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Autore: kuutamo    28/12/2015    0 recensioni
È questo ciò che ormai vedo di me, quasi un involucro, una conchiglia vuota con niente al suo interno se non il rumore del mare che un tempo era la sua casa. Ciò che un tempo ero io.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sharp and open
Leave me alone
And sleeping less every night
As the days become heavier and weighted
Waiting in the cold light
 
 
 
 
 

Alla fine avevamo deciso di prendere un caffé insieme. Ville mi aveva lasciato un biglietto sulla porta come faceva ai vecchi tempi non avendomi trovata in casa, enigmatico e risoluto come quando non voleva lasciar intendere le sue emozioni agli altri. Quella mattina era un lunedí e per pura casualità era un  giorno di scadenza ed ero andata a consegnare il lavoro finito come al solito. Per fortuna quel fine settimana ero agli sgoccioli e la traduzione in questione era già bella che finita, perché dopo la notte in cui lo rividi non facevo che ripensarci e ripercorrere quelli che mi sembravano esser stati attimi pieni di confusione, annebbiati da stupore, sorpresa, gioia, rabbia, speranza, riluttanza, euforia, repressione, ricordi, dolori.

Quando lo avevo visto tutto era tornato in mente, tutti quegli attimi di vita si erano liberati dalle loro celle dove li avevo saggiamente rinchiusi, sparpagliandosi davanti ai miei occhi più pungenti di spilli acuminati. Li sentivo dappertutto, cornee, lingua, guance, petto, polpastrelli, stomaco, cuore; li sentivo penetrare nella mia carne ma allo stesso tempo li lasciavo fare, glie lo lasciavo fare.. Come se tutto questo tempo, questa distanza fisica ed emotiva fossero state solo acqua fresca che ora al suo cospetto si dissolveva come nebbia. Quello che provavo era così acuto da sembrare una ferita fresca, non rimarginata ma anzi ancor più infettata, deturpata. Tutto questo si alternava contrastante a quella meravigliosa sensazione di sorpresa che aveva significato rivederlo. Una sensazione dolce amara: Ville. 

 

Era come se fossi tornata a vent'anni fa, ero davanti all'armadio e non sapevo cosa scegliere, come mi sarei presentata a quell'appuntamento inaspettato. Di sicuro lui sarebbe arrivato ancora una volta con la sua bicicletta, sempre bellissimo e sicuro di sé, o almeno così sembrava. Mi sentivo ancora la ragazzina impacciata che tanti anni fa andava dietro ad un ragazzo che sapeva esser sempre stato troppo per lei. 

 

Ora ero davanti al caffè che Ville aveva scelto per me, dove eravamo andati qualche volta in passato. Le nuvole mi dicevano che stava per piovere, si increspavano all'orizzonte senza lasciar intravedere via di uscita. E poi dall' angolo lui arrivò, scese dalla sua bici e si accorse finalmente di me. 

 

"Scusami, sono in ritardo " disse guardandomi con occhi così tristi, imbarazzati.
"Sono io che continuo sempre ad arrivare prima per paura di far tardi" 

 

Lui annuì e sistemò la bici al lato della strada: indossava la solita mise composta da jeans e felpa e sul capo il solito cappellino nero con qualche ricciolo qua e là sparpagliato vicino al collo e quegli occhi che risaltavano ancora di più con il tono scuro del beanie. Mi invitò ad entrare per prima allungando il braccio, sfiorandomi la vita con l'altro: lui non se ne accorse ma io sussultai appena al suo tocco. 

 

Quando fummo all'interno  ordinammo in fretta, prendemmo entrambi un caffè lungo macchiato con del latte, poi aspettammo sino a che le nostre ordinazioni non giunsero al tavolo, silenziosamente. Il caffè scottava quindi questo significava che ora avremmo dovuto rivolgerci la parola, per dirci qualcosa di più profondo e dettagliato di frasi di circostanza. Ville iniziò a sfregarsi l'anello nell'indice come faceva quando era nervoso ed io lo seguii a ruota iniziando a battere il piede sul pavimento che per fortuna lui non vedeva. 

