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Autore: Querthe    21/12/2015    0 recensioni
Storia ispirata dai Blackmore’s Night, Album “Under a Violet Moon”, canzone “Under a Violet Moon”. Il testo è nella storia, indicato in grassetto.
Severus è a un raduno di Mangiamorte, costretto suo malgrado, un raduno speciale, come la luna che lo illumina.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Storie da una canzone o canzoni in una storia?'
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Attenzione: La storia si basa sul testo della canzone, da me tradotto in italiano e che potere comunque trovare tranquillamente in giro per internet.
L’idea di base è quella di inserire il testo (in parte o totalmente) all’interno di una normale fanfiction, godibile quindi sia che si conosca la canzone sia che non la si conosca. I pezzi del testo sono stati messi in evidenza in grassetto.
Scritta per la Severus House Cup 2014 – Sfida di Febbraio “A Ritmo di musica” del sito “Il calderone di Severus”

La porta si chiuse leggera alle sue spalle, mentre il freddo pungente della notte lo avvolgeva in un invisibile quanto gelido sudario che lo fece fremere per un secondo sotto il nero mantello.
Alzò il viso e gli occhi al cielo, stringendosi il tabarro ancora più vicino al corpo magro, per alcuni troppo, a causa del poco esercizio fisico e dei vapori delle pozioni che tanto adorava preparare, una passione che lo aveva portato a diventare insegnante di pozioni alla rinomata scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Una strana luna comparve dietro una delle tante, lente, nuvole grigie cariche di pioggia, ma troppo indolenti per farla cadere, illuminate in maniera malsana dal satellite che da immemore tempo ruotava attorno a quella palla di fango e acqua che l'umanità insisteva a chiamare Terra, a chiamare casa.
Severus aveva visto nella sua vita lune bianche come cadaveri, lune gialle come gli occhi ciechi di chi si opponeva ai Mangiamorte, anche lune rosse come il sangue innocente che gli sporcava le mani, ma era la prima volta che vedeva in cielo una luna dai riflessi violacei, quasi empi.
Sotto una luna viola...” si concesse una smorfia, quella che per lui era quasi il massimo del sorriso. “Sarà una riunione quantomeno interessante.”
Distolse lo sguardo dal cerchio livido come una botta che fatica a riassorbirsi e inspirò attraverso i fori della maschera argentea. L'aria fredda fu un concerto di spilli ardenti nei polmoni, ma accolse l'immediato quanto passeggero dolore come una benedizione. Se poteva provare dolore aveva ancora dei sentimenti.
Espirando si smaterializzò, lasciandosi dietro il mondo.
Quando attorno a lui tutto tornò normale, l'uomo soppresse senza farsi notare un conato di vomito. Non fu per la smaterializzazione appena avvenuta, di quello ne era certo, ma per la scena che gli si presentò davanti.
Tutti, apparentemente, i Mangiamorte si erano radunati quella sera. Lo spiazzo di quella notte, ogni volta un luogo diverso, era gremito di uomini e donne e di musica.
Fu la scena di quelle persone mascherate che si divertivano danzando al ritmo del tamburo che primitivo e selvaggio spaccava l'aria aggredito da un elfo domestico particolarmente ispirato, quasi a coprire il resto degli strumenti, fiati e tamburelli più delicati, anche loro suonati, sebbene il suo fine orecchio continuava a spostare il verbo su stuprati, da altri elfi domestici altrettanto schifosi quanto i loro padroni, sebbene i primi non avessero colpa della loro condizione.
Una maschera che riconobbe quasi subito, sebbene nell'oscurità più totale, se non per la luce del satellite, si avvicinò e una mano dalla carnagione così pallida da essere esangue gli porse una coppa di argento lucidato a specchio internamente e istoriata esternamente con motivi che ricordavano quelli delle loro maschere. Dentro un liquido rosso e brillante si mosse per un attimo, disturbato nel suo immaginario sonno dal movimento del braccio del Mangiamorte.
“Benvenuto.” lo apostrofò il mascherato uomo. “Benvenuto davvero. Forza, prendilo e goditelo. Dobbiamo bere e brindare a noi stessi questa sera, sotto questa luna viola, tanto particolare da essere per forza di buon augurio!” rise sguaiatamente sotto la lamina metallica che gli celava il volto, un suono strano e sgradevole, che sapeva di cattiveria e troppo vino.
