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Autore: larryslovebirds    02/01/2016    0 recensioni
Carmen riveste il ruolo di Commissario nella cittadina spagnola di Cordova, dove ultimamente cose terribili stanno accadendo: un serial killer sta rapendo e nascondendo un bambino dopo l'altro. Chi sarà l'artefice di tutto questo? E soprattutto, come mai Carmen soffre di frequenti e terribili amnesie?
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mamma, ti ricordi di comprare il latte? E’ da tre giorni che te lo chiedo, puntualmente mi dici che lo farai, apro il frigorifero e non c’è mai nulla per la colazione.” Guido aveva appena chiuso il frigo e si era seduto rassegnato, pensando che avrebbe dovuto accontentarsi delle barrette insignificanti della macchinetta della scuola anche oggi.
“Oddio, tesoro, devi scusarmi. Sono talmente sopraffatta dal lavoro ultimamente, che dimentico in continuazione di fare la spesa. Dannazione, spero di avere qualcosa di surgelato nel freezer almeno per cucinarti il pranzo”, fece Carmen in risposta, mortificata.

Era da mesi ormai che soffriva di gravi e ricorrenti amnesie: si trovava spesso seduta nella sua auto a cercare di ricordare eventi della stessa giornata che non riusciva a ricollegare, dimenticava puntualmente le chiavi di casa in ufficio, incontrava colleghi per strada dei quali faceva fatica a ricordare nomi ed identità, si svegliava la mattina avendo persino difficoltà a riconoscersi allo specchio. Inevitabilmente il suo stato di salute neurologica influiva anche sul lavoro: si ritrovava a dover lavorare su casi dei quali non ricordava assolutamente nulla, trovandosi costretta a chiedere aiuto a qualche collaboratore. Non le era mai successo prima di essere così distratta, stanca e totalmente imbarazzata e spaesata in compagnia dei suoi colleghi: durante i vent’anni di carriera da Commissario si era sempre presentata come un modello dal quale prendere esempio, una donna tutta d’un pezzo, precisa ed impeccabile in qualsiasi suo compito.
Guido, ormai sedicenne, era praticamente cresciuto con la nonna, abituato a vedere la mamma solamente la sera e per poche ore prima di coricarsi. Non aveva mai conosciuto suo padre, e non aveva neanche provato a parlarne con Carmen, sapendo che avrebbe ridicolmente evitato il discorso ritenendolo troppo immaturo per capire (solite scuse). Quando poi la nonna era venuta a mancare, Carmen aveva passato un periodo abbastanza pesante e travagliato: la sua sicurezza sembrava tutt’a un tratto traballare e abbandonarla, trovava alquanto difficoltoso congiungere lavoro e figli, le crisi di nervi non le lasciavano tregua neanche per riposare qualche ora la notte. Quando aveva ripreso a dormire regolarmente era diventata spaventosamente sonnambula: si alzava nel bel mezzo della notte e si metteva a cucinare, guardava la tv e passeggiava addirittura nel giardino, provocando angoscia e terrore nel vicinato, che aveva inevitabilmente installato trenta tipi di allarmi diversi. Era ormai uno zombie vagante, raramente riusciva ad apparire la donna curata di un tempo: i capelli avevano ormai dimenticato l’effetto delle mani esperte e rigeneratrici di un parrucchiere, dalle lavatrici uscivano solamente abiti sbiaditi (fino ad allora era stata la nonna ad occuparsene), le occhiaie le arrivavano alle guance a tal punto che neanche il fondotinta riusciva a renderla presentabile. Era disperata: si sentiva inutile sia come madre che come donna in carriera.
