Capitolo 10 – Come è profondo il
mare
Sanji e Flea, immobili, fronteggiavano Whip e la sua immensa
armata animale. L’aria si stava riscaldando, nel terrazzo più alto del
Giardino, e non solo nel senso metaforico. L’aria si stava davvero riscaldando. C’era una luce rossa diffusa, in sottofondo si
sentiva un crepitio e uno scoppiettare lontani, e ogni tanto qualche lapillo
incandescente svolazzava a mezz’aria. L’odore di fumo era sempre più intenso.
L’incendio, scoppiato poco prima, si stava propagando a tutto il Giardino e
ormai aveva preso un intero lato dell’isola di Eden. Presto avrebbe finito per
chiudere ogni via di fuga.
-
Mi
pare che sia opportuno finire presto questa battaglia. – disse Whip, osservando
il fuoco – Cercate di morire il più in fretta possibile.
-
Nei
tuoi sogni, pagliaccio.
Sanji e Flea si strinsero, restando in guardia e a distanza
di sicurezza dal viceammiraglio.
-
Flea
– bisbigliò Sanji – a causa di quei maledetti serpenti, io non posso colpirlo
direttamente. Devi darmi una mano. Tu radicati e lascia fare il resto a me.
-
Radicarmi?
Ma così non potrò…
-
Fidati.
Fallo e basta.
-
A
che volete che vi serva complottare e mormorare, signori? - intervenne Whip –
Lei, signor pirata, ha già fallito nel provare a combattermi, e anzi mi
sorprende ritrovarla ancora vivo. E lei, signorina, è assolutamente impotente.
Ha i poteri di un albero. I vegetali
servono solo a ricavare sostanze nutrienti dalla terra e trasformarle in cibo
per gli erbivori. Lei – e fissò Flea con un sorriso obliquo – non è niente di
più che un anello della catena alimentare.
-
Questo
lo vedremo! – ribatté piccata la ragazza.
Ficcò i piedi nel terreno Le dita si allungarono, le radici
scavarono in profondità, la sua pelle si ricoprì di corteccia. La ragazza compì
una trasformazione quasi completa. Da braccia e capelli spuntarono decine di
foglie. Alla fine, saldo e inamovibile, c’era in mezzo alla radura che ospitava
la battaglia un albero in tutto e per tutto, fatto salvo per le fattezze umane.
Perfettamente immobile.
-
Psst,
Sanji! – bisbigliò Flea – E adesso che faccio?
Whip accennò una risatina, divertito.
-
Ora
vedi. Preparati.
Sanji cacciò un piede nel terreno, che si spaccò, si crepò
intorno alla base del tronco di Flea. Con un movimento veloce, lo tirò su: Flea
si staccò dal terreno, con un’intera zolla circolare attaccata alle radici.
L’uomo teneva la zolla sul piede come fosse stato un pallone da calcio.
-
Armée de l’Air: Power Shoot!
Whip intuì quello che stava accadendo quando ormai Flea era
già in volo, a velocità pazzesca, verso di lui. Si mise in posizione difensiva,
tutti i serpenti schizzarono fuori pronti a colpire. L’albero gli si schiantò
addosso, travolgendolo con la sua massa.
-
Maledetta!
Lasciami! Serpenti miei cari, mordetela! Avvelenatela!
Contro la propria natura, obbedendo a quell’ordine, i
serpenti morsero il tronco di Flea. I loro denti veleniferi si spezzarono
contro quella durissima corteccia.
-
Ti
dirò una cosa, Whip. - sussurrò Flea, guardando negli occhi l’avversario – Se
anche fossero riusciti a mordermi, dal momento che ho questa forma il loro
veleno non avrebbe potuto farmi nulla. Non si possono avvelenare gli alberi,
no?
-
Fallo
fuori, Flea!
La ragazza colpì il viceammiraglio con un poderoso pugno
rivestito di corteccia. Peggio di una martellata. Dopodichè, restò col tronco
poggiato a terra, immobilizzata. Whip si schiantò a qualche metro di distanza,
contro una roccia. Si rialzò con i vestiti strappati e la furia dipinta sul
volto.
-
Lo…
lo so io cosa ci vuole per una signorina dalla pelle dura come lei. Venite, Valchirie! Zzz!
Al ronzio emesso da Whip rispose un altro ronzio, più
potente, più sordo, come ripetuto da migliaia, milioni di voci. Dalla scogliera
alle sue spalle emerse uno sciame verde. Una nuvola vivente che guizzò e puntò
dritta su Flea.
-
Maledizione!
Sono cavallette! Vengo ad aiutarti, Flea!
-
NO!
Resta dove sei! – gridò la ragazza – Ti spolperebbero molto più in fretta di
quanto farebbero con me, e poi ho ancora i serpenti attaccati addosso. Pensa a
Whip!
Sanji annuì, colpito dal sangue freddo della ragazza, e
corse verso Whip per dargli il colpo di grazia. Ma fu inutile, non riuscì a
raggiungerlo. C’era un’infinità di animali, tutti intorno, su cui il nemico
poteva contare per contrastarlo. In un secondo, Sanji si ritrovò circondato da
elefanti e rinoceronti, che costituirono un’invalicabile muraglia di carne.
Provò a prenderli a calci, ma erano troppo pesanti; nel tempo che ci metteva
per sbarazzarsi di uno di loro, altri due prendevano il suo posto. Un
pachiderma, colpito, rotolò da una scarpata e piombò giù dalla scogliera con un
barrito lacerante; ma fu solo una piccola vittoria. La massa non si smuoveva, e
Whip, al sicuro là dietro, se la rideva.
