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Autore: BeautifulMessInside    29/12/2015    2 recensioni
"Non hai paura di morire?" - "Non ho molte ragioni per vivere."
Cara non sarebbe dovuta salire su quell'aereo, non sapendo che Joseph Michaelson, detto il Lupo, sarebbe stato sul suo stesso volo.
Joseph non avrebbe dovuto salvare la ragazza, non sapendo chi lei fosse. Ma Joseph non ha idea di chi sia Cara e lei non può sapere che lui davvero farà il grosso sbaglio di salvarla.
Assassini, famiglie potenti, attrazioni pericolose e segreti nascosti in una storia dove non tutto è come sembra.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitoloXV

CAPITOLO XV



Quando aveva detto di volere nulla più che il suo corpo, nel momento in cui aveva tacitamente accettato quell'accordo, di certo Cara aveva sottovalutato le capacità dell'uomo che gliel'aveva proposto. Le gambe le facevano male, gli addominali tiravano e sotto le dita riusciva a sentire i due lividi all'altezza del bacino che sembravano non voler più guarire. Sei giorni, sei interi giorni in cui non avevano fatto altro che provare ad evitarsi per poi accoppiarsi come animali sulla prima superficie utile.


Succedeva così, a volte dal nulla, a volte in risposta a qualcuno dei suoi acidi commenti, altre volte alla fine dell'ennesima lite sul da farsi. Qualsiasi cosa significasse, di certo li aiutava a non legare troppo, costretti com'erano sotto lo stesso tetto. Consumavano i pasti in silenzio, condividendo poi lo stesso letto ogni notte, lui dal proprio lato e lei che gli dava le spalle, stringendo sé stessa negli ultimi venti centimetri di materasso. Poteva sentire gli occhi di Joseph che le accarezzavano le spalle per poi tornare a fissare il soffitto, aveva qualcosa da dire, ma continuava a trattenersi, consapevole del fatto che lei non avrebbe voluto ascoltare.


Ci aveva provato. Aveva provato ad accettare la sua presenza tra quelle quattro mura, fingendo che non fosse nulla di diverso dall'avere tra i piedi Morgan o Little K, ma la realtà l'aveva presto smentita. Tre sere prima aveva diviso con lui un sacchetto di patatine davanti alla tv. Il silenzio era esattamente lo stesso. Cara si era voltata distrattamente verso di lui ed era rimasta a guardarlo mentre si leccava il sale dalle dita. Joseph aveva intercettato il suo sguardo curioso e per una volta, senza lussuria e senza malizia, le aveva sorriso. Il suo minuscolo cuore aveva sobbalzato, mettendosi a battere forte. Da quel momento le condivisioni si erano interrotte ed i suoi occhi raramente lasciavano il pavimento. L'unico argomento consentito era il piano per uccidere William.


Il sesso era tutta un'altra storia. Senza vestiti ogni parola era concessa, soprattutto qualsiasi cattiveria potesse venire fuori dalle labbra di Joseph e portarla all'orgasmo ancor più velocemente. Era arrabbiato con lei, così profondamente arrabbiato da farle scontare le sue colpe ogni volta che poteva. Contro il muro, sul pavimento, su quella pidocchiosa poltrona.


Ed eccolo lì, entrare dalla porta interrompendo i suoi pensieri prima che scavassero troppo a fondo. Era uscito nel cuore di quella notte fredda, indossando nulla più che dei jeans ed una t-shirt grigia, per incontrare il suo uomo, una delle guardie di suo padre disposta a rischiare la pelle per consegnargli le mappe dei sotterranei della villa. Conosceva le gallerie sotto quei terreni come il palmo della sua mano, ma non sarebbe potuto essere al fianco di Cara mentre le attraversava e voleva che tutto fosse preparato alla perfezione.


Stese la mappa sul letto dopo aver preso a calci l'ennesimo cartone della pizza che gli intralciava il cammino


Vieni qui.”


Le ordinò piuttosto atono, aspettando che si alzasse dal suo angolino sul pavimento e lo raggiungesse. Cara obbedì al comando senza proteste, portandosi al suo fianco a piedi nudi, scrutando le linee confuse che spiccavano sulla carta giallastra. Joseph si chinò abbastanza da raggiungere un punto preciso del disegno col polpastrello dell'indice


Entrerai da qui...”


Il suo dito prese a scorrere sulla carta


...Destra. Sinistra. Dritta fino al secondo snodo. Destra di nuovo e sali la scala fino alla botola.”


Lei ripercorse la traccia immaginaria lasciata dalla sua mano


Destra. Sinistra. Dritto fino al secondo. Destra.”


Ripeté a mezza voce ancora una volta benché quelle istruzioni fossero già incise a fuoco nella sua mente. Lui continuò invece ad esplorare la cartina, cercando bene che non ci fossero variazioni fatte negli ultimi anni che lui ignorava. Tutto sembrava a posto. Rimasero a fissare il foglio ancora per un minuto, poi lei si allontanò per prima


Sei sicura di avere tutto chiaro?”


Chiese Joseph continuando a darle le spalle. Non gli serviva voltarsi per sapere che stava fissando la moquette con sufficienza.


E' il mio lavoro. Sono capace di farlo.”


Lui strinse i pugni, ormai abituato a sentire i nervi solleticati da quel tono distaccato, quasi saccente. Era cambiato tutto di botto, proprio nel momento in cui pensava di essere riuscito a scalfire la sua solida corazza. L'aveva vista rilassata, riempirsi la bocca di schifezze come se non ci fosse un domani, appallottolarsi tra le lenzuola e cercare più calore avvicinandosi piano al centro del letto. Aveva visto il suo lato umano, apparso lentamente e poi sfuggito in un batter d'occhio. Ora stava andando dritta in bagno, senza più degnarlo di uno sguardo.


Fermati.”