Poi aveva conosciuto per puro caso Marisol, la madre di una compagna di classe di Guido: un bel giorno le era venuto in mente di costringere il figlio ad invitare a casa qualche amico o amica per studiare, chiacchierare e distrarsi. Per l’occasione aveva addirittura comprato crostatine, biscotti, dolcetti vari e succhi di frutta, aveva sistemato il giardino, piantato persino qualche piantina per renderlo presentabile e pulito il tavolo con le sedie sotto il gazebo, sperando che tutto andasse per il meglio. Quando rientrò a casa dopo la sessione in ufficio, Guido era rimasto solo con Julia, la figlia maggiore di Marisol. Tutti gli altri compagni erano ormai stati prelevati dai loro genitori o erano tornati con i mezzi pubblici, data la tarda ora. Julia aveva aiutato a risistemare e pulire ciò che era rimasto sul tavolo del giardino, e poi aveva esclamato, scorgendo l’auto della madre che arrivava a tutta velocità: “Eccola, finalmente!”. Marisol aveva suonato il campanello in tutta fretta, era entrata in casa con tre bambini al seguito e si era scusata almeno una decina di volte per il ritardo, sostenendo che il traffico di Cordova a quest’ora era assolutamente paralizzante. “La capisco assolutamente” aveva accondisceso Carmen comprensiva, “non si scusi. Julia è una ragazza carinissima, non ci ha dato alcun fastidio averla con noi ancora un po’.” Marisol sorrise, fece cenno alla figlia di avvicinarsi, riprese i bambini per mano e si diresse verso la porta per togliere il disturbo. “Marisol”, disse improvvisamente Carmen, in un estremo impeto di generosità e desiderosa di compagnia, “perché non restate a cena? Trovo molto più conveniente per voi riprendere la strada verso casa più tardi, quando il traffico si sarà calmato un po’ e magari con lo stomaco pieno.” Marisol fu presa in contropiede, sorrise ampiamente e provò a declinare l’invito osservando “ma, cara, siamo tantissimi. Ho un esercito di bambini da sfamare e non ho assolutamente intenzione di disturbare la vostra quiete familiare. Grazie mile comunque.” Guido irruppe intraprendentemente nella conversazione sostenendo “non ci disturbate affatto! Ci fa piacere un po’ di compagnia, siamo sempre così soli.” Abbassò timidamente lo sguardo e arrossì in modo violento, tanto da far intenerire Marisol, che fece dietrofront e tornò in salotto con tutta la sua banda al seguito. Da quel giorno Marisol e Carmen non si separarono più: venne fuori che anche lei era rimasta senza marito e che la madre era rinchiusa in un manicomio, lavorava come donna delle pulizie non possedendo alcun titolo di studio, viveva con i figli in una villa enorme appena fuori Cordova lasciatale dalla madre e si sentiva incredibilmente sola e impotente. Spesso invitava Guido in casa quando la madre era al lavoro, lo passava a prendere per delle lunghe passeggiate durante il weekend; ed in cambio Carmen le prestava ogni tanto del denaro (nonostante Marisol rifiutasse qualsiasi aiuto economico): si chiedeva spesso come facesse quella donna a badare a quattro figli col misero stipendio che le spettava, sentendosi a volte anche stupida: com’era possibile che lei invece, Commissario di Polizia, riuscisse a cadere preda dei nervi così facilmente con un figlio solo? Era una fallita, ecco tutto.

“Commissario”, Carmen era seduta alla sua scrivania, tutta intenta a controllare la posta elettronica, quando si sentì chiamare a gran voce. “Ho delle novità per quanto riguarda il caso sul quale stiamo lavorando. Risulta che siano spariti all’incirca ventisette bambini questo mese, praticamente quasi uno al giorno. Ho provato a chiedere a Patricia del reparto investigazione se hanno nuovi sospettati, ma nulla.” Pedro aveva irrotto nella stanza frettolosamente e si era piazzato davanti a lei con una pila di fogli.
