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Autore: Rukia_95    10/12/2015    1 recensioni
Questa è una fanfiction ambientata durante la quarta serie di Sailor Moon. Si concentra sulla vita di coppia di Haruka e Michiru da quando hanno deciso di prendersi cura di Hotaru.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Hotaru/Ottavia, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta serie
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Era una tranquilla mattina soleggiata e i raggi del sole s'irradiavano per tutta la casa attraverso le finestre, ma soprattutto in cucina, verso la quale si stava dirigendo a gran velocità Michiru. La ragazza stava arrivando dal corridoio china sul pavimento di questo con le mani che poggiavano su di uno straccio bagnato. Michiru stava infatti dando l’ultima passata al corridoio ed era appena giunta in cucina per posare lo straccio e riprendere fiato per via delle lunghe corse che aveva fatto avanti e indietro poco fa per pulire.

“Sono a casa!” proprio in quel momento Haruka entrò in casa. Michiru allora si diresse verso la porta d’ingresso per accoglierla, ma fu battuta sul tempo dalla piccola Hotaru, che dal soggiorno, dove la bambina stava giocando con le bambole, aveva sentito la voce della ragazza e si era diretta di corsa all’entrata “Ciao papà!”.

“Papà”: era così che la piccola Hotaru aveva deciso di chiamare Haruka. Sebbene quest’ultima fosse una donna, per via dei capelli corti e dell’abbigliamento da maschiaccio la bambina la vedeva più come un padre, oltretutto c’era già Michiru come figura materna nella sua vita e per non confondersi ogni volta le due ragazze avevano accettato i propri appellativi dati dalla bambina. Haruka prese in braccio Hotaru e sorridendo la salutò: “Ciao piccola”.

“Bentornata cara” disse Michiru. Haruka posò a terra la bambina, la quale tornò di corsa in soggiorno a giocare, e si mise a fischiare alla sua compagna: “Wow, Michiru, stamattina sei stupenda!”. In quel momento la ragazza indossava dei pantaloncini grigi corti per permetterle di muoversi al meglio, una maglietta bianca a maniche corte accorciata con un nodo appena sotto al petto per non aver caldo e un fazzoletto di stoffa verde acqua attorno ai capelli per legarli in una coda di cavallo. Sebbene prima stesse svolgendo le faccende di casa, questo non le aveva di certo impedito di farsi bella e quindi sia alle mani sia ai piedi si era messa lo smalto verde scuro. Anche se non si era truccata in viso, al naturale Michiru era sempre bella per Haruka.

“Cosa dici... mi sono messa due cose a caso e non mi sono neanche truccata, dai non scherzare!” disse arrossendo Michiru. “Sto solo dicendo la verità” le rispose sorridendo Haruka, che avvicinandosi prese per la vita Michiru e le diede un bacio. Quest’ultima si aggrappò con le braccia al suo collo e rimasero attaccate così l’una all’altra per qualche istante. “Haruka, non vorrei rovinare l’atmosfera, ma c’è qualcosa di cui ti devo parlare” disse Michiru con aria seria. Haruka vedendola in questo stato si preoccupò ed era in procinto di risponderle, ma a un tratto sentirono improvvisamente un rumore provenire dalla cucina.

Le due ragazze corsero a vedere cosa fosse successo e si dovettero poi fermare alla soglia della stanza a causa dello stato del pavimento: era tutto ricoperto di cereali, fatti a quanto pare cadere dalla piccola Hotaru, che per la fame si era diretta in cucina, ma essendo troppo bassa per riuscire ad afferrare bene la scatola, per sbaglio l’aveva fatta cadere spargendo così il suo contenuto per tutta la stanza. Haruka sorrise alla bambina dicendo di non preoccuparsi e tornare pure in soggiorno a giocare, ma non appena Hotaru lo fece, Michiru approfittò dell’assenza della bambina per alzare la voce: “Hai visto Haruka? E’ di questo che volevo parlati! Da quando abbiamo Hotaru in casa, io faccio il doppio del lavoro qui a causa sua e non ho più il tempo di fare quello che voglio!”.

