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Autore: Angelika_Morgenstern    15/12/2015    23 recensioni
Jordan Baker è un bambino di nove anni che vive la vita nel suo mondo fatto di galassie, stelle e melodie, un microcosmo impenetrabile nel quale solo sua sorella minore Cassandra riesce ad avere accesso forse per via dell'ingenuità e dell'affetto incondizionato che prova per quel fratello solitario e onnisciente.
La diagnosi che ha messo addosso al piccolo l'etichetta di Asperger non ha cambiato nulla nel rapporto tra i due fratellini, ma come l'avrà presa il resto della famiglia?
Questa storia partecipa alla sfida "Ed è subito Natale" indetta da Christine Carter del gruppo facebook "EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni"
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Menti differenti'
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L’imperfetto
Natale 1986, Sydney – Australia.
 
Immersa nella penombra della stanza la galassia ruotava su sé stessa e lo stesso valeva per i pianeti ricavati grazie a un miscuglio tra carta di giornale e colla vinilica, dipinti in modo infantile e approssimativo mentre le stelle di plastica appiccicate sui muri brillavano, riproducendo ciò che il cielo mostrava nelle serene notti di fine agosto.
Intere costellazioni artificiali rimandavano una luce falsa ma amica che nel buio ottenuto grazie alle imposte chiuse faceva compagnia al bambino che osservava rapito il sistema solare artificiale, gli occhi fissi sui movimenti compiuti dal marchingegno assemblato appena due giorni prima, la bocca semi aperta per la meraviglia che provava nonostante sapesse a memoria il funzionamento dell'oggetto dato che l'aveva costruito lui stesso assieme al suo maestro di scienze.
Non smetterei mai di guardarlo.
Il piccolo sbatté le labbra una volta inumidendole, e non sentì nemmeno sua madre chiamarlo a gran voce dall’altra parte della casa con tono esasperato, cosa comprensibile dato che lo stava chiamando per la sesta volta, ma niente: la natura del bambino fece sì che egli si chiudesse nella bolla, la sua concentrazione venne incanalata esclusivamente sul sistema solare giocattolo, arrivando a fargli escludere qualsiasi rumore o movimento venisse dall’esterno.
Per questo i suoi grandi occhi azzurri non si spostarono neanche quando la donna entrò nella stanza, arrivando a lui per poi scuoterlo forte per una spalla, tanto da fargli muovere la testa.
Uffa…!
Non fu tanto quel gesto sgarbato a dargli fastidio quanto la presenza di sua madre nel suo spazio vitale, nel suo mondo, quella stanza in cui trascorreva più che volentieri le giornate in piena solitudine, circondato esclusivamente da libri di astronomia e dischi musicali.
— Jordan, ti sto chiamando da mezz'ora. – disse la donna, visibilmente irritata dalla mancanza di attenzione che suo figlio le riservava praticamente dalla nascita – Vieni ad aiutarmi che tra poco arriva papà!
Ma il bambino non si mosse e sua madre sospirò, mettendogli una mano fra i capelli biondo rame in uno dei rari slanci d’affetto, ottenendo per risultato solo un grugnito da parte del piccolo, che si spostò altrove per non essere toccato.
Perché la realtà dei fatti era quella: Jordan Baker ad appena nove anni odiava il contatto fisico.
Lo considerava invadente e fastidioso, inutile
— Jordan, alzati, dai. – lo incitò nuovamente la donna. Solo dopo averglielo ripetuto altre quattro volte il bambino mosse la testa e si alzò con fatica, come se avesse affrontato le fatiche di Ercole. Si voltò verso sua madre ma non guardò lei, bensì un punto fisso oltre il fianco della donna, che si portò una mano alla fronte, sospirando forte.
— Che fate?
La voce squillante di una bambina dai capelli rossi li raggiunse e la piccola fece il suo ingresso nella stanza subito dopo. Jordan sospirò: c’era davvero troppa gente lì dentro e nessuno era stato invitato.
Che fastidio gli davano le persone! Erano così invadenti!
Però mi piace quando Cassandra è qui.
Sua sorella minore si avvicinò, alzandosi sulle punte dei piedi per osservare quel che lui stava facendo, battendo le mani quando notò il piccolo sistema solare muoversi lentamente in rotazione e rivoluzione.
— Che bello, Jo! Guarda come girano, wow! – esclamò la piccola, entusiasta del lavoro del fratello, che sorrise, felice che qualcuno s’interessasse della sua passione e fu ancor più contento quando lei indicò col dito la palla attorniata da anelli di fil di ferro e carta di giornale — Cos’è quello? – domandò la piccola.
— Saturno! – rispose prontamente il bambino illuminandosi, mentre sua madre scosse il capo.
Lo prese per mano, portandolo verso il corridoio per poi dirigersi alle scale mentre l’altra bambina li seguì saltellando — E perché ha tutti quegli anelli? Si è sposato tante volte?
— Ma no, è un pianeta! – rispose Jordan, esterrefatto dalla superficialità della sua dolce sorellina.
La piccola si portò un dito alla bocca, mordendo leggermente il polpastrello come faceva ogni volta che rifletteva — Cassandra, smettila subito! Ci sono tanti microbi nelle mani, non vorrai mica avere mal di pancia la sera di Natale? – la riprese sua madre e lei fece cenno di no col capo.
— Come si chiama? – domandò al fratello, che ripeté per nulla infastidito — Saturno.
— E poi?
Doveva sempre fare così Cassandra: domandare mille volte informazioni sulla stessa cosa per far sì che suo fratello gliela spiegasse adeguatamente.
