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Autore: Querthe    23/12/2015    0 recensioni
Le quattro Inner (senza Usagi) sono ormai abituate ai loro poteri e alla perdita dei loro Soldiers, credono di poter vivere una vita tranquilla, ma una persona che le conosce bene trama vendetta per sè e per altre.
E questo provocherà grossi guai, oltre a metterle di fronte a una versione distorta di loro stesse.
E' il seguito della storia "Per amore, solo per amore". Consiglio caldamente di leggere l'altra fanfiction, o ci capirete poco o nulla.
Prossimo capitolo 04/01/2016.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ami/Amy, Makoto/Morea, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sailor soldiers'
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Ami impiegò quasi due giorni a ritrasformare la base lunare semicompletata in una navetta in grado di riportarle sulla Terra, non avendo considerato l’eventualità di un attacco mirato ai depositi di carburante, sicuramente un diversivo creato appositamente da Setsuna così da rallentarle ancora di più e avere campo libero per il suo piano. La manipolazione molecolare di Minako aiutò non poco le ragazze nel recuperare il carburante, permettendo di creare il substrato adatto per immagazzinare il torio che si era disperso in una ampia superficie. Makoto e Rei non poterono essere di grande aiuto, e questo servì solo a farle diventare ancora più irascibili, tanto che l’ultima mezza giornata si erano spostate nella vecchia base e in quel limitato periodo di tempo erano riuscite a creare abbastanza danni da rendere quasi instabile la costruzione. Quando ritornarono alla base, ormai praticamente scomparsa, sembravano essersi calmate.
- E’ rimasto qualcosa? – chiese Minako, accarezzando Artemis sulla testa mentre lui si era accoccolato sulle sue ginocchia. Era seduta su una pietra nel nulla della Luna, a un centinaio di metri dalla navetta.
- Abbastanza, ma nulla che possa servire a nessuno. – rispose Rei atterrandole vicino e riprendendo la forma umana. – Qui come va?
- Circa due ore e siamo pronte a partire. – rispose nella loro testa la voce di Ami, che si trovava all’interno della navicella.
- Come mai così imprecisa? – tentò di ironizzare la donna dai capelli neri.
Makoto si sedette su una pietra vicino a Minako, ma mantenne la forma di combattimento. La bionda alzò le spalle come risposta.
- Mako?
- Sto bene, anche se starò meglio quando avrò strappato la testa di Setsuna dal suo corpo assieme alla sua spina dorsale. – mormorò l’essere, per poi coprirsi gli occhi con le enormi mani. – I miei bimbi...
- Stanno bene e staranno bene, li salveremo, come salveremo tuo marito.
- Lo so, ma mi mancano. L’idea che lei... che loro...
Minako le sfiorò la mano con la sua. La differenza di dimensioni era quasi comica, ricordò a Rei quel film sulla Bella e la Bestia, ma si astenne dal sorridere.
- Arriveremo sulla Terra, le troveremo e le spaccheremo il culo. E poi ci cucinerai una delle tue torte come ringraziamento. Anzi, se fai un pasticcio di carne mi piace anche di più.
- Ma tu non mangi solo crocchette per cani?
- Anche conigli che miagolano.
Artemis soffiò e saltò sul terreno lunare, per poi dirigersi mollemente verso la navicella.
- Lo hai spaventato.
Rei sorrise, mostrando denti lunghi e appuntiti, poi si avvicinò a Makoto e le accarezzò l’enorme braccio.
- Stai tranquilla, davvero, li salveremo.
- Me lo auguro, me lo auguro.
Rimasero in silenzio fino a quando non furono nuovamente sulla navicella e partirono. Il viaggio fu breve come all’andata, e con delicatezza l’ovoide, ancora sotto schermatura sia ottica che radio, atterrò poco lontano da dove era partito sulla Terra. Ami scese e si diresse, seguita mestamente dai suoi serpenti, all’enorme cratere dove una volta era la sua base, o meglio, dove una volta era lei.
- Svanito tutto, non sento nulla... – mormorò.
- Tu ci sei ancora, e come lo hai fatto una volta, lo rifarai, Ami.
- Lo so Minako, ma moltissime mie funzioni erano solo nella base, nella vera me stessa. Oltre al numero di informazioni che avevo raccolto, superiore alle centinaia di exabite. Ho perso quasi del tutto me stessa.
- No, non è vero. – intervenne Makoto. – Tu sei qui con noi e hai perso solo dati che potrai recuperare. Hai noi, e hai i tuoi piccoli.