-
Aaaahhhh!
Il grido lancinante di Flea fu una delle cose più spaventose
che Sanji avesse mai udito. Quando si voltò a guardare, la ragazza era in una
condizione orribile. Le cavallette l’avevano travolta come un fiume, le
strappavano a morsi le foglie e la corteccia. Ogni morso era una ferita, ogni
strappo una mutilazione, e Flea ormai
era uno spettacolo grottesco e orrendo, un albero che si muoveva e sanguinava,
mulinando i rami nel tentativo di scacciare quei maledetti insetti che
tornavano sempre, urlando di dolore. Sanji non poteva sopportare oltre.
-
Ti
aiuto! Resisti!
-
Non…
non sono ferite fatali! – rispose Flea, a stento – Fanno solo male! Non
avvicinarti!
Ma forse non era necessario farlo. Sanji cercò di fare
qualche calcolo ad occhio, prese la mira e tirò un poderoso calcio a vuoto, in
direzione di Flea. Aria e fumo, ormai mescolati insieme, turbinarono e furono
spinti in un’unica folata, un proiettile invisibile che colpì lo sciame di
cavallette, disperdendolo e disorganizzandolo. Flea sentì solo un leggero
impatto, ma gli insetti schizzarono da ogni parte, alcuni morti, altri privati
del senso dell’orientamento. Confuso ulteriormente dal fumo, lo sciame non
riuscì a riaggregarsi.
-
Grazie,
Sanji. Sei stato grande! Ora tocca a me aiutarti!
Flea si ritrasformò leggermente, assumendo una forma quasi
umana, in modo da potersi in qualche modo rialzare e rimettere con i piedi nel
terreno. A quel punto infilò le mani sottoterra.
-
Ecco
che vado! Ehm… vediamo… Falegnameria Fatale!
Il nome delle tecnica, inventato lì per lì, lasciava un po’
a desiderare, ma l’efficacia no. Un enorme blocco di legno a forma di cuneo
sorse dal terreno sotto le zampe di elefanti e rinoceronti, che, sbilanciati da
quel piano inclinato, cominciarono a rotolare all’indietro, cadendo sugli altri
animali alle loro spalle. In pochi secondi, una valanga di pachidermi di
diverse tonnellate cadeva in velocità contro Whip. Il viceammiraglio urlò e
scappò all’indietro, ma alle sue spalle c’era solo la scogliera. La valanga si
abbatté sul terreno, in un caos di proboscidi e corni; quando tutto parve
finito, Whip era scomparso.
-
E’
caduto giù dal burrone? – chiese Sanji.
Ci fu uno stridio acutissimo, assordante, e con un battito
potente dall’abisso emerse una gigantesca aquila munita di finimenti dorati.
Imbracato alla sua sella, Whip la cavalcava con sicurezza. Tirò le briglie e la
portò a una decina di metri d’altezza. Era sconvolto: sotto di lui, in mare,
erano precipitati molti dei suoi amati elefanti, che, come è risaputo, a
differenza dei gatti non sono un granché bravi a smorzare le cadute.
-
VOI
UMANI! – gridò indemoniato – Voi umani non capite mai! Non vi si può insegnare
niente! Non vi si può… addomesticare! Capite solo la violenza! Ebbene, ecco, vi
darò quello che volete!
Assieme all’aquila, si erano alzati stormi di uccelli di
tutte le razze. Si lanciarono in un unico impeto contro Sanji e Flea. Restarono
loro pochi secondi per elaborare una strategia.
-
Ti
creo una passerella. – bisbigliò Flea – Tu pensa a farlo fuori.
-
Ce
la fai a resistere da sola?
-
Sì,
non preoccuparti. VAI!
Un tronco di legno con la superficie piatta spuntò
velocissimo dal terreno e puntò verso Whip. Sanji saltò sulla superficie del
tronco e cominciò a correre. La crescita era tanto rapida da essere molto più
veloce della sua corsa. Whip si lanciò in picchiata con la sua aquila, ma Flea
lo vide e, prontamente, cambiò la direzione di crescita. In uno strano
inseguimento, il tralcio di legno continuava a tallonare l’aquila, per quanto
il viceammiraglio si sforzasse di seminarlo.
-
Tu
sei solo un pazzo! – gridò Sanji, che nella sua corsa era stato attaccato da
gufi, falchi e altri rapaci, e si dimenava furiosamente per sbarazzarsene –
Parli come se tu non fossi un essere umano!
-
So
di esserlo, e me ne vergogno! – rispose Whip – Gli esseri umani sono stupidi e
noiosi! Sono tutti uguali! Gli animali sono tutti diversi tra loro, e ognuno ha
i suoi talenti particolari! Non c’è paragone! Possono mordere e azzannare…
Sanji si voltò. Alle sue spalle, una fila di ghepardi saliva
la sua stessa passerella a gran velocità, con la bava alla bocca. Si fermò e ne
mandò giù un paio a calci, ma poi capì che non poteva vincere, avrebbe perso
troppo tempo. Riprese a correre verso su, cercando di essere più veloce di
loro.
-
…o
bucare il legno…
Uno stormo di picchi aveva preso di mira Flea e aveva
cominciato a martellarle la corteccia. La ragazza, stoicamente, sopportava il
dolore e restava concentrata sul suo unico obiettivo, guidare Sanji fino a
Whip.
-
…e
mi obbediscono in ogni mio volere! Perché mi riconoscono come uno di loro!
Perché mi amano!
