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Autore: Baymax96    21/12/2015    3 recensioni
AU Human! Le tartarughe in veste umana affrontano alcuni problemi più che integrati nella società odierna, in un mix di amore, avventura, azione e ninjutsu! Potrà Ella riuscire a tirare avanti nella vita ora che ha scoperto un segreto?
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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N/A Salve! Sono Baymax96 e sono nuova! Premetto che seguo le vostre fiction da moltissimo tempo ma solo ora mi iscrivo per passare da reader a writer! :) Quindi, ecco qui la mia prima storia! Enjoy!



Raphaella prese un respiro tremante, distesa a peso morto sul letto, illuminata da un lume sul comodino. Sulla sua pancia era poggiato un test di gravidanza, per giunto positivo.
Aveva affrettato tutto, sbagliando. Il suo ragazzo, Slash, era il padre del bambino di una settimana dentro il suo ventre. E lei, la più sexy ragazza della famiglia Hamato, non era riuscita a frenare l'impulso di assaporare l'amore fisico con il suo compagno.
Solo che, adesso, ne pagava le conseguenze in solitaria. Non aveva ancora detto a nessuno la notizia che avrebbe sicuramente cambiato radicalmente la sua vita di diciassettenne.
Si girò su un fianco, afferrando il test che le era scivolato sul materasso. Lo guardò: c'erano quelle due linee rosate che l'avevano tanto sconvolta da farla piangere di rabbia, in silenzio. Come suo solito.
"Ella!".
La sua sorellina di anni quattordici, Michela Angela, stava sicuramente bussando per ricordarle la consueta cena delle venti.
"Che vuoi?!" ringhiò amaramente "Non vedi che sono impegnata?" borbottò a voce più bassa, non sicura che l'altra l'avesse effettivamente udita.
Non che le importasse, adesso aveva troppi pensieri da riordinare!
La bionda Mikey entrò pian piano, un po' timorosamente e rimase a fissare la cupa sorella usufruendo anche della luce del corridoio che le scuriva la parte frontale e le ammorbidiva i contorni.
"La cena è pronta, sorella. Su, gli altri non aspettano" cinguettò piano, mentre la guardava con attenzione, poi chiuse dietro di sé la porta, poco convinta.
"Non ho fame" mugugnò, dandole la schiena.
Miki scosse il capo ma non si diede per vinta e le si sedette accanto, giocherellando con le dita; era davvero impacciata e il che le evidenziava la sua particolare bellezza bambinesca. Aveva biondi capelli ribelli corti, con un ciuffetto rialzato da due mollettine a stella; occhi azzurri, statura bassina, era piatta e magrissima, tanto che il suo peso a malapena raggiungeva i quaranta chilogrammi.
Raphaella era più alta, seno imponente di una quarta abbondante, fisico sexy e perfetto. Aveva corti capelli rossicci, con un ciuffo che le ricadeva quasi sull'occhio sinistro, entrambi di un oro miele incredibile. Le punte tendevano verso l'alto naturalmente, senza l'uso di gelatine o altro.
"Si può sapere che ti prende?" domandò la più piccola, coricandosi accanto "Non voglio averti tanto distante... in fondo, sei la mia unica sorella" ammise subito dopo, quando effettivamente Ella non le prestò la benché minima emozione.
Raphaella si mordicchiò le labbra, senza risponderle, non poteva certamente dirle cosa le stesse accadendo nello stomaco da un po'. La nausea mattutina, i continui ma ben celati vomiti, le vertigini e stanchezza persistente; Miki sarebbe stata troppo giovane per capire la gravità della situazione.
-Non lo sa nemmeno Slash...- pensò, con una lacrima gocciolante sulla guancia.
"Dai, Ella!" pronunciò ancora Miki, togliendole una ciocca dal viso "Hai bisogno di mangiare qualcosa... pensa che il sensei ha fatto perfino il tuo piatto preferito! Bucatini al pomodoro!" tentò con un po' più di allegria ma neanche stavolta riuscì ad avere il volto della sorella visibile.
Raphaella ringhiò dal profondo della gola, alzandosi di scatto, facendo molleggiare un po' la sorellina sul letto. La degnò di uno sguardo apparentemente freddo e uscì dalla stanza, scendendo la rampa di scale per entrare in cucina. Lì vi erano seduti tre uomini, tra cui due erano ragazzi di diciotto e sedici anni che guardavano impotenti i piatti ricolmi dinanzi a loro, che non vedevano l'ora di mangiare e un uomo adulto.
