Neve
SCIARPA
Charles
se ne stava lì fuori, illuminato da una mezzaluna crescente,
a osservare dal portico la neve di qualche ora prima: una coperta a
scacchi gli scaldava le gambe immobili, afflosciandosi attorno alle
ruote della carrozzella in ampie pieghe, mentre le mani stringevano un
bicchiere quasi vuoto di scotch.
Il giorno seguente gli studenti sarebbero tornati dalle vacanze, calpestando quel manto immacolato e tornando a riempire le sale vuote della villa.
Sorrise.
Era impaziente; quei giorni erano stati colmi di silenzi, nonostante la presenza di Erik, Raven ed Hank.
Si era abituato in fretta alle menti brulicanti dei giovani allievi ed era difficile privarsene anche per poco. Dopotutto il suo potere dipendeva dagli altri, era strettamente correlato al fattore umano e senza persone la sua mutazione non aveva modo di applicarsi, di esistere in senso stretto. Senza di loro, senza i suoi studenti, anche una parte di sé lo abbandonava e i silenzi che colmava con i loro brusii diventavano assordanti.
Aveva ripensato spesso a Cuba, in quei giorni. Alle sue gambe.
Quindici anni non sarebbero bastati a fargli dimenticare del tutto cosa significava camminare, potersi muovere liberamente; nemmeno avere Erik dalla sua parte.
Era una ferita divenuta cicatrice, la sua: non se ne sarebbe mai andata, ci sarebbe sempre stata, tangibile, impossibile da cancellare.
Il poggiarsi improvviso di una mano sulla sua spalla interruppe quel flusso di pensieri e le sue labbra accennarono un sorriso quando, subito dopo, una sciarpa gli avvolse il collo in un abbraccio di tessuto.
Il respiro del signore dei metalli gli carezzò la guancia, a un certo punto.
«Sarebbe un problema, se domani rimanessi senza voce, Charles».
Il telepate non disse nulla. Non ce n’era bisogno.
Nel momento in cui Erik prese a spingere la sua sedia a rotelle, portandolo nei giardini appena imbiancati, la pace avvolse Charles.
C’era solo il rumore leggero della neve che si appiattiva al loro passaggio, schiacciandosi, e la condensa dei loro respiri.
Non servivano parole, avevano raggiunto un equilibrio.
Il giorno seguente gli studenti sarebbero tornati dalle vacanze, calpestando quel manto immacolato e tornando a riempire le sale vuote della villa.
Sorrise.
Era impaziente; quei giorni erano stati colmi di silenzi, nonostante la presenza di Erik, Raven ed Hank.
Si era abituato in fretta alle menti brulicanti dei giovani allievi ed era difficile privarsene anche per poco. Dopotutto il suo potere dipendeva dagli altri, era strettamente correlato al fattore umano e senza persone la sua mutazione non aveva modo di applicarsi, di esistere in senso stretto. Senza di loro, senza i suoi studenti, anche una parte di sé lo abbandonava e i silenzi che colmava con i loro brusii diventavano assordanti.
Aveva ripensato spesso a Cuba, in quei giorni. Alle sue gambe.
Quindici anni non sarebbero bastati a fargli dimenticare del tutto cosa significava camminare, potersi muovere liberamente; nemmeno avere Erik dalla sua parte.
Era una ferita divenuta cicatrice, la sua: non se ne sarebbe mai andata, ci sarebbe sempre stata, tangibile, impossibile da cancellare.
Il poggiarsi improvviso di una mano sulla sua spalla interruppe quel flusso di pensieri e le sue labbra accennarono un sorriso quando, subito dopo, una sciarpa gli avvolse il collo in un abbraccio di tessuto.
Il respiro del signore dei metalli gli carezzò la guancia, a un certo punto.
«Sarebbe un problema, se domani rimanessi senza voce, Charles».
Il telepate non disse nulla. Non ce n’era bisogno.
Nel momento in cui Erik prese a spingere la sua sedia a rotelle, portandolo nei giardini appena imbiancati, la pace avvolse Charles.
C’era solo il rumore leggero della neve che si appiattiva al loro passaggio, schiacciandosi, e la condensa dei loro respiri.
Non servivano parole, avevano raggiunto un equilibrio.
Ambientata
in quel “ridente-universo-che-non-esiste” [Post DOFP]: dopo i fatti di Parigi Erik ha
deciso di cambiare rotta e, seppellita l’ascia di guerra,
è così tornato al fianco di Charles, assieme al
quale gestisce la scuola a tempo perso. [ Charles è sulla
sedia a rotelle ] Collegata a Zenzero.