La bambina adorava Jordan, era il suo eroe, quello che le insegnava tante cose con l’entusiasmo che sprizzava da tutti i pori. Si domandava sempre se fosse triste per la sua solitudine, ma a lei non sembrava ed era felice perché significava che gli bastava lei come amica, il che per lei era importante poiché era molto gelosa di suo fratello: quando frequentavano le elementari insieme tante amichette lo avevano adocchiato per l’abbinamento tra occhi e capelli chiari su un viso praticamente perfetto, e lei aveva spesso dovuto rimetterle a posto a modo suo, il che significava arrabbiarsi, minacciare e arrivare al peggio, ovvero dover tirar loro le trecce per avere la meglio.
Non era una bambina diplomatica Cassandra, proprio no, ma era vivace e socializzava molto.
Jordan invece non era esattamente un bambino espansivo e amichevole: tendeva a starsene sulle sue, se veniva disturbato si arrabbiava con tutti, aveva delle fisse col cibo e non riusciva a finire le frasi. Si bloccava e ricominciava da capo, senza contare che non riusciva a concentrarsi su nulla che non gli interessasse.
A scuola l’ultimo della classe, tranne in musica, l’unica materia in cui andava benissimo: sembrava avere un orecchio perfetto e per questo ai suoi insegnanti era venuto un dubbio, tanto che appena un mese prima avevano chiamato i genitori a scuola per un colloquio privato.
Ma a me non hanno detto niente.
La bambina era un po’ arrabbiata coi genitori per questo: non amava essere estraniata dal contesto famigliare, contrariamente al fratello per il quale la presenza altrui sembrava essere un continuo supplizio e adorava starsene da solo.
Ultimamente aveva la sensazione che tutti fossero arrabbiati con lui, anzi ne aveva la certezza a giudicare dalle cene trascorse in silenzio e dalle occhiate che il papà e la mamma lanciavano a Jordan, che si innervosiva facilmente iniziando a muovere il ginocchio su e giù e voltando la testa a destra e sinistra come per cercare una via di fuga.
Chissà cos’è successo.
— Saturno è il sesto pianeta del sistema solare, il più grande dopo Giove. È composto per il 95% da idrogeno, il 3% da elio e per il resto da silicati e ghiacci, non è adatto alla vita umana. È grande 95 volte la Terra e il suo sistema di anelli vistosi è composto principalmente da ghiacci e polveri di silicati, che si pensa non si siano fusi al resto della massa del pianeta e che per questo vi orbitano attorno.
La sua struttura interna differisce da quella esterna perché è formata al 73% da idrogeno e al 25% da elio più tracce d’acqua metano e ammoniaca, quest’ultima si ritrova anche nell’atmosfera, tanto da attribuire il colore giallo al pianeta. Le reazioni chimiche nell’atmosfera vengono causate dalle radiazioni ultraviolette del Sole.
Jordan si bloccò, notando che sua sorella lo guardava a bocca aperta, visibilmente rapita dal discorso, mentre sua madre lo fissava a occhi sbarrati, come se avesse visto un mostro.
Ho di nuovo fatto qualcosa che non dovevo fare…?
— Lo sai che Saturno ha un posto anche nell’astrologia? – iniziò, convinto che un discorso più futile potesse sciogliere le loro maschere di stupore che lo facevano sentire così inadeguato – Governa il Capricorno ed è presente anche nell’Acquario, rappresenta la razionalità e la logica, ha poco spazio per il sentimentalismo e viene raffigurato come un vecchio. Attribuisce pessimismo ma non ha un significato negativo.
La bambina batté le mani, felice di aver sentito tante cose e suo fratello le sorrise — Wow, Jo! Quante cose sai, sei bravissimo! Sono contenta che mio fratello è uno così forte!
Ciò che lo ferì profondamente fu invece lo sguardo di sua madre, nel quale lesse un misto tra disprezzo e paura.
Perché mi guarda così? Cos’ho fatto, adesso?
A lui piacevano i pianeti e anche l’astrologia non era male, si divertiva con queste cose, passava molto tempo col naso sui libri a leggere e imparare, era avido di conoscenza e siccome a scuola ripetevano sempre che bisognava studiare per arrivare da qualche parte nella vita, lui lo faceva.
Eppure a casa veniva sempre sgridato quando era sui libri, i suoi lo spingevano a uscire, conoscere altri bambini, frequentarli.
E lui ci aveva provato, oh sì che l’aveva fatto ma non era colpa sua se facevano discorsi stupidi parlando di sport, giochi, vantandosi su cos’avevano comprato oggi, ieri, l’altro ieri, prendendo in giro gli altri – spesso i più deboli -, facendo un sacco di cose idiote e così via, senza mai parlare di ciò che interessava a lui: l’astronomia e la musica.
Jordan aveva capito di essere diverso dagli altri bambini, non sapeva mai cosa dire o cosa fare in loro presenza, era scoordinato e non riusciva a provare interesse per le cose che piacevano agli altri. Ma non pensava che i suoi arrivassero a odiarlo per questo, finora solo Cassandra sembrava accettarlo, solo a lei piaceva la sua diversità e forse era per questo che la presenza della sorellina non lo infastidiva.
Naturalmente la bambina non aveva le stesse caratteristiche del fratello, non sapeva nulla delle cose di cui lui parlava ma le piacevano, era molto curiosa e lo ascoltava davvero volentieri da quando due anni prima aveva avuto la febbre molto alta e Jordan era rimasto nella sua stanza a raccontarle le leggende della mitologia greca.
Suo fratello era interessante e intelligente e lei non l’avrebbe mai ceduto a quelle galline delle sue compagne con le trecce e le gonnelline fru fru.
— Andiamo, Cass. Aiutami ad apparecchiare. – intimò sua madre alla bambina, che sorrise al fratello.
— Jo, vieni! Facciamolo insieme, dai! – esclamò la piccola, la sua voce argentina che risuonò nella testa del fratello come tanti piccoli campanellini, donandogli una sensazione di leggerezza e felicità.