Haruka la guardò con aria stupefatta: “Che cosa stai dicendo?! E’ solo una bambina! Stai cercando di dirmi che non vuoi bene a Hotaru!?”. “Certo che no! Lo sai che voglio un mondo di bene a Hotaru e che la considero come se fosse nostra figlia. Voglio solo dire che sono l’unica che si occupa della casa e di lei qui: te stai sempre fuori a fare le tue gare di motocross, mentre Setsuna è sempre occupata con le sue ricerche in laboratorio… ma anch’io vorrei tornare alla mia vita di prima e dedicarmi alla musica: è da tanto che non tocco un violino…” disse Michiru con aria afflitta. “Quando abbiamo deciso di prenderci cura di Hotaru, avevamo stabilito che fino a quando lei non fosse cresciuta abbastanza da non poter correre rischi se lasciata da sola, tu saresti rimasta a casa con lei” le rispose Haruka. Ma le sue parole non servirono altro che a peggiorare la situazione: “E’ inutile che parli con te, non riesci a capire come mi sento!” urlò Michiru, la quale detto ciò se ne andò via dalla stanza.

Haruka rimase lì da sola in piedi a rimuginare sulle parole della compagna. Solo in quel momento aveva capito di essersi comportata da insensibile con lei e forse avrebbe dovuto già da tempo accorgersi lei stessa del problema senza che Michiru lo facesse notare. In quest’ultimo periodo aveva dato per scontato la sua compagna, ma soprattutto il suo ruolo di madre: si era limitata a giocare con Hotaru, ma non si era mai occupata di lei in maniera più seria come si addice ad un vero genitore. Tutto l’opposto di quello che aveva fatto Michiru. Forse era arrivato il momento che la situazione cambiasse drasticamente.

Arrivò così la sera e Michiru, che si era messa a dormire nel letto dopo avervi pianto allungo, fu svegliata di colpo dallo squillare del cellulare. Inizialmente si sentì disorientata per l’improvviso suono, ma dopo essersi presa qualche momento per schiarirsi le idee, prese in mano il cellulare e rispose: in quell’istante Michiru sentì la voce di Haruka e le venne un balzo al cuore per l’emozione.

Non era passato molto da quando avevano litigato e aveva paura di come avrebbe reagito la sua compagna una volta avuto il tempo di riflettere sull’accaduto. Anche se Michiru se l’era presa con lei per le sue mancanze continuava a volerle bene e a tenere a lei, perciò quello che più temeva in quel momento era la possibilità di poter perdere Haruka.

Dopo un breve attimo di silenzio Michiru pensò che fosse meglio non continuare a recitare la parte dell’offesa, ma di venire incontro alla sua compagna e di fare quindi il primo passo verso la riconciliazione, così iniziò a parlare cercando di farsi venire in mente qualche frase efficace allo scopo, ma questa fu subito interrotta dalle parole di Haruka, la quale aveva cominciato a parlare in modo veloce e con tono preoccupato.

La ragazza era uscita da casa per farsi un giro in città e così schiarirsi anche le idee. Improvvisamente era stata però attaccata a sorpresa da uno dei mostri del dottor Tomoe, il quale si era appena schiuso dal seme conservato in qualche stanza segreta del suo laboratoio, che a quanto pare le ragazze non avevano notato e quindi lasciata integra con quel mostro all’interno. Non essendo più malvagio, era impossibile che il dottor Tomoe stesse dando degli ordini a quel mostro e quindi molto probabilmente la creatura si stava aggirando per la città a disseminare il panico tra la gente di sua spontanea volontà, ma senza un apparente scopo preciso.

Sentendo le urla della gente, Haruka era corsa subito a vedere cosa stesse succedendo dimenticandosi di trasformarsi in una guerriera sailor. Questo suo gesto dovuto alla distrazione le fu dannoso, poiché, quando arrivò il momento di dover affrontare il mostro da sola, era evidentemente inferiore per quanto riguardasse la forza. La creatura approfittò quindi di questa sua momentanea debolezza per attaccarla ripetutamente senza che questa potesse contrattaccare a dovere. Solo dopo essere stata scaraventata lontana dall’ultimo colpo sferratole dal mostro con estrema forza, Haruka potè approfittare di quell’inaspettato attimo di pausa per tirare fuori il cellulare dalla tasca della giacca e con estrema fatica comporre a mano il numero di telefono di Michiru.