Cara bloccò i passi sulla soglia del bagno, attendendo la sua calda presenza alle spalle. Malgrado i muscoli chiedessero già pietà, non avrebbe disdegnato un altro round. Era tesa, nervosa, perfino spaventata al pensiero dell'ultima missione che di lì a poco avrebbe affrontato. Le serviva una distrazione efficace.


Il braccio di Joseph le cinse la vita e strinse, forte. L'altra mano le afferrò i capelli e tirò. La barba incolta le solleticava l'orecchio e la curva del collo appena scoperti


Non c'è bisogno di fare la stronza...”


Piazzò un primo bacio umido sulla sua pelle


...O l'insolente.”


Il suo tono era suadente, ma autoritario, il suo tocco leggero, ma possessivo. La vide chiudere gli occhi e capì di avere ancora una volta libero accesso. Era il loro gioco e lui doveva giocare. Aveva promesso di non chiedere nulla più di quel corpo e l'orgoglio gli impediva di ammettere che era ormai stanco. Non di lei, no, solo di quella partita, della freddezza, del dover essere dominatore a tutti i costi. Aveva bisogno di qualcosa in più, soprattutto adesso che la sua vita volgeva al punto di svolta. Sarebbe morto o sarebbe stato libero, non c'era via di mezzo.


Allentò la presa appena un po' per sollevare l'orlo della maglietta di Cara e sentire la sua pelle contro la propria. Aveva davanti il lavandino del bagno e decise che proprio lì l'avrebbe presa, da dietro, tanto per testare una nuova variazione sul tema. Prima però l'avrebbe spogliata. Tutta.


Nonostante avesse un gran bel corpo, la ragazzina sembrava avere problemi con la propria nudità. Pareva sempre ritrarsi, cercando di nascondersi nel buio o dietro le proprie mani, quasi riuscisse a provare della genuina vergogna. L'idea lo faceva eccitare.


Strinse di nuovo la presa, mordendo la tenera carne della sua spalla, cercando la zip dei suoi jeans con la mano libera. Cara se li lasciò sfilare lungo i fianchi, calciandoli via non appena sul pavimento. Solo allora lui la spinse dentro la piccola stanza dalle piastrelle color pervinca e contro il bordo della fredda ceramica. Immediatamente poggiò i palmi su quello stesso gelido materiale, aspettando trepidante che lui facesse tutto il resto. Joseph le sollevò velocemente la t-shirt sulle spalle e senza troppa grazia gliela sfilò dalla testa. Cara cercò subito di voltarsi verso di lui, ma Joseph la spinse di nuovo giù sul lavandino, il suo tentativo di protesta presto soffocato dalla sua mano sulla labbra


Nessuna chiacchiera. Guarda e basta.”


Ordinò con un cenno del viso rivolto allo specchio che avevano davanti. Cara incontrò i suoi occhi riflessi sul vetro e rimase immobile mentre lo guardava sbottonare i pantaloni, scuro e freddo come al solito. La guardava ancora con lo stesso disperato desiderio, ma mal celava la rabbia e l'odio che gli si mescolavano dentro. Avrebbe probabilmente provato lo stesso identico piacere nel sbatterle la testa al muro.


Cara sentì il tessuto leggero della biancheria accarezzarle le gambe e si tese come una corda di violino. Abbassò le palpebre appena un attimo, ma immediatamente sentì le sue dita sotto il mento


Ti ho detto di guardare.”


Quel tono glaciale le faceva tremare le ginocchia e contrarre le viscere, ma non era certo eccitante quanto quella scintilla, quell'impeto di passione e speranza che aveva spinto il Lupo a lottare per lei e che adesso sembrava sparito. Per colpa sua.


Le afferrò la vita con le mani ancora una volta, stringendo con fermezza mentre la penetrava con una sola spinta decisa. Cara strizzò gli occhi per un istante e lui non poté non apprezzare quella smorfia di dolore. Non voleva che soffrisse, ma nemmeno che le piacesse troppo. Per avere ancora la sua completa attenzione la ragazzina avrebbe dovuto mettere sul piatto molto più che le sue sole carni. Un paio di gambe tornite ed una vagina calda non erano certo abbastanza per uno nella sua posizione. Joseph voleva scalfire lo spessore del suo orgoglio, voleva veder la sua corazza sanguinare il fuoco delle sue emozioni e convincersi attraverso lei che qualcuno al mondo l'avrebbe finalmente amato di nuovo.


Spinse ancor più forte pensando a Mancini, digrignando i denti al cocente pensiero che proprio lui tra tutti possedeva l'anima di quella donna. Forse l'aveva anche scopata per primo, prendendosi la sua verginità e la sua innocenza per sempre, rendendola inservibile, lasciandogli null'altro che un guscio vuoto in cui riversare le sue inutile fantasie. L'immagine delle mani del vecchio su quella stessa pelle infuocarono l'ira che aveva dentro, trasformando quell'amplesso in una tortura. Conficcò le dita nella carne di Cara fino a toglierle il respiro, spingendo come un forsennato e da un angolo innaturale che sapeva avrebbe fatto null'altro che male contro le sue pareti interne. Lei tentò di sollevarsi , ma la sua forza la teneva giù, con gli occhi piantati contro lo specchio. Joseph non la stava più guardando però, fissava il vuoto perso in non si sa quali pensieri, gli occhi anneriti dalla rabbia e la mascella serrata. Le sue mani la stavano ferendo deliberatamente ed il dolore che sentiva dentro aveva ormai cancellato ogni ombra di passione.


Ba.. Basta.”


Balbettò. Il suo respiro appannò il vetro, ma la sua voce non coprì il rumore dei loro corpi che sbattevano con violenza. Ancora una volta cercò invano di sollevarsi dalla sua morsa e lanciò indietro il braccio destro cerando di colpirlo e riportarlo alla realtà. Un pugno. Due pugni. Un colpo ancora contro il braccio, più forte che poteva.