Il ragazzino sorrise, seguendo la sorella giù per le scale facendo così il loro ingresso nella cucina, dove vi erano in giro diverse pentole mentre il forno era acceso, l’aroma di cannella che si diffondeva per tutta la stanza e anche oltre.
Era il caos e Jordan si guardò attorno cercando di raccapezzarsi, iniziando poi ad afferrare le cose con l’intento di rimetterle al proprio posto.
— No, Jordan, no! Non devi mettere a posto, va’ con tua sorella ad apparecchiare, su! – lo rimproverò sua madre e il piccolo si voltò eseguendo il comando, sebbene fosse molto turbato dalle stoviglie in disordine, una cosa che non sopportava vedere.
I fratelli uscirono dalla cucina attraversando il corridoio nel quale erano stati appesi diversi addobbi natalizi, a cominciare dalla ghirlanda con bacche rosse sulla porta per non parlare del vischio sotto l’arco che portava al salone. Svariati Babbo Natale tentavano di scendere attraverso scalette di corda che penzolavano dal corrimano delle scale percorse poco prima dai bambini e dalla loro mamma.
E il salone era ancora più addobbato e luminoso, grazie al grande albero di Natale nell’angolo a destra, decorato con palline rosse e oro sotto il quale vi erano già regali di diverse grandezze ammantati in colori variopinti. Le luci seguivano un ritmo ora veloce ora lento nell’accendersi e nello spegnersi, tanto che Jordan ne rimase incantato per quale momento, ignorando totalmente i festoni sistemati ai lati dei mobili e le candele sparse un po’ ovunque, la tovaglia ancora piegata sul tavolo con le posate del servizio buono ammassate nella colonna di piatti fondi in ceramica. Cassandra chiamò più volte il fratello per aiutarla a sistemare la tovaglia, cosa che fecero con delicatezza per non rovinare la candida stoffa traforata ai lati, per poi passare ad arrotolare i tovagliolini rosso e oro intorno alle posate per il pesce.
— A che pensi, Jo? – domandò la bambina cercando i grandi occhi azzurro cielo del fratello.
— A Saturno. – rispose l’altro senza staccare gli occhi dalle posate, ma la piccola non ebbe il tempo di fare altre domande poiché si voltò di scatto sentendo la serratura scattare.
— Papà, papà! – esclamò, correndo a braccia aperte verso l’uomo biondo che aveva appena passato la soglia di casa, il quale la prese in braccio baciandola mentre Jordan rimase al suo posto senza scomporsi, curandosi solo di sistemare al meglio i tovaglioli attorno alle posate.
— Amore di papà, sei pronta per stasera? – domandò l’uomo alla bambina, stampandole un bacio sulla guancia per poi gettare un’occhiata di traverso al figlio, che se ne stava ad eseguire il suo lavoro nemmeno fosse l’ultima azione della sua vita, arrotolando la stoffa con meticolosità, un sorrisino stampato sul viso come fosse il bambino più sereno del mondo.
L’uomo si chiese per quale strano motivo suo figlio non aveva desiderio di salutarlo, perché non sentiva la differenza del trattamento che riservava alla sorella da qualche giorno, più precisamente da quando erano arrivati i risultati degli esami psicologici.
 
— Signori Baker, vi abbiamo chiamati per parlarvi di vostro figlio. – disse la Preside dell’istituto elementare dove Jordan frequentava la quarta elementare. L’ufficio non era austero come si potesse pensare, anzi era colorato, pieno di giochi e disegni, regali che gli alunni facevano a quella donna così materna, una delle poche dirigenti scolastiche che aveva messo su una scuola per puro amore verso i bambini.
Una delle rare educatrici che negli anni ’80 si rendeva conto dei problemi dei propri alunni, tanto da volerne parlare ai genitori per garantire il massimo del supporto ai bambini.
— Ha combinato qualcosa? – domandò suo padre, ma la donna scosse il capo — Vostro figlio è l’alunno più tranquillo della classe, almeno finché non gli viene dato fastidio. Ha improvvisi scoppi d’ira, tende a isolarsi e a distrarsi, non riesce a terminare le frasi e a concentrarsi, riesce benissimo solo in musica.
— Queste cose le sappiamo già. – disse sua madre, tirandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli scuri, gli occhiali da vista a farfalla sul naso che le davano un’aria severa nonostante avesse appena trent’anni.
La preside sospirò, aprendo un cassetto alla sua destra dal quale tirò fuori dei fogli spillati.
— Sono arrivati i risultati dei test preliminari e sembrerebbe che vostro figlio sia… autistico.
L’ultima parola piombò addosso alla coppia come un macigno, devastandoli e lasciandoli inebetiti. Aveva detto proprio autistico?
Che avessero capito male?
Certo, il loro bambino amava passare tempo da solo a studiare l’astronomia e ascoltare musica, aveva espresso il desiderio di ricevere una chitarra per Natale, ma mai avrebbero pensato potesse avere disturbi psichici come quelli.
No, dovevano aver capito male.
— Prego? – domandò il Signora Baker e la donna annuì — Avete capito bene. Secondo i test della psicologa della scuola, Jordan soffre della Sindrome di Asperger.
— Cielo, e cos’è? – stavolta fu la Signora Baker a chiedere e la preside rispose — Ci sono pochissime ricerche in proposito, è un disturbo dell’apprendimento venuto a galla da troppo poco tempo per avere un quadro più chiaro della situazione, comunque sembrerebbe che sia a metà strada tra l’autismo classico e le persone normali. Capite cosa intendo?
— No. – rispose secco il padre del bambino, che in realtà non voleva capire, rifiutandosi di credere che suo figlio fosse un ritardato. Il suo unico figlio maschio! Inaudito!