“Proprio nessuno? Avanti, abbiamo interrogato solamente un muratore impegnato nella ristrutturazione delle scuole elementari, un idraulico che stava svolgendo delle manutenzioni ed un macellaio che vendeva panini ai bambini durante la ricreazione. Siamo sicuri di non avere nessun altro sospettato? Io non direi. Potrebbe essere chiunque. Ricordiamoci, inoltre, che ci troviamo in pieno periodo festivo ed i pedofili o serial killer che siano (dando per scontato che non si tratti ormai di un caso isolato, con ventisette vittime) hanno modo di nascondersi e di agire in modo molto più veloce e sicuro. Nel mese di maggio qui a Cordova abbiamo il Festival de los Patios e la festa de Las Cruces: molta gente si raduna nelle piazze intonando canti tipici, chiunque nel trambusto generale potrebbe rapire un bambino e portarselo via. Non trovi? Su, Pedro, non farmi ripetere sempre le stesse cose. Al lavoro!” Pedro era diventato dello stesso colore della sua camicia (bourdeaux), aveva annuito ed era uscito dalla stanza con la stessa fretta con la quale ci si era precipitato qualche minuto prima. Carmen tirò un lungo sospiro: si sentiva quasi sicura come un tempo, non le stava sfuggendo nulla di mano, stava esortando tutti i suoi dipendenti a rigare dritto e a lavorare il più possibile al caso, e, dopotutto, a parte l’episodio della dimenticanza del latte, le sembrava di star recuperando anche le sue doti da mamma. Era talmente di buon umore che, tornando dall’ufficio, si fermò a fare spese acquistando più del dovuto (soprattutto alcolici che non avrebbero fatto altro che peggiorare le sue amnesie ed i suoi momenti di crisi), così decise di chiamare Marisol e di invitarla a cena con tutti i bambini. D’altronde aveva comprato talmente tanto cibo e stupidaggini per la casa (graziose tendine, candele, lucine natalizie assolutamente fuori stagione) che ci sarebbe stato da abbuffarsi e divertirsi a volontà, con tutte quelle ciancerie così inusuali da trovare in casa sua.
Fu una bella serata: Guido era al settimo cielo perché aveva trovato nelle buste della spesa tre cartoni di latte, così aveva assentito a bere un goccetto di vino dissuaso da Julia; i bambini si erano ingozzati di cioccolato finendo per trovarselo addirittura sul naso, Carmen rise così tanto da sentire male alla pancia e Marisol bevve forse un po’ troppo, perché si accasciò a terra appena alzata dal divano, e l’amica decise che non era assolutamente in grado di guidare fino a casa. “Resta a dormire qui, domani ti sentirai meglio e, se così non fosse, chiamerò io il tuo datore di lavoro per dirgli che sei malata”, aveva affermato decisa Carmen prima di andare al piano di sopra per sistemare i bambini nella camera degli ospiti che non aveva mai usato, Julia in quella della madre che era rimasta chiusa dalla sua morte, e sé stessa nel suo letto matrimoniale, che le sembrò ancora più grande e vuoto dopo che l’alcool le ebbe fluito nel sangue, tanto che chiese a Guido di dormire con lei.

La mattina seguente Carmen si alzò dal letto con un gran mal di testa, ma era sicura di ricordare tutto della serata appena passata: d’altronde era Marisol quella che era conciata peggio e che si era addormentata sul divano completamente vestita e truccata, con i capelli scompigliati, tanto da somigliare tremendamente ad un clown da circo. Si diresse al piano di sotto per fare colazione insieme al figlio, decisa a non svegliare né l’amica né i bambini: avrebbe portato lei stessa a scuola Julia insieme a Guido e, all’occorrenza, si sarebbe preoccupata anche di andarli a riprendere. Si truccò alla bell’e meglio per nascondere i postumi della serata precedente e si diresse poi verso l’ufficio, dove Pedro la accolse con un sorriso a trentadue denti: “Abbiamo finalmente un nuovo sospettato: il bidello, il signor Gonzalez. Tutti lo hanno descritto come una persona particolarmente viscida, sempre intento ad avvicinarsi alle bambine con un certo interesse. Molti genitori si sono lamentati in passato della sua condotta: direi di non trascurarlo.” Carmen rimase qualche minuto a riflettere, poi rispose: “Va bene, facciamogli qualche domanda. Ma il fatto che sia in qualche modo interessato alle ragazzine può voler dire molte cose: magari che non ha mai avuto una figlia ma la desidererebbe, magari gli è morta. E poi che ne facciamo della componente maschile scomparsa? Il movente quale sarebbe?” Pedro alzò le spalle e si propose di far entrare il sospettato con tono risoluto.