- So che hai ragione, la tua logica è assoluta, ma non riesco a capire la sensazione che sento nel mio processore principale. – mormorò la ragazza dai capelli blu.
- Si chiama tristezza.
Lei annuì.
- Sì, hai ragione. Come individuo ora riesco a comprendere alcuni sentimenti, anche se so che sono solo subroutine semiautomatiche che simulano la mia esistenza come umana, più di quello che potevo fare prima.
- Beh, eri una massa di naniti e altro, li avevi persi nel casino.
- Non credo che funzioni così, Rei.
- Fa nulla, Minako, per me sembra semplice pensarla in quel modo.
Ami sembrò tirare su con il naso, poi si voltò e sorrise, sebbene gli occhi erano lucidi.
- Abbiamo del lavoro da fare e dei bambini da salvare, non perdiamo tempo. Questo è l’ultimo posto che sono sicura sia stato visitato da Setsuna o da una delle sue creature, dobbiamo trovare una traccia. Mettiamoci all’opera.
- Chosha hanno fascendo?
- Quello che ero sicura avrebbero fatto, piccola mia. – rispose Setsuna, osservando nello schermo le donne controllare e girare apparentemente senza meta dove una volta era Ami. – Sapevo che sarebbero tornate, e sapevo anche dove sarebbero andate. Dove volevo io, quando volevo io.
Rise, una risata folle e malvagia mentre accarezzava una mano quasi cerulea e sicuramente fredda, che si contrasse involontariamente al suo tocco.
- E ora cosha succederà?
- Una delle tue sorellone è pronta ad agire, devono solo attivarla.
- Fate finta di nulla. – disse Ami nelle menti delle altre ragazze tramite la comunicazione neutrinica. – Ci stanno osservando.
Makoto si irrigidì un attimo, prima di riprendere a cercare nel terreno vicino all’acqua.
- Chi?
- Non lo so, ma è vicino, e anche la comunicazione è adatta a una trasmissione entro l’orbita terrestre. Deve essere per forza Setsuna. Anche se non come Gorgon, sento dei disturbi nello spettro delle onde, e sto usando Ree e Ishi per triangolare la posizione dell’emissione. Poco distante, forse un chilometro o meno.
- Credi che sia direttamente lei?
- No Rei, assolutamente. Ma le probabilità che non ci stia solo seguendo, ma che stia aspettando qualcosa sono molto alte. State in guardia.
- E cosa dovremmo fare? Attendere che lei agisca?
- Al momento sì, non abbiamo altra scelta. Deve pensare di essere su un terreno sicuro, e solo allora potrà fare un passo falso. Triangolazione avvenuta, distanza dell’emettitore ottocentoventuno metri e dodici centimetri, rototraslazione assente, direzione ventuno gradi e dodici primi rispetto alla meridiana standard.
Ishi svanì come nel nulla, per poi tornare una decina di minuti dopo.
- Possiamo agire?
Ami annuì alla domanda di Rei.
- Segnale in jammer e duplicato, curva di sovrapposizione in sincrono tra tre, due, uno. Segnale duplicato. Hai in memoria le coordinate, rei, vai e fanne ciò che vuoi, Setsuna non sa che ora vede ciò che voglio io.
In un turbine nero Rei divenne Soldier Succubus e si diresse come un razzo, facendo fischiare l’aria sulle sue ali metalliche, verso l’emettitore, che si rivelò essere un altro di quelli che Setsuna aveva definito Neumani, in quel caso un insieme di almeno tre uomini diversi e vestito per sembrare un pescatore, i due occhi mancanti in quanto una telecamera dotata di un potente zoom era incassata nella parte superiore del volto. Le sue ali e i suoi artigli lo distrussero in pochi secondi, lasciandolo in una pozza di liquidi organici e artificiali, i circuiti a sfrigolare assieme alle membra che mandavano deboli spasmi, ancora parzialmente animate dalle batterie interne.
- Ciao ciao, spione. Sai che non è educato fare certe cose a delle signore.
- Neumano terminato?
- Sì Ami, fatto e finito. Eppure non mi sento tranquilla.
- Ami sta trasmettendo finte immagini, quindi Setsuna ci crede a cercare ancora, mentre noi potremo ispezionare quello che hai lasciato in cerca di tracce, oltre al fatto che possiamo tracciare il segnale e trovarla, lei e i miei figli.
- Non è così facile, ma posso tentarci.
- Ma vi siete accorte che Ami parla quasi come una persona normale?
- Io sono normale, Minako, per interagire meglio con voi ho semplicemente messo in background il mio programma di simulazione comportamentale.
