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Autore: _armida    14/12/2015    2 recensioni
La sua lunga gonna di tulle frusciava sul pavimento d'oro del palazzo di Asgard, mentre il ticchettio dei suo sandali produceva un suono cadenzato e regolare.
In lontananza, si udivano ancora i rumori della festa che stava volgendo al termine: i musici stavano rilasciando nell'aria le ultime dolci note e le dame e i cavalieri ballavano le loro ultime danze.
Sorrise nel vedere alla fine del corridoio che stava percorrendo una massiccia porta, anch'essa d'oro, con la superficie interamente coperta da complicati intagli e bassorilievi.
Bussò.
Dopo pochi secondi i pesanti cardini si mossero ed essa si aprì di alcune spanne; due profondi occhi di un verde brillante si scontrarono con i suoi, colore del mare.
Si sorrisero a vicenda.
"Ce ne hai messo di tempo", disse il dio.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

La sua lunga gonna di tulle frusciava, sul pavimento d'oro del palazzo di Asgard mentre, il ticchettio dei suo sandali produceva un suono cadenzato e regolare. 
In lontananza, si udivano ancora i rumori della festa che stava volgendo al termine: i musici stavano rilasciando nell'aria le ultime dolci note e le dame e i cavalieri, ballavano i loro ultimi balli.
Sorrise, nel vedere alla fine del corridoio che stava percorrendo, una massiccia porta anch'essa d'oro, con la superficie interamente coperta da complicati intagli e bassorilievi.
Bussò.
Dopo pochi secondi, i pesanti cardini si mossero ed essa si aprì di alcune spanne; due profondi occhi di un verde brillante si scontrarono con i suoi, colore del mare.
Si sorrisero a vicenda.
"Ce ne hai messo di tempo", disse il dio.
"Il tempo di un ultimo ballo", ribattè lei.
"Un ultimo ballo dura più di un'ora?"
"Si, se i tuoi cavalieri sono Thor e Fandral", rispose. Le sue labbra vermiglie si allargarono, trattenendo a stento una risata.
"Voglio sperare che mio fratello e il suo amichetto non ti abbiano importunata"
Lei rise e la sua risata cristallina riecheggiò per i corridoi silenziosi del palazzo. Ai lati del suo viso fecero la sua comparsa due fossette.
"Dovresti ridere di più", disse il dio, portando una mano al viso della ragazza e assaporando la piacevole sensazione del calore che la sua pelle liscia gli dava. "Mi piacciono quelle fossette"
Lei gli sorrise dolcemente, piegando la testa di lato per aumentare quel contatto.
"Pensi di lasciarmi ancora per molto qui fuori, dove chiunque potrebbe vedermi, o pensi di farmi entrare?", chiese dopo alcuni secondi fatti di silenzio e sguardi profondi.
Le labbra del dio assunsero una piega divertita. Si fece da parte, permettendole di attraversare la soglia. La ragazza entrò e richiuse delicatamente la porta alle sue spalle. Fece appena in tempo a girarsi verso l'ampia stanza, che il suo corpo fu schiacciato da quello di lui contro di essa. Le sue labbra impazienti, reclamare le sue.
Per la sorpresa, lei aprì gli occhi di scatto: non era quello, il motivo per cui si trovava lì, quella sera. Eppure... eppure quelle labbra, quel sapore... li richiuse lentamente, facendosi trasportare per l'ennesima volta in quel vortice di piacere. In fondo, quella sarebbe stata l'ultima. Inutile rovinare quel momento con delle parole.
Le loro labbra che si schiudevano l'una sull'altra, le loro lingue che si lambivano e sfioravano in una lenta danza e le loro mani, che percorrevano le une il corpo dell'altro. Si divisero solo quando rimasero entrambi senza fiato. Il dio aprì la bocca, per dire qualcosa, ma lei gli poggiò un dito sulle labbra, inoltrandogli una muta richiesta di silenzio.
Lui le sorrise, prendendo una mano fra le sue e portandosela alla bocca, per un lento e dolce baciamano. La tenne incollata alle proprie labbra per un tempo forse troppo lungo, assaporando nel frattempo il suo profumo.
Si staccò da lei a fatica e, cercando di mantenere il contatto visivo per più tempo possibile, le si dispose dietro, incominciando ad aprirle, lentamente, bottone dopo bottone, l'abito. Nel mentre, le sue labbra fredde, torturavano l'esile collo di lei, spostandole i lunghi boccoli biondi da una parte e dall'altra.
Dalle labbra della ragazza, affiorò un leggero gemito di piacere. Non poteva vedere il suo amante in viso, eppure era certa che le sue labbra si fossero incurvate in un ghigno ironico. Lui si divertiva sempre, a torturarla in quel modo.
Il suo abito le cadde ai piedi e lei lo scavalcò, girandosi nuovamente verso di lui. Le loro labbra quasi si sfioravano nuovamente. Si sporse oltre il viso del dio, sganciandogli il mantello verde dalle spalle, che ricadde anch'esso al suolo. Poco dopo fu la volta della sua armatura di cuoio nero, seguito da casacca e pantaloni. 
Le loro labbra si unirono di nuovo. Scavalcarono entrambi il piccolo mucchio di abiti che era venuto a crearsi sul pavimento dorato e incominciarono lentamente ad indietreggiare verso il grande letto a baldacchino, che troneggiava al centro della stanza. Ci caddero sopra insieme e, per un attimo i occhi si aprirono, guardandosi. Scoppiarono a ridere. E poi, come attirati da un invisibile magnete, i loro corpi tornarono ad unirsi. 
 