-
Ti
mancano ancora più rotelle di quanto pensassi, citrullo! – fece Sanji, affannato,
mentre si sbarazzava di un ghepardo che gli si era attaccato al piede – Robin
mi ha spiegato tutto: loro ti obbediscono solo perché hai mangiato il Frutto
del Diavolo! Come farebbero ad amare uno che li manda al massacro come stai
facendo tu?
Ok, mancavano pochi metri. Whip era vicinissimo. Sanji
spiccò un salto in direzione dell’aquila, intenzionato a colpire il nemico con
un solo calcio e finire la battaglia.
-
Ora
non hai più i serpenti a proteggerti! Sei spacciato!
Caricò il colpo, mosse la gamba, dritto verso la base del
collo. Il viceammiraglio sorrise e sollevò la mano destra.
Afferrò la caviglia del pirata e bloccò il calcio senza
alcuno sforzo. Sanji, incredulo, si ritrovò fermo a mezz’aria, tenuto in quella
posizione dalla sola mano di Whip.
-
Mi
ha sottovalutato, signor pirata. – disse quello, sorridendo – Ha creduto che io
fossi un comune, debole essere umano e non ha usato tutta la sua forza in
questo calcio. Io non amo lottare corpo a corpo, ma mi alleno ogni giorno con i
gorilla e con gli orsi. Ho imparato i segreti della lotta selvaggia. Lei può
dire altrettanto?
Sanji strinse i denti e non rispose. Bastardo fino
all’ultimo, quel tizio. Guardò in basso. Sotto di lui si stavano radunando
coccodrilli e iene. Se fosse caduto, non avrebbe potuto evitare di finirgli
dritto in bocca.
-
Addio,
signor pirata.
Whip lasciò la presa e Sanji cominciò a precipitare,
inesorabilmente, verso le bestie feroci che lo aspettavano per dilaniarlo.
-
Sanji!
L’ananas! – gridò Flea.
Il pirata capì e sorrise. Il frutto, lanciatogli dalla
ragazza, veniva dritto verso di lui.
-
Ascolta
una cosa, Whip. Dovresti capire almeno questo.
Il viceammiraglio era sempre più lontano, il suolo più
vicino, l’ananas ormai a portata di piede.
-
Tu
disprezzi gli esseri umani e ami gli animali. Però pensaci…
Dolcemente, Sanji accolse il frutto nell’incavo del piede.
Prese la mira.
-
…anche
gli esseri umani…
Tirò. L’ananas volò, con precisione millimetrica, come una
fucilata, dritto contro Whip
-
…SONO
ANIMALI!
L’esplosione avvolse l’uomo e l’aquila e lo spostamento
d’aria accelerò la caduta di Sanji, sbattendolo con violenza al suolo. Le
belve, però, non lo attendevano più. Erano confuse, sperdute. Cominciarono a
vagare e si dispersero. L’aquila sbruciacchiata entrò in avvitamento e piombò
in qualche punto del Giardino. Da ogni parte, gli animali si guardavano intorno
perplessi, si sbarazzavano a morsi dei loro ridicoli vestiti, fuggivano,
spaventati dal fuoco che ormai si era esteso a quasi tutto il Giardino.
-
Capitano!
Guardi! Se ne vanno!
Madera e gli altri erano ormai presi tra due fuochi; o
meglio, tra il fuoco e una folla di tori inferociti pronti alla carica.
Pensavano di essere spacciati quando si sentì il boato di un’esplosione lontana
e gli animali persero la loro baldanza e iniziarono a fuggire, terrorizzati
dall’incendio.
-
Siamo
salvi! – esclamò Rum.
-
Aspettiamo
a dirlo, gnarr! C’è sempre questo dannato fuoco. Ma almeno, gnarr, adesso c’è
qualche speranza. Tiriamoci fuori di qui.
Luffy giaceva a terra sanguinante e malconcio. Qualunque cosa
succedesse, qualunque cosa, non avrebbe mai voluto fare del male a un compagno.
Ma ormai, a furia di trattenersi, rischiava la vita. Chopper si avvicinava
ancora una volta, spietato, del tutto privo di ragione, e ora si chinava su di
lui, pronto a sferrare il colpo di grazia. Si sentì un’esplosione lontana.
-
Luffy!
– strillò allarmata la renna – Sei ferito! Oddio, non muoverti, devo medicarti
subito!
Il ragazzo spalancò gli occhi, incredulo, poi saltò su e
abbracciò il medico, lo sollevò in aria e cominciò a girare su se stesso,
piangendo e gridando felice.
-
Chopper!
Sei tornato! Mi avevi fatto prendere uno spavento!
-
Luffy!
Ho detto di non muoverti! …ah! Lasciami! Luffy! Ho le vertigini! METTIMI GIU’!
Quando finalmente ritornò in forma totalmente umana, Flea
era coperta di graffi e ferite e ansimava per la gran fatica. Un po’
zoppicante, si avviò verso il punto in cui era caduto Sanji, e lo trovò,
sdraiato a faccia in su, col sangue che gli scendeva da un taglio sulla fronte,
immobile, che si accendeva una sigaretta. Anche lui col fiatone.
-
Ce
l’abbiamo fatta, eh? – mormorò la ragazza.
L’altro rispose annuendo e sorridendo.
-
Ce
l’abbiamo fatta. – ripeté Flea – Cioè, non ci avrei mai creduto. Non posso
crederci adesso che lo sto dicendo.
Ce l’abbiamo fatta. Ce! L’abbiamo! Fatta!
Cominciò a ridere, esaltata. Sanji si rialzò e raggiunse il
suo fianco.
-
E’
grandioso, vero?
-
Più
che grandioso! E’ incredibile! Abbiamo cambiato le cose! Abbiamo vinto! Non
credevo fosse così bello! CE L’ABBIAMO FATTA!