 

I suoi occhi un po' opachi in quella giornata di pioggia, erano malinconici come in cerca di risposte, risposte che sapevo dovevano essere date da me. Fu con lo sguardo che mi invitò a parlare per prima. 

 

"Lo so che cerchi da me tante risposte, e che vorrai farmi altrettante domande" mentre parlavo lui continuava a guardarmi, forse ora si era spronato ad aprire bocca. Toccò con la punta delle dita la tazza di caffè e quasi si scottò per il calore. 

 

"Quando scoprii che eri partita per qualche ora non riuscii nemmeno a parlare... Non riuscivo a capire perché mai lo avessi fatto. Ho passato notti intere insonni a pormi delle domande a cui però non ho mai trovato davvero una risposta. La mia testa continuava a farsi mille film, mille ipotesi ma nessuna sembrava calzare bene alla realtà che mi si presentava. Tu... Non c'eri più, e non lo so forse sarebbe stato meglio che fossi morta, perché perlomeno non avrei passato anni a domandarmi perché non ero stato quello che cercavi, quello che desideravi tanto da rimanere " inevitabilmente le sue parole mi colpirono come un fulmine colpisce un albero in una tempesta. Mi aveva squarciata, lasciata priva di ogni difesa, completamente immune all'autocontrollo. Avrei voluto dirgli che non era stata una scelta facile, che una parte di me se ne era pentita ogni giorno, ma che l'altra mi aveva ringraziata per averla fatta. 

 

"Posso dirti che avrei voluto tanto farlo, sarei voluta restare e vedere cosa sarebbe successo, ma a quel punto non ero più sicura di niente…"

 

"Perché non mi hai parlato? Perché non hai cercato le risposte che volevi direttamente da me? Ci eravamo giurati di dirci sempre tutto" 

 

"Già, Ville, lo so" 

 

"Ma poi, le promesse adolescenziali si sciolgono. Ad un certo punto non valgono più, vero?" Scosse leggermente la testa e sorseggiò per la prima volta la bevanda che ormai si stava raffreddando. Rimase per qualche minuto in silenzio a pensare davanti alla tazza fumante, poi assottigliò gli occhi e mentre bevve quello che probabilmente fu l'ultimo sorso, tornò a guardarmi. 

 

"Scusami… Non volevo aggredirti, dopotutto eravamo solo dei ragazzi, stupidi, è passato tanto di quel tempo e forse non è neanche  troppo giusto crocifiggerti così per una cosa successa tanto tempo fa. Quella vita e così lontana che a volte dubito che sia stata davvero la mia " rise per sdrammatizzare  quello che aveva detto precedentemente. 

 

Per un lungo attimo ci guardammo e poi gli dissi:

 

"Che cosa ti è successo?" 

 

"Te ne sei andata" 

 

"Intendo dire, cosa ti è successo in tutti questi anni…"

 

"Con mio grande dispiacere ho perso qualsiasi fiducia nell'essere umano, se prima ne avevo una minima quantità ora non ne ho per niente. Le cose alla fine, anche se tutti mi dicevano che sarebbero andate meglio, non sono migliorate ne peggiorate. È tutto rimasto in una grande grossa situazione di stallo che è la mia vita"

 

"So che forse non avrò neanche il diritto di chiedertelo, ma cos'è che non andava con Jonna per esempio, oppure con la misteriosa ragazza di cui tutti parlavano qualche anno fa?" lui per un attimo tentennò, forse incredulo davanti alle mie parole.

 

"Jonna era semplicemente una pazza, ed io sono stato anche più pazzo a credere all'inizio che le cose potessero funzionare e finalmente andare come dovevano andare. In quel periodo c'ho creduto fin troppo... " 

 

Con mia sorpresa bevve di nuovo, forse si stava calmando. Continuava però a fissarmi con fare interrogativo. 