Una famiglia in vista come la loro non poteva certo permettersi un essere imperfetto come quello in casa!
— Vedete, ci sono cose in cui vostro figlio è più bravo, come la musica, ma altre in cui è carente, per esempio l’attenzione. Jordan è un bambino dal quoziente intellettivo molto alto, sembrerebbe misurare 135 ed è davvero tanto per la sua età, credetemi. In compenso è carente nel relazionarsi con gli altri, tende a isolarsi e a concentrare la sua attenzione solo in ciò che gli piace. E si tratta di argomenti in particolare. Per esempio adora l’astronomia ma non il campo più generico della scienza.
Il padre del bambino si prese la testa tra le mani, chiedendo — E di chi è la colpa?
— La colpa? Temo di non capire, Signor Baker. – rispose la preside, aggrottando la fronte rugosa.
— Perché mio figlio è nato così? Perché non è normale come tutti gli altri ragazzini?
La donna ammutolì, riflettendo — Non lo so, Signore, non ci sono cause precise e comunque lo studio della Sindrome è ancora in fase di sviluppo.
La Signora Baker esplose in lacrime, capendo che il suo bambino avrebbe avuto difficoltà per tutta la vita e ne avrebbe date altrettante alla sua famiglia.
Tutti erano molto dispiaciuti per la diagnosi, ma nessuno si era preoccupato di come il piccolo Jordan avrebbe preso la questione.
 
Il Signor Baker tornò coi piedi per terra grazie al figlio, che aveva iniziato a canticchiare Video killed the radio star muovendo la testolina biondo rame lateralmente mentre metteva a posto la tavola.
— Perché non saluti Jordan? – domandò Cassandra a suo padre, che per tutta risposta la fece scendere, andando in cucina a salutare sua madre.
— Come sta? – domandò, riferendosi al figlio mentre baciava la sua sposa, che fece spallucce — Come vuoi che stia? Al solito, per lui non è cambiato niente, secondo me non si rende nemmeno conto della questione. E come potrebbe? Per lui è normale essere… così.
— Tutto avrei creduto, tranne che fosse stupido. – commentò l’uomo.
I due si voltarono lanciando uno sguardo fuori dalla cucina, diretto verso Jordan che fece finta di nulla ma si sentì osservato.
Mi guardano?
Perché?
Cos’ho fatto?
Cosa c’è che non va?
Cosa vogliono?
Mi sento inadeguato, così inadeguato…
Cosa c’è, cosa vogliono?
Cosa non va?
Cos’ho fatto, cos’ho fatto?
— Jo, stai male? – domandò allarmata Cassandra, ma il campanello trillò e la bambina andò a rispondere alzandosi sulle punte dei piedi per prendere la cornetta del citofono in mano, sentire chi fosse ad aver suonato e aprire la porta.
Una figura dai capelli bianchi avvolta in un abito color ceruleo fece la sua comparsa sulla soglia.
— Nonna! – esclamò la piccola e i genitori accorsero subito ad accogliere l’anziana donna, che non aveva esattamente l’aria amichevole.
— Potevate anche venirmi a prendere al cancello, ho fatto una fatica tremenda ad arrivare fin qui con tutte le buche che ci sono nel vostro maledetto vialetto! – iniziò a borbottare la donna mentre sua nuora le porgeva il braccio per aiutarla ad entrare. Ella lanciò un’occhiataccia a Jordan e storse la bocca in una smorfia di disgusto — Il mostriciattolo ci degna della sua presenza?
— Già. – annuì suo figlio, nonché padre del bambino che vide arrivare la nonna ma finse indifferenza sebbene sentisse la tensione dentro di sé crescere a dismisura.
Lo sanno tutti, lo sanno tutti!
— Cos’è che hai preparato? Ah, lo sai che odio la pavlova e me la ritrovo per dolce! – gracchiò la vecchia, mentre si scansava sgarbatamente dalla presa della nuora, consegnandole la borsetta che la donna filò a sistemare nella sua stanza da letto.
— Mamma, ci sono anche altre cose, vedi? – tentò una mediazione suo padre, ma la donna grugnì, scostando il gomito dalla mano del figlio — Bah! La verità è che ti sei preso una buona a nulla… e anche tuo figlio lo è.
— Mamma, per favore…
— Cosa, non è forse vero? È autistico, no? Figurarsi.
Cassandra seguiva la discussione da lontano ma non vide suo padre abbassare lo sguardo contrito e stringere convulsamente il pugno.
In fondo sua madre aveva ragione: Jordan era un essere sbagliato che aveva dato loro problemi sin dalla nascita, venendo fuori anche prematuro di tre settimane. Non dormiva ma non piangeva, non mangiava, non rideva, sembrava un bambolotto inerme e questo metteva loro molta ansia.
Nel frattempo Cassandra si diresse verso il fratello, che si era seduto sul divano a leggere un libro sull’astronomia — Perché non hai detto ciao a nonna? – domandò la piccola e lui non rispose.
— Jo! – lo chiamò lei, ma il fratello restò muto, concentrato com’era nella sua lettura e questo fece arrabbiare la bambina, che gli affibbiò un pugno sulla spalla, senza ottenere risultati.
— Mamma! Mamma! – gridò la piccola, dirigendosi verso la donna, che si voltò allarmata per vedere cosa fosse accaduto per farla strillare a quel modo — Che succede?
— Jo non mi risponde, fa finta di non sentirmi! È cattivo! Perché fa così? Io gli voglio bene!
Cassandra scoppiò in lacrime e sua madre si abbassò per confortarla con un abbraccio. Per fortuna che c’era lei! La bambina sembrava aver assorbito anche l’emotività del fratello, che invece spesso sembrava freddo come il ghiaccio, insensibile ed egoista, anche se ora la donna aveva più chiaro il quadro della situazione mentale di suo figlio.
