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Autore: Sam Lackheart    28/12/2015    0 recensioni
Frammenti di una non storia.
"Nessuno dei due riuscì a dormire. Rimasero in silenzio, quasi immobili, perché non servivano parole o gesti."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La prima cosa che notò in lei fu il suo pallore quasi spettrale, evidente sintomo di malattia, e le pesanti occhiaie violacee che sempre accompagnavano il suo sguardo vigile, anche se mesto.
Scoprì che una malattia c’era ma che non bisognava  preoccuparsene. Insieme a questo, altri paradossi seguivano più o meno silenziosi la sua figura: debole ma robusta, fragile ma collerica, silenziosa ma vulcanica.
Aveva una mente brillante e amava navigare nei vestiti larghi.
Non sapeva dire cosa lo attraesse tanto a lei: forse il suo sguardo perso nel vuoto quando pensava troppo, il modo lento con cui si mordeva le labbra, le sue mani costantemente gelide. Vedeva qualcosa in lei, che trascendeva il semplice stato d’animo.
Erano molto simili, se ne accorsero subito entrambi: stesse esperienze vissute, anche se reazioni diverse, la maggior parte delle volte addirittura antitetiche. Questo permetteva loro di comunicare senza parlarsi, con uno sguardo, un gesto, uno scatto.
Era una persona repulsiva, era forse il termine più adatto, pensò un giorno. Tutto in lei lo cacciava: il suo parlare con citazioni che nessuno capiva, il fatto che ogni tanto cambiasse lingua nel bel mezzo di una frase, i suoi movimenti, il suo sarcasmo violento ma esausto.
Nonostante ciò si ritrovavano insieme, vicini, la maggior parte del tempo. Lingue maliziose avevano intessuto storie di un amore celato tra di loro, ma lui non se ne curava: sapeva che non era così, gli bastava. Lei fingeva di non vederlo, e dissuadeva tutti con una facilità disarmante.
Un giorno dormirono insieme. Sì, dormirono e basta. O almeno, lui le aveva promesso di farla addormentare, cosa che non faceva da settimane.
“Perché non riesci a dormire?”
“Non riesco a smettere di pensare”
“A cosa?”
E scoprì così che anche lei cercava di superare la fine di un grande amore, senza riuscirci. Sussurrava parole che sapevano di rimpianto e di impotenza mentre gli accarezzava inconsciamente il braccio.
“Non pensarci. Pensa di essere invincibile. Nulla può farti del male. Sei al sicuro”
Contemporaneamente, due braccia la strinsero. Lei cercò di rilassarsi, di respirare, di non pensare, ma era quella la sua condanna.
Nessuno dei due riuscì a dormire. Rimasero in silenzio, quasi immobili, perché non servivano parole o gesti.
_-_-_-_
Una sola volta la vide colorarsi in volto, anzi, due.
La prima volta, era a causa di un po’ di febbre: la riaccompagnò a casa, nonostante lei lo rassicurasse che poteva arrivarci da sola, nel letto, e la fece mettere sotto le coperte. Era strano vederla con le guance rosse e il respiro affannato, come se avesse corso kilometri, mentre le labbra erano lattee, nonostante lei  cercasse di inumidirle.
“Ho qualcosa sulla faccia?” gli chiese, corrugando la fronte.
“No, cerca di dormire” sussurrò lui, prima di alzarsi dal letto – le si era sdraiato accanto per farle compagnia, senza però entrare sotto le coperte – e uscire.
 
La seconda volta fu più divertente. Erano sul letto, di nuovo – parlavano, parlavano sempre. Lei iniziò a ridere senza un motivo preciso, lui le dava le spalle. Aveva una risata singhiozzante, non si capiva se piangesse o meno, a volte.
“Hai finito?” chiese lui, girandosi.
Lei si ammutolì, un alone di sorriso le restava sul volto. Aveva il respiro accelerato, le guance porpora, gli occhi lucidi – incastrate nelle ciglia delle piccole lacrime.
Non capiva cosa lo attraesse tanto, in lei. 

  
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