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Autore: Gan_HOPE326    07/03/2009    4 recensioni
Una ragazza dagli strani poteri "vegetali", un vecchio falegname scorbutico e abilissimo, un viceammiraglio della Marina piuttosto originale: sono questi, assieme alla nostra affezionatissima ciurma di Cappello di Paglia, gli ingredienti per un'avventura in puro stile One Piece. Sullo scenario dell'isola di Eden e del suo bellissimo Giardino si intrecceranno le loro storie. Molta comicità, molta azione, avventura, suspence, colpi di scena, dramma e, perche no?, anche un pochino di romanticismo.
Venite a scoprire tutto questo, quaggiù, in mezzo all'oceano più grande del mondo.
Genere: Commedia, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – Come è profondo il mare

Capitolo 10 – Come è profondo il mare

 

Sanji e Flea, immobili, fronteggiavano Whip e la sua immensa armata animale. L’aria si stava riscaldando, nel terrazzo più alto del Giardino, e non solo nel senso metaforico. L’aria si stava davvero riscaldando. C’era una luce rossa diffusa, in sottofondo si sentiva un crepitio e uno scoppiettare lontani, e ogni tanto qualche lapillo incandescente svolazzava a mezz’aria. L’odore di fumo era sempre più intenso. L’incendio, scoppiato poco prima, si stava propagando a tutto il Giardino e ormai aveva preso un intero lato dell’isola di Eden. Presto avrebbe finito per chiudere ogni via di fuga.

-         Mi pare che sia opportuno finire presto questa battaglia. – disse Whip, osservando il fuoco – Cercate di morire il più in fretta possibile.

-         Nei tuoi sogni, pagliaccio.

Sanji e Flea si strinsero, restando in guardia e a distanza di sicurezza dal viceammiraglio.

-         Flea – bisbigliò Sanji – a causa di quei maledetti serpenti, io non posso colpirlo direttamente. Devi darmi una mano. Tu radicati e lascia fare il resto a me.

-         Radicarmi? Ma così non potrò…

-         Fidati. Fallo e basta.

-         A che volete che vi serva complottare e mormorare, signori? - intervenne Whip – Lei, signor pirata, ha già fallito nel provare a combattermi, e anzi mi sorprende ritrovarla ancora vivo. E lei, signorina, è assolutamente impotente. Ha i poteri di un albero. I vegetali servono solo a ricavare sostanze nutrienti dalla terra e trasformarle in cibo per gli erbivori. Lei – e fissò Flea con un sorriso obliquo – non è niente di più che un anello della catena alimentare.

-         Questo lo vedremo! – ribatté piccata la ragazza.

Ficcò i piedi nel terreno Le dita si allungarono, le radici scavarono in profondità, la sua pelle si ricoprì di corteccia. La ragazza compì una trasformazione quasi completa. Da braccia e capelli spuntarono decine di foglie. Alla fine, saldo e inamovibile, c’era in mezzo alla radura che ospitava la battaglia un albero in tutto e per tutto, fatto salvo per le fattezze umane. Perfettamente immobile.

-         Psst, Sanji! – bisbigliò Flea – E adesso che faccio?

Whip accennò una risatina, divertito.

-         Ora vedi. Preparati.

Sanji cacciò un piede nel terreno, che si spaccò, si crepò intorno alla base del tronco di Flea. Con un movimento veloce, lo tirò su: Flea si staccò dal terreno, con un’intera zolla circolare attaccata alle radici. L’uomo teneva la zolla sul piede come fosse stato un pallone da calcio.

-         Armée de l’Air: Power Shoot!

Whip intuì quello che stava accadendo quando ormai Flea era già in volo, a velocità pazzesca, verso di lui. Si mise in posizione difensiva, tutti i serpenti schizzarono fuori pronti a colpire. L’albero gli si schiantò addosso, travolgendolo con la sua massa.

-         Maledetta! Lasciami! Serpenti miei cari, mordetela! Avvelenatela!

Contro la propria natura, obbedendo a quell’ordine, i serpenti morsero il tronco di Flea. I loro denti veleniferi si spezzarono contro quella durissima corteccia.

-         Ti dirò una cosa, Whip. - sussurrò Flea, guardando negli occhi l’avversario – Se anche fossero riusciti a mordermi, dal momento che ho questa forma il loro veleno non avrebbe potuto farmi nulla. Non si possono avvelenare gli alberi, no?

-         Fallo fuori, Flea!

La ragazza colpì il viceammiraglio con un poderoso pugno rivestito di corteccia. Peggio di una martellata. Dopodichè, restò col tronco poggiato a terra, immobilizzata. Whip si schiantò a qualche metro di distanza, contro una roccia. Si rialzò con i vestiti strappati e la furia dipinta sul volto.

-         Lo… lo so io cosa ci vuole per una signorina dalla pelle dura come lei. Venite, Valchirie! Zzz!

Al ronzio emesso da Whip rispose un altro ronzio, più potente, più sordo, come ripetuto da migliaia, milioni di voci. Dalla scogliera alle sue spalle emerse uno sciame verde. Una nuvola vivente che guizzò e puntò dritta su Flea.

-         Maledizione! Sono cavallette! Vengo ad aiutarti, Flea!

-         NO! Resta dove sei! – gridò la ragazza – Ti spolperebbero molto più in fretta di quanto farebbero con me, e poi ho ancora i serpenti attaccati addosso. Pensa a Whip!