Leonardo era l'alto primogenito della famiglia. Corti capelli terra d'ombra, quasi nerastri, occhi ramati e un fisico slanciato. Padroneggiava egregiamente il ninjutsu anche se, come unica pecca, era un perfezionista in continua perfezione.
Donatello era il terzogenito, dopo Raphaella. Capelli leggermente arruffati e morbidi, corti e di un caldo nocciola, esattamente come il colore dei suoi occhi. Nel suo dolce sorriso, vi era un dente mancante nell'arcata superiore. Intelligente, fisico asciutto, era incredibilmente sveglio e tendeva a risolvere i problemi quotidiani mediante scienza e logica.
Splinter era un mite uomo molto alto, con neri capelli, viso leggermente squadrato e occhi cannella. Generalmente, quand'era in veste di sensei, indossava un kimono magenta lungo, con delle protezioni a fasce bianche su piedi, mani e braccia.
Quando era solo Yoshi Hamato, padre di quattro figli, usava camicie e jeans.
"E Miki?" domandò Donnie, sollevando lo sguardo dal piatto caldo.
Ella non rispose, prendendo posto accanto a Leonardo, mentre Miki entrava frettolosamente e giusto in quel momento.
"Imooto, non devi correre per le scale!" rimproverò Leo "Non nelle tue condizioni, almeno!".
Fin dalla nascita, prima della tragica morte di Tang Shen, Miki era nata con una grave malformazione del fegato e da tempo, ormai, era in attesa di un trapianto.
La biondina fece una linguaccia e si sedette a tavola, grugnendo un po'.
"Ecco, lo vedi? Non ascolti mai e poi ti fai del male" mormorò Donnie fra il divertito e lo spazientito "Stai bene?" domandò senza staccarle gli occhi di dosso.
La mano della piccola premeva sulla parte destra del corpo, al fianco, ogni movimento bruciava e doleva e l'essersi seduta così violentemente non l'aveva certamente aiutata.
"Ancora un po' e potrai avere un fegato migliore" rassicurò Donnie, abbracciandola dolcemente avendo ben cura di non lasciar trasparire una lacrima di dolore.
Tra tutti i fratelli, probabilmente Donatello era quello più attaccato alla quartogenita, forse perché c'era poca differenza d'età fra loro. Incideva anche il punto che anche lui era trattato come fratello minore, nelle vesti di terzogenito, poi.
"Qua... quando ancora dovrò attendere...?" piagnucolò, guardando suo padre.
"Persevera, figlia mia" rispose semplicemente "Ricordati sempre che le notizie arrivano sempre quando meno ce lo aspettiamo" aggiunse, sorseggiando la quotidiana tazzina di tè.
Leonardo lasciò momentaneamente la cucina per raggiungere un piccolo mobiletto di ebano, posto accanto alla scala che dalla zona giorno conduceva a quella notte, scegliendo un flaconcino bianco, contenenti gocce per la sua sorellina. In genere quest'ultima le assumeva quando il dolore diventava troppo da sopportare.
Nonostante ciò, a malincuore il maggiore di casa Hamato gliene spremette otto nel bicchiere e le fece cenno di ingerirle.
"Devo proprio?" mormorò, ancora stretta a Donnie, che le accarezzava i capelli amorevolmente "Lo sapete che sono talmente amare che-".
"Su, bevi. Ti sentirai meglio" tagliò corto Leonardo, addolorato.
"Coraggio, Miki" aggiunse anche Raphaella, la cui angoscia si era notevolmente ampliata. Non riguardava più solo la sua gravidanza bensì anche le condizioni sempre peggiori della piccola Hamato.
Rincuorata dal sostegno della famiglia, Miki raccolse il bicchiere e deglutì l'amarezza di quella medicina tutta d'un fiato.
"Faceva comunque schifo" aggiunse comunque.
Ridacchiarono tutti e dopo un piccolo ringraziamento iniziarono a consumare la cena.
Erano molto silenziosi, adesso.
Durante il pasto si scambiavano al massimo fugaci occhiate ma solo la rossa non osava incontrare alcuno sguardo penetrante. Sarebbe finita con l'alzarsi violentemente da tavola e tornare al piano superiore, barricandosi nella sua stanza per ascoltare musica deprimente.