“Adesso mi trovo sotto la torre di Tokyo. Ti prego, fai presto. Non so per quanto riuscirò ancora a resistere ai suoi attacchi… Michiru!” proprio in quel momento cadde improvvisamente la linea e la ragazza si ritrovò a fissare il cellulare in mano riflettendo su quello che stava accadendo: se non avessero litigato, Haruka probabilmente non sarebbe uscita da casa senza dimenticare la penna per la trasformazione. Se era stata così disattenta, era solo a causa delle preoccupazioni che Michiru le aveva dato sfogandosi poco prima. La ragazza si sentì quindi in colpa per il suo comportamento e continuò a tormentarsi fino a che i suoi occhi non ricaddero sul cellulare, che le ricordò cosa stesse accadendo alla sua compagna.

Michiru pensò quindi che non fosse il momento adatto per piangere e istintivamente afferrò la penna, dopo di che sollevandola in alto con il braccio urlò: “Neptune Planet Power, Make Up!”. Al solo pronunciare queste parole la ragazza fu avvolta dall’acqua trasformandosi in Sailor Neptune, poi, dopo aver preso il Deep Aqua Mirror, uscì fuori di casa e si diresse correndo verso il luogo indicatole.

Appena arrivò vicino alla torre, Michiru si mise a cercare dove fossero Haruka e il mostro, ma nelle vicinanze non sembrava esserci anima viva. Nonostante questo la ragazza non si scoraggiò e continuò a guardare ovunque con aria sempre più preoccupata. Non sapendo cosa fare Sailor Neptune fu sul punto di chiamare le altre guerriere per aiutarla nella ricerca e chiedere eventualmente informazioni sul mostro, ma ad un tratto smise di comporre il numero di telefono non appena sentì la voce della sua compagna: “Mi.. Michiru! Sono qui! Riesci a sentirmi? Il mostro è entrato nel ristorante di fronte alla torre e sta per fare del male ai clienti, presto!”.

La guerriera sailor diede un rapido sguardo intorno e una volta individuato il locale corse fino alla porta d’ingresso di questo, ma nell’istante in stava per entrarci fu trattenuta da dietro da qualcuno. Quando si girò, la ragazza vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata: Haruka era vestita con uno smoking nero e stava davanti a lei con un mazzo di rose rosse in mano.

In quel momento Michiru si sentì molto confusa e non seppe cosa pensare: “Ha.. Haruka! Perché sei vestita così? Che cosa sta succedendo? Dov’è finito il mostro?”. La ragazza bionda si mise a ridere: “Mi dispiace averti fatta preoccupare, ma non esiste alcun mostro. Mi sono inventata tutto per farti venire qui: voglio scusarmi per come mi sono comportata in quest’ultimo periodo, ma soprattutto prometterti che d’ora in poi mi occuperò anch’io di Hotaru seriamente.”. “Haruka…” Michiru si commosse per le parole della ragazza, che a questo punto le diede il mazzo di rose: “Ti amo, Michiru”.

Dopo aver sentito la dichiarazione, Michiru abbracciò forte Haruka e la baciò, poi rivolse lo sguardo prima verso il vestito della ragazza e poi verso il locale: “Haruka… mi volevi portare a cenare nel ristorante?” poi guardando i suoi abiti si ricordò che, anche tornando normale, non aveva comunque il vestito adatto per entrare, poiché era uscita da casa senza cambiarsi e quindi aveva ancora addosso la maglia e i pantaloni corti. “Mi dispiace ma non credo di poter entrare vestita così…” per non dare nell’occhio Michiru annullò la trasformazione e tornò al suo aspetto originario.

“Pensi veramente che ti abbia fatto venire fin qui con una scusa del genere senza pensare al vestito?” così dicendo Haruka si avvicinò alla macchina parcheggiata lì vicino e prese un abito da sera bianco porgendolo alla ragazza. “Ma dove lo hai trovato… è bellissimo! Grazie amore!” Michiru baciò così per la seconda volta la ragazza. Poi ad un tratto si fermò di colpo ricordandosi della piccola Hotaru rimasta a casa da sola, ma Haruka la rassicurò subito dicendole che se ne sarebbe occupata Setsuna, poiché quella sera aveva finito presto all’università, dopo di che con aria felice le disse di andarsi pure a cambiare in bagno ed infine entrò nel ristorante. Michiru andò quindi a indossare l’abito, dopo di che raggiunse al tavolo la compagna, con la quale trascorse una romantica serata a lume di candela accompagnata dalle dolci parole piene d’affetto della ragazza.
   
 
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