Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: _armida    31/12/2015    2 recensioni
Ade si chinò sul suo volto, quasi volesse sfiorarglielo con il proprio. “Lo sentì il sole sulla tua pelle, Persefone?”, soffiò sulle sue labbra. Un gesto elegante della mano e le foglie secche ancora attaccate ai rami sopra le loro teste si staccarono, permettendo così ad un raggio di sole di penetrare all’interno del cerchio, finendo a lambire le loro due figure.
“Il bell’Apollo, il tuo caro Dioniso, loro parlano del sole, del suo calore sulla pelle, ma tu ti limiti a sorridere ed annuire, fingendo di sapere di cosa parlano ma in realtà non lo sai. Senti solo un leggero torpore, niente a che fare con la sensazione divorante che provano loro. La pelle delle divinità che conosci si scurisce e diventa ambrata, la tua rimane invece sempre pallida. Ti sei mai chiesta il perché di tutto questo?”
Parlava davvero di lei? Oppure c’era anche un pochettino di sé stesso in quelle parole?
“Io e te non siamo poi così diversi”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo III: Confidenze

Inutile dire che, dopo ciò che era successo nella zona proibita, Persefone si fosse presa una bella strigliata dai suoi genitori -da sua madre, in special modo-.
Ma, mentre li ascoltava -ascoltava sua madre, Zeus si limitava ad annuire alle parole della moglie-, la giovane dea della prima aveva captato qualcosa di strano: non era rabbia, o rimprovero, o delusione, quella  che traspariva dalle parole di Demetra, ma preoccupazione e timore. A Persefone sarebbe solo bastato capire di cosa sua madre avesse paura, per risolvere l'enigma. 
Impresa tutt'altro che facile.
Però la dea, forse, aveva capito di cosa si trattava. O, almeno, era convinta di essere sulla buona strada. C'era una domanda che le ronzava per la testa, da quando aveva messo piede in quella piccola stanza: com'era possibile che il cancello si fosse aperto, al suo tocco, quando tutti sapevano benissimo che a lei l'accesso non sarebbe dovuto essere consentito?
Aveva posto quella domanda a sua madre ma Demetra non le aveva risposto, congedandola malamente e intimandole di andare immediatamente nella sua stanza, in punizione. Per sicurezza, aveva pure pure incaricato la sua più fidata ancella, Leucippe, di seguirla ovunque.
Persefone aveva sbuffato e protestato: non voleva anche il fiato di quella ninfa dei boschi inacidita, sul collo.
Ovviamente era stato tutto inutile.
 
***

La mattina successiva...

Leucippe aveva passato tutta la notte fuori dalla camera di Persefone. 
Quella ninfa dei boschi aveva il sonno tremendamente leggero, sfortunatamente. E Persefone doveva assolutamente andare ad Atene, per parlare con Fidia della situazione e per controllare che il terremoto non avesse causato troppi danni al Partenone.
La giovane dea della primavera sbuffò, cercando di trovare una soluzione per uscire dalla propria camera alla svelta, senza che l'ancella di sua madre la scoprisse.
Passare dalla porta d'entrata era decisamente fuori discussione, quindi restava solo la portafinestra che dava sul balcone: si sarebbe dovuta arrampicare, per poter raggiungere il proprio cavallo alato, nelle stalle.
Cercando di fare meno rumore possibile, abbassò timorosa la maniglia ed uscì all'aria fresca: anche sul Monte Olimpo, all'alba, la temperatura era frizzantina. Persefone istintivamente si raggomitolò nel sottile mantello che portava sulle spalle. 
Si avvicinò alla balconata, stringendola forte e guardando di sotto: fortunatamente la sua stanza era al primo piano; anche se fosse caduta non si sarebbe fatta poi così male... E poi era una dea, teoricamente sarebbe dovuta essere più resistente di un umano. E immortale.
Si avvicinò al muro, su cui cresceva un po' di edera e, stando molto attenta a non cadere, scavalcò la balconata.
"Che gli dei me la mandino buona", sussurrò mentre afferrava con entrambe le mani un ramo all'apparenza robusto.
Dovette mordersi la lingua, per non mettersi ad urlare. Eppure sembrava facile, quando vedeva Apollo e Dioniso farlo!
Scese lentamente. Un piede dopo l'altro, le mani artigliate ai rami d'edera e la testa che si riempiva di imprecazioni sempre più fantasiose. 
Mancava forse un metro, alla fine della scalata, quando scivolò, perdendo l'appiglio e cadendo rumorosamente sulla bassa siepe proprio lì sotto. Lanciò un piccolo urlo.
Si alzò a fatica, massaggiandosi il fondoschiena parecchio dolorante e poi si guardò intorno, sperando che nessuno l'avesse vista o sentita.
Tirò un sospiro di sollievo, quando si rese conto di essere completamente sola.
Con un'andatura che cercava di apparire il più normale possibile -nonostante la caduta tutt'altro che piacevole-, si diresse verso il piccolo boschetto al centro dell'ampio parco interno all'Olimpo: dal punto dove si trovava lei, passare per il boschetto era la via più veloce per raggiungere le stalle. E poi era una via coperta, dove nessuno l'avrebbe mai vista. 