Si slanciò contro Sanji e lo abbracciò, travolta dalle
emozioni. Rideva di gioia. Prese l’altro per le braccia e cominciarono,
insieme, a saltare e ballare. La sua allegria era contagiosa, e anche il cuoco
si fece prendere dall’esaltazione del momento.
-
CE
L’ABBIAMO FATTA!
-
CE
L’ABBIAMO FATTA! CE L’ABBIAMO FATTA!
Sanji sollevò Flea a mezz’aria. Flea mise una mano nei
capelli a Sanji e glieli sfregò, come si fa con i bambini.
-
CE
L’ABBIAMO FATTA! CE L’ABBIAMO FATTA!
Sanji diede il cinque a Flea. Flea baciò Sanji sulla
guancia. Sanji gettò via la sigaretta, afferrò Flea per la vita, la avvicinò a
sé e la baciò sulla bocca.
Flea si fece seria all’improvviso e lo allontanò spingendo
dolcemente con le palme delle mani.
-
Scusa,
e questo cosa significa? – chiese perplessa – Cioè, vuoi dire che per tutto
questo tempo tu…
-
Eh?
Pensavo tu lo avessi… - fece Sanji, confuso quanto lei – Perché, tu invece non…
-
Beh,
no. Voglio dire, sei un buon amico, ma…
-
Oh.
Capisco.
-
Capisci,
sì? Insomma…
-
Sì,
sì, ti ho detto che capisco. Non ti preoccupare.
Restarono in silenzio, l’entusiasmo ormai un po’
raffreddato, uno accanto all’altro, davanti al Giardino in fiamme. Gli animali,
ormai, erano tutti scappati chissà dove.
-
Magari
è meglio se cerchiamo di andarcene da qui prima di finire arrosto, eh? –
suggerì Flea.
-
Sì.
E’ meglio. Andiamo.
-
…e
allora io ho fatto cadere tutti quegli elefanti come fuscelli! Poi Whip è
saltato fuori con un’aquila gigantesca! Non potete, davvero, non potete avere idea di quanto fosse grande! E io subito
ho capito cosa bisognava fare, eh, non ho avuto dubbi! Ho cominciato a creare
una passerella e…
Usopp, con i chiodi in bocca e una tavola di legno sulle
spalle, cessò un momento il suo lavoro di riparazione della Going Merry per
avvicinarsi, incuriosito, al capannello degli altri. Flea raccontava a fiume la
battaglia appena combattuta. Intorno, il resto della ciurma ascoltava, senza
troppo entusiasmo. Solo Sanji se ne stava in disparte, a fumare.
-
Ehi,
Nami! – chiese Usopp – Ma da quant’è che va avanti così?
-
Almeno
tre ore. – sbuffò lei, sfinita – Sinceramente, non so quanto potrò sopportarlo
ancora. Questa è la decima volta che
ci racconta tutto dall’inizio.
-
E’
naturale che faccia così. – intervenne Chopper – E’ uno stato di eccitazione
dovuto alla sovrapproduzione di adrenalina. Il suo corpo non è abituato e
reagisce in questo modo.
Gli altri lo guardarono speranzosi.
-
Non
esiste un modo per accelerare lo smaltimento dell’adrenalina. – specificò il
medico.
Gli sguardi, da speranzosi, divennero abbattuti.
-
Ne
avrà ancora per un paio d’ore.
E da abbattuti, disperati.
-
…e
allora Sanji gli fa “anche gli esseri umani sono animali!”, e BOOM!, lo fa
saltare in aria, e lui che voleva far saltare in aria me, ben gli sta!
-
Bene,
direi che abbiamo capito. – sospirò
Nami – E adesso, che cosa hai intenzione di fare? A parte torturarci le
orecchie con l’undicesimo racconto, ovvio.
-
Beh,
naturalmente voglio salpare! – esclamò Flea – Se questa è la vita di un pirata,
non ne avrò mai abbastanza! Ho deciso una volta per tutte. Prenderò il mare,
alla ricerca di avventure!
-
Brava!
– esclamò Luffy, applaudendo contento – Mi piaci, tu! Così si parla!
-
Sfiderò
le onde e i pirati nemici! Combatterò contro
-
Ihihih!
Sei fortissima! Vai così!
-
E
infine, giungerò a Raftel, troverò One Piece e diventerò Regina dei Pirati!
-
QUESTO
MAI, STREGA! – ruggì Luffy, con un improvviso mutamento di espressione, da
“allegro buffone” a “maniaco omicida infuriato” – QUI C’E’ UN SOLO FUTURO RE
DEI PIRATI, E QUELLO SONO IO!
Flea lo guardò incuriosita, senza scomporsi più di tanto.
-
Tu,
Re dei Pirati? – chiese perplessa – Scusa, ma come pensi di fare? In questa
battaglia non hai combinato praticamente niente. Non ho nemmeno capito se hai
dei poteri o no.
-
Certo
che ce li ho! Sono l’uomo di gomma, IO!
-
Ah,
beh, allora… – Flea sorrise con tenerezza – E’ ovvio che io sono più forte di
te. Lo sanno tutti che la gomma si
ricava dagli alberi.
-
Ma
che razza di ragionamento è? – chiese Zoro. Nami fece spallucce.
-
RE
DEI PIRATI SARO’ IO! ARBUSTO RACHITICO!
-
REGINA
DEI PIRATI SARO’ IO! PUPAZZO DA QUATTRO SOLDI!
Da un momento all’altro, dalle parole si passò ai pugni.
Quelli di Luffy si schiantavano contro la salda corteccia di Flea; quelli di
Flea affondavano nel corpo elastico di Luffy. Lo scontro procedette a lungo
senza vincitori né vinti.
