Film > Blues Brothers
Segui la storia  |       
Autore: zorrorosso    26/12/2015    1 recensioni
“Il sonno, la fame, la morte e l’amore... Non importa chi sei, cosa sei e quale sarà il tuo destino, sono queste le cose che ci rendono tutti uguali... Nessuno può resistere. Nemmeno tu!”- il tono di Jake si assopí di nuovo, ritornando apparentemente ubriaco e stanco, in procinto di addormentarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
intro
Jake had a vision

 

La decisione era stata presa: avrebbe lasciato il lavoro l'indomani.

Non si puó certo contraddire la volontá divina.

"Let the good times roll" suonava antica sul suo giradischi, anche il piatto si era già un po’ piegato dal troppo uso. Intanto Jake sembrava aver finito con la sua noiosa romanza, non lo aveva neppure lasciato controbattere ed aveva definitivamente deciso chi avrebbe preso il letto quella notte e chi la sedia. Si strinse nella giacca, mentre le sue palpebre si appesantirono dal sonno e dalla stanchezza della giornata appena trascorsa, un giorno più lungo degli altri, un giorno che aspettava da anni: il giorno in cui Jake era finalmente uscito di prigione.

 

“Quando sali sul palco, di’ qualcosa!”- la voce di Jake ruppe il silenzio e, con ritrovata insistenza, riemerse all'improvviso dal suo assopimento.

“Mh...”- rispose lui, senza neanche voltarsi.

“Qualsiasi cosa va bene..."- Jake stiró le spalle con confidenza e rialzó brevemente la tesa del cappello calato sugli occhiali neri.

“Mh... Nah...”- continuó Elwood, non prestando veramente attenzione alle sue parole.

“È impossibile, con tutta la robaccia che leggi in continuazione... E non hai mai nulla da dire?”- incalzò lui.

“Che dici, posso cantare Rubber Bisquit? Come ai vecchi tempi?”- chiese di risposta, senza mostrare il minimo interesse.

“Nah, è roba trita! Il pubblico se lo aspetta! Qualche cosa che abbia un senso... Qualche cosa che è sempre sulla bocca di tutti, la ragione stessa della musica...”- le parole di Jake avrebbero dovuto animarlo della sua stessa insistente vitalitá, ritrovata proprio quel giorno, che fosse dettata da un desiderio, che andasse al di sopra della semplice volontá umana...

Elwood guardò in alto, verso il soffitto, la vernice si distaccava in grosse falde che mostravano i vari colori in cui era stata dipinta la sua stanza del Bond Hotel negli anni trascorsi, tra questi c’era anche il rosso scuro ed il babyblue, qualcuno aveva avuto la brillante idea di sostituire il babyblue al bourdeaux, forse per mascherare lo sporco... O le macchie di sangue incrostate alla parete. Un treno passò facendo tremare il toast dimenticato sul fornellino ormai spento. Non era lui ad aver visto la luce, ad aver avuto l'idea di rimettere insieme la banda. Riaprì gli occhi e guardó Jake, animato di emozioni che non riuscí a descrivere, ma non rispose.

“Perché siamo al mondo?”- disse Jake riportandolo a forza su quella conversazione che lui, evidentemente, non voleva portare avanti.

“Eh?”- chiese con distrazione.

“Perché sono qui? Perché sei qui?”- chiese Jake.

La sua voce riecheggiò tra le pareti strette, ma al posto della risposta di Elwood, Jake incontrò soltanto il silenzio ed alcuni rumori di sottofondo: qualcuno sulla strada stava commentando animatamente l’entrata del Bond Hotel, ridotta in macerie poco prima. Non se ne curò ed il silenzio del fratello non lo sorprese affatto.

Elwood strinse le braccia, anche se era soltanto fine estate, una fredda ventata lo colse con un brivido dietro la schiena. In quel breve soffio d’aria fredda, riemersero gli eventi di un dicembre di tanti anni prima. Di certo non poteva ricordare la notte in cui era venuto al mondo, il poliziotto che lo aveva trovato o una giovane Sorella Mary tenerlo tra le braccia mentre dormiva, la coperta in cui era stato avvolto, tantomeno la mattina ghiacciata o la brina sulla cassetta del giornalaio, ma era una storia che amava ascoltare tra le dolci parole di Curtis e quelle della Pinguina, allo stesso modo in cui ascoltava in silenzio la storia di Artesia e la nascita di Jake.