Sanji annuì, colpito dal sangue freddo della ragazza, e corse verso Whip per dargli il colpo di grazia. Ma fu inutile, non riuscì a raggiungerlo. C’era un’infinità di animali, tutti intorno, su cui il nemico poteva contare per contrastarlo. In un secondo, Sanji si ritrovò circondato da elefanti e rinoceronti, che costituirono un’invalicabile muraglia di carne. Provò a prenderli a calci, ma erano troppo pesanti; nel tempo che ci metteva per sbarazzarsi di uno di loro, altri due prendevano il suo posto. Un pachiderma, colpito, rotolò da una scarpata e piombò giù dalla scogliera con un barrito lacerante; ma fu solo una piccola vittoria. La massa non si smuoveva, e Whip, al sicuro là dietro, se la rideva.

-         Aaaahhhh!

Il grido lancinante di Flea fu una delle cose più spaventose che Sanji avesse mai udito. Quando si voltò a guardare, la ragazza era in una condizione orribile. Le cavallette l’avevano travolta come un fiume, le strappavano a morsi le foglie e la corteccia. Ogni morso era una ferita, ogni strappo una  mutilazione, e Flea ormai era uno spettacolo grottesco e orrendo, un albero che si muoveva e sanguinava, mulinando i rami nel tentativo di scacciare quei maledetti insetti che tornavano sempre, urlando di dolore. Sanji non poteva sopportare oltre.

-         Ti aiuto! Resisti!

-         Non… non sono ferite fatali! – rispose Flea, a stento – Fanno solo male! Non avvicinarti!

Ma forse non era necessario farlo. Sanji cercò di fare qualche calcolo ad occhio, prese la mira e tirò un poderoso calcio a vuoto, in direzione di Flea. Aria e fumo, ormai mescolati insieme, turbinarono e furono spinti in un’unica folata, un proiettile invisibile che colpì lo sciame di cavallette, disperdendolo e disorganizzandolo. Flea sentì solo un leggero impatto, ma gli insetti schizzarono da ogni parte, alcuni morti, altri privati del senso dell’orientamento. Confuso ulteriormente dal fumo, lo sciame non riuscì a riaggregarsi.

-         Grazie, Sanji. Sei stato grande! Ora tocca a me aiutarti!

Flea si ritrasformò leggermente, assumendo una forma quasi umana, in modo da potersi in qualche modo rialzare e rimettere con i piedi nel terreno. A quel punto infilò le mani sottoterra.

-         Ecco che vado! Ehm… vediamo… Falegnameria Fatale!

Il nome delle tecnica, inventato lì per lì, lasciava un po’ a desiderare, ma l’efficacia no. Un enorme blocco di legno a forma di cuneo sorse dal terreno sotto le zampe di elefanti e rinoceronti, che, sbilanciati da quel piano inclinato, cominciarono a rotolare all’indietro, cadendo sugli altri animali alle loro spalle. In pochi secondi, una valanga di pachidermi di diverse tonnellate cadeva in velocità contro Whip. Il viceammiraglio urlò e scappò all’indietro, ma alle sue spalle c’era solo la scogliera. La valanga si abbatté sul terreno, in un caos di proboscidi e corni; quando tutto parve finito, Whip era scomparso.

-         E’ caduto giù dal burrone? – chiese Sanji.

Ci fu uno stridio acutissimo, assordante, e con un battito potente dall’abisso emerse una gigantesca aquila munita di finimenti dorati. Imbracato alla sua sella, Whip la cavalcava con sicurezza. Tirò le briglie e la portò a una decina di metri d’altezza. Era sconvolto: sotto di lui, in mare, erano precipitati molti dei suoi amati elefanti, che, come è risaputo, a differenza dei gatti non sono un granché bravi a smorzare le cadute.

-         VOI UMANI! – gridò indemoniato – Voi umani non capite mai! Non vi si può insegnare niente! Non vi si può… addomesticare! Capite solo la violenza! Ebbene, ecco, vi darò quello che volete!

Assieme all’aquila, si erano alzati stormi di uccelli di tutte le razze. Si lanciarono in un unico impeto contro Sanji e Flea. Restarono loro pochi secondi per elaborare una strategia.

-         Ti creo una passerella. – bisbigliò Flea – Tu pensa a farlo fuori.

-         Ce la fai a resistere da sola?

-         Sì, non preoccuparti. VAI!

Un tronco di legno con la superficie piatta spuntò velocissimo dal terreno e puntò verso Whip. Sanji saltò sulla superficie del tronco e cominciò a correre. La crescita era tanto rapida da essere molto più veloce della sua corsa. Whip si lanciò in picchiata con la sua aquila, ma Flea lo vide e, prontamente, cambiò la direzione di crescita. In uno strano inseguimento, il tralcio di legno continuava a tallonare l’aquila, per quanto il viceammiraglio si sforzasse di seminarlo.

-         Tu sei solo un pazzo! – gridò Sanji, che nella sua corsa era stato attaccato da gufi, falchi e altri rapaci, e si dimenava furiosamente per sbarazzarsene – Parli come se tu non fossi un essere umano!

-         So di esserlo, e me ne vergogno! – rispose Whip – Gli esseri umani sono stupidi e noiosi! Sono tutti uguali! Gli animali sono tutti diversi tra loro, e ognuno ha i suoi talenti particolari! Non c’è paragone! Possono mordere e azzannare…

Sanji si voltò. Alle sue spalle, una fila di ghepardi saliva la sua stessa passerella a gran velocità, con la bava alla bocca. Si fermò e ne mandò giù un paio a calci, ma poi capì che non poteva vincere, avrebbe perso troppo tempo. Riprese a correre verso su, cercando di essere più veloce di loro.