Una volta arrivata nelle stalle, andò subito a prendere il proprio cavallo alato ma, a differenza delle altre mattine, non era sellato. Comprensibile, visto quello che stava accadendo. Apollo aveva senz'altro qualcos'altro a cui pensare, al posto del cavallo di sua sorella.
Stava sistemando la sella, quando qualcuno le giunse alle spalle.
"Non ti facevo così mattiniera". Era la voce di sua zia, Estia.
Persefone tirò nuovamente un sospiro di sollievo: aveva creduto che fosse Leucippe o, ancora peggio, sua madre. Sua zia invece era una delle poche persone sincere, con lei.
"Ho un impegno", rispose lei gentilmente.
"Così importante da rischiare un'altra scenata di tua madre?", ribattè Estia con l'espressione di chi la sapeva lunga.
Solo in quell'istante la giovane dea pensò alle possibili conseguenze che sarebbero avvenute quando Leucippe sarebbe andata a riferire a sua madre che in qualche modo era riuscita a scappare. Si porto una mano alla fronte. Che stupida che era stata! Possibile che non ci aveva pensato prima?
Nelle iridi color nocciola di Estia passò una punta di ironia, al vedere il comportamento della nipote. 
"Non preoccuparti, Persefone, ho lasciato un messaggio a tua madre nel quale l'avvisavo che oggi saresti stata un po' di tempo con me"
La giovane la guardò stupita. "Come facevi a sapere che sarei venuta qui?"
La dea del focolare le sorrise. "Perchè sarebbe esattamente lo stesso posto e la stessa ora a cui sarei venuta io, se volessi andarmene via e passare inosservata"
Persefone sorrise a sua volta: era più simile a sua zia di quanto credesse.
 
***
 
Atene...

Persefone ed Estia passeggiavano come due comunissime mortali tra la marea di gente che affollava gli stretti vicoli dove ogni giorno di svolgeva il mercato.
Era la prima volta, che le due passavano insieme tra gli umani. Anche quello le accomunava: l'amore smisurato che provavano per il genere umano. E la sensazione, che stare a contatto con quella magnifica razza dava: si sentivano entrambe più a casa tra loro, per gli stretti vicoli di Atene, che tra gli spaziosi saloni della reggia di Zeus, sul Monte Olimpo. 
Estia aveva finalmente trovato il proprio posto nell'Universo, decidendo di vivere tra gli umani; Persefone ancora no, ma era sulla buona strada.
"Come va la costruzione del Partenone?", chiese la dea del focolare.
Il viso di Persefone si illuminò: nessuno le aveva mai posto una simile domanda, prima. Chi sapeva di esso era o direttamente coinvolto -vedi Agoracrito-, oppure non gliene poteva importare una mazza -come ad Apollo e Dioniso-.
"Molto bene, è quasi ultimato", disse con un sorriso a trentadue denti. Il suo volto però si rabbuiò presto, al pensiero di quello che era successo il giorno precedente. "Sempre sperando che il terremoto di ieri non abbia fatto troppi danni"
Estia sospirò: segno che il problema con Ade la impensieriva. E non poco. 
Persefone le sorrise dolcemente, nel tentativo di farla stare un po' meglio.
"Papà ha detto che entro domani mattina la questione sarà risolta e che tutto tornerà a posto", disse per rassicurarla. La dea della primavera si fidava ciecamente di suo padre.
"Già...", ribattè Estia, pensierosa. Lei sapeva più di quanto dava a vedere, sulla questione. Ma per un motivo o per l'altro, non poteva assolutamente farne parola con nessuno. Men che meno con Persefone.
Restarono in silenzio per un po', ognuna immersa nei propri pensieri. Camminando e guardando con curiosità i vari banchi del mercato.
"Ho saputo che presto costruiranno un  tempio basato sui tuoi disegni", disse Estia.
"Sì!", confermò la dea della primavera pavoneggiandosi proprio come una bambina a cui è stato appena fatto un complimento.
Quel comportamento ancora così infantile e innocente fece sorridere sua zia.
"Cioè, non è proprio un tempio vero  e proprio... avrà dimensioni molto ridotte e sarà in una posizione secondaria ma..."
"Per iniziare non è affatto male", la interruppe Estia prima che si facesse venire qualche complesso di inferiorità: Persefone era una creatura molto dolce, ma anche molto fragile e insicura. Però, con un po' di duro lavoro, era riuscita a credere un po' di più in sè stessa.
La nipote la osservò, piena di gratitudine per la fiducia in sè stessa che la zia le aveva sempre infuso.