Severus annuì e afferrò il calice, ma non bevve. Poteva essere vino, sicuramente se lo fosse stato sarebbe stato uno dei migliori del mondo babbano e magico, ma preferiva evitare di scoprire se il liquido era davvero quello che sembrava.
Da vari piccoli indizi il festino dava l’impressione di essere già iniziato da tempo, considerando i corpi, non pochi, ammassati in un angolo, una raffazzonata quanto squallida caricatura di una discarica dove uomini e donne, mantelli e maschere giacevano scomposti e mugolanti in preda al sonno e all'alcool.
Poi lo sentì. Non fu un rumore, o un odore, o un tocco, ma lo sentì.
Alle sue spalle, esile, alto, l'avatar di ciò che ogni babbano e mago preferiva nemmeno non pensare per paura di svegliarlo. Lui lo aveva alle spalle
“Una serata particolare.” disse senza nessun riferimento preciso, ma solo per evitare che il silenzio tra di loro cristallizzasse in qualcosa di spiacevole, dando l'impressione, corretta, che volesse evitarlo.
“Hai ragione, mio devoto servitore. Ho lasciato che i nostri cani prima di azzuffarsi potessero mordicchiare qualche osso, e leccare nelle migliori ciotole...” sibilò l'Oscuro Signore come risposta, sfiorando con uno scheletrico dito il bordo del calice di Piton. “Ma tu sembri non voler partecipare. Il mio regalo non ti è gradito?”
“Al contrario, mio signore. Sono giunto da poco, e ancora sto decidendo come divertirmi, sfruttando al meglio la vostra gentilezza nei miei confronti e in quelli dei miei compagni. Meno di questo sarebbe offendervi, mio signore.”
Lord Voldemort rise, un rumore che gelò il sangue nelle vene al pozionista, e senza staccare il dito dal bordo metallico, si mosse per potersi trovare faccia a faccia con l'uomo.
“Hai maschere molto più profonde e coprenti che quella che indossi, mio caro.” la bocca era un taglio nero nel volto, una sottile linea che catalizzata però l'attenzione di Severus come una fiamma con una falena. “E quando dici qualcosa, lo dici per uno scopo ben preciso, così profondo che pochissimi possono capire come lo capisco io.”
Il mago fu attraversato da un pensiero così fugace che lo captò a malapena, e ringraziò di essere il migliore occlumante esistente, almeno per quel che ne sapeva, o l'Oscuro Signore non si sarebbe affatto sentito onorato di come lo aveva chiamato.
Accennò un inchino con il capo come risposta, facendo attenzione a non muovere il calice, ancora toccato dal dito di Lord Voldemort, che allungò verso il metallo non solo il dito, ma l’intera mano, togliendolo a Piton.
Lo sollevò alto sopra di lui, e come un muto richiamo, tutti nel giro di pochi secondi si voltarono verso il mago. Il pozionista si era allontanato, alcuni passi indietro senza mai dare le spalle all’Oscuro Signore come un devoto sicofante, ma con il vero intento di non distoglie da lui lo sguardo, essendo lui la minaccia principale, se non unica, in quella radura.
Severus sapeva che da lì a poco sarebbe successo il finimondo.
Sapeva che da lì a poco, forse dei giorni, forse poche settimane, avrebbe dovuto rispettare un patto osceno e scellerato sebbene intimamente animato da una causa nobile, una promessa ad un amico e la salvaguardia di una anima che ancora si poteva redimere, recuperare, forse addirittura salvare. E quella sarebbe stata l’ultima riunione prima della morte di Silente.
La maschera nascose un tremito al labbro che si sommò agli occhi quasi chiusi come a ricacciare un dolore che ancora sarebbe dovuto arrivare, ma non per quello meno reale. Si costrinse a fissare l’essere a pochi metri da lui, che stava lentamente ruotando su se stesso per controllare di avere l’attenzione di tutti i presenti.
“E’ un giorno importante questo. Se siamo riuniti è per uno scopo nobile, che ci porterà gloria e onori nei secoli a venire.” Esclamò con voce stentorea.