Il signore che entrò era sulla sessantina, brizzolato, gobbo, con un’espressione docile, simile a quella di un cagnolino abbandonato sotto la pioggia. Non era esattamente la faccia che si aspetterebbe da un pedofilo con problemi ossessivo-compulsivi, ma Carmen decise comunque di farlo accomodare. “Mi dica, signor Gonzalez” cominciò, afferrando taccuino e penna. “Mi è stato riferito che mostra un particolare interesse nei confronti delle bambine che frequentano la scuola in cui lavora. E’ vero?”  Il signore cominciò sommessamente a piangere, come se qualcuno lo avesse appena informato di una morte in famiglia devastante. “Si calmi per favore, non la stiamo accusando di nulla, vogliamo solamente vederci un po’ più chiaro in questa faccenda. Capisce che sono scomparsi esattamente ventisette bambini da un mese a questa parte, e che ancora non abbiamo trovato il colpevole?” disse Carmen con tono docile, per cercare al tempo stesso di tranquillizzarlo e di estorcergli qualche informazione. “Sì, sì, lo so. Ma io sono stato messo in mezzo quando non c’entro assolutamente nulla. Molti genitori mi hanno sempre detestato perché sono solito regalare dolci e caramelle ai bambini, li intrattengo quando si sentono soli o hanno dei malori, ma vi giuro che non ho mai provato alcun interesse per nessuno di loro. Ho due figli e li amo alla follia. Mi stanno succedendo cose strane ultimamente, come se fossi inseguito da qualcuno. Uno stalker, qualcuno che conosce tutti i miei movimenti. Proprio oggi ho trovato in una ciabatta una pennetta USB con dei dati che non ho avuto il coraggio di vedere: mi sarei presentato io stesso qui in Questura per consegnargliela di persona.  Sono sicuro che sia stato uno dei genitori a mettere in giro queste brutte voci su di me. Ne sono assolutamente certo!” Il vecchietto sembrava così indignato che Carmen si sentì per un attimo tremendamente in colpa per averlo anche lontanamente sospettato di un crimine simile. E la cattiveria di questi genitori? In fondo lui faceva solo ciò che il suo lavoro richiedeva, magari con un po’ più d’affetto. “Ottimo, mi dia pure il materiale. Me ne occuperò io. Per il momento può andare.” Prese la pennetta e se la nascose avidamente in borsa, decisa a non condividere ciò che conteneva con nessuno: se la sarebbe vista da sola con il bastardo o la bastarda che stava facendo tutto questo a dei bambini innocenti.

Quando tornò a casa quella sera, trovò il salotto ripulito e profumato come non mai, le camere impeccabili, e additittura una pentola fumante sui fornelli. “E’ stata Marisol”, disse Guido appena vide la madre rientrare, “ha detto che era per ringraziarti di iera sera.” Carmen sorrise e si distese sul divano accanto al figlio, lieta di avere un’amica così preziosa. Per un attimo la vita le parve perfetta. Dopo pochi secondi squillò il telefono. “Oh, Marisol! Ti avrei chiamata io stessa. Non dovevi assolutamente fare ciò che hai fatto! Sei così gentile. E poi, che ti sei messa a cucinare? Tra poco io e Guido assaggeremo le tue prelibat…” non fece in tempo a finire la frase che Marisol irruppe in un pianto assordante e cominciò ad essere in preda a degli spasmi che fecero preoccupare Carmen più del dovuto. “Marisol?” urlò nella cornetta, nel tentativo di convincerla a sputare il rospo. “Hanno rapito il mio bambino, Carmen. Matias, il più piccolo. Non lo trovo più da stamattina, sono sicura di essermelo perso mentre tornavamo a casa. Dio, che madre irresponsabile! Ubriacarsi nel bel mezzo della settimana e perdere i propri figli durante un brevissimo tragitto per raggiungere la macchina: è assolutamente deprorevole! Sono sicura che appena il serial killer che sta girando per la città l’abbia visto, non ci abbia pensato due volte a farlo a pezzettini. Mio Dio, Carmen. Aiutami!” Carmen non aveva mai sentito la sua amica così agitata e spaventata, al che decise di andare da lei a passare la serata  per tirarla su. Riattaccò, si infilò il giubbotto, entrò in macchina in compagnia di Guido e partì in tutta fretta.