-
Sorprendente.
– mormorò Usopp – Com’è che quella ragazzina timida e spaurita è diventata così
violenta?
-
Mi
sa che è un meccanismo di sfogo. – fece Nami, rassegnata – Dopo anni di
repressione, la sua aggressività sta venendo fuori tutta in una volta. Troverà
un suo equilibrio, prima o poi, vedrai.
-
Fermi,
tutti e due! – Chopper si sbracciava disperatamente – Vi ho appena medicati!
Siete feriti gravemente! Non potete! FERMATEVI!
Madera, in disparte, osservava soddisfatto la rissa.
Finalmente qualche soddisfazione, pensò. Una ragazza che afferra senza paura un
capitano pirata con una taglia di cento milioni di Beli sulla testa e gli morde
una gamba solo perché hanno cominciato a litigare per una sciocchezza, quella
sì che era sua figlia. Beh, magari poteva migliorare, ma comunque aveva fatto
dei passi avanti.
Champagne si avvicinò al vecchio e gli bisbigliò
all’orecchio:
-
Capitano,
Rum, Gin e alcuni degli altri sono andati a prendere quella cosa. La portiamo qui?
-
Gnarr,
sì, portatela. Visto il suo umore, gnarr, questo è il momento migliore per
dargliela.
L’altro annuì e corse via ad eseguire l’ordine. Nel
frattempo, vide Madera, la rissa si era calmata. Da qualche parte erano saltati
fuori cibo e bevande; ora Luffy e Flea sedevano l’uno accanto all’altro e
brindavano allegramente, del tutto dimentichi della baruffa di prima. Zoro
scolava rum a boccali interi senza fare una piega, Usopp raccontava le proprie
incredibili avventure, Chopper si era infilato le bacchette nel naso, Nami e
Robin mangiavano più discretamente osservando il resto della ciurma, con
sguardo l’una critico, l’altra sornione. Una scena che aveva qualcosa di
familiare. Madera ricordò i banchetti sulla sua nave, ai tempi della vecchia
vita. Pensò a quelli che avrebbe fatto Flea, in futuro. All’improvviso, in
mezzo alla gioia di essere riuscito a convincere la figlia ad abbandonare la
vita sull’isola e partire in mare, si intrufolò la consapevolezza che,
probabilmente, non l’avrebbe più rivista. Ma non c’era nulla da fare. Come
aveva detto la sera prima, in quel vicolo, era meglio così, meglio per tutti.
Per tutti tranne che per lui. Ma quello che voleva lui non doveva importare, in
quel frangente.
-
Forza,
teste di calamaro! Forza! Tirate!
Da dietro un promontorio giunsero Champagne, Rum, Gin e una
dozzina di altri, che con corde e funi trainavano lungo la costa un oggetto che
galleggiava in mare. Finalmente erano arrivati.
-
Flea,
gnarr, smettila di esaltarti! – esclamò Madera, correndo verso il luogo del
festino – Sei sempre la solita cretina!
-
Uh?
Che c’è, papà? Che ti prende adesso?
Prima di arrivare, Madera inciampò un paio di volte e
travolse un povero gattino, probabilmente un disperso dell’esercito di Whip.
Finalmente raggiunse la figlia.
-
Smettila,
gnarr, di atteggiarti a grande pirata! Parli di salpare, salpare, ma non
capisci niente, gnarr! A bordo di quale nave pensi di salpare, eh, gnarr?
-
La
nostra, no? – disse Luffy – Abbiamo proprio bisogno di un carpentiere. Vieni
con noi!
-
Neanche
per sogno! – esclamò Flea – Te l’ho detto, ho delle ambizioni, io! Sono figlia
di capitano, sarò capitano a mia volta!
-
E
allora, gnarr, di che sarai capitano?
-
Beh…
- la ragazza ci stette un po’ a pensare su – Insomma… non saprei…
-
Te
lo dico io, gnarr! TU SARAI IL CAPITANO DI QUESTA!
E indicò la costa, dove, esausti, Champagne e gli altri
avevano appena finito la loro sfacchinata. In mezzo al mare, proprio accanto
alla Merry, galleggiava una nave di foggia incredibile. Era larga e bassa, come
una chiatta, ma aveva grossi rinforzi a prua e a poppa. Al centro, al posto
dell’usuale albero maestro, c’era una grossa torre cilindrica a cui era
assicurata una vela quadra. Altre vele erano legate con le cime agli alberi
secondari. Ma la cosa più insolita era il ponte: completamente rivestito di
terriccio, ospitava un vero e proprio giardino in miniatura. Alberi e cespugli
occupavano l’intera superficie. Il cassero di poppa e il castello di prua si
affacciavano entrambi su quel campo.
-
Wow.
– fece Flea, incapace di dire altro – E’… beh… fantastica.
-
Gnarr.
Fantastica, certo. Non mi aspettavo comunque che tu cogliessi le finezze,
gnarr, tecniche di un simile capolavoro. Questa è, gnarr, la prima Giardinave
della storia della carpenteria! Una nave che può ospitare alberi e piante senza
difficoltà. L’albero maestro, gnarr, in realtà è una replica in piccolo del
desalinatore che stiamo costruendo qui a Eden, consente di produrre acqua per
le esigenze dei marinai e della vegetazione. Questa è, gnarr, l’ottava
meraviglia degli oceani! Gnarr! Ben più che “fantastica”!
-
Ti
credo, papà. E com’è che l’avevi già costruita? – indagò la ragazza.
-
Era,
gnarr, il tuo regalo. Gnarr, di compleanno, hai presente?