Fermati.. Ti prego basta!”


Lui si congelò all'istante, finalmente immobile. Nel battere inesorabile del suo cuore poteva ora sentire il lontano ma pesante respiro di Cara. Abbassò lo sguardo lì dove le sue dita avevano ormai lasciato profondi segni rossi ed immediatamente ritrasse le mani. Inaspettatamente lei non si mosse. Teneva di nuovo la testa giù, non abbastanza bassa da nascondere quella sola singola lacrima che pendeva dal monte del suo zigomo, pronta a cadere e sparire tra altre mille gocce d'acqua, come non fosse mai stata lì.


Joseph sentì il mondo fermarsi. Era anche quella un'emozione, ma non certo la stessa che aveva sperato di farle provare.


Mi... Mi dispiace.”


Fu un suono appena udibile. Non abbastanza da farla smuovere. Provò a toccarla di nuovo, ma non ne ebbe il coraggio. Le sue gambe tremavano, ma non accennava a volersi muovere o a voler dire qualcosa. Un nuovo tipo di panico gli si dipinse in volto in quel silenzio assordante. Era davvero un mostro dopo tutto.


Dopo brevi secondi che a lui sembrarono ore finalmente Cara si mosse, sollevandosi piano, facendo ben cura che i loro occhi non si incrociassero più in quel maledetto specchio. Si voltò sentendosi più nuda di quanto già non fosse, incapace di guardarlo in faccia e chiedergli di sparire il più veloce possibile dalla sua vista. Se avesse aperto bocca, fosse stato anche solo per una sillaba, tonnellate di lacrime e singhiozzi si sarebbero riversati senza sosta. Se lo sentiva dentro quel fiume in piena, pronto a trascinarla via.


Mi dispiace.”


Ripeté lui, ancora esitante, ma più convinto di pochi secondi prima, pronto a sollevare piano una mano alla ricerca del suo viso. Cara scosse subito la testa e lui si ritirò, senza sapere che pensieri diametralmente opposti affollavano le loro menti. Non lo stava scacciando per paura di lui, e nemmeno per il dolore fisico, a quello era abituata. Ciò che la teneva incollata a quelle mattonelle era il timore di frantumarsi tra le sue mani, l'immensa sorpresa ed il terrore di desiderare un po' di umano conforto, la voglia di essere abbracciata.


Come quasi potesse leggerle nella mente Joseph fece un altro tentativo, allungando le dita e sfiorandole appena la guancia. Cara chiuse gli occhi, ma stavolta non si mosse, lasciando che pian piano le spostasse una ciocca di biondi capelli arruffati dietro l'orecchio.


Scusami.”


Sussurrò e fuori dalle sue labbra fu una parola così strana e preziosa che quell'onda la travolse ancora, affacciandosi ai suoi occhi ancor più prepotente. Joseph non poté non notare il bordo delle sue ciglia che diveniva lucido e d'improvviso, mentre lo stomaco gli si torceva dietro le costole, si sentì a disagio davanti a quel corpo nudo che tanto amava. Senza chiedere più permessi la sollevò di peso tra le braccia e la portò in stanza, adagiandola sulle lenzuola sgualcite con quanta più delicatezza possibile. Tirò su le coperte fino alle spalle e solo allora lei riaprì gli occhi. Gli fu immediatamente chiaro che tratteneva un singhiozzo di pianto con tutte le sue forze, le labbra serrate e le iridi lucenti che lo fissavano in cerca di qualcosa, non aveva idea cosa.


Fu come un miracolo che gli si palesava davanti, esattamente come il primo momento in cui l'aveva vista. Il suo cuore prese a battere veloce ancora una volta e decise che, proprio come su quell'aereo, anche stavolta avrebbe giocato tutta la sua fortuna.


Delicatamente salì sul letto e le si sdraiò accanto, sopra le coperte ma abbastanza vicino da poter poggiare la testa sul suo stesso cuscino. L'odore dolce dei suoi capelli gli riempì il naso non appena posò le labbra sul suo scalpo. Allungò il braccio e le cinse la vita ancora una volta, nel più inesperto e tremolante abbraccio di sempre. Lo spasmo delle spalle di Cara lo fece quasi ritrarre, ma non gli ci volle molto più di una manciata di secondi per realizzare che non lo stava scacciando. Stava piangendo.


Il suono delle sue lacrime riempì la stanza sovrastando ogni altro rumore, singhiozzava e tremava come una foglia, totalmente spogliata di ogni superbia ed ogni armatura, immensamente piccola e fragile nel suo grande abbraccio.


Era qualcosa di completamente nuovo per tutti e due, lei disperata e lui terrorizzato, del tutto ignaro di cosa avrebbe dovuto dire o fare. Avrebbe voluto accarezzarle i capelli e sussurrarle dolci nonnulla nelle orecchie, ma le sue mani pesavano come massi e la sua lingua era incollata al palato.


Cara aveva ormai le guance infiammate ed il respiro corto, ma non riusciva a fermarsi, neanche provando con tutte le sue forze. Improvvisamente la realtà le era crollata addosso da tutti i punti, colpendola di forza coi macigni del dolore e gli schiaffi sonanti della paura. Era sola ed impaurita come quella sera nella toilette della Salle de Paris, troppo piccola e debole per affrontare i mostri che la circondavano. Le mancava sua madre e le dolevano tutti i lividi e le cicatrici dei colpi presi. Le mancava il suo letto ed il profumo dei panni puliti. Non ne avrebbe più avuti, non avrebbe più avuto nulla eccetto quel vuoto dentro, quell'enorme voragine che inghiottiva tutto ciò che toccava, che minacciava di mandarla giù tutt'intera.