***

Lei si svegliò che cominciava ad albeggiare, stretta nelle sue braccia. Dovette metterci tutta la sua forza di volontà, per sciogliere l'abbraccio e la rassicurante sensazione che ne derivava. Lentamente, facendo molta attenzione a non svegliare il dio che dormiva placidamente al suo fianco, si alzò e si diresse a raccattare le proprie cose.
Quando sollevò da terra il lungo vestito color panna che aveva indossato la sera precedente al ballo, una busta cadde fuori da una tasca. La raccolse e, per alcuni momenti, la tenne ferma tra le proprie mani, osservandola con aria malinconica. Sospirò, rimettendosela nella tasca.
Indossò il proprio abito ed andò a guardarsi al grande specchio da parete, cercando di darsi un'aria un po' più presentabile.
Si diresse alla porta e, stava quasi per abbassare la maniglia, quando un rumore di carta stropicciata, le riportò alla mente perchè era andata lì, la sera precedente.
Si diresse alla scrivania dove il dio passava la maggior parte del suo tempo e ci posò sopra la busta.
Il suo sguardo passò involontariamente a lui, disteso tra le coperte sfatte, con il profilo perfetto e i capelli corvini arruffati. Lo osservò con la malinconia negli occhi: lo amava ma... ma doveva andare.
Andò nuovamente alla porta e, senza indugiare oltre, la aprì ed uscì. 
Ormai era fatta, non si poteva più tornare indietro.
 
***

Quando il dio si svegliò era ormai mattina inoltrata. Sbadigliò, ancora molto assonnato, e si stiracchiò. Con notevole fatica, si districò tra le lenzuola e riuscì finalmente a liberarsi da esse e ad alzarsi. Si diresse alla ricerca dei propri abiti, trovandoli sul pavimento, vicino alla porta. Stava andando verso di essi, quando la sua attenzione fu attirata da una busta bianca, sulla sua scrivania. Non c'era nessuna lettera lì, la sera precedente.
Sorrise, intuendo di chi fosse. Capitava spesso, che lei gli lasciasse un messaggio. 
La prese tra le mani e se la portò al viso, assaporandone il profumo. Sapeva di lei.
Curioso, l'aprì.
Era una lettera lunga.
Lesse le prime righe.
"Non... non può essere...", gli sfuggì dalle labbra, mentre la ricominciava da capo, sperando di aver interpretato male quelle parole.
Anche alla seconda lettura, il messaggio era lo stesso.
Si dovette sedere, per evitare che le gambe gli cedessero. I suo occhi verdi si riempirono di lacrime.
Lei se n'era andata. Per sempre.
Lo aveva lasciato solo.


Nda
Ultimissima follia. Spero di avere stuzzicato un po' la vostra attenzione.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)   
   
 
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