Fischi, applausi e grida seguirono la sua prima frase.
“Ma… ricordiamoci, ciò che stiamo facendo non è altro che un sogno vecchio di secoli che finalmente si realizzerà. Il mondo ci appartiene, noi ne siamo i veri padroni, noi, i maghi veri, i purosangue. Sarà come era, nell’unico modo corretto.”
Altri applausi, e alcuni calici levati come quello che l’Oscuro Signore insisteva a tenere sopra la sua testa.
“Non sarà facile, già lo sappiamo!” urlò. “Ma saremo i vincitori di questa battaglia!”
Aspettò che le grida belluine che le sue parole provocarono nelle menti annebbiate dall’alcool si chetassero, per poi sorridere e abbassare il calice all’altezza del suo petto, prendendolo con entrambe le mani.
“Stasera vi darò solo un ordine: divertitevi. Siate felici e sollevate i vostri calici, danzeremo tutta la notte come solo chi sa che sta facendo la cosa giusta può fare, perché noi stiamo facendo la cosa giusta, stiamo tornando all’epoca che conoscevamo essere giusta!” concluse bevendo tutto d'un fiato il contenuto del calice, per poi buttarlo a terra, imitato immediatamente da tutti gli altri.
Nella baraonda che subito seguì, Piton si spostò quanto possibile fuori da quella bolgia umana che si era creata, suo malgrado avvicinandosi ad alcuni elfi che stavano suonando dei piccoli flauti, un rumore assolutamente surclassato dalle grida di gioia e di ebbrezza dei suoi compagni Mangiamorte. Si accorse che il tamburo aveva smesso, e ripensandoci lo aveva fatto nell'istante in cui Lord Voldemort aveva preso la parola.
Accanto a lui altri Mangiamorte. Dalle maschere e da altri particolari seppe quasi immediatamente chi fossero le due donne.
“Uno spettacolo indegno...” disse una delle due.
“Concordo pienamente.” commentò lui. “Sono però stupito che tu non sia là in mezzo, con tuo marito.”
“Ciò che fa lui e ciò che faccio io sono due cose ben diverse.”
“Lascialo stare, non merita la nostra attenzione.” sibilò l'altra figura mascherata.
“Bellatrix, mi stupisci. Dopo tutto questo tempo ancora non mi vuoi bene.” sorrise sotto la maschera, condividendo pienamente l'odio che lei provava verso di lui, ovviamente in senso opposto.
“Io so chi sei... Chi sei davvero.”
“Se ne sei così certa, rendici partecipi. Dimmi chi è davvero l'uomo che più di tutti mi è vicino e di cui mi fido...” Il gelo scese immediatamente su di loro, e Severus fu certo che sotto le loro maschere le due donne fossero bianche come fantasmi. ”Mia dolce e pazza indovina, che cosa vedi? Il futuro in una carta? Condividi i tuoi segreti, dimmeli, ma attenta, le parole a volte pesano come la terra sopra la bara di una morta.”
Bellatrix si inchinò quasi a far toccare il terreno alla fronte.
“Mio signore.” piagnucolò come una cagna bastonata. “Mio signore, non volevo assolutamente mettere in dubbio la fiducia che lei ripone ovviamente in modo giusto. Sa benissimo che io sono la sua più devota e fedele servitrice...”
“Lo so, lo so, non perdi mai occasione per dirmelo. Ma stasera non voglio sentirtelo dire, voglio che me lo dimostri. Ho detto divertitevi. Ebbene, considero il fatto che tu sia alterata verso di lui come un affronto verso la mia richiesta, il mio ordine, e quindi verso di me.”
Bellatrix si irrigidì per poi prostrarsi nuovamente e sparire nella bolgia che continuava, alimentata dalla musica e dal vino.
Piton rimase immobile vicino al Signore Oscuro.
“Sei turbato?”
“No mio signore. Sono felice, questo è un giorno importante, forse il più importante prima della vittoria finale che tutti noi agogniamo per noi stessi e per voi, ovviamente.” rispose, mentre la sua mente vedeva solo una mano scura e il suono della promessa che aveva fatto, e il suo cuore si rompeva ogni volta che una nota solcava l'aria.
   
 
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