Riusciva bene a sentire il corpo di Joseph accanto al suo e quel calore la faceva sprofondare ancor più in fretta nell'oblio. Non voleva e non poteva aver bisogno di lui. Se l'avesse lasciato entrare, quel pesto buio avrebbe presto masticato anche lui, lasciandola senza cuore e senza più nemici da combattere.


William.


Un altro sussulto l'attraversò da capo a piedi. Il terrore. E se non fosse stata abbastanza forte? E se non fosse stata abbastanza brava? Non era la morte a spaventarla, ma l'idea che forse nulla sarebbe cambiato, quel dubbio strisciante con cui aveva sempre convissuto, ma che solo ora urlava libero nella sua testa. Joseph aveva ragione. I suoi genitori non sarebbero più tornati. Nessuno l'avrebbe più abbracciata.



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Elia spalancò gli occhi di colpo. Gli ci vollero un paio di secondi almeno per mettere a fuoco la stanza e capire che si trovava nel suo studio, con la faccia spalmata sulla scrivania ed il braccio destro addormentato. Si tirò su lentamente, allungando la schiena affinché quelle fitte dolorose sparissero il prima possibile. Non ricordava come e quando si fosse addormentato, l'ultima reminiscenza un sms da uno dei suoi collaboratori che confermava di non aver visto Joseph avvicinarsi alla villa. Prese immediatamente il telefono in mano e controllò che non ci fossero nuovi messaggi. Nulla. Suo fratello sembrava sparito nel nulla. L'aveva cercato dappertutto in quei giorni, in tutti i posti che era solito frequentare, ma niente, nessuno sembrava averlo più visto o sentito. L'idea che si fosse lasciato la vendetta alle spalle non lo sfiorava nemmeno da lontano, temeva piuttosto che stesse preparando un colpo in grande stile e che alla fine della fiera sarebbe riuscito solo a farsi ammazzare.


Si passò una mano sulla faccia cercando di scrollarsi definitivamente il sonno di dosso. Era così frustrato che non riusciva più a mangiare né a riposare decentemente, le sue camicie erano ormai sempre stropicciate e la sua barba non veniva rasata da almeno tre giorni.


Era anche stato alla tomba di sua madre con un mazzo di rose gialle. Aveva fissato la lapide per quasi mezz'ora sperando che il riverbero del sole sul marmo bianco gli illuminasse la mente. Niente. Continuava a sentirsi vuoto ed inerme come al solito.


Si trascinò fino alla doccia e per mezz'ora almeno lasciò che lo scroscio dell'acqua gli riempisse la mente. Dov'era Joseph? Che cosa stava tramando? Sarebbe mai riuscito a fermarlo? E cosa avrebbe fatto William se lui non fosse arrivato in tempo? Gli si torse lo stomaco. Quella domanda aveva già una riposta. Lo avrebbe ucciso senza pensarci due volte e lui avrebbe perso suo fratello. La famiglia viene prima di tutto per un Michaelson ed Elia continuava a chiedersi incessantemente se avesse dovuto seguire solo il sangue o ascoltare il film nella sua testa che continuava a riproporre tutti i ricordi della sua infanzia. Joseph era sempre lì con lui. William no.


Scese le scale e fu avvolto dall'odore forte di qualcosa di caldo e saporito. Fu come entrare nella sua cucina in una domenica mattina nel periodo di Natale, aspettandosi pile di piatti sporchi nel lavandino ed i piatti del servizio buono sulla tovaglia di lino bianco. Katrina gli dava le spalle, tutta indaffarata sul piano di lavoro. I lunghi capelli scuri raccolti in un chignon spettinato ed il corpo avvolto in un grembiule verde che lasciava appena intravedere l'abito chiaro che indossava sotto. Gli si strinse il cuore, sicuro per un attimo di essersi di nuovo addormentato sotto la doccia.


Si schiarì la voce e Katrina si voltò immediatamente, scattando sul posto e quasi rovesciando la ciotola che teneva tra le mani. Prese un lungo respiro e tentò di sorridere, ma quello stesso sorriso le morì subito tra le labbra. Tornò a dargli le spalle


Il pranzo è quasi pronto.”


Esordì, fingendo di essere più interessata allo sportello del forno che a lui. La bocca di Elia salivava di già per la fame, ma era nuovamente incerto sul da farsi. Non era la prima volta che Katrina tentava l'approccio “come se nulla fosse mai successo”, solo che lui non era ancora pronto a lasciar andare l'ascia di guerra


Non dovevi.”


Le rispose restando impalato e continuando a fissare la sua schiena. Lei sembrò scuotere il capo come per ricomporsi e finalmente si voltò di nuovo


Mangia...Per favore.”


Senza aggiungere altro Elia prese posto a tavola e rimase in attesa della sua prossima mossa. C'era qualcosa di diverso in Katrina, qualcosa che ancora non riusciva ad identificare, ma che certamente gli dava un pensiero in più. Aveva smesso con gli attacchi diretti, senza più urlare o pararglisi di fronte come una furia. Aveva lasciato che si rifugiasse ogni notte nel suo studio senza proferire parola, senza più piangere le sue lacrime di coccodrillo. Ciononostante pareva più tesa di prima, sfilava per casa dritta e guardinga come un'aquila, cercando di tenersi impegnata in faccende casalinghe che mai prima l'avevano interessata.


Un piatto traboccante di arrosto e patate gli comparve sotto gli occhi. L'odore intenso della carne e del rosmarino gli riempì le narici. Quando aveva imparato a cucinare? Rimase immobile ancora un po' aspettando che anche lei prendesse posto a tavola, tuttavia Katrina non si mosse dalla sua nuova posizione davanti al lavandino. Sentiva i piatti sporchi scontrarsi violentemente l'uno contro l'altro, ma all'apparenza tutto continuava a sembrava inverosimilmente calmo.