Storie che, da bambino, tante volte aveva preteso gli fossero ripetute; storie che, in un certo senso, aveva vissuto lui stesso il momento in cui, in un ricordo infantile che ora gli sembrava pocopiú di un sogno, un altro fagotto, avvolto da una coperta rosa, aveva varcato il portone di St.Helen tra le braccia della Pinguina.

 

Infine, la voce stanca di Elwood giunse in un rivolo di parole nasali, stanche, meccaniche e difensive.

“Non-non lo so... Per salvare St. Helen? Non-non credo che un percorso sulla filosofia esistenziale sia quello che voglia percorrere in quest..."- ma Jake non lo lasciò finire.

“Il sonno, la fame, la morte e l’amore... Non importa chi sei, cosa sei e quale sarà il tuo destino, sono queste le cose che ci rendono tutti uguali... Nessuno può resistere. Nemmeno tu!”- il tono di Jake si assopí di nuovo, ritornando apparentemente ubriaco e stanco, in procinto di addormentarsi. Era la veritá: chiunque, almeno una volta nella vita, aveva provato quei sentimenti, anche lui. Il fremito del pericolo di essere scoperto al volante di un’auto quando ancora non riusciva neppure ad arrivare al pedale della frizione, la voglia matta di raccontare a Jake delle sue avventure, un sorriso nascosto nella penombra del recinto di St.Helen, due occhi blu e il primo bacio, la musica, la cicatrice di un cuore spezzato da parole lontane, da un "no" detto al momento sbagliato, da un addio arido, doloroso.

Elwood sospirò.

"Dici che dovrei... Scriverle?"- disse a mezza voce, dando forse piú peso alle parole che non aveva ancora pronunciato.

Jake sbottó una mezza risata, non sapeva neppure lui cosa fosse successo quella sera di qualche anno prima, quando Il fratello lo raggiunse al volante dell'ennesima macchina rubata. Jake aveva soltanto notato le lacrime, asciugate sommariamente, mascherando la sua tristezza dietro gli occhiali scuri, ma non ci sarebbe voluto molto di piú per capire: Elwood sapeva di non poter nascondere nulla a Jake.

Probabilmente, non avendola vista con lui, forse Jake sospettava qualche cosa, ma prima di quel momento non gli aveva mai chiesto nulla.

"...Scriverle di..."- cercó di scandire timidamente parole che faceva fatica a pronunciare.

 

Anche se gli occhiali scuri mascheravano l’espressione spazientita, Jake alzò lo sguardo e sospirò profondamente.

“Che fine ha fatto?”- chiese veloce, come se quella domanda fosse stata estratta a forza e chiederla fosse stato praticamente inevitabile.

"C-Cosa?"- balbettò Elwood amareggiato.

"Non te lo devo ricordare. L'avresti portata con te, saremmo dovuti partire insieme, lo sapevano tutti, ma quella sera arrivasti da solo. Che cosa é successo veramente quella sera di cinque anni fa? Che fine ha fatto Irene?"- domandò Jake, il suo sguardo abbandonó il volto intimidito del fratello, la bocca serrata in un’espressione mista tra dolore e rimorso; si posò indeciso sulla parete di mattoni attaccata alla sponda del letto, tra il poster di Playboy e quello di Aretha Franklin, come se tra le foto delle donne che Elwood teneva attaccate in camera sua ne mancasse una.

“Non lo so e non lo voglio sapere... Studia all’Università adesso, ha una vita rispettabile..."- spiegò lui, abbassando la testa, forse verso il pavimento o la tasca interna della sua giacca.

“Rispettabile..."- ripeté Jake con una smorfia.

-Un'auto?! Sei stato dentro sette mesi per rubare una macchina? Una Cadillac!- nel loro stanco silenzio, quella frase riaffioró limpida nei ricordi di Elwood. Vivida e tagliente, come appena ascoltata.

 

“Nel frattempo ce ne sono state altre, tante altre... Di Cadillac!"- mugugnó nel tentativo di scacciare via il suono della bella voce dai suoi ricordi, lo sguardo inquisitivo di una ragazza che si sentiva tradita.

“Certo, come no..."- lo riprese Jake distrattamente.

“Come, non ci credi? Scommettiamo cento dollari che riesco ad avere un appuntamento con un’altra ragazza in meno di due settimane..."- si difese lui in fretta, tradendosi.