"Complimenti, sensei" si congratulò subito Leonardo, asciugandosi la bocca con un tovagliolo "Questi spaghetti sono la fine del mondo".
La piccola Miki annuì vigorosamente ma purtroppo, fu costretta ad allontanare via il piatto, avvolgendosi la mano sulla pancia gonfia. Adesso, i suoi occhi erano scuri di lacrime.
"Mi sembra di essere incinta" constatò, scoprendosi il ventre gonfio innaturalmente.
"Il tuo corpo non assorbe più granché bene. Non preoccuparti" rincuorò Donnie.
Il fegato della piccola s’ingrossava stranamente ogni qualvolta che assorbiva qualcosa, gonfiando la pancia di tossine pericolose; secondo i numerosi dottori, però, tutto questo sarebbe scomparso quando si sarebbe trovato e trapiantato un nuovo fegato.
"Credo che... debba rimanere a pancia all'aria fino a quando non mi si sgonfierà" pronunciò la biondina, allentando il pantalone.
Nessuno notò lo sguardo ampio di Raphaella, ormai senza più fame mentre fissava la scena tristemente ironica con la bocca semi-aperta. Non poteva fare a meno di impersonarsi in sua sorella minore... solo che, la crescita della sua pancia sarebbe avvenuto in qualsiasi momento e difficile sarebbe stato celarlo. Era solo questione di tempo e lo sapeva benissimo.
"Papà, potrei andare a dormire?" chiese Miki, impallidita di colpo "Sono molto stanca...".
Il maestro annuì e fece cenno a Raphaella di aiutarla.
Lasciarono subito la cucina, con il braccio della secondogenita sulle spalle dell'ultima e rimasero in silenzio fino all'ultimo gradino beige risalito. Non appena mise piede nella sua semplice cameretta arancio, Miki si gettò sul suo lettino ed emise un doloroso gemito. Ella, al contrario, le si sedette accanto, fissandola con preoccupazione.
"Come ti senti?" le chiese, interrompendo il momentaneo silenzio.
Miki sollevò lo sguardo dalla pancia tra le mani e soffiò via un ricciolo biondo dal volto "Non molto bene, per adesso" rispose con un gemito.
Ella annuì, non proprio attenta nell'ascoltare e accavallò una gamba sull'altra, fingendo di togliere della polvere inesistente. Sapeva che Miki la fissava curiosamente ma in questo momento non le dava granché fastidio.
"Tu non mi vuoi proprio dire cos'è che ti disturba, eh?".
La rossa sbuffò, mordicchiando il labbro e le schiacciò giocosamente la testa nel cuscino, ridendo subdolamente. Era un modo per distogliere l'attenzione dall'argomento principale.
"Lasciami! Lasciami!" protestò la piccola "Mi arrendo!".
"Ecco, ben ti sta" bofonchiò la rossa, alzandosi "Tanto nemmeno capiresti!".
"Dimmi un po', c'entra Slash, non è così?!" analizzò, muovendo le sopracciglia con malizia e balzando seduta sul letto.
"E anche se fosse? A te che importa?".
"Nulla..." borbottò Mikey, punzecchiando gli indici con fare melodrammatico "Pensavo che, essendo sorelle e soprattutto femmine, ci saremmo potuto dire tutto, sai come buone amiche anche".
Ella roteò gli occhi, esasperata, questa tattica l'avrebbe sicuramente messa alle strette e quindi, per evitare di ritrovarsi con il segreto scoperto, la ignorò, nonostante Miki adesso le teneva avvolte le braccia alla pancia.
"Dai! Non lo dirò a nessuno, lo prometto!".
La rossa s’irrigidì di colpo... Miki le stava schiacciando la pancia senza volerlo e il piccolo rischiava di lasciarci le penne. Colta da un impulso di rabbia materno, si liberò di lei con uno spintone talmente violento che la fece cadere dal letto e per giunta sul fianco malato con una foga inaudita che scatenò un grido incontrollato di Raphaella.
"Non devi toccarmi, hai capito?! So io cosa dirti e non! E non sono obbligata a farlo ogni volta!" ruggì con occhi infuocati "Non siamo più bambine, la mamma non c'è più! Resta fuori dalla mia vita!".
"M... ma quand'eravamo piccole..." provò debolmente la piccina, ancora in terra, ma in una posizione accosciata.
