Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: Red_and_blue96    30/12/2015    3 recensioni
Non ci si meraviglia di un uomo comune che prova amore… ma può, invece, un folle, incosciente, dedito al divertimento, innamorarsi sul serio? Può un essere duro e freddo come il marmo, giudicato da tutti una bestia, provare amore? Può un uomo autoritario, interessato solo al potere, amare la sua famiglia? E può l’amore cambiare le persone?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, mi è venuta la fantasia di scrivere una seconda ff sempre su ReG, ma questa volta sarà ambientata al tempo della storia dei due amanti e sarà diversa dalla conosciuta tragedia…se vi ho incuriosito, seguitemi in questa storia…
Ed ora ecco alcune indicazioni che vi aiuteranno a capire i punti di vista:
-ROSSO: Conte Capuleti
-NERO: Giulietta
-BLU: Mercuzio
-VIOLA: Lady Capuleti
La tabella verrà riportata per ogni capitolo e potrà subire aggiunte…ok basta intrattenervi con le mie trovate: si apra il sipario!
Red_and_blue96


Se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita è che ti riserva sempre delle sorprese, a volte belle altre brutte. Ti riserva anche molteplici occasioni per compiere delle scelte ed esse sono sempre ardue! Pensavo a tutte queste cose quando nel giardino del mio palazzo vidi la mia unica figlia correre, inseguita dalla sua nutrice. È cresciuta in fretta, adesso è pronta a prendere marito, ma dentro di lei è ancora quella dolcissima e ingenua bambina che la mia consorte ha messo al mondo regalandomi un immensa gioia. Devo iniziare a spargere la voce che mia figlia è in età da marito: vedremo chi si farà avanti, accetterei tutti, l’importante è che non sia un mio rivale!
“Giulieeeeetta!!! Fermatiiii!!! Uuuuhhh sto per morire!” urlava la nutrice.
“Ma dai! Sei diventata troppo lenta!” rise di lei la mia bimba.
“No!” disse la nutrice fermandosi per prendere fiato “sono invecchiata…e tu sei troppo cresciuta per continuare a correre e a giocare, sei una donna ormai per l’amor del cielo!” la rimproverò la sua balia.
“Oh no, mia balia…e sia, basta correre!” e ripresero a ridere mentre si sedevano sul muretto. Un servo di mia moglie gli corse incontro e disse qualcosa a mia figlia, che si alzò di scatto e seguita dall’immancabile nutrice, corse nuovamente verso l’ingresso…mi affrettai a raggiungere il salone:
“Giulietta cara, dove corri bambina mia?” chiesi con premura.
“Padre, mi ha mandato a chiamare mia madre!” disse sorridendo.
“Vai bimba mia, non farla attendere…” e mi spostai per far passare le due donne; già Giulietta era una donna.


“Eccomi!” dissi richiamando l’attenzione di mia madre, che era intenta a scherzare e a giocherellare con il Gatto.
“Figlia mia, non è corretto farti rincorrere dalla tua nutrice, è ora di crescere signorina! A breve troverai marito e non voglio che tu dia l’impressione di essere ancora una bambina…” mi sgridò.
“Ma madre, ho solo 14 anni…io sono una bambina!” le risposi a tono.
“All’età tua io ero già tua madre!” si lamentò.
“Va bene madre, vedrò cosa posso fare…ora posso andare?” chiesi. Lei fece un cenno di mano e mi lasciò andare via. Non la sopportavo quando si metteva a farmi la morale, però le voglio stesso un gran bene! Seguita dalla mia balia mi chiusi in camera mia e andai a sedermi alla toletta, la mia nutrice corse da me per sistemarmi i capelli, scompigliati dalla corsa.
“Piccola mia, non te la devi prendere. Lady Capuleti è una donna saggia, severa ma sa anche essere dolce…e poi lo dice per il tuo bene” mi spiegò con la sua solita dolcezza.
“Si ma io vorrei essere libera: so io quando sarà ora di crescere o di conoscere l’amore!” sentenziai.
“Vieni un po’ qua!” e mi fece alzare per portarmi di fronte a lei.
“L’amore? Non esiste l’amore per chi è come te: sarà tuo padre a decidere chi farti sposare!” mi disse.
“Cosa? Nutrice ma che dici…” feci finta di non capire…
“E’ così piccola mia: non si è liberi di innamorarsi. Vedi anche tua madre amava un altro uomo ma suo padre, pace alla sua anima, la diede in sposa al Conte Capuleti…e tu, farai la sua stessa fine” disse triste. Non potevo crederci, io che non vedevo l’ora di conoscere la persona che mi avrebbe rubato il cuore e l’anima ero costretta, per via delle tradizione, a sposare un uomo che non mi piace…e se fosse anche brutto? No, non volevo pensarci…
 
