Quello che non dimenticherai.
Prima pagina
Non sono mai stata al mare. Qui nel distretto 12, nessuno ci
è mai stato; io ho imparato a nuotare grazie a mio padre e alle nostre fughe
presso il laghetto al di là del filo metallico, ma la mia fu mera fortuna, se paragonata
alla sorte comune. Non sono mai stata al mare eppure me lo sono figurato,
innumerevoli volte, con chiarezza e limpida precisione.
L’ho visto negli occhi di Finnick, nelle sue iridi
vivide e maestose come le onde imponenti. Nel suo sguardo, in cui guizzavano
come fiamme danzanti determinazione e malizia, fianco a fianco al dolore,
antico e imperituro, di chi non gode di una notte senza incubi da quasi dieci
anni.
Ricordare Finnick ha il sapore della salsedine che arde
in gola. Ricordare Finnick sorridere è un mare in
tempesta, ma ricordarlo nei suoi ultimi attimi di vita è più un maremoto,
un’inondazione.
Non ho mai conosciuto il vero Finnick, il ragazzino
smaliziato del distretto 4 che intreccia nodi e pesca col suo tridente: il
sogno delle fanciulle, l’amore di Annie. Ho conosciuto il Finnick
adulto che si vende per salvare la vita ai suoi cari, che non intreccia più
nodi ma trappole e che non pesca col tridente ma lo conficca nel cuore di un suo
vecchio amico. L’ho conosciuto quand’eravamo due ombre sbiadite dall’orrore del
ricordo, e forse ho compreso chi realmente fosse ancora più tardi. Quando non
c’era più.
Ricordare Finnick al momento ci è impossibile, ce ne
rendiamo conto e decidiamo di onorare il suo ricordo in altri modi; lo affidiamo
alle pagine di un libro, alle dita abili di Peeta e a
qualche foto reperita tramite Effie da un catalogo di
vecchi tributi, perché non sottrarremmo neppure una ad Annie; senza neppure concepire
il pensiero sappiamo entrambi quanto sia raccapricciante, e l’idea non viene
neanche proposta.
Ricordare Finnick adesso è più facile attraverso i
due occhi azzurri e penetranti che Peeta ha
disegnato, e affiancarvi una descrizione diventa più indolore se non mi fermo a
pensare. Se trascrivo attimi, frazioni di un’immagine senza visualizzarne la
totalità; una zolletta di zucchero sgranocchiata col sorriso sulle labbra. Il
suo respiro sul mio collo mentre mi aiuta durante l’Addestramento. Un’amicizia
forgiata da notti insonni e lacci da riannodare all’infinito. Uno scherzo
innocuo, forse l’ultimo, sulla riva di un lago che trascinò a sé tante vite
quante né salvò.
Ricordare Finnick è una necessità, non un desiderio.
Ricordare Finnick ha il sapore delle lacrime che
adesso io e Peeta stiamo soffocando l’uno nella spalla
dell’altro, agognando sollievo quasi come se ne traessimo aria per respirare, e
magari qualche antidolorifico per il cuore. Ma neanche il Dr. Aurelius può prescriverci alcun antidolorifico, e ricordare
Finnick continua a bruciare più del sale su una ferita
aperta.
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EHI GENTE torno su EFP dopo tre anni o più (ma davvero quanto tempo è passato che vecchia sono) per pubblicare una storia che ho scritto tantissimo tempo fa Hunger Games. Oggi l'ho ritrovata nel pc e stranamente mi piaceva ancora! Così ho aggiustato qualcosina e deciso di farla leggere a qualcuno così che piangesse insieme a me sob.
Ho parecchi capitoli già scritti quindi, se mi ricordo, DOVREI aggiornare, ma sono in piena sessione esami, quindi non so!