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Autore: _armida    27/12/2015    0 recensioni
Ade si chinò sul suo volto, quasi volesse sfiorarglielo con il proprio. “Lo sentì il sole sulla tua pelle, Persefone?”, soffiò sulle sue labbra. Un gesto elegante della mano e le foglie secche ancora attaccate ai rami sopra le loro teste si staccarono, permettendo così ad un raggio di sole di penetrare all’interno del cerchio, finendo a lambire le loro due figure.
“Il bell’Apollo, il tuo caro Dioniso, loro parlano del sole, del suo calore sulla pelle, ma tu ti limiti a sorridere ed annuire, fingendo di sapere di cosa parlano ma in realtà non lo sai. Senti solo un leggero torpore, niente a che fare con la sensazione divorante che provano loro. La pelle delle divinità che conosci si scurisce e diventa ambrata, la tua rimane invece sempre pallida. Ti sei mai chiesta il perché di tutto questo?”
Parlava davvero di lei? Oppure c’era anche un pochettino di sé stesso in quelle parole?
“Io e te non siamo poi così diversi”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II: Le Schiere Infernali

Persofone non credeva di aver mai spronato il suo cavallo alato ad andare così veloce, in vita sua.
Doveva raggiungere il Monte Olimpo il più in fretta possibile. 
Doveva capire cosa stava succedendo, sul mondo degli umani.
Si fermò proprio davanti al grande portale che permetteva l'entrata nel palazzo di Zeus. Incurante degli sguardi contrariati delle guardie alla vista delle sue condizioni, Persefone smontò da cavallo, dirigendosi di corsa verso la sala del trono, sperando con tutta sè stessa di trovarci suo padre.

Il trono era vuoto. Suo padre non era lì, in quel momento. Sospirò mentre riprendeva fiato: non era mai stata molto atletica.  
"Sorellina, ma cosa ti è successo?"
Persefone non si era accorta delle altre divinità presenti nel grande salone, concentrata com'era solo sul suo obbiettivo.
Osservò Apollo con aria confusa: l'essere stata quasi sepolta viva all'interno di un tempio, la paura provata e poi quella cosa in cielo, le avevano creato come un senso di stordimento.
"Persefone, stai bene?", chiese nuovamente il dio. L'inflessione della sua voce non era la solita, allegra e spensierata, ma appariva più seria e preoccupata.
Solo in quel momento la giovane dea si ricordò che era ricoperta da capo a piedi di polvere: probabilmente, anche i suoi riccioli, che raccoglievano al loro interno ogni possibile sfumatura del legno, erano diventati bianchi di sporcizia.
Starnutì, a causa di tutta la polvere respirata.
"Si... io credo di stare bene. Ho solo avuto un piccolo incidente, durante il terremoto"
Osservò le facce dei presenti: solitamente gli dei dell'Olimpo erano per la maggior parte affabili e sorridenti, ma quel giorno vide solo tensione e timore, nelle loro espressioni. Notò con crescente preoccupazione che anche Helios aveva abbandonato il proprio carro solare, per dirigersi in fretta e furia sul Monte Olimpo.
"Che cos'è quella cosa in cielo?", chiese Persefone, con un filo di voce.
Apollo sospirò, indeciso se spiegarle cos'era successo o lasciarlo fare a suo padre, appena fosse tornato.
"Ade ha disposto le schiere infernali al confine del proprio regno". La voce era quella di suo fratello Dioniso.
La giovane seguì il suono delle sue parole, trovandolo seduto sui gradini sotto al trono. Aveva la faccia torva e, per la prima volta in vita sua, non portava la sua otre ricolma di vino, sottobraccio. 
Ade.
Il dio del sottosuolo per lei era sempre stato una figura evanescente, accennata a malapena in qualche vecchia storia che il padre le raccontava da bambina prima di andare a dormire. Aveva incontrato molte divinità, ma non aveva mai visto Ade.
Si chiese quale aspetto potesse avere.
Se lo immaginò scuro, fatto della stessa tenebra che governava, con i denti aguzzi e gli occhi iniettati di sangue. 
Rabbrividì al solo pensiero.
Dioniso aveva parlato anche di qualcos'altro, delle schiere infernali.
"Cosa sono le schiere infernali?"
"L'esercito del signore dell'Averno", rispose prontamente Apollo. "Ma ora sarà meglio che tu vada a darti una ripulita,  parleremo più tardi di questo". La prese sotto braccio e, insieme a Dioniso, si diressero verso la camera di Persefone.
 
***

Una volta giunta nella propria stanza, la giovane dea cercò di ripulirsi il più velocemente possibile. Non fu facile, però, rimuovere tutta quella polvere, specialmente dai capelli. Il fatto che fossero ricci, poi, non aiutava di certo.
Si vestì in fretta, prendendo la prima cosa che le era capitata a tiro.  Non le importava, per una volta, di apparire come una bambina.
Con i capelli ancora gocciolanti, si diresse verso la porta, dove Apollo e Dioniso l'attendevano.