-         …o bucare il legno…

Uno stormo di picchi aveva preso di mira Flea e aveva cominciato a martellarle la corteccia. La ragazza, stoicamente, sopportava il dolore e restava concentrata sul suo unico obiettivo, guidare Sanji fino a Whip.

-         …e mi obbediscono in ogni mio volere! Perché mi riconoscono come uno di loro! Perché mi amano!

-         Ti mancano ancora più rotelle di quanto pensassi, citrullo! – fece Sanji, affannato, mentre si sbarazzava di un ghepardo che gli si era attaccato al piede – Robin mi ha spiegato tutto: loro ti obbediscono solo perché hai mangiato il Frutto del Diavolo! Come farebbero ad amare uno che li manda al massacro come stai facendo tu?

Ok, mancavano pochi metri. Whip era vicinissimo. Sanji spiccò un salto in direzione dell’aquila, intenzionato a colpire il nemico con un solo calcio e finire la battaglia.

-         Ora non hai più i serpenti a proteggerti! Sei spacciato!

Caricò il colpo, mosse la gamba, dritto verso la base del collo. Il viceammiraglio sorrise e sollevò la mano destra.

Afferrò la caviglia del pirata e bloccò il calcio senza alcuno sforzo. Sanji, incredulo, si ritrovò fermo a mezz’aria, tenuto in quella posizione dalla sola mano di Whip.

-         Mi ha sottovalutato, signor pirata. – disse quello, sorridendo – Ha creduto che io fossi un comune, debole essere umano e non ha usato tutta la sua forza in questo calcio. Io non amo lottare corpo a corpo, ma mi alleno ogni giorno con i gorilla e con gli orsi. Ho imparato i segreti della lotta selvaggia. Lei può dire altrettanto?

Sanji strinse i denti e non rispose. Bastardo fino all’ultimo, quel tizio. Guardò in basso. Sotto di lui si stavano radunando coccodrilli e iene. Se fosse caduto, non avrebbe potuto evitare di finirgli dritto in bocca.

-         Addio, signor pirata.

Whip lasciò la presa e Sanji cominciò a precipitare, inesorabilmente, verso le bestie feroci che lo aspettavano per dilaniarlo.

-         Sanji! L’ananas! – gridò Flea.

Il pirata capì e sorrise. Il frutto, lanciatogli dalla ragazza, veniva dritto verso di lui.

-         Ascolta una cosa, Whip. Dovresti capire almeno questo.

Il viceammiraglio era sempre più lontano, il suolo più vicino, l’ananas ormai a portata di piede.

-         Tu disprezzi gli esseri umani e ami gli animali. Però pensaci…

Dolcemente, Sanji accolse il frutto nell’incavo del piede. Prese la mira.

-         …anche gli esseri umani…

Tirò. L’ananas volò, con precisione millimetrica, come una fucilata, dritto contro Whip

-         …SONO ANIMALI!

L’esplosione avvolse l’uomo e l’aquila e lo spostamento d’aria accelerò la caduta di Sanji, sbattendolo con violenza al suolo. Le belve, però, non lo attendevano più. Erano confuse, sperdute. Cominciarono a vagare e si dispersero. L’aquila sbruciacchiata entrò in avvitamento e piombò in qualche punto del Giardino. Da ogni parte, gli animali si guardavano intorno perplessi, si sbarazzavano a morsi dei loro ridicoli vestiti, fuggivano, spaventati dal fuoco che ormai si era esteso a quasi tutto il Giardino.

 

-         Capitano! Guardi! Se ne vanno!

Madera e gli altri erano ormai presi tra due fuochi; o meglio, tra il fuoco e una folla di tori inferociti pronti alla carica. Pensavano di essere spacciati quando si sentì il boato di un’esplosione lontana e gli animali persero la loro baldanza e iniziarono a fuggire, terrorizzati dall’incendio.

-         Siamo salvi! – esclamò Rum.

-         Aspettiamo a dirlo, gnarr! C’è sempre questo dannato fuoco. Ma almeno, gnarr, adesso c’è qualche speranza. Tiriamoci fuori di qui.

 

Luffy giaceva a terra sanguinante e malconcio. Qualunque cosa succedesse, qualunque cosa, non avrebbe mai voluto fare del male a un compagno. Ma ormai, a furia di trattenersi, rischiava la vita. Chopper si avvicinava ancora una volta, spietato, del tutto privo di ragione, e ora si chinava su di lui, pronto a sferrare il colpo di grazia. Si sentì un’esplosione lontana.

-         Luffy! – strillò allarmata la renna – Sei ferito! Oddio, non muoverti, devo medicarti subito!

Il ragazzo spalancò gli occhi, incredulo, poi saltò su e abbracciò il medico, lo sollevò in aria e cominciò a girare su se stesso, piangendo e gridando felice.

-         Chopper! Sei tornato! Mi avevi fatto prendere uno spavento!

-         Luffy! Ho detto di non muoverti! …ah! Lasciami! Luffy! Ho le vertigini! METTIMI GIU’!

 

Quando finalmente ritornò in forma totalmente umana, Flea era coperta di graffi e ferite e ansimava per la gran fatica. Un po’ zoppicante, si avviò verso il punto in cui era caduto Sanji, e lo trovò, sdraiato a faccia in su, col sangue che gli scendeva da un taglio sulla fronte, immobile, che si accendeva una sigaretta. Anche lui col fiatone.

-         Ce l’abbiamo fatta, eh? – mormorò la ragazza.

L’altro rispose annuendo e sorridendo.

-         Ce l’abbiamo fatta. – ripeté Flea – Cioè, non ci avrei mai creduto. Non posso crederci adesso che lo sto dicendo. Ce l’abbiamo fatta. Ce! L’abbiamo! Fatta!