“Ma ancora non siamo arrivati?” chiedo scocciato a mio zio.
“Sii paziente” fu la sua risposta.
Eravamo in viaggio da quasi un giorno e mi ero rotto le scatole a stare seduto in quella carrozza, avevamo fatto solo una sosta e adesso la mia vescica reclamava!
“Mio signore, siamo a Verona!” ci avvisò un servo. Dio sia lodato, finalmente! Appena la carrozza si fermò, scesi come un fulmine e andai a cercare un posto dove svuotarmi, non resistevo più. Quando tornai, trovai mio zio ad aspettarmi appoggiato al portone:
“Dove diavolo ti eri cacciato?” tuonò con il suo vocione. Quasi mi spaventava quando faceva così, era pur sempre un gigante, grosso (quasi due metri) con uno sguardo torvo!
“Mi stavano scoppiando le interiora! Dovevo pisciare…” mi giustificai.
“Non parlarmi con questo linguaggio, cerca di portare rispetto a tuo zio!... Adesso, vattene dentro a sistemare le tue cose! Inizi male, ragazzo mio, sei appena arrivato e già mi fai innervosire…comportati come il nobile che sei, altrimenti pagherai con la vita la tua mancanza di rispetto!” tuonò, e mi tirò dalla giacca per farmi entrare dentro. Madame e messeri, mio zio: il temuto e severo Escalus Della Scala, Principe di Verona.


Avevo pensato al modo per presentare mia figlia a tutti i nobili delle terre intorno a Verona: avrei organizzato una festa verso i primi giorni d’estate, e l’avrei fatta in maschera, così sarebbe stata più divertente! Mi recai nelle stanze di mia moglie per comunicarglielo ed ella fu subito d’accordo… così, chiamai un servo e gli diedi gli inviti che avrebbe dovuto distribuire mentre mia moglie era andata a parlare con Giulietta…

Bussai alla porta delle stanze di Giulietta e attesi risposta. Ad aprirmi fu la sua nutrice:
“Oh mia signora…Giulietta! Vostra madre!” e si inchinò facendomi entrare.
“Eccomi Signora!” esclamò mia figlia uscendo dall’altra stanza.
“Nutrice, lasciaci per un momento. Dobbiamo parlare in segreto.” Ordinai alla serva, ma poi cambiai idea perché la vidi intristirsi…dopotutto era lei che aveva allevato mia figlia, era giusto che ascoltasse anche lei.
“No, no resta pure qui nutrice. Ora che ci ripenso è bene che tu sia presente. Tu sai che mia figlia ha ormai una certa età…”
“Ci scommetterei 14 dei miei denti che ancora non li ha 14 anni! Verrà il primo d’agosto. La notte di quel giorno avrà 14 anni! ” disse prontamente lei. Poi si risvolse a Giulietta e l’abbracciò dicendo:
“Oh Giulietta, tu sei stata la più graziosa bambina che io abbia mai allattato. Non avrò altro a desiderare se potrò vivere fino a vederti un giorno maritata…” e le baciò la fronte.
“Appunto” dissi interrompendola.
“Questa di maritarla è la cosa di cui io voglio parlare. Dimmi Giulietta mia, che ne pensi? Sei disposta a maritarti?” mi rivolsi a mia figlia. La vidi diventare più candida delle sue vesti e il suo sguardo vivace si svuotò per riempirsi di disaccordo.
“È un onore che io non sogno nemmeno” sentenziò. La nutrice spalancò gli occhi e subito la rimproverò di aver perso il giudizio. Mi avvicinai a lei e prendendola per le mani, cercai di farla ragionare: tra pochi giorni avrebbe avuto l’età necessaria per prendere marito e per mettere su famiglia e poi è così giovane e bella come un bocciolo di rosa e doveva sfruttare questa sua virtù… infine le promisi che avremmo pensato io e suo padre a scegliere un marito degno di lei e le promisi anche che non l’avremmo mai abbandonata! Sembrò rasserenarsi sentendo le promesse e si convinse ad accettare l’idea del matrimonio, allora la informai dell’ intenzione di suo padre di dare una festa in maschera per presentarla ai nobili del regno e la reazione arrivò da parte della nutrice, che saltellando per tutta la stanza, si mise a cercare i più bei vestiti per la mia bambina…


