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Autore: TimesNewMozzi    20/12/2015    1 recensioni
Storie inutili di cose inutili.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"L'astuccio?
L'astuccio stava posato su un banco di un bianco così rilassato..."


Era vuoto, sempre, tanto vuoto. 
L'avevano modellato filando le sue lunghe fibre e intrecciandole in un lungo tubo vuoto. Era vuoto per destino, per scopo, condannato dai suoi creatori. 
L'Astuccio era rimasto posato in un cassetto polveroso di plastica bianca e traslucida per parecchi mesi, non che lo sapesse, non sapeva contare dopotutto. E la solitudine non gli pesava poi così tanto, la mancanza dentro di sé era ben più forte di quella al di fuori, il piccolo e limitato vuoto nella sua pancia era ben più silenzioso dell'infinitamente vasto nulla che lo circondava. 
Un giorno una decina di dita lo sollevarono dal suo esilio in quella desolata salina. Incontrò così per la prima volta dei compagni: qualche  matita e una gomma, inseparabili come una coppia di calamite, un paio di penne, un righello, un bianchetto, un paio di forbici abbastanza affilate da tagliare la carta, a volte. 
Non erano una masnada di simpaticoni:da quando attraversarono la sua bocca non dissero granché, non dissero nulla in realtà. 
Una di loro era particolarmente interessante: una matita, HB gli era sembrato di cogliere quando l’aveva scorta, solo per un attimo, tra le dita che l’avevano riempito. La sentiva agitarsi dentro di sé, agitarsi insieme a lui quando venivano sballottati nello zaino del padrone; la sua punta gli punzecchiava i fianchi arrivando a fargli quasi male, a volta lasciandolo ad urlare con tutte le sue fibre incoscienti e incapaci di estrarre da sé stesse alcun suono.
Ma era tanto bella, lo sapeva, era il più bel pezzo di cancelleria che si potesse vedere, toccare, sentire se sono se  ne fosse stati in grado.
Ebbero una storia d’amore, lui la ebbe con lei, lei probabilmente non se ne accorse, se non l’avesse ideata  non se ne sarebbe accorto neanche lui. Ma insomma, erano innamorati.
Lei continuò a punzecchiarlo e grazie a ciò lui distingueva un giorno dall’altro: “Questo è il giorno delle due punture” “Questo delle quattro!”, e il tempo non sembrava più così indefinito, sembrava qualcosa, esisteva più che sembrare un’illusione, un ricordo senza significato in una bolla di eterna immutabilità.
Grandi pensieri per un astuccio e mentre li elaborava, perso per giorni e giorni in questi ragionamenti, i granelli di sabbia della sua clessidra smisero di cadere.
Non la sentiva più sfiorare con delicata inconsapevolezza le sue interiora. Poteva essere scappata o forse era stata persa dal padrone, forse era ormai troppo piccola per arrivare alle pareti del suo ventre. In ogni caso, lei aveva smesso di essere e con lei il tempo.
Ultimamente l’aveva intravista, piccola, sempre più piccola, con l’unico affilato piedino sempre più vicino alla testa, consumata dagli sforzi egoistici del padrone.
Lui soffriva, o almeno così si diceva. Soffriva per lei di una sofferenza che possono provare solo gli amanti, ed era una sensazione strana sapere di dover star male ma non avere la capacità di farlo. Non c’era nulla nelle sue lunghe fibre di nylon che lo preparasse a sentire dolore, che anche solo gli donasse la capacità di provare qualcosa.
E lei non tornava. Lei non sarebbe tornata.
Era così per tutti gli abitanti del suo stomaco: quando li considerava ormai parte di sé, in un momento lo lasciavano più vuoto: persi dal padrone, esauriti dalla dura vita di lavoro, scappati verso lidi più favorevoli.
E infine lui rimase, solo lui, sulla scrivania bianca. Era l'unico sopravvissuto, ma era vuoto, e un contenitore vuoto non serve a nulla. 
Il tempo aveva di nuovo smesso di scorrere e il bianco, un altro immenso bianco, annebbiava ogni fibra del povero, incosciente Astuccio.

"L'astuccio?
L'astuccio stava posato sul bianco di un banco, così: disperato."
  
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