 

"Devi chiedermi qualcosa? Continui a fissarmi come se avessi qualcosa in faccia"

 

"Mi chiedevo solo come facessi a sapere tutte quelle cose: di Jonna, di quell'altra…  cos'è, a casa hai uno schedario che mi riguarda? " disse scherzando, non sapendo forse quanto in verità  si avvicinasse alla realtà.  

 

"No, ho soltanto fatto qualche ricerca di tanto in tanto, sai per tenermi aggiornata, infondo ti ho pensato anch'io, a modo mio "dissi quasi d'  impulso, non pensando alle conseguenze.

 

Questa volta fui io a bere un sorso dalla mia bevanda, che si era quasi del tutto freddata e faceva anche un po' schifo. Ville continuò a guardare ogni mio gesto, e io credevo che ne valutasse in qualche modo l'autenticità. Io cercavo di guardare da un' altra parte ma alla fine finii per fissare il tavolo dove c'erano incise delle lettere.

 

"E tu invece, cosa hai fatto in tutto questo tempo? Cosa e chi ti ha fatto diventare così come sei oggi?" mi chiedevo a cosa mai potesse riferirsi, in fondo lui non sapeva niente di me né della mia vita. Per un attimo quindi le sue parole mi irritarono, quindi  risposi quasi stizzita, acida.

 

"A cosa stai alludendo?"

 

"A niente, solo a quello che vedo" 

 

"E che cosa vedi?" 

 

"Vedo una donna ormai stanca ma non capisco se sia stanca per la vita o per la delusione che essa porta con sé… Vedo due bellissimi occhi verdi scavati dal tempo e dalla fatica, forse di vivere o forse di vedere cose brutte, ma comunque provati. Sento come se ogni piccola ruga sul tuo viso vorrebbe parlarmi di te, di quello che hai fatto a Londra, ma che il tuo volto non gli permette di farlo. Vorrei davvero poter capire tante cose, come credo vorrai tu visto che hai accettato il mio invito di stamattina, ma prima vorrei tornare o meglio iniziare di nuovo a conoscere la mia migliore amica, quella stessa persona per cui una volta avrei fatto di tutto e anche di più" 

 

"Anche io vorrei tanto, Ville. E se me ne darai appieno la possibilità lo farò, lo farò davvero con il cuore"

 

"Tu puoi fare quello che vuoi con me, hai potere decisionale su tutto" sorrise inarcando un angolo della bocca. Io feci lo stesso, ma non sapevo in realtà quanto scherzasse e quanto fosse serio. Era sempre stato pronto a inventare qualsiasi bugia davanti a qualcuno che lo intervistasse, e ora non sapevo se io ero o meno una di loro oppure se mi considerasse ancora una persona di cui potersi fidare.

 

"Allora, che cosa hai fatto a Londra tutti questi anni?" 

 

"Beh, per cominciare non è stato facile soprattutto all'inizio: ho passato almeno due mesi a cercarmi un lavoro perché tutti all'inizio erano diffidenti, sai, per il mio aspetto. Per un po' provai anche a cambiare ed essere "normale", a comprare maglioni e roba colorata ma dopo un po' che ero stata assunta iniziai piano piano a tornare alle origini a quello che davvero sentivo di fare. Alla fine mi hanno accettata tutti, non con facilità ma pur sempre accettata. I nemici in ufficio li ho sempre avuti, anche perché il campo della traduzione è un ambiente estremamente competitivo, pieno di serpenti a sonagli pronti a morderti nel momento in cui ti volti per riposare e respirare. Poi però col tempo e con la pratica soprattutto ho imparato a riconoscere le persone vere da quelle artificiose, ho cominciato ad uscire con due o tre colleghi e colleghe che avevano sempre cercato di farmi integrare al meglio in un ambiente così ostile: dicevano sempre che per loro non c'era stata tutta questa bontà e clemenza, non c'era stato nessuno a fargli da guida né tantomeno a proteggerli, non che io ne avessi bisogno ma credo sia stato comunque un gesto carino da fare, mi fece sentire un po' più al sicuro all'epoca. Con due amiche sono rimasta in contatto anche dopo che ho lasciato quella casa editrice per accettare un contratto con un'altra che si trovava più in centro, più prestigiosa e che pagava meglio. Londra è una città estremamente costosa soprattutto per me che ero una ragazza con pochi soldi da parte. In realtà non c'è molto altro da aggiungere e particolari salienti da raccontare… Eccetto per una storia sbagliata a causa della quale stavo per relegarmi in un matrimonio che non avevo mai desiderato davvero. Credo sia stata l'effimera e fugace sensazione di protezione e calore a farmi perdere la testa, qualcosa che mancava nella mia vita e di cui avevo bisogno" dissi quasi tutto ad un fiato, senza pensare molto a quanto avergli raccontato tutto mi facesse sentire indifesa. 