Appena sistemai le mie cose, colsi l’occasione della bella giornata di sole per passeggiare per le contrade di Verona: essendo nuovo del posto, volevo visitarlo per scoprire le sue ricchezze…arrivato alla piazza centrale, la trovai gremita di gente, per lo più mercanti, intenti a vendere la loro merce. Tra le persone, intravidi un servo con una borsa in spalla e una lista in mano che sembrava avere l’aria confusa, quasi disperata. Incuriosito, mi avvicinai:
“Messere, ha qualche problema?”
“Oh signore, vede io non so leggere e il mio padrone mi ha incaricato di invitare alcuni nobili, ma non so i loro nomi vista la mia ignoranza…”
“Posso vedere la lista?”
“Certo!”
“Allora: Principe Escalus e nipoti; Conte Paride e fratelli; Messer Martino e figlio; Conte Anselmo e vezzose sue sorelle; signor Piacenzio e graziose nipoti; zio Capuleti con signora e figli; il signor Valenzio e suo cugino; Tebaldo e Lucio…Una bella brigata. E dove vanno?” lessi accorgendomi che anche io ero invitato.
“Sono tutti invitati alla festa in maschera che si terrà presso il palazzo dei Capuleti…e se non siete un Montecchi, potete unirvi anche voi!”
“E se io fossi un Montecchi?”
“Meglio che vi teniate alla larga. Tra Montecchi e Capuleti non scorre buon sangue, essi sono arrugginiti da un odio di cui nessuno ne ha più memoria e per colpa di ciò, tanti sono stati gli spargimenti di sangue…finirà mai quest’odio?” mi spiegò.
“Lo spero…comunque, vi lascio al vostro compito!”. Mio zio non mi aveva parlato di questa guerra che divideva Verona e io volevo scoprirne di più…entrai in una locanda e, sedutomi al bancone, chiesi all’oste se sapeva dirmi di più su questa lotta. Lo vidi impallidire per poi avvertirmi che non mi conveniva pronunciare quei due nomi insieme e mi fece cenno col capo, indicandomi le due persone sedutesi al mio fianco dopo il mio arrivo. Guardando gli anelli che abbellivano le loro mani, capì che erano di nobile origine, allora chiesi al più giovane:
“Messere, mi permetto di disturbarvi…io sono Mercuzio Della Scala” e mi inchinai.
“Sono Romeo, Romeo Montecchi…e lui è mio cugino Benvolio…siete parente del nostro Principe?”
“Sono suo nipote…posso offrirvi da bere?”
Dopo qualche boccale di vino, pensammo di lasciare la locanda per fare quattro passi…
“Ho sentito parlare molto di voi Montecchi…ma mi è stato riferito anche un altro nome…Capuleti se non sbaglio…”. Il riccio, Benvolio se non vado errato, si irrigidì mentre l’altro gli posò una mano sulla spalla, mi guardò avvicinandosi e disse:
“Messere non vi conviene pronunciare quel nome né in nostra presenza né in presenza di un altro Montecchi. Quelli che voi chiamate Capuleti per noi sono degli attacca brighe insopportabili, nonché acerrimi nemici…”
“Perché?”
“Non lo sappiamo” rispose Benvolio “ quest’odio esiste da prima ancora delle nostre nascite e delle nascite dei nostri genitori…”
“Se giurate di non parlare più di quella feccia, potreste anche starmi simpatico, Mercuzio” disse Romeo girandomi intorno.
“Certo…sento che saremo grandi amici…” e gli diedi una pacca sulla spalla a entrambi.


Per tutto il giorno, la mia nutrice non fece altro che aprire bauli e armadi per tirar fuori vesti, gioielli e scarpe…sembrava dovesse andare lei alla festa…io ero totalmente disinteressata: non mi piace essere messa in mostra come una stoffa pregiata, sotto gli occhi degli avventori che cercano solo di concludere un buon affare.
“Giulietta cara…preferisci questo rosso o questo bianco?” chiese sollevando i due abiti.
“Balia, non ci vado alla festa…” dissi stendendomi sul letto.
“Oh benedetta figliola, ma tu devi andarci…altrimenti tuo padre si arrabbierà…”
“Cerca di capirmi…perché devo essere come la carne per un affamato, come seta per un mercante? Io non sono un oggetto, nutrice, e non voglio che si facciano affari su di me!”
“Ma questo non è un affare! Ti stanno dando la possibilità di avere un futuro…”
“Sarà come dici tu, nutrice, ma non è il metodo giusto”. La vidi posare i due abiti sulla poltrona e sedersi al mio fianco per accarezzarmi…
“Bianco” dissi.
“Cosa?”
“Il vestito…” mi alzai per mettermi vicino a lei “lo preferisco bianco”. Sorrise e mi abbracciò calorosamente.

 
  
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