-
Oh.
Vero. Beh, grazie.
Flea si avvicinò alla nave, esaminandola per bene. Certo che
era grande, molto grande.
-
Ce
la farò a governarla da sola, all’inizio? – chiese.
-
Da
sola, signorina? Ma che dice? – intervenne Champagne – E’ chiaro che noi
verremo con lei! Suo padre è il nostro capitano, ma se adesso acconsente…
-
Certo,
gnarr, acconsento, acconsento.
-
…d’ora
in poi il nostro capitano sarà lei! La ciurma dei “demoni dei mari” torna a
solcare gli oceani! Io e gli altri ragazzi non vediamo l’ora!
-
Davvero?
Farete questo per me? Lascerete l’isola e il lavoro di Giardinieri? – domandò
Flea, felicemente sorpresa – Ma è meraviglioso! Allora possiamo salpare subito!
Champagne ridacchiò imbarazzato.
-
Beh,
certo, lo facciamo per lei, signorina… ma c’è anche questa faccenduola…
insomma, la gente del villaggio sarà mica contenta di quello che è successo al
Giardino. – e indicò la metà dell’isola di Eden che, alle sue spalle, fumava
ormai carbonizzata – Adesso sono impegnati a spegnere le fiamme, ma signorina,
mi sa che fra poco cercheranno qualcuno con cui pigliarsela. Quindi forse è
meglio che filiamo. Sennò va a finire che danno la colpa a noi, magari!
-
Ma
la colpa è vostra, gnarr, bestie! – gridò Madera – E se vi linciassero
farebbero solo un favore al genere umano. Selezione naturale, gnarr, l’avrebbe
chiamata Whip.
-
Oh,
beh, qualunque siano le motivazioni, il vostro è un gesto molto generoso. –
rise Flea – Allora partiremo tutti insieme. Cominciamo a prepararci.
Flea e qualcun altro salirono sulla nave, per iniziare a
conoscerla e decidere come sistemarsi per la partenza. Luffy e gli altri
dell’equipaggio furono lieti di dare una mano. Solo Sanji, sempre in disparte,
saltò nuovamente sulla Going Merry senza guardare nessuno.
-
Ehi,
cuoco, che fai? Non saluti la tua amica? – gli gridò dietro Zoro.
-
Devo
controllare le provviste della cambusa, capelli ad alga. O preferisci restare
senza cibo in mezzo al mare? E comunque, ci siamo già salutati.
Si voltò un momento verso
-
Uahh.
Meno male che il tempo è sereno! – esclamò all’improvviso Nami, stiracchiandosi
– Non ce l’avrei fatta ad affrontare un’altra tempesta. Vado a farmi una doccia
per rinfrescarmi.
Rientrò sottocoperta. Sanji, apatico, sembrava non averla
nemmeno sentita. Se ne stava su una sedia sdraio, sul ponte, con un paio di
occhiali da sole e una sigaretta spenta in bocca, a fissare il cielo. La nave
dondolava leggermente spinta dalle onde, il vento era lieve e la navigazione
procedeva perfettamente. Erano salpati ormai da alcune ore, ed Eden era sparita
dalla loro vista. Pochi secondi dopo, Zoro uscì sul ponte.
-
Allora,
hai intenzione di restare depresso ancora a lungo, cuoco?
-
Ma
sta’ zitto.
-
Uh-uh.
Il nostro cuoco che soffre le pene d’amore. E quale sarà il prossimo prodigio a
cui assisteremo, un treno che cammina sul mare?
-
Ti
ho detto di piantarla. Non sono in vena.
Senza dir nulla, Zoro si sedette, a gambe incrociate,
accanto alla sdraio su cui stava Sanji. Posò le sue tre spade accanto a sé e si
mise in posizione di meditazione.
-
Le
passioni agitano l’animo umano e lo fanno soffrire. – cominciò a recitare – Sei
sono i sensi dell’uomo: vista, udito, tatto, olfatto, gusto, pensiero. Tre sono
i…
-
Dacci
un taglio con ‘ste stronzate buddiste, ok? Quando fai il mistico sei peggio di
quando sfotti.
Zoro tacque nuovamente.
-
Sai
– disse alla fine – Una volta sono stato innamorato anch’io. Da bambino. Credo.
-
Non
mi dire. – bofonchiò Sanji – E chi era la fortunata? Una katana?
-
No,
una mia compagna di dojo. Brava. La detestavo, eppure mi piaceva combattere con
lei.
-
Tipico.
E com’è finita?
-
Lei
è morta.
Stavolta, Sanji non rispose niente.
-
Per
come la vedo io, innanzitutto c’è la tua
strada. I tuoi obiettivi. Anche gli altri hanno una loro strada; e se ti capita
che la tua strada corra parallela a quella di un’altra persona, beh, meglio.
Non correrai da solo. Pensa a questa ciurma. Credi che le nostre strade saranno
unite per sempre?
-
Non
lo so. – disse l’altro – Non ci ho mai pensato.
-
Sicuramente
no. Ognuno di noi segue i suoi obiettivi. E se questi ci portassero a
separarci, in quel momento non dovremmo esitare a farlo.
-
Uh.
E com’è che questa cosa dovrebbe consolarmi?
-
Voglio
dire che se il tuo cammino non corre parallelo a quello di Flea, non puoi
cambiare le cose. Se ci si forza a seguire il cammino di un altro, si trova
solo infelicità.
-
Sei
fatalista, spadaccino. – sbuffò Sanji, mettendosi in piedi – Pensavo che tu
credessi nelle tue capacità e nella possibilità di cambiare le cose con la
volontà.