"Siamo cresciute, Miki! Mettitelo in testa! Io ho diciassette anni e sono prossima a compirne diciotto! Tu ancora quattordici!" tuonò, girata di spalle "Fammi un favore, qualsiasi cosa vedrai, non chiedermi nulla! Anzi, evitami se puoi!" e detto ciò se ne andò in camera sua per afferrare la giacca di pelle nera e scendere al piano inferiore "Io esco. E non chiedetemi un tubo!" gridò infine sbattendo la porta.
Miki era rimasta sul pavimento, ferita profondamente dallo sfogo eccessivo di sua sorella. Non le era mai accaduto prima d'ora e si sentiva estranea, adesso, come se avesse appena scoperto di essere stata adottata.
Un'ombra le si allungò dinanzi, era Leo. Quest'ultimo aveva un tale viso preoccupato, proporzionato alla gravità di quel momento. Senza dir nulla la raccolse in stile sposa, mettendola sul letto. Miki non disse nulla inizialmente ma poi, presa da un forte pianto, gli si fiondò al petto e prese a singhiozzare.
"Shhh, piccola".
"Voglio la mamma...!".
Tutti loro lo desideravano ardentemente, per ogni volta che portavano un bouquet di fiori al cimitero, per ogni filmato rimato impresso in alcune videocassette di famiglie, negli album di foto, nei ricordi stessi ma era solo impossibile. La mamma non sarebbe mai più tornata.
"Su, su, asciuga gli occhi, sorellina. Sono certa che Ella era arrabbiata per qualche suo motivo personale" confidò Donatello, anche se in cuor suo era profondamente adirato con lei.
Era sempre stato così. Fin da piccoli, Leo poteva ricordare di ritrovarsi la piccola Miki in lacrime, per qualsiasi cosa e cercare rassicurazioni e ciò era qualcosa che lo rendeva speciale.
 
***
 
Il cielo americano era cosparso di grosse nuvole violacee, in parte baciate dagli ultimi raggi dorati del tramonto, prima di spegnersi ai freddi colori della sera ormai vicina.
New York era splendida soprattutto di notte, con i suoi miliardi di punti luminosi a lasciar spazio all'immaginazione, al sentimento più opportuno, all'emozione più intensa, con la sua solitudine e caos. Del resto, era la Big Apple.
Ad Ella tutto questo non importava, era semplicemente troppo triste e in parte anche in colpa per lo scatto verso la sua sorellina. Davvero non voleva, ma il punto era che il semplice tocco contro il suo ventre l'aveva scossa, folgorata per essere più precisi.
La ragazza respirava ancora un po' a fatica, leggermente stanca non proprio dalla corsa frenetica in cui si era cimentata da quand'era uscita di casa bensì dall'adrenalina che solo ora la lasciava più lucida.
"Mamma..." sussurrò, crollando in ginocchio davanti alla lapide bianca.
Ogni volta che sentiva il bisogno di sfogarsi a modo suo, correva a perdifiato fino al cimitero e rimaneva lunghe ore a chiacchierare con la foto di Tang Shen fino a quando non si sentiva meglio. Forse per gli ignari passanti ciò rappresentava una forma di ironica pazzia ma ad Ella non importava proprio di quel monologo unilaterale. Nessuno doveva interrompere il suo momento.
E neanche adesso.
"Mamma, lo so, ho sbagliato. Ho appena commesso un errore madornale ma non so cosa mi sia preso... e adesso ne pago le nefaste conseguenze..." sussurrò, afferrando la testa tra le mani "Che cosa posso fare? Ho incasinato le cose! Abbiamo già Miki da pensare con i suoi problemi e ora aggiungo anche il mio..." continuò, mentre la voce vacillava e la vista le si sfocava di lacrime "Sono solo una stupida!".
Una dopo l'altra, le lacrime cominciarono a cadere sulle sue ginocchia, alcune anche sulla lapide, altre ancora in alcuni fiori bianchi. La sua disperazione era ormai un abisso.
"Mamma, ho bisogno di te. Voglio un tuo consiglio, voglio un aiuto! Non posso farcela da sola!".
Per un attimo un fruscio di vento le sembrò una carezza sul viso, una gelida ma piacevole. Raphaella sorrise debolmente ma ancora le lacrime rotolavano giù per le gote pallide.
Era un bel pasticcio e doveva ancora affrontare tanto ancora ...

 
   
 
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