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Autore: Cygnus_X1    25/12/2015    1 recensioni
[SOSPESA]
Sirya vive in un castello sperduto tra le montagne, affidata da sua madre a un vecchio amico; non ha mai visto nulla oltre l'orizzonte frastagliato di quella stretta vallata.
Mizar è uno studente della più prestigiosa scuola aeronavale di Selaera. C'è solo un piccolo problema: lui lì non ci vuole stare.
Sono poco più che bambini, e non sanno dell'esistenza l'uno dell'altro, ma ciò che li lega è vasto. Un disegno ancestrale che guida i destini fin dall'inizio del mondo.
Un disegno che potrebbe trascinarli nella sua distruzione. O farli splendere al di sopra del caos.
[Fantasy/Fantascienza; accenni di Steampunk, Contemporary Fantasy]
Genere: Angst, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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***†  Eventide   ***


I Figli del Caos


 


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Capitolo 4

Rabbia


21 Vejezel 771, ore 15:50
Regno di Eythsun
Arcénelly, Programma
 

C



hiuso al Programma fino alla fine di Vejezel, con l'unica concessione di uscire per la durata delle eventuali gite previste dagli istruttori, e solo perché ha spaccato il labbro a un ayra.

E perché è lui, è un ribelle e lo puniscono più di quanto non farebbero con Julien.
Non che Mizar sia abituato a uscire molto. In ogni caso lui e l'amico passano la maggior parte del loro tempo libero al simulatore di volo a sfidarsi, quando possono, oppure in cortile ad arrampicarsi sugli alberi più alti; solo raramente fanno un giro ad Arcénelly come molti dei loro compagni. Perdere tempo in città non ha mai avuto nessuna attrattiva particolare per il ragazzino, ma essere rinchiuso a scuola gli brucia non poco, per principio.
Tutto soltanto perché non è stato capace di ignorare gli insulti di quell'idiota di Ethaën Méilly Lèsha.
Arrabbiato, dà uno strattone alla cloche che tiene tra le mani e il simulatore si inclina di colpo. Terra e cielo del fondale oltre il suo schermo sbandano e si invertono, l'altimetro – e una spia rossa lampeggiante sul quadro dei comandi – gli segnala che si sta avvicinando troppo al terreno. Il ragazzino sbuffa, allunga la mano sui comandi alla sua destra e tira la leva dei propulsori di emergenza. Se fosse stato su un'aeronave vera si sarebbero accese di colpo le due eliche ausiliarie, mentre le ali si sarebbero inclinate leggermente all'indietro. Lì, invece, con una salva di scatti e fruscii, la sfera di metallo e vetro che simula la cabina si gira, e con il movimento le lampadine rosse d'allarme si spengono.
Mizar riprende il controllo del simulatore. Gli piacerebbe pilotare un'aeronave vera, una volta, e non soltanto una palla che ruota. Avere come limite soltanto le Barriere... e, naturalmente, potersene andare dal Programma per non tornare mai più.
Un campanello trilla nella cabina, e il simulatore si spegne. È finito il turno.
Il ragazzo si alza dal sedile, alla sua sinistra si trova la maniglia d'ottone che ferma lo sportello dell'uscita. La afferra e la spinge verso il basso di scatto, sfogando la propria frustrazione in quel movimento.
«Non sei andato molto bene oggi» lo accoglie con uno sguardo indecifrabile Julien, appena sceso da una delle altre cabine. Mizar non risponde; infila le mani nelle tasche della divisa e si avvia ad ampie falcate verso la porta, il ciuffo caduto a coprirgli la vista, inseguito dai passi rapidi dell'amico.
