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Autore: _eco    02/01/2016    4 recensioni
[Future!fic]
- Starai bene. - le dice di nuovo, stavolta con tono più autoritario, come se l'avesse stabilito ora, definitivamente, che Lydia starà bene. - E andremo al ballo di fine anno, insieme. -
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora. Sta cosa è un suicidio, perché sono praticamente incapace di scrivere cose "dolci" senza scadere nel banale. Ma vbb. Una mia amica, più sadica di me, mi ha dato l'idea per sta scena e l'ho scritta. 
Enjoy. :)))))))))))))))))))))))))))) *sguardo satanico*
Resta con me.

 
Più o meno all'età di otto anni ogni bambino sa che il corpo umano contiene circa sei litri di sangue. Stiles aveva sempre promesso al padre che non avrebbe guardato il liquido denso e scuro intrappolato nella siringa, ma ogni volta si ritrovava a essere tradito dalla sua curiosità infantile. Quella sostanza rosso intenso, che fino a pochi secondi prima scorreva nel suo braccio, ora custodita nel cilindro di vetro, lo intimoriva e affascinava al contempo. 
Adesso lo terrorizza e basta, e per diversi motivi. In primo luogo, perché non c'è un contenitore che lo raccolga. In secondo luogo, perché non è il suo sangue. Il colore è lo stesso, certo, anche se - e forse è per via del panico - gli sembra più scuro, ma Stiles sa che non è suo. Questa consapevolezza gli attanaglia lo stomaco e lo fa sentire ancora più impotente. Lydia indossa un vestitino azzurro, uno di quelli che porta in primavera e che le cadono morbidi addosso. La chiazza rosso intenso che si espande ogni secondo di più contrasta con il colore del tessuto, chiaro, innocente e quasi si confonde con le ciocche di capelli sparse un po' dappertutto - per terra, sull'abito, sul braccio di Stiles. Lydia è accartocciata su se stessa, come una foglia autunnale maldestramente calpestata da un passante distratto, e Stiles cerca di tenerla insieme e non farla spezzare. Il collo di Lydia è incastrato nell'incavo del gomito di lui, come il pezzo mancante di un puzzle progettato nelle minime smussature. Stiles la stringe a sé con delicatezza, chiedendosi quanta pressione dovrebbe esercitare per tenerla insieme senza farla sbriciolare in mille pezzi. Goccioline di sudore gelido imperlano la fronte di Lydia, che diventa più pallida ogni secondo, le labbra violacee. Gli occhi sono avvolti da un velo opaco che li rende più scuri, vitrei. Ogni tanto il velo si sposta, come un sipario impazzito, e un verde tenue ritorna a dipingere le iridi della ragazza, ma dura tutto troppo poco, tant'è che Stiles inizia a chiedersi se non sia la sua mente a giocargli dei brutti scherzi.
- Shh. Va tutto bene. Va tutto bene. - sembra che le stia cantando una ninna nanna, accarezzando la pelle nuda del suo braccio con una mano e scostandole i capelli dal viso con l'altra.
Stiles è sempre stato bravo a leggere il labiale - cosa di cui si è spesso vantato - ma adesso non si preoccupa nemmeno di sforzarsi, perché sa benissimo cosa Scott sta dicendo al tipo del 911. Sono nel liceo di Beacon Hills. Una ragazza - Lydia -  è stata ferita all'addome, perde molto sangue, è ancora vigile. Fate presto. 
Kira, i jeans stracciati che lasciano intravedere un graffio non molto profondo, si trascina vicino a Scott, paralizzato per la macabra familiarità del quadretto davanti ai suoi occhi. Vuole credere che un simile scherzo del destino possa capitare una sola volta, non due, non tre, non alle stesse persone, non di nuovo. Ti prego, non di nuovo. Stiles solleva lo sguardo per un attimo, gli occhi sostituiti da due bottoni di latta imperscrutabile. I raggi della luna, che filtrano attraverso le finestre dell'aula, vi proiettano complicati giochi di luce, evidenziando le lacrime che Stiles tenta di trattenere. Non può piangere. Lydia deve credere che andrà tutto bene. Non può piangere. Torna a concentrarsi su di lei. Ogni goccia di sangue porta con sé un brandello di Lydia, un frammento del suo sorriso, una tonalità della sua voce, un pizzico del suo sarcasmo. Stiles scosta la mano dal viso di Lydia e tenta invano di tamponare la ferita, ma è impossibile distinguere precisamente l'origine di tutto quel sangue. Gli artigli della bestia devono senza dubbio aver lasciato quattro fori d'entrata, come piccoli e letali proiettili. La vita di Lydia scorre letteralmente fra le sue dita, come linfa preziosa che si disperde senza sosta. 