- Insomma fingi emozioni?
- Parzialmente. Reagisco meglio a determinati stimoli che mi portano a interagire in modo per voi più semplice con me. – rispose nella loro mente la donna, ma dopo un secondo una sorta di stridula sirena di allarme entrò nelle loro menti come un coltello bollente. – Attenzione, registrata fonte di energia anomala a cinque punto tre metri da Rei. Attenzione, allontanarsi.
Soldier Succubus si alzò in volo oltre una decina di metri in altezza, un puntino nero visibile a malapena da dove erano le altre donne, ma immediatamente qualcosa di molto più grosso e pesante, apparentemente marrone o verde, emerse dall’acqua e si diresse lento a riva, appena sotto di lei.
Makoto aprì la bocca per parlare, ma nessun rumore uscì da essa. Gli occhi erano sbarrati, fissi su ciò che le si parava davanti, piccolo e quasi indistinto, ma inconfondibile. Lo conosceva troppo bene, avrebbe saputo dire a chiunque ogni singola caratteristica meccanica o ogni piccolo graffi che aveva ricevuto negli anni. Sotto Rei si ergeva, anche se parzialmente rovinato e modificato, lo Jupiter. La testa corazzata si mosse verso l’alto, ad osservare la donna più simile ad un demone che a una umana, quindi si voltò nella direzione delle altre tre, come se potesse osservarle.
- Cosa sta facendo? – chiese Rei, al sicuro nella sua posizione. – E chi c’è alla guida?
Makoto richiamò il suo Soldier, fondendosi con lui.
- Sensori a medio raggio, ci ha visti, e sta per saltare, riconosco la posizione. Via, via, via! – gridò spostandosi, subito imitata dalle altre due, mentre il vecchio soldier fletteva le gambe meccaniche e con una potentissima spinta coprì in meno di tre secondi lo spazio che lo divideva dalle tre, apparentemente incurante di Rei. Atterrò esattamente dove era stata Makoto pochi secondi prima, scaricando buona parte dell’inerzia tramite gli smorzatori di cui era dotato, che emisero gas sotto pressione ai lati delle gambe, al pari di una vecchia locomotiva. La schiena si aprì immediatamente, e una salva di proiettili a ricerca automatica e tragitto casuale, i cosiddetti grappoli, partì in tutte le direzioni, alcuni agganciando Rei che iniziò subito le manovre diversive che istintivamente sentiva di fare nella sua forma volante, altri mirando alle altre guerriere.
- Vediamo se riesci a esplodere se ti smonto… - borbottò Minako, i tentacoli del suo Soldier a sfiorare, avvolgendo e distruggendo a livello molecolare, i missili diretti su di lei.
- La fai complicata, conosco il potenziale distruttivo di questo modello, è poco oltre la puntura di zanzara per me. – commentò il Minotaur, proteggendosi il volto e il busto con le braccia serrate, aspettando che il gruppo che l’aveva agganciata la colpisse, nascondendola in una nuvola di fumo e fiamme, per poi emergere dalla stessa completamente illesa, i pochi segni sulla sua corazza a svanire velocemente, rigenerati dai suoi naniti.
- Siete brave, mi ricordavo che voi mostri eravate forti. – disse una voce dentro il Soldier, anche se stranamente metallica. – Anche se ora siete davvero più brutte di quello che mi ricordassi.
A Rei si gelò il sangue nelle vene. Anche se distorta, la sua voce era riconoscibilissima. L’avrebbe potuta individuare anche quando era solo una semplice umana, ma dopo tutto quel tempo, con le sue capacità uditive, la sua voce era simile ad acido nelle vene.
L’esoscheletro si voltò verso la donna sospesa ancora per aria a meno di un chilometro. Aveva evitato i missili con agilità, deviando i pochi che giungevano all’obbiettivo tramite colpi di ala, senza farli esplodere.
- Come mai te ne stai in disparte, Rei? Non sai più cosa sia l’educazione? Non si saluta più una vecchia amica e una collega di lavoro?
- Brutta...
- Su, su, pensavo che la mia morte ti avrebbe permesso di considerarmi sotto un altro aspetto. Dopotutto, sono morta per mano della tua amichetta felina. O già la cara Minako si è dimenticata come mi ha spezzato il cuore?
- Chi...
