catherine, mentre il suo sangue le ricopriva le mani. Guardò verso l’Umpa Lumpa più vicino a lei. “Non riesco a fermare l’emorragia. Mi serve una benda, qualcosa come l’ovatta, che possa mettere nella ferita – Dio, riuscite almeno a capirmi?”

L’Umpa Lumpa annuì e iniziò ad arrampicarsi su un albero. Poco dopo fischiò e lanciò giù un frutto rosa. Lei lo prese, perplessa. Un altro Umpa Lumpa le disse a gesti di batterlo contro il suolo. Lo fece, e il frutto si aprì rivelando una polpa gommosa. L’Umpa Lumpa annuì e le mimò il da farsi. Catherine spalmò la polpa gommosa nella ferita e fece pressione, sperando per il meglio.

“Ow. Sa, lo giuro, quella donna non ha idea di quanto costerà far riparare questo cappotto,” farfugliò Wonka nello stesso tono trasognato. “È vero velluto, sa. E il conto della lavanderia sarà assolutamente scandaloso…”

“Signor Wonka, le ha sparato,” disse Catherine, preoccupata dal fatto che lui non sembrava preoccupato.

“Oh, è stato questo? È comprensibile, immagino, considerando il suo stato mentale. Non che lo rifarei, naturalmente. Mi incolpa ancora per sua figlia. Non è stata colpa mia, lo dissi alla ragazzina di non masticare quella gomma.”

“Signor Wonka, la prego…”

“E Violet sembrò completamente felice quando se ne andò. Oh be’, le mamme delle celebrità…”

Catherine si accorse che accadeva qualcosa di strano sotto le sue mani. Le spostò un minimo, e vide che la gomma stava brillando. Strabuzzò gli occhi.  

“Continui a tenere premuto, Catherine,” disse Wonka, “sta facendo esattamente quello che dovrebbe fare.” Guardò verso di lei, e i sui occhi le sembrarono più coscienti di quanto si potesse aspettare, considerate le circostanze. Le prese le mani con il braccio sano e gliele rimise sulla ferita. “Ancora pochi secondi.”

 

“Proprio così, la Fabbrica di Cioccolato,” disse Grissom alla cornetta del telefono che Doris gli aveva offerto. “Polizia e paramedici. No, non penso che ci servano i vigili del fuoco. Ascolti – qualcuno ha sparato a Willy Wonka. No, non sto scherzando. Sì, sappiamo chi è stato. Lei è… sotto custodia. Sbrigatevi e basta. I cancelli dovrebbero essere aperti.” Riagganciò.

“Gil, penso che dovresti venire a vedere,” gli urlò Catherine dall’altra parte del corridoio. Quando ritornò alla Stanza del Cioccolato, vide Wonka seduto, dopodiché fece una smorfia e si strinse il petto sopra la clavicola.

“Signor Wonka, non si dovrebbe muovere. Un’ambulanza sta arrivando a occuparsi di…” Affievolì la voce quando Wonka abbassò la mano. I buchi nel suo vestito erano ancora lì, davanti e indietro, come il sangue raggrumato dove si trovava il foro d’uscita… ma dove c’erano le ferite – dove Grissom aveva visto passare il proiettile – vide solo scampoli di pelle rosa acceso, leggermente lucida ma comunque intatta.

“Sta arrivando un’ambulanza?” domandò allegramente Wonka. “Bene – penso che potrei avere una clavicola rotta. E la gomma probabilmente non reggerà per molto a lungo, ma va bene perché sta arrivando un’ambulanza, vero?”

“Gomma?” chiese Grissom confuso.

“Oh sì,” rispose Wonka mettendosi delicatamente in piedi. Dietro di lui, la signora Teavee era completamente mummificata nel misteriosamente aggressivo rampicante, il quale creò una forma stranamente affusolata come uno spinello di marijuana gigante, sebbene fosse uno del tipo che grugnisce e si muove furiosamente. “È un peccato che dovesse succedere tutto questo…” 

“Sapeva che stava per succedere?” chiese Catherine.

“Certo che sì. Non ci vogliono grandi capacità deduttive per vedere lo schema – prima il mio apprendista, poi il negozio e alla fine io. Ovviamente qualcuno voleva fare me a pezzi. Ed era chiaramente una faccenda personale – ecco perché sapevo che non si trattava di Veruca. Con tutti i suoi capricci e attacchi di  nervi, aveva imparato a tenere separati gli affari di lavoro da quelli personali. Ma la signora B… con lei, tutto era personale. Pensava di riuscire a ingraziarsi favori flirtando con me durante il tour – QUELLO mi inquietò un po’, ma non ci diedi peso. Poi, dopo che sua figlia ebbe il premio finale, avreste dovuto VEDERE lo sguardo che mi lanciò! Santo cielo, avreste pensato che avessi fatto qualcosa di orribile!”

“Quindi ha preso delle precauzioni per proteggersi?” chiese Grissom, riacquistando il suo equilibrio.

Wonka annuì, poi aggiunse tristemente: “È un tale peccato la storia di Charlie… stava andando così bene – pensavo davvero che avrebbe potuto ereditare la Fabbrica. Ma ora è morto e io sono troppo vecchio per organizzare un altro tour per trovare un nuovo erede. D’altro canto, i giovani d’oggi non apprezzano il valore di un dolciume ben fatto. Sono tutti videogiochi e cellulari e iPod… Non ci sono più magia e meraviglia.”  

Grissom ponderò queste parole, poi si aprì in un largo sorriso. “Signor Wonka… forse posso aiutarla.”

Catherine e Wonka lo guardarono incuriositi.

   
 
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