- Scott ha chiamato il 911. - le dice con voce spezzata. 
Vuole accarezzarle i capelli, ma sa che Lydia andrebbe totalmente fuori di testa se avvicinasse le dita sporche di sangue alle sue ciocche biondo fragola, perciò si limita a coprire la sua mano sottile, premuta contro la ferita nella vana speranza di poter fermare il flusso di sangue. La avvolge come un guanto, rabbrividendo nel scoprire che la pelle di Lydia è diventata improvvisamente un blocco di ghiaccio.
- Stanno arrivando, d'accordo? -
Lydia tenta di annuire, ma questo semplice movimento le costa un dolore lancinante al collo, il che è assurdo, visto che non è stata colpita lì. Prova ad articolare qualcosa, ma le labbra sono incredibilmente secche e la gola brucia come se avesse appena ingurgitato una bottiglia di liquore. Stiles scuote il capo, come per dirle di non parlare, che non c'è bisogno di sforzarsi. Il ragazzo ripercorre, come in una maledizione, la dinamica dell'incidente. Rivede la bestia voltarsi di scatto verso Lydia, gli artigli che affondano nella sua carne, il respiro che le si mozza in gola, l'espressione di sorpresa negli occhi, chiazze rosso intenso che deformano la tonalità tenue del vestitino. Stiles vede quasi la consistenza di ogni respiro riempirle i polmoni e svuotarli, percorrerle la gola martoriata e raggiungere la bocca in un sussurro appena percettibile. Ogni respiro è seguito da una smorfia di dolore che le increspa il viso, la fronte corrugata, le labbra contratte. Lydia inizia a tremare. Il primo istinto di Stiles è quello di riscaldarla, ma come? Qualsiasi movimento, se troppo brusco, potrebbe aggravare la sua ferita. Forse si è rotta una costola. Forse semplicemente spostarla signficherebbe la perforazione di un organo interno e Stiles rabbrividisce al solo pensiero. Tutto ciò che può fare è avvicinarla un po' più a sé. Lydia boccheggia come per parlare. Gli occhi le si sono riempiti di lacrime, che adesso rigano silenziose il viso pallido della ragazza, mescolandosi con quelle che piovono dal volto di Stiles. Il ragazzo ci mette qualche secondo prima di capire che anche lui sta piangendo, quando si era ripromesso di non farlo. Cosa potrebbe pensare Lydia? Che si è arreso? No, no, non deve pensarlo. 
-  Starai bene. - le ripete, sforzando un sorriso. 
Lydia annuisce. Emette un gemito di dolore strozzato, e, con chissà quale energia, riesce a mimare il sorriso di Stiles. È come se tutta la sofferenza che le pervade il corpo insistesse nel manifestarsi sul suo volto, e Lydia, con tenacia, di volta in volta, si ostinasse a scacciarla con quel tentativo di sorriso. Ci sono così tante cose che Lydia deve ancora fare, così tanti scenari in cui la immagina.
- Starai bene. - le dice di nuovo, stavolta con tono più autoritario, come se l'avesse stabilito ora, definitivamente, che Lydia starà bene. - E andremo al ballo di fine anno, insieme. -
Lydia emette un suono di assenso, gli occhi che s'illuminano di entusiasmo, in attesa che Stiles continui la storia.
- Andremo con Roscoe, perché non ti dà più fastidio quel catorcio. - 
Lydia storce le labbra.
- Okay, non come prima almeno. E poi... -
- E poi? - riesce a pigolare Lydia. 
- E poi lascerai che ti apra la portiera e ti aiuterò a scendere dall'auto. E ci saranno quegli stuzzichini orribili che ti ostini a definire non salutari, ma che io mangerò comunque. E poi... poi ti chiederò di ballare. - s'interrompe Stiles, come se attendesse che stavolta sia Lydia a dare un epilogo alla storia.
Lydia contrae le labbra, una  nuova fitta di dolore le attraversa l'addome e risale fino al collo.