La mattina seguente Carmen arrivò in ufficio con un quarto d’ora di ritardo: aveva finito per dormire da Marisol, che non riusciva a calmarsi né a smettere di piangere copiosamente, ed aveva deciso che questa storia del serial killer di bambini aveva seriamente stufato. L’avrebbe trovato al più presto e l’avrebbe sbattuto dentro, impedendogli di far del male ad altri ragazzini. “Pedro!” urlò istericamente. “Vieni subito qui!” Pedro arrivò di corsa, si aggiustò gli occhiali sul naso e chiese come avrebbe potuto essere utile. “E’ scomparso un altro bambino ieri. Il figlio di una mia cara amica. Siamo ora a ventotto bambini, ventotto! Come ultima sponda, non avendo nessuna prova, direi di tentare con l’ultimo sospettato: chi è che passa molto tempo in compagnia dei più piccoli? Il parroco della nostra parrocchia, ma certo! Con la catechesi e tutte quelle stupidaggini religiose: sai quanti bambini diventano vittime dei preti in questo modo, Pedro? Lo sai? Troppi, decisamente troppi! Manda immediatamente a chiamarlo e facciamola finita. E se non riusciremo a concludere nulla, rinchiuderemo tutti i sospettati, nel dubbio. E’ ora di porre la parola fine a questa storia.” Pedro era assolutamente scettico e non aveva inizialmente alcuna intenzione di adempiere al compito che gli era stato appena assegnato, essendo cattolico praticante dalla nascita, ma decise di uscire dalla stanza e di non fiatare, dato l’umore assolutamente pessimo del suo capo.

Quella sera, a casa, Carmen si sdraiò sul letto e si portò il portatile sulle gambe, decisa finalmente a vedere cosa conteneva la famosa pennetta USB datale dal bidello Gonzalez. Magari ci avrebbe visto più chiaro. Anzi, sicuramente. Inserì la pennetta e cliccò sull’icona del file: si aprì un video che all’inizio appariva alquanto confuso. C’era un bambino che non conosceva in primo piano, di spalle, intento a giocherellare in un parco pubblico. Era sera e non c’erano altri bambini, la madre sembrava non essere presente: c’era qualche adulto più lontano, intento a chiacchierare con un gruppo di amici, ma nessuno di più. Ad un tratto una mano afferrò con violenza il bambino da dietro: purtroppo la scarsa qualità ed illuminazione non permettevano di identificare il sesso del rapitore anche solo dalla mano. Carmen sospirò e mandò avanti, facendo ripartire il video quando vide un’ambientazione alquanto strana apparire sullo schermo: una stanza che le sembrava familiare, ma che non riusciva a ricordare di quale luogo facesse parte. Strizzò gli occhi per vederci meglio, e distinse un letto ed accanto un contenitore con degli utensili che non riusciva ad identificare. Di nuovo il bambino veniva messo a fuoco, stavolta sdraiato sul lettino e con gli occhi spalancati dal terrore. Carmen vide la punta di un coltello emergere dal lato inferiore dello schermo ed ingrandirsi sempre di più: si trattava di un enorme, terrificante coltello da macellaio. “Lo sapevo, il maledetto macellaio. Mi è sempre sembrato un tipo ambiguo e assolutamente schifoso. Non ho bisogno di altre prove e non voglio vedere il modo in cui tortura questi poveri bambini e, magari, ci si prepara pure un sugo. Domani lo manderemo in carcere e finalmente potremo dormire sonni tranquilli”, disse a sé stessa, spegnendo infuriata il computer e riponendolo sul comodino. Si addormentò quasi subito, e, quando Guido la svegliò nel bel mezzo della notte ritrovandola a camminare per casa in preda al sonnambulismo, si mise a ridere e si rimise sotto le coperte prendendosi in giro da sola.

Quando aprì gli occhi la mattina seguente, decisa a precipitarsi in ufficio più agguerrita che mai, abbassò lo sguardo per ritrovarsi tra le mani uno spaventoso coltello da macellaio che non ricordava neanche di avere.
   
 
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