Jordan ha la Sindrome di Asperger.
È autistico.
Abbracciò la bambina, dandole un bacio tra i capelli, felice che almeno lei non si allontanasse dal contatto fisico come invece faceva il suo figlio maggiore.
— Tuo fratello è particolare. Lui ti vuole bene, Cass, ma… non sa dirtelo. Adesso è concentrato nella lettura, vedi?
— Ma io gli ho dato un pugno! – continuò la bambina e la madre la guardò severamente — Non dovevi farlo! Non voglio che diventi manesca! Tra poco è pronto, vai a mettere i cracker sulla tavola e guarda un po’ di tv, ma lascia perdere tuo fratello, con lui è una battaglia persa.
La bambina mise il broncio, asciugandosi una lacrima.
Lasciare in pace suo fratello? Mai!
A volte sembrava l’unica in casa alla quale interessasse qualcosa di lui ed era preoccupata su cosa provasse per lei Jordan, così tornò quatta quatta vicino al divano e sfilò il libro da sotto il naso del ragazzino, lasciandolo a bocca aperta per lo stupore.
Lei lo guardò arrabbiata e lui aggrottò la fronte — Che ho fatto stavolta? – domandò.
— Prima non mi hai risposto.
— Perché, mi hai chiamato?! – rispose il bambino sgranando gli occhi.
— Ti ho chiamato tante volte, ti ho anche picchiato! Non devi fare finta che non esisto, lo sai che poi piango! Non fare il cattivo con me, Jo! – strepitò la bambina e il fratello abbassò lo sguardo, colpevole.
— Scusa. Non ti ho sentita. – disse solo, così triste da sembrare sincero.
La mamma aveva detto che Jordan era speciale e la piccola sedette vicino a lui, cercando lo sguardo del fratello col suo — Jo, mamma ha detto che sei diverso. Che hai? Hai la febbre? Qualche malattia?
La domanda fece trasalire il bambino, che cercò ancor più di evitare lo sguardo della testarda sorella minore, la quale si alzò cercando di incontrare i suoi occhi sfuggenti. Jordan voltò i suoi verso l’alto ma lei non si arrese, montandogli sopra e afferrandogli la testa con forza — Guardami in faccia, mannaggia a te! – esclamò la piccola e per un momento lui le piantò gli occhi nei suoi.
Sebbene il legame tra i due fosse davvero forte, il bambino sentì il bisogno di voltarsi altrove, senza riuscirvi. Girò gli occhi a destra e a sinistra con la sorella che seguiva i movimenti delle iridi col suo viso, e alla fine li chiuse.
La bambina emise un verso simile a un acuto rabbioso e il padre accorse a vedere cosa stesse succedendo — Insomma, voi due! Piantatela di litigare!
— Jordan non vuole guardarmi in faccia! – si giustificò Cassandra.
— Lascia perdere quello stupido di tuo fratello e fila a sistemare la tavola altrimenti ti chiudo nella tua stanza e non ne esci più fino a domani, chiaro? – ruggì suo padre, gli occhi colmi di collera che non spaventarono la cocciuta ragazzina.
— Perché io sì e Jordie no? – domandò ostinata.
— Perché con lui non c’è differenza. – replicò secco suo padre e la bambina lanciò un ultimo sguardo al fratello, che se ne stava sul divano con la testa fra le mani, piegato su sé stesso.
Cosa stava facendo? Piangeva?
Effettivamente il papà gli aveva appena dato dello stupido, ma perché non gli aveva risposto?
E perché il padre si era arrabbiato senza che avesse fatto nulla?
Cassandra non capì ma pensò fosse il caso di obbedire e iniziò a sistemare i cracker dalla parte opposta delle posate di ogni ospite, contando quante persone ci fossero in tavola.
Dovevano ancora arrivare gli zii coi loro cugini che la bambina avrebbe rivisto con gioia: di solito con Abby e Julius si divertivano a giocare a nascondino e lei e Jo vincevano sempre, grazie a rumori che suo fratello avvertiva prima di tutti, capendo da dove arrivavano e scovando sempre il nascondiglio dei due cuginetti.
La madre dei bambini uscì dalla cucina, sistemando al centro della tavola una grande ciotola contenente un’insalata di pesce che emanava un profumo da far venire l’acquolina in bocca.
— Ma da dove saranno? – borbottò guardando l’orologio e pulendosi le mani nel grembiule, e fu proprio in quel mentre che il campanello suonò, generando un piccolo urlo di paura da parte di Jordan, che si tappò le orecchie.
Glielo stacco, glielo stacco quel maledetto campanello del cavolo!
— Mamma, Jo sta male! – urlò Cassandra, osservando suo fratello sbattere le palpebre per riprendere coscienza dello spazio fisico in cui si trovava, e la donna fece spallucce — Figurarsi.
E in breve arrivarono anche gli zii con i loro figli, che entrarono in casa con i consueti abiti a maniche corte di ritorno da una giornata in spiaggia tra sole, sabbia e onde come ogni Natale.
— Potete fare la doccia, se volete. Abbiamo già sistemato gli accappatoi. – disse la signora Baker, prendendo le due borse da spiaggia per riporle nella stanza da letto e i due adulti accettarono non dopo i saluti di rito mentre i bambini andarono verso Cassandra, salutandola.
Dopo una doccia veloce tutti sedettero per mangiare, i bambini alla fine della tavola tutti e quattro vicini mentre si raccontavano le prodezze scolastiche e i loro programmi per le vacanze estive.
— Noi andremo a fare un viaggio in Europa e papà ha detto che mi comprerà la Torre Eiffel che è grande così! – disse Abby, allargando le mani mentre suo fratello Julius sbottò a riderle in faccia
— Ma sei scema veramente! Papà non può comprarti quella cosa, è un monumento e i monumenti non si spostano!