Cominciò a ridere, esaltata. Sanji si rialzò e raggiunse il suo fianco.

-         E’ grandioso, vero?

-         Più che grandioso! E’ incredibile! Abbiamo cambiato le cose! Abbiamo vinto! Non credevo fosse così bello! CE L’ABBIAMO FATTA!

Si slanciò contro Sanji e lo abbracciò, travolta dalle emozioni. Rideva di gioia. Prese l’altro per le braccia e cominciarono, insieme, a saltare e ballare. La sua allegria era contagiosa, e anche il cuoco si fece prendere dall’esaltazione del momento.

-         CE L’ABBIAMO FATTA!

-         CE L’ABBIAMO FATTA! CE L’ABBIAMO FATTA!

Sanji sollevò Flea a mezz’aria. Flea mise una mano nei capelli a Sanji e glieli sfregò, come si fa con i bambini.

-         CE L’ABBIAMO FATTA! CE L’ABBIAMO FATTA!

Sanji diede il cinque a Flea. Flea baciò Sanji sulla guancia. Sanji gettò via la sigaretta, afferrò Flea per la vita, la avvicinò a sé e la baciò sulla bocca.

Flea si fece seria all’improvviso e lo allontanò spingendo dolcemente con le palme delle mani.

-         Scusa, e questo cosa significa? – chiese perplessa – Cioè, vuoi dire che per tutto questo tempo tu…

-         Eh? Pensavo tu lo avessi… - fece Sanji, confuso quanto lei – Perché, tu invece non…

-         Beh, no. Voglio dire, sei un buon amico, ma…

-         Oh. Capisco.

-         Capisci, sì? Insomma…

-         Sì, sì, ti ho detto che capisco. Non ti preoccupare.

Restarono in silenzio, l’entusiasmo ormai un po’ raffreddato, uno accanto all’altro, davanti al Giardino in fiamme. Gli animali, ormai, erano tutti scappati chissà dove.

-         Magari è meglio se cerchiamo di andarcene da qui prima di finire arrosto, eh? – suggerì Flea.

-         Sì. E’ meglio. Andiamo.

 

-         …e allora io ho fatto cadere tutti quegli elefanti come fuscelli! Poi Whip è saltato fuori con un’aquila gigantesca! Non potete, davvero, non potete avere idea di quanto fosse grande! E io subito ho capito cosa bisognava fare, eh, non ho avuto dubbi! Ho cominciato a creare una passerella e…

Usopp, con i chiodi in bocca e una tavola di legno sulle spalle, cessò un momento il suo lavoro di riparazione della Going Merry per avvicinarsi, incuriosito, al capannello degli altri. Flea raccontava a fiume la battaglia appena combattuta. Intorno, il resto della ciurma ascoltava, senza troppo entusiasmo. Solo Sanji se ne stava in disparte, a fumare.

-         Ehi, Nami! – chiese Usopp – Ma da quant’è che va avanti così?

-         Almeno tre ore. – sbuffò lei, sfinita – Sinceramente, non so quanto potrò sopportarlo ancora. Questa è la decima volta che ci racconta tutto dall’inizio.

-         E’ naturale che faccia così. – intervenne Chopper – E’ uno stato di eccitazione dovuto alla sovrapproduzione di adrenalina. Il suo corpo non è abituato e reagisce in questo modo.

Gli altri lo guardarono speranzosi.

-         Non esiste un modo per accelerare lo smaltimento dell’adrenalina. – specificò il medico.

Gli sguardi, da speranzosi, divennero abbattuti.

-         Ne avrà ancora per un paio d’ore.

E da abbattuti, disperati.

-         …e allora Sanji gli fa “anche gli esseri umani sono animali!”, e BOOM!, lo fa saltare in aria, e lui che voleva far saltare in aria me, ben gli sta!

-         Bene, direi che abbiamo capito. – sospirò Nami – E adesso, che cosa hai intenzione di fare? A parte torturarci le orecchie con l’undicesimo racconto, ovvio.

-         Beh, naturalmente voglio salpare! – esclamò Flea – Se questa è la vita di un pirata, non ne avrò mai abbastanza! Ho deciso una volta per tutte. Prenderò il mare, alla ricerca di avventure!

-         Brava! – esclamò Luffy, applaudendo contento – Mi piaci, tu! Così si parla!

-         Sfiderò le onde e i pirati nemici! Combatterò contro la Marina! Cercherò tesori nascosti!

-         Ihihih! Sei fortissima! Vai così!

-         E infine, giungerò a Raftel, troverò One Piece e diventerò Regina dei Pirati!

-         QUESTO MAI, STREGA! – ruggì Luffy, con un improvviso mutamento di espressione, da “allegro buffone” a “maniaco omicida infuriato” – QUI C’E’ UN SOLO FUTURO RE DEI PIRATI, E QUELLO SONO IO!

Flea lo guardò incuriosita, senza scomporsi più di tanto.

-         Tu, Re dei Pirati? – chiese perplessa – Scusa, ma come pensi di fare? In questa battaglia non hai combinato praticamente niente. Non ho nemmeno capito se hai dei poteri o no.

-         Certo che ce li ho! Sono l’uomo di gomma, IO!

-         Ah, beh, allora… – Flea sorrise con tenerezza – E’ ovvio che io sono più forte di te. Lo sanno tutti che la gomma si ricava dagli alberi.

-         Ma che razza di ragionamento è? – chiese Zoro. Nami fece spallucce.

-         RE DEI PIRATI SARO’ IO! ARBUSTO RACHITICO!

-         REGINA DEI PIRATI SARO’ IO! PUPAZZO DA QUATTRO SOLDI!