- E balleremo. - gli fa eco con voce sottile. 
Stiles ricorda precisamente la sensazione di vittoria che lo aveva animato quando, quella sera di quasi quattro anni fa, Lydia aveva acconsentito a ballare con lui. Certo, dopo un discorso degno di un oratore romano, ma l'aveva convinta. Adesso è bastato lasciarle immaginare il loro ultimo ballo. Lydia non ha esitato ad annuire. Se la vede già davanti a lui, così bella da far invidia a qualsiasi altro ragazzo. E non che Stiles avverta un senso di possesso nei suoi confronti, no. Mai. Anzi, prova quasi pietà nei confronti di coloro che la guardano e vedono solo una bella ragazza. 
- Stai piangendo. - riesce a sussurrare Lydia, ogni parola che si mescola con quei tentativi di respiro, ormai ridotti a sbuffi irregolari. Solleva a fatica la mano libera, che si blocca come per dispetto a qualche centimetro dal volto di Stiles. 
Il ragazzo si china prontamente, sforzandosi per non ritrarsi al tocco gelido di Lydia. Vorrebbe dirle di stare ferma e non fare movimenti azzardati, ma sa che, cocciuta com'è, lei non gli darebbe retta. C'è qualcosa di estremamente sbagliato nel modo in cui Lydia gli accarezza il volto, come se volesse consolarlo. Non è lui che ha bisogno di conforto. Perché non può essere forte, per una buona volta? È sbagliato, perché è come se Lydia sapesse, come se percepisse la clessidra che scandisce ogni attimo della sua vita andare sempre più lenta. 
- No. - si affretta a ribattere Stiles. - No, non sto piangendo, perché tu resti qui. Resti qui con me, d'accordo? - 
Con ogni fibra del suo autocontrollo, il ragazzo pronuncia queste parole senza far incrinare la voce. Ci riesce solo in parte, perché l'ultima parte della frase esce fuori come una sorta di miagolio spezzato. Come quando alla radio si verificano interferenze una dietro l'altra e si accavallano tonalità diverse. Come uno strumento accordato male.
Lydia annuisce a fatica, lasciando scivolare controvoglia la mano con cui gli accarezzava il viso.
D'accordo. 
Stiles le stringe la mano intrisa di sangue. Intreccia le dita lunghe e nodose con le sue, gracili e sottili. Fredde come il ghiaccio. La stringe così forte da farle male, ma deve farlo. Deve tenerla sveglia, deve ancorarla a sé. Chiunque la stia tirando dall'altra parte, dovrà tener conto che lui si opporrà con ogni briciolo di energia che gli resta in corpo. Il terrore scava solchi sempre più profondi lungo la sua schiena, perché Lydia impiega ogni volta qualche secondo in più per sollevare le palpebre, divenute ormai pesanti strati di pelle cerea. Le ciglia scure proiettano ombre sinistre sulle guance della ragazza, semi illuminato dai raggi argentei della luna. Stiles vorrebbe che Lydia non chiudesse mai gli occhi, perchè ogni volta che lo fa lo assale l'orribile presentimento che non riuscirà più ad aprirli. Senza rendersene conto, Stiles ha adattato il suo ritmo respiratorio a quello di Lydia. Irregolare, ora frenetico, ora affaticato, ora quasi inesistente. Dicono che non ti rendi conto dell'esatto momento in cui muori. Che arriva all'improvviso, la morte. Ma Stiles si permette di dissentire, il che è più che plausibile, perché Lydia sa esattamente che questo - questa sorta di singulto che sembra più un singhiozzo - è il suo ultimo respiro. Gliela legge in volto, la consapevolezza di essere sul punto di abbandonare la vita e volare via. La percepisce nella furia disperata con cui Lydia si aggrappa alla sua mano, nelle iridi che si dilatano, nelle labbra che si schiudono lentamente. Lydia ha abbassato le palpebre sei secondi fa e non le ha ancora sollevate. L'ultima volta le sono bastati quattro secondi. 