Camminarono ancora per un po', fino a quando giunsero nell'agorà che, nonostante l'ora, era già gremita di pensatori, filosofi e dei loro allievi.
"C'è un ragazzo che ci sta facendo dei gesti, là", disse Estia, puntando il dito verso la scalinata che portava all'acropoli.
Persefone aguzzò la vista, nel tentativo di capire  chi fosse. 
Sorrise, una volta messa a fuoco la figura.
"E' Agoracrito, uno degli aiutanti di Fidia", spiegò a sua zia. Si diresse in quella direzione ma, dopo alcuni passi, si fermò: aveva dimenticato qualcosa. Tornò verso Estia. "Vuoi venire anche tu? Così ti mostro come procedono i lavori"
La dea del focolare le sorrise con fare un po' materno. "Magari la prossima volta"
"Oh...ok". Persefone ci restò un po' delusa. "Allora ci vediamo stasera"
Ad un cenno di saluto di Estia, la giovane dea si voltò e a passo spedito si diresse verso Agoracrito, che pazientemente l'aspettava seduto su uno dei gradini.

***

"Chi era?", chiese curioso Agoracrito, mentre, insieme a Persefone, percorreva la lunga scalinata che portava all'acropoli.
"Chi?", ribattè la giovane, fingendo di non capire.
"La donna che era con te"
"Oh...ehm...", Persefone era sempre stata una pessima bugiarda. "...una mia zia". Dai, alla fine quella era la verità.
Agoracrito la fissò molto attentamente. La sua espressione concentrata aveva un chè di buffo, che fece ridere la ragazza.
"Si, si", disse, fingendosi offeso, "Ridi pure. Per ora"