-
Ci
credo, infatti. L’unica cosa che non si può cambiare è la volontà di qualcun
altro. Detta in quattro parole, dimenticala e vai avanti.
-
Facile
a dirsi.
Sanji si appoggiò al parapetto e gettò lo sguardo sul mare.
Lei, pensò, era da qualche parte là in mezzo. Ma tanto non l’avrebbe rivista
più. Era impossibile. Questo senso di irrevocabilità, invece di acuire la sua
sofferenza, la smorzò. Gliela fece affrontare in modo più sereno. Non l’avrebbe
rivista, però lei c’era. Era una cosa che si poteva accettare. Dopotutto, aveva
ragione Zoro, le cose vanno come devono andare.
-
Poi,
se può servire a distrarti, – suggerì lo spadaccino, sempre in meditazione –
poco fa mi è parso di capire che qualcuno
è andato a farsi una doccia…
L’espressione di Sanji passò dalla malinconia alla sorpresa,
per diventare infine la tipica faccia da porco impenitente. Si ricordò di quel
piccolo foro che aveva scavato nella parete del bagno, proprio all’altezza
giusta…
-
Grazie,
Zoro! – gridò commosso, mentre rientrava in tutta fretta sottocoperta – Sei un
vero amico!
Lo spadaccino sorrise e non rispose. Restò fermo, a
meditare, con le sue spade accanto. L’istante successivo, tornò sul ponte Nami.
-
Accidenti.
– disse seccata – Speravo di potermi fare una doccia, e invece è occupata da
Chopper. Ma tu lo sapevi, Zoro?
Dall’interno della nave, spaventoso, si innalzò su tutto il
mare un potentissimo urlo che trasportava insieme rabbia, sorpresa e profondo
disgusto.
-
Sì.
– rispose lo spadaccino – Scusami, mi sono dimenticato di dirtelo.
-
Ehi!
Ma è ancora vivo, questo pezzo di merda?
-
Si
direbbe di sì. Guarda, respira.
-
Ancora
per poco, però.
-
Fermo,
fermo, guarda: sta aprendo gli occhi.
Il viceammiraglio Whip si risvegliò a pancia all’aria,
sdraiato su un suolo arido e duro. C’era come un puzzo di carne bruciata,
nell’aria, e la luce era fortissima, fastidiosa. Tenne gli occhi socchiusi e
vide, curvi su di lui, tanti visi poco allegri.
-
Buongiorno,
signori. – iniziò – Potrei chiedervi dove mi trovo?
-
Ma
ci prende per il culo? – esclamò uno dei visi.
-
Mi
sa di no. Magari la botta di prima gli ha fatto perdere la memoria.
-
Lascia,
che adesso gliela faccio tornare io.
Una manaccia afferrò per il bavero Whip e lo sollevò di
forza. Un volto poco amichevole si piazzò a due centimetri esatti dal naso del
poveraccio e cominciò a ringhiare:
-
Tu,
lurido bastardo! Sei arrivato qui, ci hai distrutto le case, hai rapito il
signor Madera, poi te ne sei andato nel Giardino, e non sappiamo bene cosa sia
successo, fatto sta che adesso è distrutto pure quello, è andato in fumo. Ti è
tornata la memoria, adesso? Spero di sì, perché cosi saprai esattamente la
ragione per cui stiamo per tirarti il collo.
-
Oh,
la prego, non sia… – balbettò Whip – …non sia così scorbutico… io non so…
-
Lasciatelo!
Lasciatelo! I miei elettori non tollereranno certe barbarie! – intervenne una
voce.
Un uomo pingue e con due gran baffoni si fece largo in tutta
fretta attraverso la folla, fino a Whip.
-
Lasciatelo,
vi dico! – insisté – Se davvero ha un’amnesia, sarebbe un’ingiustizia punirlo
per qualcosa che non ricorda di aver fatto.
-
Oh.
La ringrazio, signore. – mormorò riconoscente il viceammiraglio – Le sarò
eternamente grato.
-
Anche
se, devo ammettere – continuò l’altro – la perdita del Giardino è una vera
sciagura…
Whip sentì la tristezza della gente intorno a lui. Sembrava
che rimpiangessero qualcosa di caro. Lui non ricordava nulla di sé, ma sentiva di
provare come un profondo affetto per tutte le creature viventi. Per gli animali
e per gli uomini che, in fondo, sempre animali erano. Voleva aiutarli.
-
Scusate.
– intervenne – Mi pare di capire che avete perso un qualche magnifico Giardino.
Se il mio modesto aiuto può esservi gradito, che ne direste di rimpiazzarlo con
uno Zoo?
Stanco, sempre più stanco, Paradosso volò per giorni e per
notti nei cieli del Grande Blu, lasciandosi alle spalle Eden e quel pazzo di
Whip. Si accorse, via via che si allontanava, che con il diminuire
dell’influenza del potere del Frutto su di lui andavano svanendo pure tutte
quelle capacità che dal viceammiraglio aveva innaturalmente imparato, prima tra
tutte il raziocinio e la parola. Quando giunse finalmente in vista di un puntolino
verde sull’oceano, un’ancora di salvezza, non era più diverso da un qualunque
altro normalissimo pappagallo. Si lasciò cadere, esausto.
Piombò sul ponte della Giardinave proprio davanti ai piedi
di Flea, che lo riconobbe sorpresa.
-
Ma
guarda chi si rivede. Hai una bella faccia tosta a venire di nuovo da me.
-
Non
so parlare. – starnazzò malamente l’uccello, sfinito.
Ridendo, la ragazza lo prese dolcemente e se lo adagiò sulla
spalla. Ormai, non doveva più temerlo.