Jake non disse nulla, allungò le mani verso il poster di Playboy, dove una bionda abbronzata e definitivamente poco vestita mostrava tutte le qualità estetiche di cui era dotata senza il bisogno di parlare. Troppe volte, in fatto di ragazze, i loro interessi avevano avuto la tendenza a coincidere e, quasi sempre, era Jake che a fine serata intratteneva entrambe le ragazze, mentre suo fratello era perso chissá dove, cantando ubriaco il suo “mojo”... L’ultima volta lo avevano persino trovato ammanettato al corrimano di un ascensore. Non che i due avessero mai litigato per qualche ragazza in particolare o suo fratello fosse sempre rimasto solo, ma in un tempo ormai lontano, prima di quel dannato tour che li aveva portati dov’erano adesso, il suo cuore batteva all’unisono con quello della persona giusta per lui. Per un po’, forse, aveva quasi invidiato quel loro modo di essere cresciuti insieme parte delle loro vite. Una cosa che lui, tra un riformatorio e l’altro, quasi neppure ricordava.

Jake controlló con sospetto i bordi attaccati sommariamente per poi alzare leggermente la schiena e voltarsi di nuovo verso Elwood che, distratto, stava rigirando tra le dita una vecchia foto di quando erano adolescenti. Tornò con il volto sul poster e poi di nuovo su di lui e la foto che suo fratello aveva tirato fuori così delicatamente dalla tasca della giacca. In realtà non aveva nulla di particolare, era un semplice scatto di loro due insieme, dieci anni prima o forse di più, in bianco e nero. Jake pensò in fretta: non erano gli anni trascorsi da quei tempi o tantomeno il soggetto a renderla speciale. Si voltò verso il poster ed alzò con sicurezza uno degli angoli.

Il pezzo di rivista, in realtà, copriva un’altra immagine: una foto a figura intera di una ragazza di fronte ad un drappo di raso azzurro, in un vestito elegante, fuori moda e leggermente troppo grande per lei. Era una di quelle foto che solitamente si scattano alle coppie durante i balli della scuola. Tuttavia, in quella, mancava l’accompagnatore. Elwood ripose nuovamente la foto che aveva tra le mani nella tasca della giacca, insieme ad una strategica fetta di pane e qualche altra chincaglieria che portava con se.

Jake riabbassò l’angolo del poster e si sdraiò nuovamente, facendo finta di non aver visto la fotografia nascosta.

“Come vuoi, ma non è questo che fa la differenza, non é il trovartene ancora un'altra se é lei la ragione del tuo blues..."- disse lentamente.

Elwood annuí in silenzio: non poteva nascondere nulla a Jake.

Lasciò passare qualche istante, prima di ricominciare a parlare.

"Come hai fatto tu, con Kay?"- chiese, quasi con la pretesa di essere confortato dalle parole sicure del fratello.

"Come fanno tutti, Elwood. Si va avanti, all'inizio si sopravvive, poi se ne fa una ragione. Il blues che porti dentro non sparirá, nessuno porterá via il suo ricordo, ma un giorno, qualcun'altra prenderá lo spazio che lei ha lasciato andandosene..."- Jake emise un sorspiro molto lungo ed una specie di grugnito nasale: allo stesso modo di come si era risvegliato dal suo assopimento, si riaddormentó.

***

Una volta passati i corridoi del Palace Hotel, Elwood ebbe come la sensazione di qualcuno che li stesse osservando. Non che ne fece troppo caso, era giá capitato diverse volte negli ultimi giorni, almeno da quando Jake era uscito di prigione, Mercier e Fiscus gli stavano alle calcagna da più di una settimana, una strana auto li seguiva ovunque e la polizia non aspettava altro che poterli mettere con le spalle al muro.

Casualmente, notó come Curtis sembrava guardare verso il pubblico e sorridere con entusiasmo a qualcuno, qualcuno probabilmente a lui familiare, che non riuscì a mettere veramente a fuoco tra tutti quegli agenti di polizia, si chiese brevemente chi fosse.

Non se ne curò che per qualche secondo, il ritmo era frenetico, la Banda era finalmente insieme come ai vecchi tempi, Jake ballava come non aveva mai fatto prima, fu solo un breve attimo, una pausa per riprendere fiato e mettere insieme due parole verso il pubblico, come Jake gli chiedeva spesso di fare, come gli aveva chiesto non più di una settimana prima, prima di ritornare a correre, suonare, ballare, prima di ritornare alla musica e alla Blumo.

...E quando trovate quel qualcuno particolare...

 

Jake had a vision. The other wasn’t all good, maybe ok, but this one was just plain bad, even worse. Eyes wide open in the darkness of his block.

It was so bad, he couldn't tell nobody, not even Elwood. He could hear how he was still asleep, so quiet he didn’t probably notice. Jake shrug those thoughts off quickly, at least he tried to, and rolled over the bottom half of his jail bunk bed.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Blues Brothers / Vai alla pagina dell'autore: zorrorosso