- Ehi, Lydia. No, no, apri gli occhi. - il suo nome gli scortica le labbra senza pietà. - Apri gli occhi, Lydia. - 
Continua a chiamarla, anche se ogni volta ciò comporta un dolore più esteso, continua a chiamarla, incapace di dire altro. Le sorregge il collo, perchè non sopporterebbe - non è pronto, non lo sarà mai - di vederlo ciondolare privo di vita. Lydia è lì. È lì con lui. Gliel'ha promesso, che sarebbe rimasta. Ha annuito e gli ha sorriso. S'insinua in lui il pensiero perverso che quel sorriso le sia costato tutta l'energia rimastale in corpo e si maledice per aver preteso tanto. È bellissima, il viso finalmente rilassato, un po' troppo pallido persino per il suo colorito già chiaro per natura, le labbra dischiuse come se fosse immersa in un sonno tranquillo. Stiles le scosta i capelli dalla fronte madida di sudore - perché adesso non le importerebbe più delle dita sporche di sangue. Le dita sono percorse da tremiti incontrollati, tanto che a un certo punto Stiles non riesce a capire se le stia davvero accarezzando il viso o se la sua mano rimanga sospesa a qualche centimetro da questo. In media, l'essere umano conosce circa 20.000 parole nella propria lingua natia, ma è come se una pennellata netta avesse cancellato ognuna di queste. Tutto ciò che Stiles ricorda è il suo nome, e lo ripete quasi fosse una nenia. Il pianto di Stiles è silenzioso. I singhiozzi rischiano di strozzarlo e Stiles si ritrova a desiderare che lo facciano. Vorrebbe morire, vorrebbe essere risucchiato in un buco nero, vorrebbe che il ricordo di Lydia fosse estirpato dalla sua memoria. Vorrebbe tante cose. Vorrebbe chiedere ai soccorritori perché non abbiano fatto prima, mentre le sirene blu e rosse quasi lo accecano attraverso le finestre dell'aula. Cos'è successo? Uno di loro doveva finire di mangiare un panino? Non avevano fatto il pieno? Cosa? 
Quando le palpebre di Lydia iniziano a vibrare e a contrarsi, come quando ci si sveglia di malvoglia al mattino, Stiles è convinto di trovarsi in un sogno. Attende trepidante che accada qualcosa, non osando nemmeno sfiorarla, terrorizzato al solo pensiero di romperla. 
- Resta qui con me, coraggio, resta con me. - 
È un attimo. Un concetto nemmeno misurabile con le unità di tempo. A Stiles sembra un millesimo di secondo, la distanza tra la certezza che Lydia sia morta e la speranza che non lo sia davvero. La ragazza solleva le palpebre come se fosse il gesto più faticoso del mondo. È come se sapesse esattamente dove ancorare lo sguardo. Nell'istante in cui la penombra dell'aula colpisce le sue iridi, Lydia si concentra su Stiles. Vede la sua mano intrisa di sangue a pochi centimetri dal proprio viso, gli occhi di Stiles, spaventosamente luminosi, le sue guance rigate di lacrime, il labbro inferiore martoriato lì dove il ragazzo vi ha affondato i denti. La testa le pulsa freneticamente, come per punirla di non essere morta, di essersi opposta. Le mani di Stiles continuano a tremare, quasi avesse paura di toccarla e scoprire che è tutta un'illusione. 
- Stiles? - 
Ci sono tante cose che Lydia vorrebbe dirgli. Di non piangere, di non preoccuparsi, che lei è ancora lì, che in quegli istanti trascorsi in bilico tra la vita e la morte l'ha sognato, adorabile nel suo completo scuro da ballo, un mazzo di fiori fra le mani, ma decide semplicemente di chiamarlo per nome e riportarlo alla realtà. 
Stiles ricomincia a respirare per davvero, come se Lydia gli avesse dato il permesso. Non saprebbe dire se stia piangendo o ridendo, molto probabilmente entrambe le cose.  
- Non lo fare mai più, intesi? Mai più. - 
- Mai più. - gli fa eco lei.
Rimangono così, in silenzio, per il minuto successivo, prima che i soccorritori arrivino e la portino via. Stiles che scruta il viso di lei come se dovesse imprimere nella memoria ogni minuscola efelide attorno al naso, come se si trovasse davanti a un prodigio della natura, un miracolo. Lydia che scivola un po' più vicina al suo petto e si lascia cullare dal profumo di Stiles.
A qualche metro di distanza, Kira stringe la mano di Scott, che smette di ripetersi in testa quel mantra supplichevole.
Non di nuovo, ti prego, non di nuovo.
  
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