Si ficcò in bocca un primo boccone e rimase immediatamente colpito dal sapore ricco che andava risvegliando le sue papille gustative. Quella donna era davvero un mistero, bella ai suoi occhi come nessun'altra, così tanto che a stento riusciva ancora a trattenersi.


Si alzò piano dopo l'ultimo boccone ed un sorso di vino bianco, stringendo il suo piatto sporco tra le dita. La raggiunse alle spalle e la vide immediatamente irrigidirsi. Katrina bloccò ogni movimento lasciando che l'acqua continuasse a scorrere da sola, in attesa nulla più che dell'ennesima ammonizione da parte di suo marito. Avvertì il suo calore alle spalle ed inaspettatamente sentì la mano di Elia posarsi sul suo fianco sinistro con delicatezza, sfiorandola appena mentre l'altra si allungava a poggiare il piatto ormai vuoto nel lavandino.


Grazie.”


Lo sentì pronunciare in tutta la sua imperturbabile grazia, il suono attutito alle sue orecchie come se provenisse da metri di distanza. Quelle stesse dita le indugiarono addosso abbastanza da farle chiudere gli occhi per un istante e dimenticare tutto ciò che avevano attorno.


Elia aveva pianificato quell'azione della sua mente, un semplice gesto gentile per ricambiare la cortesia di quel pranzo. Non aveva però calcolato quanto sarebbe stato difficile staccarsi da lei, così piccola contro la sua mole e così profumata. Sapeva bene di doversi allontanare il prima possibile, ma non riusciva a muovere mezzo passo. Quando finalmente pensò di farcela, sentì di colpo la mano bagnata di Katrina sulla sua che supplicava di non lasciarla andare proprio adesso. Invece di indietreggiare come avrebbe dovuto fare, rimase attaccato a lei ancora un po', sfiorandole il capo col viso e respirando la sua dolce essenza. Solo allora gli sembrò di riuscire finalmente a sentire qualcosa, solo ora che stringeva tra le mani la stessa donna che gli aveva spezzato il cuore.


Katrina...”


Sussurrò il suo nome in una debole richiesta. Voleva che lo lasciasse andare, ma allo stesso tempo voleva stringerla ancor più forte e trascinarla fino alla loro camera da letto, quello stesso letto che da troppo tempo non vedeva l'intreccio di due corpi caldi. Le mani fremevano contro la stoffa ruvida del suo grembiule e quasi cedettero a quel languido pensiero, giusto un attimo prima che si sentisse battere forte contro la porta d'ingresso della loro casa.


Tump. Tump. Tump.


Elia si staccò immediatamente da quel mezzo abbraccio gettando gli occhi all'orologio. Chi poteva essere? Katrina invece non si mosse nemmeno, quella era la loro fortuna, un destino beffardo che trovava sempre il modo di separarli. Riprese ad occuparsi dei piatti sporchi esattamente da dove aveva lasciato.


Elia lisciò la camicia ed andò ad aprire la porta. Un ragazzo dai capelli biondicci che riconobbe quasi immediatamente come Rob, nuova recluta di suo padre, sorrise porgendogli un cesto avvolto nel cellophane trasparente


Da parte di suo padre Signor Michaelson.”


Osservò scetticamente quell'offerta, ma non di meno la prelevò dalle mani del ragazzo


Grazie Rob.”


L'altro rispose con un nuovo sorriso ed un saluto militare mentre la grande porta gli si chiudeva in faccia. Elia ripose immediatamente il cesto sul tavolo e ne osservò il contenuto. Vino rosso, cioccolatini al caramello e sigari pregiati. Passò allora ad esaminare il biglietto che portava sopra la caratteristica ed irripetibile firma di suo padre. All'interno stava un cartoncino bordato d'oro che portava le sue iniziali ed un messaggio nella sua calligrafia. Erano invitati ad una cena alla villa il prossimo sabato. Elia rivoltò il biglietto tra le dita un paio di volte, strano che suo padre continuasse a mandare omaggi ed inviti a casa anche se si vedevano o sentivano praticamente tutti i giorni. E' vero che la sua mente era stata particolarmente altrove negli ultimi giorni, tuttavia non aveva lasciato trapelare alcun sospetto alla presenza di William.


Solo allora Katrina emerse dalla cucina senza più il grembiule addosso, avvolta solamente nel suo morbido abito color avorio. Le sue iridi si posarono immediatamente sul cesto e senza che proferisse parola Elia chiarì i suoi dubbi


Un altro omaggio da parte di mio padre.”


Katrina respirò a fondo per non sgranare gli occhi di fronte a lui. Quelli non erano gentili omaggi, bensì silenti minacce nei suoi confronti.


Siamo invitati alla villa questo sabato.”


Stavolta sentì le ginocchia minacciarla di interrompere il loro sostegno


Io non verrò.”


Sentenziò. Nulla di più scontato per le orecchie di suo marito, anche se Elia non riusciva ancora a capire da dove venisse tutto quel disprezzo. I regali di William restavano a marcire sul pavimento o finivano diretti nella pattumiera, senza che Katrina avesse mai assaggiato un singolo biscotto o annusato uno solo di quei fiori. Lei sfilò su per le scale lasciandolo solo ancora una volta, del tutto privo della voglia di controbattere.


Katrina si chiuse dietro la porta del bagno girando immediatamente la chiave nella toppa. Le mancava il fiato. William era dappertutto e da ogni angolo si sentiva i suoi occhi addosso. Anche se teneva tutte le porte e le finestre chiuse sapeva che lui la stava osservando e che presto o tardi avrebbe fatto la sua mossa. Aveva solo tre opzioni per risolvere quel problema: chiedere aiuto a suo padre, raccontare la verità ad Elia o fuggire di nuovo, stavolta più lontano e per sempre.


L'idea di contattare Vladijmir l'aveva sfiorata più di una volta, ma non avrebbe portato a nulla più che ad una nuova guerra. Era abbastanza grande da risolvere i suoi problemi da sola, era una regina dopo tutto.