Qualcosa gli urta la spalla, sbilanciandolo. Sente alcune risate attorno a sé e quando solleva lo sguardo gli si parano di fronte i ghigni di tre ayra del terzo ciclo. Uno di essi Mizar lo conosce fin troppo bene: si tratta di Vincent Kører Harnssen, un ragazzo di Zeya biondo, alto un metro e ottanta e con il viso spruzzato di lentiggini, ed è stato il suo più accanito rivale nella sfida a punti al simulatore che ogni ciclo gli istruttori organizzano tra i migliori di ogni corso. Alla finale della prima categoria – gli anni dal primo al quarto – lui e Vincent si sono fronteggiati per quasi un'ora e il ragazzo, nonostante la vittoria, non ha mai sopportato l'idea che un larsta di un anno più giovane gli avesse tenuto testa per così tanto tempo.
Mizar rivolge a Vincent un'occhiataccia, ma non ribatte. Questa volta non darà a un ayra la soddisfazione di farsi punire a causa sua.
Un istruttore strepita e richiama i tre ragazzi all'ordine, ma prima di andarsene Harnssen assesta un pugno alla spalla di Mizar, con troppa veemenza perché possa essere interpretato come amichevole. Il ragazzino incassa e ancora una volta tace, ma non può trattenersi e si irrigidisce, contraendo le labbra, mentre ricambia l'occhiata dell'altro.
«Ci si rivede, Angstorm» dice il giovane ayra, scoccandogli uno sguardo di ghiaccio mentre si allontana.
D'istinto, Mizar solleva il volto di scatto, pronto a replicare a tono, ma una mano lo afferra per un braccio e perentoria lo trascina fuori.
«Lo fanno apposta a sfidarti» inizia Julien, prevenendo qualsiasi protesta. «Smettila di ascoltarli.»
«Li odio» sputa il ragazzino. I capelli scomposti gli ricoprono il viso, ma non ha voglia di sistemarli e li lascia dove sono; intanto, le sue gambe sembrano muoversi come in automatico verso il cortile esterno. Non si ferma nemmeno di fronte ai battenti di legno della porta: li spalanca d'impeto ed esce.
Per un istante resta accecato dalla luce del pomeriggio, intensa e quasi dolorosa per i suoi occhi abituati alla penombra, ma in un attimo la sensazione spiacevole svanisce. I raggi di Kuna sulla pelle del volto sono ancora caldi, ma non furiosi come in estate; con un sospiro, Mizar chiude gli occhi per qualche secondo e ha l'impressione che la rabbia che l'ha animato si sia affievolita. Il suo respiro si è calmato, la tensione che provava nel trattenersi dal reagire alle provocazioni di Vincent si è ritirata da qualche parte lasciandolo, per ora, libero.
È nel suo elemento. È l'unico momento in cui tutta la rabbia se ne va, e per qualche attimo si sente a casa. Quella casa che non ha più da quando Jan Angstorm e Tarja Kåbsen sono morti, e con loro Lyda, che ancora non era nata. La sua famiglia è stata spazzata via in un battito di ciglia, ed è rimasto solo lui.
Qualcosa gli picchietta la spalla e Mizar non ha bisogno di voltarsi per sapere che si tratta della mano di Julien. Il ragazzino riapre gli occhi nell'oro del pomeriggio assolato, trovandoli sospettosamente appannati, e li stropiccia con le mani. Chissà cosa direbbe Lèsha se lo vedesse piangere – non che Mizar debba sforzarsi molto per figurarselo: gli renderebbe la vita ancora peggiore.
Per fortuna, però, c'è Julien. Mizar si gira verso l'amico, accennando un sorriso; ma questo si fa avanti con un ghigno sulle labbra e gli occhi luminosi. Prima che il ragazzino possa chiedergli spiegazioni, stupito, Julien si sistema gli occhiali tra i capelli e gli si avvicina con un sorriso furbo.
«Sbaglio o hai perso la sfida, al simulatore?» sogghigna.
«Ho fatto... centoquattordici punti» risponde dopo un istante di esitazione, in cui cerca di ricordare il suo risultato.
«Beh. Io ne ho fatti centotrentatré» ribatte Julien, soddisfatto.
«Non montarti la testa, però! Di solito vinco io» si difende Mizar, però, malgrado i pensieri cupi, sta sorridendo.


