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Autore: The Girl Who Waited    10/12/2015    1 recensioni
Contare sulle cose è sbagliato, specialmente sulle cose che non sono sicure, ma io alla fine lo faccio sempre perchè sono una persona abbastanza fiduciosa.
Contare sulle persone è sbagliato, ti feriscono sempre e ancora più spesso ti deludono, ti abbandonano.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lacrime e tagli

Contare sulle cose è sbagliato, specialmente sulle cose che non sono sicure, ma io alla fine lo faccio sempre perchè sono una persona abbastanza fiduciosa.

Contare sulle persone è sbagliato, ti feriscono sempre e ancora più spesso ti deludono, ti abbandonano.

Contare su qualsiasi cosa o qualsiasi persona all'infuori di te stesso è una enorme cazzata, finirai sempre a terra in un modo o nell'altro: io prima mi affidavo tanto alle persone, contavo su di loro per molte cose, per l'aiuto. Tante persone mi hanno sempre lasciato da sola ma fino ad allora non ci facevo troppo caso, avevo le mie migliori amiche ad aiutarmi, ma poi ho ricevuto un'ampia batosta proprio da loro, le persone di cui mi fidavo di più, che mi ha costretta ad andare a nascondermi in un'angolino da sola a leccare le mie ferite senza la volontà più di uscire per fare una qualsiasi cosa.

Presi in mano quel coltello che ormai da molto tempo era uno dei miei migliori amici, lo affondai lentamente nella pelle dei miei fianchi, proprio sull'osso e piano piano lo feci scorrere. Rimasi affascinata dall'apparire di quella bellissima strisca scarlatta che piano piano cominciava a lacrimare portando via con se ogni mio dolore, ogni cosa brutta al mio interno, ogni insulto ricevuto, ogni rifiuto che le persone mi hanno detto o anche solo fatto capire.

Io non conto per nessuno in questo mondo probabilmente, a parte che per mia sorella, l'unica che riesce a starmi sempre accanto e con la quale raramente litigo perchè mi accetta come sono e capisce perché a volte rimango male per un rifiuto. Come quella volta che piansi un intero pomeriggio perché Cata il giorno dopo non poteva uscire con me, ci rimasi malissimo. Ma non tanto per il fatto in se, quanto per il fatto che avevo fatto affidamento su di lui e su quel dannato pomeriggio per sentirmi meglio, perché nonostante il giorno stesso io mi fossi presentata a lui tutta sorridente e spensierata in realtà stavo morendo dentro ma non volevo che lo vedessero gli altri a parte lui. Ma non potevo più neanche mostrarlo a lui... così piansi e ci litigai e lo ferii seriamente per la prima volta, penso. Piansi, piansi e piansi perché avevo perso anche quel giorno per riuscire a non sentirmi più morta e perché sapevo di averlo ferito ma lui non capiva forse quanto aveva ferito me, mi aveva appena uccisa impedendomi di vederlo da soli e dirgli tutte quelle cose che stavano avendo la meglio su di me. Poi che cosa buffa, sarebbe bastato che lui mi chiamasse per sentirmi meglio, ma lui non ci arrivò. Sarei mai tornata a vivere? Forse, o forse no. Per sentire se ero ancora viva presi un coltello per la prima volta di nuovo da anni e lo feci scorrere sulla mia pelle... non provai dolore, ero morta davvero, ma provai un senso di sollievo maggiore, come se mi fossi liberata da un peso. Ero tornata nella mia grotta a leccarmi le ferite, chissà se stavolta ne sarei uscita.

Uscii dal bagno dopo aver messo i cerotti alle nuove ferite. Quando uscii dal bagno mia madre mi disse: “Amore, tutto ok?”. Sorrisi, uno dei sorrisi più falsi della mia vita “Tutto benissimo, un po di mal di pancia”. Lei ci credette.

  
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