Da un momento all’altro, dalle parole si passò ai pugni. Quelli di Luffy si schiantavano contro la salda corteccia di Flea; quelli di Flea affondavano nel corpo elastico di Luffy. Lo scontro procedette a lungo senza vincitori né vinti.

-         Sorprendente. – mormorò Usopp – Com’è che quella ragazzina timida e spaurita è diventata così violenta?

-         Mi sa che è un meccanismo di sfogo. – fece Nami, rassegnata – Dopo anni di repressione, la sua aggressività sta venendo fuori tutta in una volta. Troverà un suo equilibrio, prima o poi, vedrai.

-         Fermi, tutti e due! – Chopper si sbracciava disperatamente – Vi ho appena medicati! Siete feriti gravemente! Non potete! FERMATEVI!

Madera, in disparte, osservava soddisfatto la rissa. Finalmente qualche soddisfazione, pensò. Una ragazza che afferra senza paura un capitano pirata con una taglia di cento milioni di Beli sulla testa e gli morde una gamba solo perché hanno cominciato a litigare per una sciocchezza, quella sì che era sua figlia. Beh, magari poteva migliorare, ma comunque aveva fatto dei passi avanti.

Champagne si avvicinò al vecchio e gli bisbigliò all’orecchio:

-         Capitano, Rum, Gin e alcuni degli altri sono andati a prendere quella cosa. La portiamo qui?

-         Gnarr, sì, portatela. Visto il suo umore, gnarr, questo è il momento migliore per dargliela.

L’altro annuì e corse via ad eseguire l’ordine. Nel frattempo, vide Madera, la rissa si era calmata. Da qualche parte erano saltati fuori cibo e bevande; ora Luffy e Flea sedevano l’uno accanto all’altro e brindavano allegramente, del tutto dimentichi della baruffa di prima. Zoro scolava rum a boccali interi senza fare una piega, Usopp raccontava le proprie incredibili avventure, Chopper si era infilato le bacchette nel naso, Nami e Robin mangiavano più discretamente osservando il resto della ciurma, con sguardo l’una critico, l’altra sornione. Una scena che aveva qualcosa di familiare. Madera ricordò i banchetti sulla sua nave, ai tempi della vecchia vita. Pensò a quelli che avrebbe fatto Flea, in futuro. All’improvviso, in mezzo alla gioia di essere riuscito a convincere la figlia ad abbandonare la vita sull’isola e partire in mare, si intrufolò la consapevolezza che, probabilmente, non l’avrebbe più rivista. Ma non c’era nulla da fare. Come aveva detto la sera prima, in quel vicolo, era meglio così, meglio per tutti. Per tutti tranne che per lui. Ma quello che voleva lui non doveva importare, in quel frangente.

-         Forza, teste di calamaro! Forza! Tirate!

Da dietro un promontorio giunsero Champagne, Rum, Gin e una dozzina di altri, che con corde e funi trainavano lungo la costa un oggetto che galleggiava in mare. Finalmente erano arrivati.

-         Flea, gnarr, smettila di esaltarti! – esclamò Madera, correndo verso il luogo del festino – Sei sempre la solita cretina!

-         Uh? Che c’è, papà? Che ti prende adesso?

Prima di arrivare, Madera inciampò un paio di volte e travolse un povero gattino, probabilmente un disperso dell’esercito di Whip. Finalmente raggiunse la figlia.

-         Smettila, gnarr, di atteggiarti a grande pirata! Parli di salpare, salpare, ma non capisci niente, gnarr! A bordo di quale nave pensi di salpare, eh, gnarr?

-         La nostra, no? – disse Luffy – Abbiamo proprio bisogno di un carpentiere. Vieni con noi!

-         Neanche per sogno! – esclamò Flea – Te l’ho detto, ho delle ambizioni, io! Sono figlia di capitano, sarò capitano a mia volta!

-         E allora, gnarr, di che sarai capitano?

-         Beh… - la ragazza ci stette un po’ a pensare su – Insomma… non saprei…

-         Te lo dico io, gnarr! TU SARAI IL CAPITANO DI QUESTA!

E indicò la costa, dove, esausti, Champagne e gli altri avevano appena finito la loro sfacchinata. In mezzo al mare, proprio accanto alla Merry, galleggiava una nave di foggia incredibile. Era larga e bassa, come una chiatta, ma aveva grossi rinforzi a prua e a poppa. Al centro, al posto dell’usuale albero maestro, c’era una grossa torre cilindrica a cui era assicurata una vela quadra. Altre vele erano legate con le cime agli alberi secondari. Ma la cosa più insolita era il ponte: completamente rivestito di terriccio, ospitava un vero e proprio giardino in miniatura. Alberi e cespugli occupavano l’intera superficie. Il cassero di poppa e il castello di prua si affacciavano entrambi su quel campo.

-         Wow. – fece Flea, incapace di dire altro – E’… beh… fantastica.

-         Gnarr. Fantastica, certo. Non mi aspettavo comunque che tu cogliessi le finezze, gnarr, tecniche di un simile capolavoro. Questa è, gnarr, la prima Giardinave della storia della carpenteria! Una nave che può ospitare alberi e piante senza difficoltà. L’albero maestro, gnarr, in realtà è una replica in piccolo del desalinatore che stiamo costruendo qui a Eden, consente di produrre acqua per le esigenze dei marinai e della vegetazione. Questa è, gnarr, l’ottava meraviglia degli oceani! Gnarr! Ben più che “fantastica”!

-         Ti credo, papà. E com’è che l’avevi già costruita? – indagò la ragazza.