 
******
 

 
Gli pare che il suono del suo respiro leggermente affrettato riempia la palestra immersa nel silenzio. Immobile sulle gambe divaricate e pronte a scattare, sonda con lo sguardo in ogni direzione, teso a cogliere anche il più lieve movimento. Lo scudo che tiene assicurato al braccio sinistro – un arnese piuttosto pesante e ormai ammaccato, dalla forma a mandorla, in legno rinforzato da borchie di bronzo – comincia a gravargli sulla spalla, i muscoli bruciano già da un po', le cinghie di cuoio gli incidono la pelle oltre la camicia da allenamento; i capelli ribelli si frappongono tra i suoi occhi e la stanza, ma ormai lui è così abituato che non ci dà più peso.
Irja Leino, istruttrice di Magia, è in piedi di fronte a lui, dall'altra parte della palestra. È molto giovane, per essere un'insegnante – a spanne Mizar non le darebbe più di venticinque cicli –; è molto alta e magra come un lampione e, immobile contro la parete bianca nella divisa nera e grigia degli istruttori, appare ancora più secca. I suoi occhi neri sono fissi in quelli di Mizar, gelidi.
Senza alcun preavviso, uno dei bastoni che sono sparsi per tutto il pavimento tra i due balza in aria e si scaglia contro il ragazzino. Lui lo vede arrivare, gli basta muovere un passo a destra e l'arma nemmeno lo sfiora. Subito, dall'altra parte, altri due bastoni si animano e mulinano in aria come impugnati da guerrieri invisibili; Mizar scatta e li schiva senza problemi abbassandosi sulle gambe. Para i successivi fendenti riparandosi dietro il suo scudo, ma gli impatti gli strappano un gemito. Stringe i denti, continuando a schivare un colpo dopo l'altro, sempre più rapido.
Altre due armi si uniscono al combattimento, e Mizar si trova circondato. Nonostante i suoi sforzi, riceve un colpo di striscio sulla coscia che lo fa vacillare, e l'istante dopo, a causa della perdita di equilibrio, non riesce a parare correttamente e viene raggiunto alla spalla. Nemmeno un lamento sfugge alle sue labbra, ma i colpi pulsano dolorosi a ritmo con il suo sangue e riverberano ogni volta che posa la gamba a terra o i bastoni impattano contro il suo scudo. Se continua così, uscirà dalla palestra coperto di lividi.
Si sforza di normalizzare il respiro, senza smettere di difendersi dai bastoni mossi dall'istruttrice Leino. È di nuovo lucido, ma rimedia un'altra bastonata al braccio; infine, con la coda dell'occhio, vede un varco.
Il tempo sembra rallentare per un istante, e Mizar sfrutta quell'unica breccia dal cerchio di bastoni vorticanti. Si tuffa alla sua destra, rotola e si rialza in piedi, ben piantato sulle gambe, lo scudo a coprirgli il fianco minacciato.
«Perfetto, Angstorm, basta così.»
È Irja. La sua voce sembra una staffilata attraverso l'aria, nonostante l'accento di Nashar sia dolce e rotondo. L'istruttrice gli si avvicina, mentre con un gesto riporta i bastoni sul pavimento. I lineamenti del suo volto appaiono ancora più taglienti a causa dei capelli castani cortissimi, tagliati a spazzola. Lo sta fissando negli occhi e il ragazzo cerca di respirare normalmente e di stare dritto anche se è esausto.
«Lo ammetto: ho visto raramente in un allievo della tua età un contatto così profondo con il proprio elemento. Anzi, molti studenti non lo raggiungono nemmeno al quarto ciclo.»
Mizar fatica a tenere per sé il proprio sgomento. Irja è nota per essere una maschera di ghiaccio, che non esterna mai un'emozione, e tantomeno si complimenta con un allievo.
«Il modo in cui hai usato i poteri della Luce per accelerare i tuoi movimenti e i tuoi riflessi in questo test è stato stupefacente; ho dovuto concentrarmi molto per colpirti o metterti in difficoltà. Sei migliorato incredibilmente rispetto allo scorso ciclo, e mi hai incuriosita. Non posso fare a meno di chiedermi che cosa saresti in grado di fare se ti spingessi al limite delle tue capacità.»
«Ne sono onorato» balbetta Mizar, senza sapere bene cosa rispondere, e si sente irrimediabilmente stupido.
«Parlerò oggi stesso con il dirigente. Se sarà d'accordo, ti assegnerò alcuni testi di magia più avanzati su cui potrai approfondire lo studio.»
Senza aspettare una risposta, l'istruttrice Leino si volta e lascia la stanza. Il ragazzo è ancora scombussolato dalle parole della donna, e impiega qualche secondo per assimilarle.
Irja si è complimentata con lui. Irja Leino.
Non sa cosa pensare se non che dev'esserci stato un errore. Gli istruttori lo detestano, non sopportano la sua ostinazione nell'infrangere le regole. E ora Irja parlerà con De Lériet, parlerà bene di lui?
Non riesce a capacitarsene.