- Haruka, brutta troia psicopatica, nemmeno l’inferno ti ha voluto! – gridò Rei volando verso di lei, gli occhi rossi e furenti, le ali a fischiare e lasciare come una scia di fumo bianco ai bordi per la velocità con cui si avvicinava. Il bordo dell’ala colpì la base del collo del Soldier, trapassandola quasi come fosse burro, ma l’attrito fu comunque sufficiente a far deviare verso il basso e quindi a terra Rei, che rotolò sul terreno per assorbire l’impatto, per poi rialzarsi immediatamente, gli artigli a incidere pesantemente il terreno, mentre le ali si erano ripiegate a simulare una sorta di cupo mantello.
La risata che arrivò dall’interno del Soldier fece rabbrividire le quattro amiche, quasi quanto vedere il collo quasi del tutto staccato della macchina muoversi in modo quasi vivente per rimettersi al suo posto e piccoli fili, invisibili come capelli, iniziare a formarsi su entrambi i lati del danno, riparandolo.
- Microniti di riparazione. Tutto il corpo del Soldier è fatto di microniti, o almeno oltre la metà, dalle mie analisi.
- E brava la serpentella. Tu eri quella con quella blatta venuta male, quando eri ancora umana, no? Com’è che non sei rimasta sugli insetti, più facili da schiacciare che una biscia?
Minotaur stava osservando il Soldier, cercando di capire se era davvero il suo vecchio Jupiter o meno. Amava ancora, come aveva sempre amato, il suo mezzo da battaglia. Makoto era una guerriera, era inutile tentare di negarlo, e dopo suo marito e i suoi figli, Jupiter era il quarto nella lista. Quinto, ora che aveva il Minotaur, eppure l’idea che fosse stato usato come una cavia da esperimenti le dava fastidio.
- Anzi, direi che mi fa proprio arrabbiare. – pensò sbuffando e flettendo i muscoli delle mani, tutto il suo corpo ricoperto da una pesante corazza nanomerica ad alta densità, ottenuta usando anche parte del materiale dei missili che l’avevano colpita e del terreno circostante. – Haruka, come fai ad essere ancora viva?
- Ah, la mammina del gruppo... Come sta la famiglia? Tutto bene a casa?
- Non osare parlare di loro! – tuonò la donna, la sua forma taurina a muggire e schiumare di rabbia mentre i muscoli sembravano aumentare in misura.
- Ma se mi stanno così a cuore. Tuo marito in particolare. Devo dire che ha davvero un cuore d’oro. Beh, almeno alcune parti del sistema che mi collega ad esso lo sono.
Makoto sgranò gli occhi, ma non disse nulla, troppo spaventata e sconvolta dalla notizia.
- Sta scherzando, ti sta prendendo per i fondelli.
- Controlla tu stessa, gattina. No, forse credo sia meglio che controlli la biscia, sono certa che è più brava di te in queste cose.
Quasi tutti i serpenti sul capo di Gorgon sembrarono immobili a fissare lo Jupiter, quindi la voce quasi atona di Ami ruppe il silenzio che si era formato.
- Confermo la presenza di un corpo organico all’interno dell’abitacolo principale, e confermo la presenza di un cuore umano pulsante nella cavità toracica del cadavere rianimato di Haruka.
- Cadavere sarai tu, e presto... – ribattè malvagia il pilota del Soldier.
- Errato. Non essendo viva, non posso essere un cadavere. D’altro canto, tu sei stata morta, ho ancora in memoria i fotogrammi della tua uccisione da parte dei tentacoli del Venus, e la presenza nella tua parte organica di notevoli inserti cibernetici di complessità differenti mi fanno presuppore, con una probabilità dell’ottantatre e sette percento, che tu sia stata la prima cavia degli esperimenti di Setsuna per la rianimazione. Sei meno che un Neumano. Tu diresti... ricerca vocabolo nelle banche dati... ah, sì: carne da cannone.
- Ha davvero il cuore di mio marito nel petto? Quindi lui...
- Negativo. Non posso essere sicura dell’origine del cuore che ha all’interno del suo corpo, senza uno screening genetico ravvicinato.
- Tradotto dobbiamo estrarla dalla lattina, sezionarla con molto dolore e scoprire cosa hanno combinato?
- Una esposizione dei fatti molto cruda e suggestiva, ma corretta, Rei. – rispose Ami.
- Provateci. Questo non è la scatola di latta che usava Makoto. Questa come me è una versione migliorata. – ringhiò Haruka, mentre il Soldier estraeva dalle braccia pesanti mitragliatrici a canne rotanti e gli stabilizzatori dei piedi si ancoravano al terreno, assumendo un aspetto però diverso, come vivo e pulsante, simile a bocche di sanguisughe.
   
 
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