-         Era, gnarr, il tuo regalo. Gnarr, di compleanno, hai presente?

-         Oh. Vero. Beh, grazie.

Flea si avvicinò alla nave, esaminandola per bene. Certo che era grande, molto grande.

-         Ce la farò a governarla da sola, all’inizio? – chiese.

-         Da sola, signorina? Ma che dice? – intervenne Champagne – E’ chiaro che noi verremo con lei! Suo padre è il nostro capitano, ma se adesso acconsente…

-         Certo, gnarr, acconsento, acconsento.

-         …d’ora in poi il nostro capitano sarà lei! La ciurma dei “demoni dei mari” torna a solcare gli oceani! Io e gli altri ragazzi non vediamo l’ora!

-         Davvero? Farete questo per me? Lascerete l’isola e il lavoro di Giardinieri? – domandò Flea, felicemente sorpresa – Ma è meraviglioso! Allora possiamo salpare subito!

Champagne ridacchiò imbarazzato.

-         Beh, certo, lo facciamo per lei, signorina… ma c’è anche questa faccenduola… insomma, la gente del villaggio sarà mica contenta di quello che è successo al Giardino. – e indicò la metà dell’isola di Eden che, alle sue spalle, fumava ormai carbonizzata – Adesso sono impegnati a spegnere le fiamme, ma signorina, mi sa che fra poco cercheranno qualcuno con cui pigliarsela. Quindi forse è meglio che filiamo. Sennò va a finire che danno la colpa a noi, magari!

-         Ma la colpa è vostra, gnarr, bestie! – gridò Madera – E se vi linciassero farebbero solo un favore al genere umano. Selezione naturale, gnarr, l’avrebbe chiamata Whip.

-         Oh, beh, qualunque siano le motivazioni, il vostro è un gesto molto generoso. – rise Flea – Allora partiremo tutti insieme. Cominciamo a prepararci.

Flea e qualcun altro salirono sulla nave, per iniziare a conoscerla e decidere come sistemarsi per la partenza. Luffy e gli altri dell’equipaggio furono lieti di dare una mano. Solo Sanji, sempre in disparte, saltò nuovamente sulla Going Merry senza guardare nessuno.

-         Ehi, cuoco, che fai? Non saluti la tua amica? – gli gridò dietro Zoro.

-         Devo controllare le provviste della cambusa, capelli ad alga. O preferisci restare senza cibo in mezzo al mare? E comunque, ci siamo già salutati.

Si voltò un momento verso la Giardinave. Incrociò lo sguardo di Flea, che gli sorrise. Ricambiò velocemente il sorriso e, senza dire nulla, sparì sottocoperta.

 

-         Uahh. Meno male che il tempo è sereno! – esclamò all’improvviso Nami, stiracchiandosi – Non ce l’avrei fatta ad affrontare un’altra tempesta. Vado a farmi una doccia per rinfrescarmi.

Rientrò sottocoperta. Sanji, apatico, sembrava non averla nemmeno sentita. Se ne stava su una sedia sdraio, sul ponte, con un paio di occhiali da sole e una sigaretta spenta in bocca, a fissare il cielo. La nave dondolava leggermente spinta dalle onde, il vento era lieve e la navigazione procedeva perfettamente. Erano salpati ormai da alcune ore, ed Eden era sparita dalla loro vista. Pochi secondi dopo, Zoro uscì sul ponte.

-         Allora, hai intenzione di restare depresso ancora a lungo, cuoco?

-         Ma sta’ zitto.

-         Uh-uh. Il nostro cuoco che soffre le pene d’amore. E quale sarà il prossimo prodigio a cui assisteremo, un treno che cammina sul mare?

-         Ti ho detto di piantarla. Non sono in vena.

Senza dir nulla, Zoro si sedette, a gambe incrociate, accanto alla sdraio su cui stava Sanji. Posò le sue tre spade accanto a sé e si mise in posizione di meditazione.

-         Le passioni agitano l’animo umano e lo fanno soffrire. – cominciò a recitare – Sei sono i sensi dell’uomo: vista, udito, tatto, olfatto, gusto, pensiero. Tre sono i…

-         Dacci un taglio con ‘ste stronzate buddiste, ok? Quando fai il mistico sei peggio di quando sfotti.

Zoro tacque nuovamente.

-         Sai – disse alla fine – Una volta sono stato innamorato anch’io. Da bambino. Credo.

-         Non mi dire. – bofonchiò Sanji – E chi era la fortunata? Una katana?

-         No, una mia compagna di dojo. Brava. La detestavo, eppure mi piaceva combattere con lei.

-         Tipico. E com’è finita?

-         Lei è morta.

Stavolta, Sanji non rispose niente.

-         Per come la vedo io, innanzitutto c’è la tua strada. I tuoi obiettivi. Anche gli altri hanno una loro strada; e se ti capita che la tua strada corra parallela a quella di un’altra persona, beh, meglio. Non correrai da solo. Pensa a questa ciurma. Credi che le nostre strade saranno unite per sempre?

-         Non lo so. – disse l’altro – Non ci ho mai pensato.

-         Sicuramente no. Ognuno di noi segue i suoi obiettivi. E se questi ci portassero a separarci, in quel momento non dovremmo esitare a farlo.

-         Uh. E com’è che questa cosa dovrebbe consolarmi?

-         Voglio dire che se il tuo cammino non corre parallelo a quello di Flea, non puoi cambiare le cose. Se ci si forza a seguire il cammino di un altro, si trova solo infelicità.

-         Sei fatalista, spadaccino. – sbuffò Sanji, mettendosi in piedi – Pensavo che tu credessi nelle tue capacità e nella possibilità di cambiare le cose con la volontà.