 
******* Famigerato Angolino Buio *******

*fuochi d'artificio (viola) e musica epica (suonata da un'orchestra vestita di viola)*
*luci (viola) si accendono su un palco (viola)*
*appare Vy (vestita di verde)*
Intanto, buona
 festa pagana della rinascita buon Natale a tutti ^^
Ho un po' di cosine da dire. Mi scuso per il capitolo piuttosto breve, all'inizio sarà così per l'alternarsi dei PoV di Sirya e Mizar... e comunque ancora non stanno succedendo grandi cose, per cui credo che se sproloquiassi per millemila parole sulla giornata tipo dei due protagonisti mi sparereste - e avreste tutte le ragioni :3
Altra cosa importante: l'avrete notato, all'inizio del capitolo ho messo un paio di coordinate - data, ora e luogo - e ho aggiunto queste cose anche nei capitoli precedenti. Forse all'inizio possono confondere dato che sono un sacco di nomi strani, ma ho pensato che potrebbero essere utili, dato che comunque l'ambientazione è un po' strana(?). Boh, in caso aggiungessero solo casino al casino le toglierò :3
Ultimo appunto e poi vi lascio alla parte più importante di questo F.A.B.: l'immagine all'inizio raffigura Ravnica (Magic), ne sono praticamente sicura, però ha la stessa atmosfera con cui mi immagino Arcénelly, la città in cui si trova Mizar e che ancora non è stata descritta... e boh, mi piaceva l'immagine u.u
E ora... (spero si capisca perché non so proprio spiegare T_T)



Note sulla pronuncia dei nomi – regno di Eythsun.
é: e chiusa, come in italiano.
ë: e aperta, l'equivalente di “è”: “Dalië” si legge “Daliè”.
In genere si accenta sempre l'ultima sillaba, a meno che non ci siano accenti – diversi dai due sopracitati – in altri punti della parola: “Leànyar” si accenta sulla prima a, non sulla seconda; “Talléran” invece è accentato sull'ultima a e si legge quindi “Talleràn”. In “Lèsha” la e accentata non ha un suono particolare ma indica che la parola non si pronuncia accentando la a finale.
La y si legge i, la c se precede una e, i o y si legge s: “Arcénelly” si legge “Arsenellì".
“Ch”, “sh” e “th” si leggono come in inglese.
Å e ø sono lettere nella lingua del regno di Zeya, per cui ne parlerò più avanti per non incasinare tutto... per il resto credo di aver detto tutto, se mi sono dimenticata qualcosa aggiungerò ^^

Parlando della storia: ok, per ora è lenta, ma ci sono cose in agguato... per cui non disperate u.u tutto a suo tempo!
*sparge suspence a piene mani*
Ciau, alla prossima!


Vy

   
 
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