In cima alla scalinata, ad attenderli, trovarono Fidia, con una faccia truce. Di sicuro non portava buone notizie, riguardo alle condizioni del Partenone.
Persefone e Agoracrito si guardarono, allarmati.
"E' ancora in piedi, vero?", chiese il giovane.
"Il Partenone ha resistito", disse il geniale scultore. "E' conciato maluccio ma ha resistito"
"Definisca il termine 'maluccio' "
"Agoracrito, invece di stare qui impalato, vai a vedere tu stesso", ribattè irritato.
"Signor sì, capitano", rispose il diretto interessato, mettendosi sull'attenti  e accennando un saluto militare. Poi corse via, verso la sua meta.
Fidia scosse la testa; sembrava sconsolato eppure, i suoi occhi azzurri, esprimevano un po' di divertimento. "Non crescerà mai", commentò.
Nel mentre, il suo sguardo fu rapito dal grande cono nero, che vorticava velocemente intorno a sè stesso, all'orizzonte.
Sospirò. "Per tutti gli dei... non ho mai visto niente di simile"
Persevone lo osservò, preoccupata. "Ade ha posizionato il suo esercito ai confini del proprio regno". 
Allo sguardo interessato dell'anziano mentore, si pentì subito di avere parlato; ma non lo aveva fatto apposta, le parole le erano uscite spontaneamente.
L'uomo la scrutò, con fare indagatorio: non sapeva assolutamente niente di quella giovane eppure, per qualche strana ragione, aveva fiducia in lei. Ma quell'informazione...
"Come fai a dire una cosa del genere, bambina mia?"
Già... e ora cosa avrebbe risposto Persefone? Sentiva il panico, crescerle dentro. "Ehm... lo dicevano in giro, stamattina al mercato"
"Non bisognerebbe nominare il signore dell'Averno in questo modo, ragazzina". La voce alle spalle della dea era dura e tremendamente seria. Si voltò, per vedere chi avesse parlato e si ritrovò faccia a faccia con la gransacerdotessa di Atena.
La donna la scrutò da capo a piedi, con quell'espressione fredda, da cui era impossibile percepire ogni emozione. 
Persefone si sentiva sempre un po' intimidita, da quella presenza, e il suo più grande timore era quello che, in quanto gransacerdotessa, avrebbe potuto scoprire chi fosse in realtà.
Stando comunque a debita distanza, li seguì mentre si dirigevano verso il Partenone.
L'edifico era stato rinforzato con diversi sostegni, ma sembrava ancora solido. L'unico punto veramente critico era il fregio del frontone triangolare, che giaceva sui gradini, ridotto in mille pezzi.
Persefone provò un moto di tristezza, nell'osservarlo.
Notò con dispiacere che anche alcune colonne portavano delle profonde crepe: sarebbero senz'altro state stuccate o, nei casi più gravi, sostituite con delle nuove copie.
"Che fai, ragazzina, non entri a dare un'occhiata?", chiese amichevolmente Fidia, vedendola là immobile, a contemplare i resti a terra.
Persefone non se lo fece ripetere due volte. Corse velocemente dietro al proprio Maestro.
"Dopo la forte scossa di ieri pomeriggio, se ne sono susseguite diverse altre", disse con tono amareggiato Fidia. "Fortunatamente di intensità minore. Dubito che il Partenone resisterebbe, ad un'altra scossa di quella intensità..."

***
 
Diverse ore più tardi...

L'interno del tempio non era messo così male, rispetto a all'idea che si era fatta Persefone. Era messo anche meglio dell'esterno. 
Sarebbero dovute essere sostituite giusto qualche colonna. E ovviamente c'era da rifare completamente l'intonaco. 
Fortunatamente era tutti interventi fattibili, che non avrebbero minato troppo la stabilità complessiva dell'edificio.
Persefone si sentì però sollevata, quando finalmente fu all'esterno, a respirare nuovamente l'aria fresca.
In un punto lontano del cantiere, vide Agoracrito discutere con qualcuno, ma non diede troppo peso alla cosa, presa com'era ad ascoltare Fidia dare ordini ai diversi operai in azione: a causa del terremoto del giorno prima e del lavoro extra che esso aveva causato, il numero degli uomini che lavoravano all'abbellimento dell'acropoli ateniese era aumentato.
Ad un certo punto, Agoracrito e l'uomo sconosciuto le si avvicinarono.
"Questo tizio dice di essere un tuo conoscente", disse il giovane, indicando la persona alla sua destra.
Persefone studiò l'uomo, cercando di capire chi fosse. Un ampio sorriso fece la sua comparsa sul suo volto. "Certo che lo conosco!". Nonostante l'aspetto non fosse il suo -per motivi più che ovvi-, era impossibile per la giovane dea non riconoscere Ermes. Lo abbracciò.
"Quindi posso lasciarvi soli e tornare alle mie mansioni?", chiese cauto Agoracrito. Nonostante facesse il buffone ogni qual volta gli era possibile, aveva un animo dolce e premuroso. Specialmente verso Persefone, che considerava 'la piccola del branco'.
La ragazza annuì.
"Persefone dobbiamo tornare immediatamente sul Monte Olimpo", le disse Ermes, una volta che Agoracrito fu lontano. "Siamo già in ritardo e tuo padre ha chiaramente espresso che vuole tutti in perfetto orario, questa sera alla festa".
Senza aggiungere altro, le prese delicatamente un polso e la condusse via.


Nda
Non credevo davvero di farcela a postare questo capitolo prima della fine dell'anno, però ci sono riuscita.
Nel prossimo capitolo farà la sua comparsa (finalmente) Ade. Ma aspettatevelo completamente diverso dal solito ahahahah ;)
Bene, per ultima cosa, volevo augurarvi buon anno. Auguri! :D
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: _armida