-         Ci credo, infatti. L’unica cosa che non si può cambiare è la volontà di qualcun altro. Detta in quattro parole, dimenticala e vai avanti.

-         Facile a dirsi.

Sanji si appoggiò al parapetto e gettò lo sguardo sul mare. Lei, pensò, era da qualche parte là in mezzo. Ma tanto non l’avrebbe rivista più. Era impossibile. Questo senso di irrevocabilità, invece di acuire la sua sofferenza, la smorzò. Gliela fece affrontare in modo più sereno. Non l’avrebbe rivista, però lei c’era. Era una cosa che si poteva accettare. Dopotutto, aveva ragione Zoro, le cose vanno come devono andare.

-         Poi, se può servire a distrarti, – suggerì lo spadaccino, sempre in meditazione – poco fa mi è parso di capire che qualcuno è andato a farsi una doccia…

L’espressione di Sanji passò dalla malinconia alla sorpresa, per diventare infine la tipica faccia da porco impenitente. Si ricordò di quel piccolo foro che aveva scavato nella parete del bagno, proprio all’altezza giusta…

-         Grazie, Zoro! – gridò commosso, mentre rientrava in tutta fretta sottocoperta – Sei un vero amico!

Lo spadaccino sorrise e non rispose. Restò fermo, a meditare, con le sue spade accanto. L’istante successivo, tornò sul ponte Nami.

-         Accidenti. – disse seccata – Speravo di potermi fare una doccia, e invece è occupata da Chopper. Ma tu lo sapevi, Zoro?

Dall’interno della nave, spaventoso, si innalzò su tutto il mare un potentissimo urlo che trasportava insieme rabbia, sorpresa e profondo disgusto.

-         Sì. – rispose lo spadaccino – Scusami, mi sono dimenticato di dirtelo.

 

-         Ehi! Ma è ancora vivo, questo pezzo di merda?

-         Si direbbe di sì. Guarda, respira.

-         Ancora per poco, però.

-         Fermo, fermo, guarda: sta aprendo gli occhi.

Il viceammiraglio Whip si risvegliò a pancia all’aria, sdraiato su un suolo arido e duro. C’era come un puzzo di carne bruciata, nell’aria, e la luce era fortissima, fastidiosa. Tenne gli occhi socchiusi e vide, curvi su di lui, tanti visi poco allegri.

-         Buongiorno, signori. – iniziò – Potrei chiedervi dove mi trovo?

-         Ma ci prende per il culo? – esclamò uno dei visi.

-         Mi sa di no. Magari la botta di prima gli ha fatto perdere la memoria.

-         Lascia, che adesso gliela faccio tornare io.

Una manaccia afferrò per il bavero Whip e lo sollevò di forza. Un volto poco amichevole si piazzò a due centimetri esatti dal naso del poveraccio e cominciò a ringhiare:

-         Tu, lurido bastardo! Sei arrivato qui, ci hai distrutto le case, hai rapito il signor Madera, poi te ne sei andato nel Giardino, e non sappiamo bene cosa sia successo, fatto sta che adesso è distrutto pure quello, è andato in fumo. Ti è tornata la memoria, adesso? Spero di sì, perché cosi saprai esattamente la ragione per cui stiamo per tirarti il collo.

-         Oh, la prego, non sia… – balbettò Whip – …non sia così scorbutico… io non so…

-         Lasciatelo! Lasciatelo! I miei elettori non tollereranno certe barbarie! – intervenne una voce.

Un uomo pingue e con due gran baffoni si fece largo in tutta fretta attraverso la folla, fino a Whip.

-         Lasciatelo, vi dico! – insisté – Se davvero ha un’amnesia, sarebbe un’ingiustizia punirlo per qualcosa che non ricorda di aver fatto.

-         Oh. La ringrazio, signore. – mormorò riconoscente il viceammiraglio – Le sarò eternamente grato.

-         Anche se, devo ammettere – continuò l’altro – la perdita del Giardino è una vera sciagura…

Whip sentì la tristezza della gente intorno a lui. Sembrava che rimpiangessero qualcosa di caro. Lui non ricordava nulla di sé, ma sentiva di provare come un profondo affetto per tutte le creature viventi. Per gli animali e per gli uomini che, in fondo, sempre animali erano. Voleva aiutarli.

-         Scusate. – intervenne – Mi pare di capire che avete perso un qualche magnifico Giardino. Se il mio modesto aiuto può esservi gradito, che ne direste di rimpiazzarlo con uno Zoo?

 

Stanco, sempre più stanco, Paradosso volò per giorni e per notti nei cieli del Grande Blu, lasciandosi alle spalle Eden e quel pazzo di Whip. Si accorse, via via che si allontanava, che con il diminuire dell’influenza del potere del Frutto su di lui andavano svanendo pure tutte quelle capacità che dal viceammiraglio aveva innaturalmente imparato, prima tra tutte il raziocinio e la parola. Quando giunse finalmente in vista di un puntolino verde sull’oceano, un’ancora di salvezza, non era più diverso da un qualunque altro normalissimo pappagallo. Si lasciò cadere, esausto.

Piombò sul ponte della Giardinave proprio davanti ai piedi di Flea, che lo riconobbe sorpresa.

-         Ma guarda chi si rivede. Hai una bella faccia tosta a venire di nuovo da me.

-         Non so parlare. – starnazzò malamente l’uccello, sfinito.

Ridendo, la ragazza lo prese dolcemente e se lo adagiò sulla spalla. Ormai, non doveva più temerlo.

-         Sei perdonato. – gli sussurrò – Però non farlo più.