— Veramente la Torre Eiffel fu installata nel 1889 in occasione dell’esposizione universale di Parigi, però si pensava a una struttura temporanea. Poi ha avuto successo, se la sono tenuta e alla fine anche quando volevano demolirla nel 1909 hanno pensato di salvarla perché era una perfetta antenna di trasmissione.
I bambini si zittirono di fronte alla conoscenza di Jordan, e Cassandra cercò di nascondere come poteva un sorrisino di soddisfazione: Julius pensava di sapere tutto lui. Poteva anche avere tutti dieci a scuola, ma nessuno batteva l’onniscienza di suo fratello, il cui interesse per le cose andava ben oltre i libri scolastici, che non degnava di uno sguardo.
Una volta gli aveva chiesto perché e lui le aveva risposto che erano noiosi, dicevano sempre le stesse cose e a lui piaceva andare oltre, approfondire a modo suo.
— A scuola ci dicono sempre cosa dobbiamo fare, anche quando possiamo andare in bagno. Perché un’altra persona deve decidere per me e giudicarmi in base alle sue scelte? Non li capisco. – aveva detto, lasciando di stucco la sorellina.
— Che c’entra, quella la toglievano! Ma non sono mai stati trasferiti palazzi e cose così! – rispose piccato il cuginetto Julius, che non amava avere torto.
Jordan lo ignorò, allungandosi per prendere l’insalata di mare e la frittura di calamari — Mi ascolti? Pronto? – esclamò suo cugino, irritandosi e lui lo guardò con occhi inespressivi per poi tornare a concentrarsi sul cibo, beccandosi una linguaccia da Abby.
I bambini continuarono a mangiare mentre i grandi facevano i loro discorsi parlando di immigrazione, viaggi, politica e le solite cose da adulti.
E poi arrivò la Black forest Pavlova, il dolce preferito di Cassandra, che iniziò a saltellare felice di riceverne una fetta il prima possibile. Le amarene la mandavano in brodo di giuggiole, ma ancor di più le piaceva il cioccolato fondente che si sposava a meraviglia con il frutto e creava un ottimo equilibrio con il dolce stucchevole degli albumi montati a neve con lo zucchero e la panna.
— Anche noi abbiamo portato un dolce! – esordì la zia, tirando fuori a sorpresa un pandoro farcito di crema chantilly, generando lo stupore della famiglia australiana: i lievitati avevano fatto la loro comparsa pochi anni prima nei supermercati, ma di certo ad essi venivano ancora preferiti il pudding di frutta e la pavlova, senza considerare i tipici biscotti alla cannella decorati con la glassa.
— Ma è artigianale?! – domandò stupita la padrona di casa, mentre anche suo marito allungava il collo verso il dolce — E dove l’avete trovato?
— A un isolato da casa nostra ha aperto una pasticceria di immigrati italiani che produce molti dolci da forno, e quest’anno pare abbiano preparato questi panettoni…
— Pandori. – puntualizzò lo zio, correggendo sua moglie, che alzò gli occhi al cielo — Sì, pandori. Lo hanno farciti con queste creme un po’ più leggere e… beh, ora assaggiamo e vediamo!
In men che non si dica il pandoro venne scartato, diviso e divorato. La crema chantilly fece cantare le papille gustative dei partecipanti, che si alzarono dal tavolo quasi tutti con le t-shirt sporche di zucchero a velo ma soddisfatti.
— Giochiamo? – domandò Abby una volta scesa dalla sedia mentre le donne sparecchiavano e gli uomini si ritiravano a fumare sul balcone lasciando i bambini soli nel salotto, e Cassandra annuì, voltandosi per chiamare il fratello, che non rispose.
— Oltre che stupido sei anche sordo? – domandò Julius alla volta del cugino, che non reagì.
— Oh? Allora? – lo incalzò, ma Jordan non diede cenni di vita, concentrato com’era nuovamente sul libro di astronomia.
Il bambino gli affibbiò uno schiaffo dietro la testa e fu a quel punto che Cassandra si mise in mezzo, allargando le braccia per difendere il fratello inerme — Lascialo stare, lui non vuole giocare con te!
— Cosa? E perché no? – domandò il cuginetto — Perché sei violento e lo picchi!
— E lui è un maleducato che non risponde, ecco!
— Nessuno vuole giocare con te, sei un prepotente! – disse la bambina con tutta l’intenzione di difendere suo fratello. Sarà anche stato stupido come dicevano tutti quella sera, ma era pur sempre il suo adorato fratellone e lei l’avrebbe difeso sempre e comunque.
— Togliti! – ruggì Abby, dandole una spinta che fece indietreggiare l’altra senza farla cadere, tanto che rimase ostinatamente a dividere l’ignaro Jordan dal dispettoso cugino con tanto di broncio sul viso.
— Non devi fare male a mio fratello! – squittì la bambina.
E fu a quel punto che accadde: Julius affibbiò una spinta più forte alla cugina, che inciampò sul tappeto e cadde, battendo la testa sul termosifone e finendo così ai piedi di Jordan, che la guardò distogliendo gli occhi dal libro.
Per un momento l’aria si congelò — Adesso non fai più la grande! – esclamarono i cugini, un ghigno sui loro volti a segnare la supremazia dei vincitori.
Con delicatezza Jordan chiuse il libro ponendolo alla sua destra, mentre con l’altra mano tastò il collo della sorella, chinandosi poi su di lei a quattro zampe per sentire se respirasse o le battesse il cuore.
Julius scoppiò a ridere seguito da sua sorella — Sei diventato un cane, adesso?!
— …ecco. – mormorò il bambino, per poi urlare — Chiudete il becco! – così forte che la sua voce si trasformò in un urlo stridulo e continuo finché non gli mancò il fiato, originando in lui un forte mal di gola.