 

"E manca ancora?" 

 

" Cosa?" 

 

"Quello che cerchi " rispose Ville, sicuramente cercando di intuire se c'era qualcun altro. Per un attimo pensai che ero davvero una stupida a credere che potessi ancora piacergli, che ancora significassi qualcosa per lui. La realtà , e lo sapevo da quando avevo messo piede ad Helsinki, era che  io speravo significassi ancora qualcosa e che non fossi stata dimenticata come una donna qualunque della sua vita. Che cretina, illusa, ingiusta che ero. 

 

"Ci si sente sempre incompleti, credo…" risposi cercando di sviare il discorso. Ville in qualche modo capì il mio debole tentativo di cambiare argomento e quindi mi assecondò. A quel punto il cervello mi stava andando completamente in pappa e glie ne fui infinitamente grata. 

 

"Insomma, hai quasi fatto quello che io stavo per fare. Sei davvero cresciuta allora ragazzina" 

 

"Già, però anche tu non scherzi sei diventato vecchio!" 

 

"Grazie, lo prenderò come un complimento"

 

 

 

Dopo un po' ci alzammo da tavola e lui generosamente pagò il conto. Uscimmo fuori dove il freddo ancora pungeva la pelle sotto i vestiti spessi: era arrivato il momento di salutarci e quasi mi dispiaceva andare via, alla fin fine mi ero quasi abituata a quel tepore misto a dolore che era stata quella nostra conversazione. 

 

"È stato davvero un piacere fare quattro chiacchere con te, quasi come una volta" 

 

"Quasi" rispose Ville, accompagnando quella risposta dolce amara con un mesto sorriso.

 

"Allora ci vediamo in giro" dissi aspettando una sua risposta. 

 

"Sì, credo che d'ora in poi sarà più facile incontrarci soprattutto nel quartiere " io inarcai le sopracciglia e risposi: 

 

"Direi proprio di sì " sorrisi. 

 

Stavamo per andare ognuno per la propria strada quando lui si girò e mi prese la mano inaspettatamente. 

 

"Sono davvero felice di riaverti qui Alma, lo sono davvero"

 

"Non sembra che prima lo fossi così tanto…"

 

"Come ti ho detto ci sono tante cose che vorrei capire, anche solo per uccidere delle vecchie domande che mi perseguitano e fare chiarezza finalmente. Ma la cosa che vorrei fare di più è conoscerti, cercare di capire chi sei diventata ed essere di nuovo tuo amico, anche se è difficile e lo so" disse animandosi, cercando di nascondere l'ardore con cui pronunciò quelle parole dietro al suo sguardo impenetrabile e vitreo.

 

"Sei sicuro di volere di nuovo davvero tutto questo? Io non ne sono sicura, non ne sono sicura affatto. Potremmo rischiare di ucciderci e annullarci un' altra volta a vicenda e di noi non resterà che sabbia e il vento spazzerà via i nostri resti".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: 

 

 

 

La canzone all'inizio é dei The Cure e si chiama The Figurehead

 

Sono in ritardissimo ma alla fine ho deciso di non aspettare fino a dopo le vacanze e di cambiare alcune cose. 

 

Ringrazio i miei fedeli ma anche chi segue silenziosamente. Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

 

 

P.s. Ho avuto problemi con la copertina ma spero di inserirla una volta che avrò il pc sotto mano. 

 

 

 

Kiitos! 

  
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