"Già fatto?", chiese il dio della musica.
"Non è che hai scambiato nostra sorella per Afrodite, vero?", scherzò il fratello, dandogli un amichevole pacca sulla schiena.
Persefone si coprì la bocca con una mano, per evitare di ridere. Lasciò che i due sfogassero il proprio nervosismo ridendo, poi si decise a parlare.
"Ditemi qualcosa sull'esercito di Ade"
"Io ne so quanto te", disse Dioniso.
Apollo, invece, sospirò. "Le schiere infernali sono composte da creature avernali, demoni sopratutto. Distruggono qualsiasi cosa ostacoli il loro cammino. Ma qui, le mie conoscenze si interrompono"
Persefone impallidì. "Vorresti dirmi che Ade ha in mente di distruggere il mondo degli umani?"
"Persefone, non lo so"
Tutti e tre si guardarono con timore e paura. Un brivido freddo attraversò le loro schiene, per tutta la loro lunghezza.
"Dov'è nostro padre? Devo parlargli al più presto", disse la giovane dea.
"E' in riunione insieme a tua madre, Ermes, Atena, Afrodite, Ares..."
"Sono persino arrivati Poseidone, Estia ed Era!", lo interruppe Dioniso.
La giovane dea strabuzzò gli occhi.
"Esatto, piccola Persi, Era è tornata sull'Olimpo! Non lo faceva, da parecchio", disse il dio del vino.
"Se la memoria non mi inganna, l'ultima volta che ha messo piede qui dentro, è stato quando ha costretto nostro padre a firmare le carte per il divorzio... Ricordi, fratello?"
Entrambi i due giovani dei scoppiarono a ridere.
"Il fatto che la dea del matrimonio sia divorziata, la dice lunga su di esso..."
Persefone li osservò, sorridendo impercettibilmente. In situazioni normali, si sarebbe lasciata contagiare anche lei dall'allegria dei suoi due fratelli preferiti, ma quel giorno non c'era proprio niente, per cui rallegrarsi.
Camminarono in silenzio, fino a quando il corridoio si divise in un bivio: a destra si ritornava verso la sala del trono, mentre a sinistra si aprivano numerose porte, utilizzate sopratutto per le questioni ufficiali.
"Io vado in biblioteca, magari riesco a trovare qualcosa di più su queste schiere infernali", disse la dea, imboccando il corridoio di sinistra.
"Ci vediamo più tardi, allora", la salutò Apollo.
"Tienici informati, se trovi qualcosa", fece Dioniso.
Persefone annuì, incamminandosi nella direzione scelta. Passò davanti alla sala del consiglio dove, intorno ad un lungo tavolo di legno massello, suo padre aveva convocato gli altri dei.
Li sentì discutere animatamente e fu molto tentata di accostare l'orecchio alla porta, per sentire ciò che avevano da dire, ma si impose con tutta sè stessa di non farlo: quello non era il comportamento adatto al momento. E poi se sua madre l'avesse scoperta, l'avrebbe messa in punizione a vita.
 
***

La biblioteca era un ampia stanza, suddivisa longitudinalmente da decine e decine di scaffali.
 Persefone capiva perchè Ebe fosse così di cattivo umore, quando si trattava di fare le pulizie di primavera là dentro.
Quella era la più grande biblioteca esistente. Neanche la biblioteca che gli umani avevano costruito ad Alessandria d'Egitto, era lontanamente paragonabile a quella.
Ci si poteva perdere e passare anni, senza riuscire a trovare niente.
Persefone si guardò in giro, pensando a dove incominciare la propria ricerca. Avrebbe dovuto chiedere ad Apollo e Dioniso di aiutarla!
Va bene che provavano una vera propria repulsione, verso i libri, ma per una volta non sarebbero di certo morti.
E poi erano degli immortali. Almeno di quello, non si sarebbero dovuti preoccupare.
Sbuffò.
Decise di incamminarsi verso il fondo della sala, dove erano contenuti i volumi più antichi. E dove vi era la zona proibita.
La zona proibita era una saletta molto più piccola, il cui accesso era consentito solo ad una ristrettissima cerchia di divinità.
Inutile dire che Persefone non ne facesse parte.
L'entrata era chiusa da un solido cancello, forgiato da Efesto in un metallo sconosciuto, indistruttibile.
La giovane dea si fermò proprio davanti, osservandone le complicate decorazioni floreali  e scrutandone l'interno: nei vuoti fra un motivo e l'altro, si potevano scorgere diversi scaffali, ricolmi di spessi volumi.
Chissà di che cosa parlavano, quei volumi, per essere stati messi la dentro. Persefone era curiosa.
Timorosa, si avvicinò ancora di più al cancello: non si era mai spinta così in profondità, nella biblioteca. Solitamente veniva fermata prima, da sua madre, Demetra, che quando era sull'Olimpo le stava con il fiato sul collo, o da Ermes che, casualmente, spuntava sempre sul più bello.
Ma quel giorno erano entrambi occupati, alla riunione.
La giovane dea sorrise tra sè e sè: quel giorno era completamente sola, nella grande biblioteca. E nessuno avrebbe potuto impedirle di toccare il freddo metallo di quel cancello.
Persefone non era una ragazzina ribelle, però era curiosa e la sua sete di conoscenza doveva essere soddisfatta, in qualche modo. Era così che aveva messo piede nella città degli umani.
Allungò la mano, sfiorandolo con i polpastrelli e sentendone la consistenza solida.
Non se lo sarebbe mai aspetta, eppure, sotto al suo tocco, la serratura del cancello scattò ed esso si aprì, producendo un cigolio sinistro.
Spaventata, ritrasse la mano e fece qualche passo indietro.
Ma la sua curiosità ebbe di nuovo la meglio e, seppur timorosa e con le gambe che le tremavano ad ogni passo, si fece forza ed entrò.
Immediatamente, il cancello si richiuse alle sue spalle.
In un certo senso, però, Persefone non si sentì in trappola. Era solo una sensazione, eppure lei si sentiva esattamente dove doveva essere.
Seguendo sempre quella strana sensazione, si diresse verso lo scaffale più lontano dall'entrata.
Osservò stupefatta i vari titoli, sulla scaffalatura: su ogni singolo volume era inciso in lettere dorate il nome di una divinità.
Cercò il suo, trovandolo proprio di fianco a quello del signore dell'Averno. 
'Ogni libro, in questa biblioteca, ha un posto preciso', le aveva detto una volta sua madre.
Si chiese perchè il suo si trovasse lì, accanto a quello di quel dio sconosciuto e spettrale.
Senza quasi rendersene conto, li prese entrambi dallo scaffale, disponendoli sul grande tavolo al centro dello stanzino.
Stava per iniziare a sfogliarli, quando sentì dei passi, farsi sempre più vicini, e delle voci concitate.
Sapeva benissimo a chi appartenevano.
I suoi genitori.
Presa dal panico, si nascose sotto il tavolo. Fortunatamente la tovaglia su di esso era lunga fino al pavimento.
Solo una volta là sotto, si rese conto che i libri erano ancora appoggiati su di esso e non al loro posto, tra gli altri libri.
Trattenne il fiato, quando sentì nuovamente il cancello cigolare, segno che stessero entrando in quel piccolo ambiente.