— Che succede? – esclamò sua madre, irrompendo con gli altri parenti nel salone, richiamati dalle grida.
Cacciò un urlo quando vide Jordan chino sulla sorella con una mano sul collo della piccola. Il bambino la guardò con la sua solita espressione fredda — Cass? Cassandra? – chiamò sua madre, spintonando il figlio di lato e notando solo dopo la piccola macchia di sangue sulla ghisa del termosifone — Oh mio Dio. Oh mio Dio! – gridò.
 Chiamo subito un’ambulanza! – esclamò la nonna, voltandosi per andare verso il telefono fisso.
Jordan non disse nulla — Bambini, cos’è successo? – domandò la zia a Julius e Abby, con la più piccola che puntò subito il dito verso il cugino — Lui! È stato lui! Le ha dato una spinta e Cassy ha sbattuto addosso lì!
Subito diverse paia d’occhi si voltarono verso Jordan, che sentì il peso degli sguardi accusatori su di lui — Sei stato tu? – sibilò suo zio ma nessuno riuscì a dire altro perché la mano del signor Baker calò come una frusta sulla guancia del bambino, che voltò il viso per la gran botta ricevuta, senza tuttavia cambiare espressione.
Non sentì alcun dolore Jordan, e si voltò a guardarli tutti come se nulla fosse accaduto.
Gli occhi dei suoi parenti si riempirono di orrore e disgusto — Tu… sei un mostro! Lo sei! Non voglio vederti, non voglio più vederti! – iniziò a strepitare sua madre e quello sì che gli fece male, tanto da tapparsi le orecchie per impedire a quei rumori di perforargli i timpani.
Ogni esclamazione era un’esperienza dolorosa e Jordan dovette chiudere gli occhi per non impazzire, non riuscendo più a collocarsi nello spazio talmente veniva stordito dalle urla.
Il suo udito ipersviluppato gli faceva sempre questi scherzi: qualsiasi suono troppo forte lo destabilizzava, tutto diventava nero e l’ambiente attorno a lui si muoveva, non riusciva a capire dove fosse e fu per quello che scivolò sul pavimento, finendo sdraiato a occhi aperti.
E poi iniziò a urlare, battendo pugni e piedi a terra: il sovraccarico sensoriale e quello emotivo furono troppo pesanti da sopportare.
Le grida di Jordan sembravano interminabili e gli zii portarono via i cuginetti colpevoli, che furono ben felici di tirarsi fuori da una situazione così pesante e scamparla liscia senza conseguenze.
Era stato fin troppo semplice puntare il dito sul cugino autistico, quello malvisto da tutta la famiglia.
Perché?
Io volevo solo sentire se fosse ancora viva, perché?
Possibile che non l’abbiano capito?
Per quale motivo danno la colpa a me?
Perché Abby ha mentito?
Perché ci hanno creduto? Non mi hanno nemmeno chiesto se fosse vero!
Perché mi odiano?
Perché mi chiamano stupido?
Io studio sempre.
Io faccio il bravo bambino.
Perché mi odiano?
Perché mi picchiano?
Perché?
Perché?
L’ambulanza chiamata dalla nonna arrivò in breve tempo grazie al fatto che la sera di Natale non vi era traffico in giro e la donna aprì subito loro, indicando i due bambini a terra.
Quelli si diressero subito su Jordan che ormai aveva finito di urlare ma se ne stava a piangere rannicchiato su sé stesso, le ginocchia al volto e le braccia attorno ad esse con le mani che stringevano spasmodicamente la stoffa dei jeans.
Sentì l’uomo prendergli il braccio e capì.
Si divincolò, urlando.
No, non voglio!
La puntura no, non voglio dormire, non voglio!
Non ho fatto niente, sono stato bravo!
Stavo solo leggendo!
Gli urli furono così acuti che sua madre dovette tapparsi le orecchie mentre suo padre guardava la scena, gli occhi sul figlio e la bocca tesa in una smorfia di disgusto.
— No. – mormorò il bambino, seppur cedendo.
Nessuno l’avrebbe ascoltato, che senso aveva parlare?
Affibbiò un pugno sul naso del paramedico — Will! – chiamò tastandosi il volto – Dammi una mano, questo qui è particolarmente tenace.
Ambedue gli uomini gli bloccarono braccia e gambe, riuscendo a infilargli l’ago nel braccio.
Il bruciore del liquido che entrava a forza nella vena portò le lacrime agli occhi color cielo di Jordan, che si rovesciarono all’indietro per lo stress provato dal bambino.
— Soffre di epilessia? – domandò il secondo paramedico alla madre, che scosse il capo mentre suo padre mormorava che per lui quel mostro poteva anche morire soffocato seduta stante.
I due uomini si guardarono perplessi dalla reazione così poco comprensiva di un padre nei confronti del figlio maschio Asperger, non tanto per lo stupore ma per la cattiveria di cui era impregnata la frase, anche se non era la prima volta che assistevano a scene del genere: non tutte le famiglie accoglievano amorevolmente la diagnosi di un figlio autistico.
Inoltre la famiglia Baker era conosciuta in tutta Sydney, con un padre imprenditore e la madre che faceva la bella vita. A loro piacevano il lusso e l’ostentazione, e un figlio come Jordan gli aveva rotto le uova nel paniere, senza considerare che tutti sapevano già tutto e il signor Baker era un osso duro, un uomo spietato che molti rivali avrebbero voluto affossare.
Suo figlio era improvvisamente diventato lo strumento perfetto per lo scopo dei suoi avversari, e persone più compassionevoli come quei due medici provavano tenerezza per quel ragazzino di appena nove anni visto come un oggetto dagli uni e un ostacolo dagli altri.