Elia. Se gli avesse raccontato di quell'ultima notte più di due anni prima, se gli avesse raccontato di come William l'aveva convinta a sparire, allora la terra gli sarebbe crollata sotto i piedi. Voleva liberarsi di suo suocero in ogni modo, ma non voleva che fosse proprio Elia a pagarne le conseguenze, senza contare che probabilmente avrebbe di nuovo perso quell'ombra di fiducia che con tanta tenacia e tanta pazienza sembrava essersi riconquistata.


Restava l'opzione numero tre. La fuga senza più ritorno. Ci aveva già provato, ma i suoi stessi piedi l'avevano riportata al punto di partenza. Aveva pensato a suo marito ogni singolo giorno, sentito la mancanza del suo abbraccio forte ogni singola notte. Non avrebbe sopportato quella tortura di nuovo, non sapendo che stavolta sarebbe durata per sempre. Inspirò a fondo. Non poteva permettergli di metterla al tappeto ancora una volta, doveva trovare il modo di reagire. Ed in fondo forse un modo c'era, una quarta opzione che non aveva ancora realisticamente vagliato. Poteva ucciderlo, poteva farlo fuori con le sue stesse mani senza bisogno dei merli o di chiunque altro.


Elia l'avrebbe odiata. Elia non l'avrebbe mai compreso, nemmeno sapendo la verità.



-------



Era già più che mattina inoltrata quando Joseph sentì quei fastidiosi raggi di sole tentare di ferirgli gli occhi. Ancor prima di aprirli il ricordo della notte precedente gli piombò addosso con tutta la sua pesante mole e solo allora si accorse di essere esattamente nella stessa posizione. Sotto il braccio poteva ancora sentire il corpo di Cara che respirava piano nel silenzio della loro stanza. Mosse appena le dita ed avvertì distintamente di non essere più a contatto con la coperta, ma di avere addosso nulla più che la sua pelle. Nel sonno doveva essersi scoperta.


Valutò l'idea di fingersi addormentato ancora per un po', godendo nel suo intimo di quella vicinanza. Non aveva mai visto nessuno piangere così, nemmeno i tizi che aveva massacrato senza pietà, nemmeno sua madre nei suoi momenti peggiori. Adesso la ragazzina dell'aereo dormiva beata tra le sue braccia e nessun rumore al mondo sembrava più piacevole di quei respiri lenti e cadenzati. Che cosa gli aveva fatto? Dove era finito il famoso Lupo che tutti temevano e rispettavano? Dovunque fosse in quel momento, non ne sentiva la mancanza.


Non resistette all'urgenza di aprire gli occhi ed apprezzare lo spettacolo dei suoi capelli sparsi sul cuscino. Brillavano nel sole ed incorniciavano a meraviglia il pallido profilo del suo viso sprofondato nel cuscino. Il silenzio le donava più di ogni abito avesse mai indossato, vestendola di una luce del tutto sua, la stessa abbagliante luce che aveva risvegliato il cuore sopito di Joseph Michaelson. Se solo fosse rimasta sempre così, ferma e zitta tra le sue braccia. Quella lingua pungente era probabilmente in grado di uccidere più uomini di tutte le sue armi messe insieme.


Controvoglia si mosse piano per risvegliare qualcuno dei suoi muscoli. Aveva dormito un'altra volta vestito e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze per tutto il giorno. Solo che oggi non era un giorno come un altro, oggi era il giorno alla cui fine il piano avrebbe preso il via. William sarebbe morto entro la prossima mezzanotte o giù di lì. A quel pensiero una nuova ondata d'adrenalina e piacere lo attraversò da capo a piedi e di nuovo guardò verso Cara. Il suo corpo era ancora nudo sotto le lenzuola e si lasciava intravedere abbastanza da suggerirgli un piacevole modo per farsi perdonare dopo l'ultima volta. I suoi occhi accarezzarono adagio la curva della spalla seguendola lungo il braccio fino al gomito piegato, lì dove i loro arti si sfioravano. Contrastò il bisogno di toccarla per non svegliarla ed interrompere quelle pace, ma i suoi occhi continuarono a rimirare la lattea perfezione della sua schiena. Salì e discese la sua colonna vertebrale un paio di volte prima che quel dettaglio gli saltasse finalmente al naso, bloccando all'istante la lascivia dei suoi pensieri mattutini. Aguzzò lo sguardo, ma non poté avere dubbi. Quel giorno diventava migliore ad ogni secondo che passava.


Cara aprì i suoi occhi, gonfi e pesanti, solo mezz'ora più tardi. Sentiva freddo e pigramente ficcò le braccia di nuovo sotto le coperte. Nel momento in cui riuscì a muoversi senza alcun intralcio, d'improvviso realizzò che le mancava qualcosa, il peso addosso di Joseph. Strizzò le palpebre cercandolo mimeticamente con la coda dell'occhio. Non c'era. Per fortuna. Davvero non se la sentiva di affrontare i suoi occhi pietosi di prima mattina. Si tirò su lentamente riprendendo possesso della stanza e della realtà, gli occhi bruciavano ancora e facevano fatica a restare aperti, nulla di più atteso dopo il piagnisteo della sera prima. Si coprì il volto con le mani scacciando la vergogna che andava annunciandosi sulle sue guance. Come aveva potuto perdere il controllo così vistosamente? Scosse il capo. Si sentiva più leggera e più rilassata, tuttavia poteva solo guardare con terrore la porta della stanza. Aveva dato a Joseph esattamente ciò che voleva, un appiglio per credere che dentro di lei ci fossero ancora sentimenti, che potesse ancora provare ciò che lui sperava... Se fosse stata sincera per una sola frazione di secondo in vita sua, avrebbe anche potuto lasciargli sapere che qualcosa c'era davvero dentro di lei, qualcosa che continuava a bruciare ininterrottamente. Di nuovo scosse la testa. Come l'avrebbe guardata? Cosa avrebbe detto? Come avrebbe potuto continuare a nascondersi da lui? Sospirando scivolò di nuovo sotto le coperte avvolgendosi nel buio. Era il loro grande giorno.