-         Signorina… ehm… capitano Flea! Capitano!

-         Sì, Champagne, cosa succede?

-         Guardi qui! Era nel giornale di stamattina! Terribile! Terribile!

Le porse un foglietto gialliccio. Flea lo afferrò e vide la propria foto, con la scritta “WANTED” e l’ammontare della taglia: cinque milioni di Beli.

-         Vedo. – commentò – In effetti, è un po’ bassina, ma non facciamone un dramma. Migliorerà.

-         Capitano! Ma che dice? La Marina non dovrebbe nemmeno conoscerla! E invece, guardi qui, sul giornale dice che considerano la sua ciurma colpevole dell’arrembaggio della “Walrus Pride”. Sembra che un informatore anonimo abbia dato questa notizia al Quartier Generale.

-         Hm. Sì. Mi sa che questo è un regalino di mio padre.

-         Cosa? Signorina, suo padre non farebbe mai…

-         Fidati, è un’idea sua. Una sorta di assicurazione sulla mia partenza. Con una taglia sulla testa, anche se mi prendesse un attimo di esitazione non potrei certo tornare a casa. Ormai si va fino in fondo. E poi, così, Eden non rischia di essere visitata da altri investigatori del genere di Whip. Due piccioni con una fava, no?

-         Mah. Se lo dice lei, signorina, cioè, capitano. A me non sembra una cosa bella da farsi.

-         Occupati della rotta, Champagne. Questo – e sventolò il manifestino – me lo appendo in camera mia. La foto mi piace, sono venuta bene.

-         Agli ordini, capitano.

Mentre Champagne andava a mettersi al timone, Flea si appoggiò al parapetto della nave, a guardare il mare. Quando suo padre glielo descriveva, da bambina, se n’era sempre fatta un’immagine paurosa: un luogo freddo e violento, pieno di tempeste, di mostri, così vasto e solitario da essere disperante. Ma non lo era affatto. Era accogliente, invece. Di fronte al mare, Flea scoprì di riuscire a sentirsi più serena di quanto non le fosse mai successo in vita sua. Anche la taglia, e la gente che da ora in poi le avrebbe dato la caccia, perdevano completamente importanza. E’ questo essere un pirata, pensò. Io sono un pirata. Noi siamo i pirati. Viviamo qui, questa è la nostra casa. Il mare non è un nemico, per noi, è una coperta che ci avvolge e ci nasconde, è una notte in cui sparire, un’aria da respirare, un terreno libero da montagne e altri ostacoli su cui tracciare la nostra strada in assoluta libertà. Legarsi alla terra è sciocco e limitante, quando si può avere così tanto spazio. E ci cerchino pure, i governativi e gli ufficiali, quella gente che capisce solo cravatte e cartacce, quanto aveva ragione mio padre. Ci cerchino, se lo desiderano. Tanto, loro hanno navi da guerra, quartier generali, prigioni sottomarine, isole giudiziarie, palazzi, cannoni, corazzate, fortezze e, a volte, anche tartarughe giganti: ma noi abbiamo il mare.

E finché avremo il mare, non potranno mai prenderci tutti.

 

E’ chiaro che il pensiero da’ fastidio,

anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce,

e come pesce è difficile da bloccare,

perché lo protegge il mare.

Come è profondo il mare…

 

“Come è profondo il mare”, Lucio Dalla (celebre pirata bolognese)

 

FINE

 

INIZIO

 

 

 

E così si conclude finalmente la storia di Flea e delle sue “radici” XD!  Scusate i ritardi nell'aggiornamento, ma ho avuto una sfilza di problemi col PC, un sacco di cose da fare all'università, poi sono stato impegnato con l'altra fic che sto pubblicando in questo momento e, insomma, ho finito per metterci più del previsto. Spero che questa conclusione vi sia piaciuta, anche se all'insegna del più classico “tutto è bene ciò che finisce bene”. Ma non potevo certo concluderla altrimenti, questa storia XD. Passo a saluti e risposte; forse fra qualche giorno aggiornerò un'ultima volta per rispondere agli ultimi commenti.

 

X Senboo: ben guarita! Sbaglio o è la seconda volta che ti ammali da quando ho cominciato a postare 'Radici'? Spero di non essere io a portare sfiga XD. Su Madera sei stata accontentata. Alla fine non ho avuto cuore di far morire nemmeno Whip (appunto: Oda style). E Bianchina, hai ragione, ho controllato, è proprio lei, la cara amica di Mister Meraviglia. Grazie per avermelo ricordato!

 

X Slits: sulla filosofia di Oda ci vorrei scrivere un libro XD. Al di là dell'apparenza superficiale di One Piece come 'fumetto', addirittura dall'aspetto più infantile di altri manga, c'è un pensiero molto interessante e originale. La fede nei sogni, l'importanza della libertà (è quello che ho voluto esprimere anche in questo capitolo, soprattutto nel dialogo tra Sanji e Zoro: i legami che privano della libertà sono negativi, perchè alla fine portano le due persone che si sono legate a odiarsi),  la necessità di riuscire sempre a “pensare in grande”, con l'ambizione (lo 'haki') che costituisce la vera forza di chi la possiede. E' questa la ragione che mi fa amare One Piece più di ogni altro manga. Comunque, grazie per i complimenti, e sono felice che la scena di Zoro vs. Sylvia sia quella che hai apprezzato di più – era anche la mia preferita XD. Curiosità: ma il tuo 'personaggio preferito' di cui parli è Sanji, Flea o magari Whip?

 

Grazie anche a Smemo92 e a chi ha letto e non recensito! Ciao a tutti, alla prossima storia!

 

  
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