-
Sei
perdonato. – gli sussurrò – Però non farlo più.
-
Signorina…
ehm… capitano Flea! Capitano!
-
Sì,
Champagne, cosa succede?
-
Guardi
qui! Era nel giornale di stamattina! Terribile! Terribile!
Le porse un foglietto gialliccio. Flea lo afferrò e vide la
propria foto, con la scritta “WANTED” e l’ammontare della taglia: cinque
milioni di Beli.
-
Vedo.
– commentò – In effetti, è un po’ bassina, ma non facciamone un dramma.
Migliorerà.
-
Capitano!
Ma che dice?
-
Hm.
Sì. Mi sa che questo è un regalino di mio padre.
-
Cosa?
Signorina, suo padre non farebbe mai…
-
Fidati,
è un’idea sua. Una sorta di assicurazione sulla mia partenza. Con una taglia
sulla testa, anche se mi prendesse un attimo di esitazione non potrei certo
tornare a casa. Ormai si va fino in fondo. E poi, così, Eden non rischia di
essere visitata da altri investigatori del genere di Whip. Due piccioni con una
fava, no?
-
Mah.
Se lo dice lei, signorina, cioè, capitano. A me non sembra una cosa bella da
farsi.
-
Occupati
della rotta, Champagne. Questo – e sventolò il manifestino – me lo appendo in
camera mia. La foto mi piace, sono venuta bene.
-
Agli
ordini, capitano.
Mentre Champagne andava a mettersi al timone, Flea si
appoggiò al parapetto della nave, a guardare il mare. Quando suo padre glielo
descriveva, da bambina, se n’era sempre fatta un’immagine paurosa: un luogo freddo
e violento, pieno di tempeste, di mostri, così vasto e solitario da essere
disperante. Ma non lo era affatto. Era accogliente, invece. Di fronte al mare,
Flea scoprì di riuscire a sentirsi più serena di quanto non le fosse mai
successo in vita sua. Anche la taglia, e la gente che da ora in poi le avrebbe
dato la caccia, perdevano completamente importanza. E’ questo essere un pirata,
pensò. Io sono un pirata. Noi siamo i
pirati. Viviamo qui, questa è la nostra casa. Il mare non è un nemico, per noi,
è una coperta che ci avvolge e ci nasconde, è una notte in cui sparire, un’aria
da respirare, un terreno libero da montagne e altri ostacoli su cui tracciare
la nostra strada in assoluta libertà. Legarsi alla terra è sciocco e limitante,
quando si può avere così tanto spazio. E ci cerchino pure, i governativi e gli
ufficiali, quella gente che capisce solo cravatte e cartacce, quanto aveva
ragione mio padre. Ci cerchino, se lo desiderano. Tanto, loro hanno navi da
guerra, quartier generali, prigioni sottomarine, isole giudiziarie, palazzi,
cannoni, corazzate, fortezze e, a volte, anche tartarughe giganti: ma noi
abbiamo il mare.
E finché avremo il mare, non potranno mai prenderci tutti.
E’ chiaro che il
pensiero da’ fastidio,
anche se chi pensa è
muto come un pesce, anzi è un pesce,
e come pesce è
difficile da bloccare,
perché lo protegge il
mare.
Come è profondo il
mare…
“Come è profondo il mare”, Lucio Dalla (celebre pirata
bolognese)
FINE
INIZIO
E così si conclude finalmente la storia
di Flea e delle sue “radici” XD! Scusate
i ritardi nell'aggiornamento, ma ho avuto una sfilza di problemi col PC, un
sacco di cose da fare all'università, poi sono stato impegnato con l'altra fic
che sto pubblicando in questo momento e, insomma, ho finito per metterci più
del previsto. Spero che questa conclusione vi sia piaciuta, anche se
all'insegna del più classico “tutto è bene ciò che finisce bene”. Ma non potevo
certo concluderla altrimenti, questa storia XD. Passo a saluti e risposte;
forse fra qualche giorno aggiornerò un'ultima volta per rispondere agli ultimi
commenti.
X Senboo: ben guarita! Sbaglio o è la
seconda volta che ti ammali da quando ho cominciato a postare 'Radici'? Spero
di non essere io a portare sfiga XD. Su Madera sei stata accontentata. Alla fine
non ho avuto cuore di far morire nemmeno Whip (appunto: Oda style). E
Bianchina, hai ragione, ho controllato, è proprio lei, la cara amica di Mister
Meraviglia. Grazie per avermelo ricordato!
X Slits: sulla filosofia di Oda ci
vorrei scrivere un libro XD. Al di là dell'apparenza superficiale di One Piece
come 'fumetto', addirittura dall'aspetto più infantile di altri manga, c'è un
pensiero molto interessante e originale. La fede nei sogni, l'importanza della
libertà (è quello che ho voluto esprimere anche in questo capitolo, soprattutto
nel dialogo tra Sanji e Zoro: i legami che privano della libertà sono negativi,
perchè alla fine portano le due persone che si sono legate a odiarsi), la necessità di riuscire sempre a “pensare in
grande”, con l'ambizione (lo 'haki') che costituisce la vera forza di chi la
possiede. E' questa la ragione che mi fa amare One Piece più di ogni altro
manga. Comunque, grazie per i complimenti, e sono felice che la scena di Zoro
vs. Sylvia sia quella che hai apprezzato di più – era anche la mia preferita
XD. Curiosità: ma il tuo 'personaggio preferito' di cui parli è Sanji, Flea o
magari Whip?
Grazie anche a Smemo92 e a chi ha letto
e non recensito! Ciao a tutti, alla prossima storia!