Quando finalmente trovò il coraggio di attraversare quella soglia, Joseph sedeva tranquillamente sulla poltrona reggendo una rivista tra le mani. “Moto e motori”. Cara trattenne l'istinto di sollevare le sopracciglia scetticamente e ringraziò il cielo di essere magicamente invisibile ai suoi occhi. Inspirò più silenziosamente che poteva, sistemò i capelli sulla spalla e decise di attraversare la stanza fino alla prima risorsa d'acqua disponibile. Solo nel momento in cui gli passò materialmente davanti, Joseph lasciò cadere la rivista:


Dormito bene?”


Cara riuscì chiaramente a cogliere il suo tono e, del tutto incredula, voltò lo sguardo verso di lui. Un sorriso beffardo campeggiava sul suo viso, rilassato e splendente come fosse tornato un ragazzino, le iridi luccicanti di palese reale buonumore. Sentì la pressione salire immediatamente alle stelle mentre il suo viso s'infiammava di rabbia ed imbarazzo


No...”


Intimò stringendo i pugni


...Togliti immediatamente quel sorriso dalla faccia se non vuoi che ti prenda a calci.”


Aveva cercato di essere il più minacciosa possibile, ma evidentemente lui la trovava divertente stamane, tanto era difficile trattenere quel fastidioso sorrisetto. Joseph sospirò distogliendo lo sguardo per primo, si schiarì la voce ed indicò le buste sul tavolo. Era stato il suo turno di comprare la colazione.


Oggi è un grande giorno. Ho pensato che un caffè e delle calorie extra potessero farti comodo.”


Cara si rilassò lentamente e raggiunse il fumante bicchiere di cartone. Il primo sorso andò giù come velluto. Doppio zucchero e un goccio di latte. Joseph era senz'altro un osservatore migliore di lei. Era sul punto di ficcare la mano nel sacchetto alla ricerca di una ciambella quando la voce di lui la inchiodò di nuovo


Dov'è finito il tuo tatuaggio?”


Domandò casualmente, quasi non fosse una bomba appena sganciata in territorio nemico. Cara si congelò e stavolta il suo viso passò da roseo a bianco cadavere in pochi istanti


Quale tatuaggio?”


Tentò di mantenere la stessa aplomb, ma dentro andava maledicendosi. Come aveva potuto dimenticarsene e dormire completamente nuda accanto a lui? Era il suo segreto e Joseph non avrebbe mai dovuto scoprirlo, era già abbastanza debole ai suoi occhi. Lui si alzò e la raggiunse lentamente, nelle sue iridi un accenno del predatore che era sempre stato


Il marchio di Mancini...”


Cara gli diede subito le spalle per nascondere il panico che le si dipingeva in volto, ma Joseph non si lasciò sfuggire l'occasione. Poggiò il dito esattamente nel punto in cui l'aveva visto, il ricordo indelebile nella sua mente


Era qui. Ricordo perfettamente il momento in cui l'ho visto, il giorno in cui ti sei rivelata.”


Fece una pausa per riprendere fiato. Quel momento era davvero inciso nella sua memoria.

Lei chiuse gli occhi scoprendo qualcosa di nuovo e di terrificante. Il tocco di Joseph attraversava il suo abito blu come fosse fuoco, facendola ardere non di sola lussuria come al solito, bensì di imbarazzo.. e vergogna.. e timore, incertezza.. e trepidazione. Era quasi insopportabile e Cara scattò voltandosi verso di lui


Non ce l'ho ok?!”


Joseph indietreggiò di un passo e lei riprese allargando le braccia in arresa, segnalando che ormai era rimasto ben poco di cui lui potesse ancora spogliarla


Non me lo sono ancora meritato...”


Le parole le uscirono a forza, quasi ferissero le sue labbra morbide e carnose


...Devo uccidere tuo padre prima.”


Concluse stringendo i pugni ancora una volta e guardando dritto nei suoi occhi azzurri. Era stanca di sentirsi come una bambina, se voleva prenderla ancora in giro bene, l'avrebbe lasciato fare, ma senza lasciargli la soddisfazione di vederla piangere anche una sola singola lacrima in più. Joseph ricambiò quello sguardo con altrettanta tenacia, ma il suo viso si aprì quasi subito in un nuovo sorriso, lasciandola senza parole e senza respiro


Non sei una di loro.”


Diede voce al pensiero che gli affollava la mano da quando era sveglio. Se Mancini non l'aveva ancora marchiata, Cara era ancora libera, libera di fuggire da quella faida continua, libera di appartenere a chiunque volesse. Il nodo nel suo stomaco si sciolse in quella consapevolezza e tentò di raggiungerla, prendendole il viso tra le mani. Cara riprese finalmente contatto con la realtà ed afferrò i polsi di Joseph con le proprie dita, cercando di allontanare i palmi dalle sue guance bollenti


Sono comunque una di loro...”


Avrebbe voluto essere più decisa che mai, ma la speranza che leggeva negli occhi di lui continuava a farle girare la testa


...Quel tatuaggio non cambia niente.”


Fu il suo turno di scuotere il capo, Joseph si mosse di nuovo verso di lei, cercando ancora di toccarla


Non capisci?”


Di nuovo afferrò il suo volto tra le dita trovando quegli stessi occhi blu, grandi e tremolanti


Tu non gli appartieni... Non sei sua... Sei libera...”