"Zeus, ci sarà una guerra!", urlò Demetra. "Ade è troppo forte per noi". Era sull'orlo di una crisi isterica.
"Demetra, calmati.", disse in tono pacato suo marito, prendendole entrambe le mani tra le sue, nel tentativo di tranquillizzarla. "Il fatto che ci abbia inviato un messaggero significa che c'è ancora una speranza"
"Se Ade decidesse di attaccarci, non ci sarà proprio niente che potremo fare", ribattè lei, mantenendo quel tono di voce ancora troppo alto.
A peggiorare il tutto ci si metteva anche il soffitto basso, a volta: la voce della dea dell'agricoltura rimbombava e veniva riflessa dalle spesse pareti.
"Aspettiamo domani sera e sentiamo cosa ha da dire, prima di arrivare a conclusioni affrettate"
"Dici che sarà una buona idea organizzare una festa domani sera? E se Ade decidesse di non venire?"
Zeus provò a sorridere. "Conoscendolo, non mancherebbe per nulla al mondo. Non si perderebbe mai la vista delle altre divinità tremare di paura di fronte a quello che il suo esercito potrebbe fare". La sua espressione si irrigidì. "Dannato figlio di cagna"
"Se il suo esercito decidesse di attaccare, prima di arrivare sull'Olimpo, dovrebbe passare per le terre degli umani e per loro potrebbe essere la fine", disse Demetra.
"Gli umani si estinguerebbero", concluse Zeus. "Ma confido nel fatto che neanche Ade arriverebbe mai a tanto: è già successo che schierasse il proprio esercito ai confini del proprio regno, a causa di qualche scaramuccia tra divinità". Si arrestò un attimo, guardando la moglie negli occhi. "Sono certo che anche questa volta riusciremo a risolvere la questione con un po' di pazienza e buona diplomazia"
Demetra, seppur ancora poco convinta, annuì.
"Domani sera, durante la festa, noi divinità della prima generazione ci assenteremo un po', per sentire quello che quell'esaltato di Ade avrà da dire". Le si avvicinò, abbracciandola e le baciò delicatamente una tempia. "Vedrai, dammi tempo 48 ore e sarà tutto risolto"
Sentirono dei rumori, da sotto il tavolo e solo allora notarono i due volumi fuori posto.
Con calma e in modo molto silenzioso, Zeus si piegò in basso. Con un gesto secco scostò la tovaglia, lasciando intravvedere ciò che c'era al di sotto.
L'intruso, spaventato, lanciò un piccolo urlo.
Demetra strabuzzò gli occhi. "Kore, cosa ci fai lì sotto?"
Persefone, già sull'orlo del pianto per quello che aveva appena sentito, lasciò che due grandi lacrimoni le scendessero lungo le guance.


Nda
Piccola precisazione: come so che avete già notato, non è detto che tutte le parentele del mito originale siano presenti anche qui. Come già detto, la mia storia è una versione un po' alternativa.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)

 
   
 
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