Il bambino crollò svenuto con le lacrime agli occhi sebbene la sua espressione non fosse mutata di un millimetro, e i due paramedici optarono per il suo trasporto in ospedale, anche se non ne aveva bisogno ma solo per offrirgli un ambiente meno ostile dove trascorrere qualche ora.
— Jordan…
Il lieve mormorio fece voltare tutti di scatto: Cassandra aveva appena socchiuso gli occhi e teneva la testa girata verso suo fratello, cercando di tendergli la mano.
Quando venne sollevata per essere sistemata sulla barella tutti videro la macchia rossa formatasi sotto la sua testa, fortunatamente una chiazza piccola e con poco sangue che però mandò nel terrore sua madre, la quale prese a singhiozzare tra le braccia di suo marito.
— Ce ne libereremo, vedrai. Quel mostro sparirà dalla nostra vita. – disse l’uomo per rassicurare la moglie, lo sguardo che stillava veleno nei confronti del figlio che veniva caricato nella stessa ambulanza della sorella.
Il mezzo partì a sirene spiegate nella notte di Natale, seguito dalle macchine dei parenti che sgommavano per le strade di Sydney, preoccupati per la sorte della bambina ferita e speranzosi che quell’essere imperfetto perisse magari per un sovradosaggio dei tranquillanti iniettatigli.
 


Ciao a tutti.
Innanzitutto grazie per aver letto la mia storia, ve ne sono davvero grata.
Avrei tante cose da dire ma non so davvero da dove iniziare. Forse farei bene a cominciare dall'ispirazione.
Innanzitutto ci tengo a precisare che l'atteggiamento dei genitori di Jordan è volutamente esagerato: ho preso esempio da genitori come Fred e Rose West, ma vi risparmio i particolari e per chi fosse interessato c'è Google ^^
Inoltre c'è da considerare che la diagnosi è stata data poco prima del Natale, quindi i genitori covano molta rabbia interiore, esprimendola male e non sapendo gestire la situazione anche perché negli anni '80 non vi erano molte linee guida riguardo l'Asperger... anzi, era una cosa nuovissima, forse ancora doveva essere studiata per bene. 
Ecco, ci tenevo a fare questo appuntino ^^ Soprattutto perché io ho una percezione e un pensiero diverso rispetto alle persone normali, quindi volevo spiegare il mio punto di vista e perché quei due reagivano a quel modo ^^
La Sindrome di Asperger è un argomento che mi sta particolarmente a cuore poiché anch'io presento qualche tratto della stessa, mi considero Asperger ma non lo so e sarebbe anche molto difficile diagnosticarmi - a quanto pare le donne modificano i loro atteggiamenti in base alle persone ed è difficilissimo diagnosticarle, si confondono bene con la società.
Il piccolo Jordan Baker è stato modellato su una persona realmente esistente: Craig Nicholls è il leader dei Vines, una band australiana che mescola grunge e musica anni '60, ed è affetto giustappunto dalla Sindrome di Asperger, che lo porta a fare la vita da recluso - e credetemi, lo comprendo benissimo. La solitudine è una cosa meravigliosa.
In realtà ho iniziato a scrivere una long poco tempo fa sul musicista in questione, una storia d'amore ancora in cantiere e siccome per la sfida mi è capitato il prompt "cena di Natale che finisce male" mi son detta che Jordan avrebbe potuto assumere le sembianze del perfetto capro espiatorio. In fondo nella storia sono sempre stati i diversi le vittime sacrificali nelle manie della maggioranza, no?
Non è detto che una famiglia prenda bene una questione come l'autismo, non esistono famiglie del mulino bianco ma solo individui più pazienti e bendisposti verso chi è in difficoltà. 
Non credo al legame di sangue come vincolo per il legame affettivo, non ci ho mai creduto nemmeno da bambina. Con tutto quel che si sente nelle cronache? Sarebbe irrealistico.

In Australia il Natale capita d'estate e di solito la giornata si trascorre in spiaggia e la cena anche in casa, i pasti sono a base di pesce perché il tacchino ripieno con le salse risulta davvero troppo pesante vista la calura, anche se alcune famiglie si ostinano a consumarlo.
Tra i dolci principali vi sono il pudding alla frutta e la pavlova foresta nera - che preparerò, giuro!
Da qualche tempo sugli scaffali sono apparsi pandori e panettoni, perlomeno così dicevano sui siti internet che ho consultato: non sono un'esperta di paesi caldi e ho la fobia dell'aereo, figurarsi se ho mai visto l'Australia! Al massimo so che ci sono i canguri perché ci avevano ambientato un cartone Disney quand'ero piccola, ma per il resto sono totalmente digiuna sull'argomento.
Ho cercato di documentarmi e se qualcuno sa cose che mi sono sfuggite o nota delle incongruenze, chiedo scusa in anticipo ^^'''''

Spero che la storia vi sia "piaciuta". L'ho scritta in cinque giorni - non appena mi sono ricordata che la data di scadenza era il 15 e non il 22. Sì, lo so, sono molto sbadata, ho la concentrazione di un criceto.
Beh, credo di aver detto tutto ^^
CREDO. Sicuramente qualcosa mi sarà sfuggito.
Un abbraccio a tutti e tanti auguri! ^^

PS- Per chi fosse interessato, lascio un paio di link per darvi un'idea di chi è Jordan Baker nella realtà

- A.


Foto:
http://rockaxis.com/sites/default/files/node/novedades/imagen/106952.jpg
http://i.ytimg.com/vi/PDpF75UxvF8/hqdefault.jpg
https://lifewithlilred.files.wordpress.com/2015/09/craig1.jpg

Video:
https://www.youtube.com/watch?v=asOvnGHwtDU
https://www.youtube.com/watch?v=4OWmKjpD5Pg
   
 
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