Cara si sentì come se stesse entrando in una qualche forma di trance, quegli occhi le scavavano dentro ad ogni respiro, cercando qualsiasi piccolo dubbio o debolezza a cui aggrapparsi. Quel calore addosso e quel suo profumo riuscivano a mandarla completamente in confusione, lasciandole credere che dopotutto avesse ragione, che fosse ancora possibile cambiare le cose. Non lo era, non più. Troppo sangue si era asciugato sulle sue mani e troppa crudeltà avevano visto i suoi occhi.


...Quando tutto questo sarà finito...”


Cara fuggì dal suo tocco lasciando a metà le parole di Joseph


Allora cosa?”


Di nuovo aveva allargato le braccia in rassegnazione, lasciandole cadere senza resistenza sui suoi stessi fianchi


Cosa cambierà? Cosa sarò mai libera di fare...”


Cercò gli occhi di Joseph mandando giù quel fastidioso boccone di paura e d'imbarazzo


...Innamorarmi di te magari?”


Lui trattenne il respiro, pensando che a quel punto sia Cara che l'intero palazzo potessero sentire i potenti colpi del suo cuore contro le costole. Era la prima volta che quell'ipotesi usciva dritta dalla sua bocca senza suonare come uno scherno pietoso, quasi ci stesse pensando davvero. Per la terza volta lui la raggiunse cercando un contatto diretto coi suoi occhi e con la sua pelle


Magari.”


Rispose in un sussurro e lei chiuse le palpebre, respirando quella possibilità per un secondo. Un secondo soltanto. E fece così male e così terrore che le riaprì immediatamente


Non succederà mai.”


Lui sembrò ferito per un istante, ma mise da parte l'orgoglio e strinse la presa attorno al suo viso


Puoi avere una vita tua lontana da tutto questo. Con o senza di me.”


Lei fece cenno di no con decisione


Non la voglio.”


Uscì dalla sua presa e si allontanò raggiungendo l'angolo opposto della stanza


Non ho nulla a parte questo. E nemmeno lo voglio... Sono un'assassina... Un mostro... Non avrò mai nulla più di questo.”


Lui si mosse richiamando l'attenzione di Cara. Rimase lontano abbastanza, ma non di meno attraversò la sua vista


Quindi è solo questo che vedi quando mi guardi? Sono solo un assassino, un mostro che non merita nulla?” Se valeva per lei, per lui era anche peggio.


Cara lo accarezzò con gli occhi dall'alto in basso. Aveva sempre saputo di avere davanti un killer professionista, nondimeno aveva visto i suoi splendidi lineamenti, ascoltato la sua voce vellutata e desiderato la sua pelle addosso. Nondimeno si era lasciata cullare nel sonno, mostrando la parte più fragile di sé proprio a lui. Era pericolosamente più vicina al precipizio di quanto avesse mai davvero realizzato


Sì.”


Gli sputò in viso benché non fosse vero. Joseph incassò il colpo abbassando gli occhi per un solo secondo, passando la lingua sul labbro superiore prima di guardarla di nuovo


Bene. Buono a sapersi.”


Voleva davvero credere che non fosse sincera, ma quel gioco correva troppo velocemente verso il suo estremo e Joseph non voleva finire ancora una volta per sentirsi come il ragazzino con l'apparecchio con cui nessuna ragazza delle superiori vorrebbe uscire. Lui era il Lupo. Poteva avere qualsiasi donna volesse. Fanculo la stronza.


Il silenzio aveva risucchiato la stanza sotto una coltre fredda e pesante. Erano entrambi immobili, freddi come statue. Cara poteva chiaramente vedere la sua schiena tendersi sotto la maglietta nera. Sapeva di essere stata gratuitamente cattiva ed iniziava a sentire la colpa farsi strada sotto i nervi tesi. Lei si sentiva davvero un mostro senza speranza, ma non aveva alcun diritto di proiettare quella paura su Joseph. Lui era chiaramente più forte di lei e chissà, magari avrebbe davvero potuto farcela un giorno. Un giorno dopo questo giorno. Un giorno dopo la vendetta.


Io non...”


Esordì senza sapere cosa avrebbe potuto dire. Fortunatamente lui la bloccò subito sollevando una mano


Ti sarei grato se stessi zitta.”


Il suo tono era diventato freddo come la stanza, le parole affilate come spade. Cara sospirò decidendosi a muovere qualche passo verso la stanza da letto.


E sarei ancor più grato se te ne andassi.”


Aggiunse lui con lo stesso tono, cogliendola totalmente di sorpresa. Cara sollevò un sopracciglio


E dove dovrei andare?”


Finalmente si voltò, il suo viso una maschera di freddo distacco


Onestamente non lo so e non mi interessa.”


Cara sospirò. Aveva chiaramente colpito un punto debole.


Ascolta. So che quello che ho detto...”


Le fu di fronte in un secondo, afferrandole il viso ancora una volta, stavolta stringendolo con una sola mano


Ascolta tu...”


Guardò dritto negli occhi sgranati di Cara. Qualsiasi cosa fosse, rabbia, cattiveria o umiliazione, era scritto a chiare lettere e non lasciava adito a dubbi. La modalità Lupo era di nuovo attiva.


Non sentirò più una sola parola uscita dalla tua bocca.”


Le si avvicinò pericolosamente, tanto che Cara poté sentire il suo respirò dritto in viso. Quegli occhi azzurri scavarono dritto fino a sfiorarle l'anima, quella mano ruvida strinse la presa ancor più forte


Hai ragione. Tu non meriti niente. Nemmeno da un mostro come me.”


Detto ciò mollò sgraziatamente la presa e di nuovo le diede le spalle. Cara riuscì a sentire chiaro il taglio netto nel suo ego e negli stessi sentimenti che con tanto ardore aveva nascosto. Era proprio quello che voleva, no?


Inspirando per l'ultima volta l'aria densa di quella stanza che sapeva di rabbia, di caffè e di sesso, strinse la maniglia nella mano


Ci vediamo stasera.”





  
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