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Autore: Leccalecca    03/01/2016    3 recensioni
Fanfiction partecipante al contest Bangsian Fantasy indetto da Najara87 e grazianaarena sul forum di Efp.
Come protagonista vede Antiope, una delle regine delle Amazzoni. Moglie illegittima di Teseo, il noto semidio, e madre di Ippolito.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome: LeccaLecca (chiamatemi Zozo)

Titolo: Di un vicolo ceco

Luogo: Ade (inteso come luogo di dolore, e di castigo)

Personaggio: Antiope

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VERBALE 1225398

PROCESSO 1225398AK

DATA: 23/12/2015

 

SEDE: TARTARO, PALAZZO DI ADE E PERSEFONE

 

IMPUTATA: ANTIOPE (/mortale/dio/eroe/creatura/ombra/)
PRESIEDE L'ONOREVOLE SIGNOR/A GIUDICE: ECATE
PRESENZA DI UN GIUDICE SECONDARIO: no/sì: RADAMANTE

 

 

([udienza preliminare e brevi presentazioni])

 

- Prima di fuggire, l'imputata scontava la pena a lei assegnata nella sezione α14b-2. Quest'informazione è corretta? -

- Sì, signora giudice. -


E alla fine, dopo altri tre secoli d'attesa (il tribunale degli Inferi era evidentemente molto affaccendato), era lì. L'aula debita al processo, vista la forma e l'altezza, doveva trovarsi nell'ala Est del palazzo del direttore. Era una sala circolare, spoglia, considerato quanto potesse esserlo in realtà la reggia del signore dell'opulenza; ma aveva comunque visto stanze molto meno minimaliste. Pareti, pavimenti e colonne di marmo e granito nero dominavano lo sguardo, arricchite da opali neri iridescenti incastonati nella pietra che brillavano alla luce fredda di tre lampadari. In cristallo, ovvio. L'impianto di illuminazione era moderno, e sapeva che l'unico focolare del palazzo si trovava nella sala del trono, al centro della struttura.
Sapeva cosa sarebbe successo.
Sapeva che l'avvocato sui vent'anni, forse una divinità minore, seduto accanto a lei, a un banco di legno di cipresso, era una mera rappresentanza di una difesa fittizia.
Si sarebbe dovuta sorbire un processo per una sentenza già decisa.



- Le dispiacerebbe spiegare alla corte il significato della sigla? E, brevemente, la morfologia o la
struttura dei campi della pena.-

 

Non ne vedeva l'assurdo motivo. Che senso aveva tergiversare? Non aveva già aspettato abbastanza? Ma non aveva molta scelta. Sentì le parole uscire dalla sua bocca come se non fosse lei a parlare.
 

- I campi della pena sono suddivisi in sezioni separate molto specifiche, escluse le zone delle κδ. Sono disposte una dopo l'altra, a livelli progressivamente inferiori degli Inferi, come una grande scalinata che va verso il basso; ogni gradino una zona. La prima sezione è la più elevata, e da lì si ha una buona visuale di tutte le altre. Ma per arrivare alla propria non si deve passare attraverso altri settori, sono tutti disgiunti, e separati. Si viene smistati subito dopo i cancelli, in base al giudizio avuto, e diretti verso un tunnel che porta direttamente a quella assegnata. La prima lettera della sigla, l'α, sta per omicidio. Settore omicidi. Si trova, partendo dai cancelli, dirigendosi all'estremità destra del territorio di smistamento dei campi. Adesso lo smistatoio...assomiglia a una enorme piazza, asfaltata e livellata, su cui si muovono i demoni che indirizzano verso il percorso giusto. Le divinità minori che arrivano, o i messaggeri, possono usare delle jeep per attraversarla, se serve. Giusto per farvi capire le dimensioni. Poi si entra in uno dei tunnel e si mantiene la destra costeggiando la parete, tenendola sempre a ad ogni bivio. La cupola rocciosa immensa su cui si apre contiene la sezione ed è circondata dal Piri, che la divide dalle altre. La temperatura è altissima e l'aria è rovente e insopportabile. -

- Chiarisca, che cosa intende per Piri? -

 

- E' l'abitudine. Per Piri intendo il Flegetonte. E' uno dei cinque fiumi che attraversano il Tartaro, e l'unico, a parte il Cocito, che poi ne raggiunge il fondo con una cascata. E' un letto di roccia vulcanica scavato e percorso da lava incandescente. Alcune pene consistono nell'immergervisi e nuotare. Tocca a molti dell'α2, per esempio. Matricidi o patricidi. Non è piacevole. Quando scorre intorno al mio settore è circa a un quarto del suo percorso completo verso il centro della terra. -

- D'accordo. Vada avanti. -


- Il 14 sta per strage. La b classifica per strage di follia. Il 2 indica che la strage è avvenuta a causa [l'imputata esita] … di sentimento amoroso e gelosia. Il settore non è uno dei più estesi in realtà. -

- E cosa intende per κδ? -

- Le pene scelte e controllate direttamente dal direttore. Non sottostanno a certe regole, e si trovano in settori a parte. -

- Il direttore? -

- Ἅιδης [l'imputata parla in greco antico] [traduz.: Ade] -

- Com'era il suo settore? -

- Che senso hanno queste domande? -

- Non si alteri. Le domande hanno uno scopo di contestualizzazione a favore della nostra giuria. -

[chiarimento: la giuria del suddetto processo era costituita dai seguenti membri: Procne, Damia, Auxesia, (Pegee), Aura figlia di Borea, Dike figlia di Zeus, Anio e Strimone, Iride]

- Come se nessuno di questi abbia mai...[l'imputata ha un veloce confronto con il suo avvocato] -

- Dunque? -

- Posso dire che il paesaggio è in continua evoluzione. Si sono sovrapposti strati su strati di edifici e luoghi adatti alle pene, in base [l'imputata sbuffa] a nuovi metodi punitivi escogitati dalle Erinni, o per volere di Ade, non saprei. Non sono riuscita a chiarirlo. L'ipotesi più plausibile che ho è che forse sono gli stessi campi a modificarsi per influenza dei nuovi dannati che arrivano, sempre da posti diversi, da periodi diversi. Comunque anche ad una prima occhiata puoi renderti conto che quello che vedi non è nuovo. Ogni volta che il paesaggio cambia, sembra sia sempre esistito in quella versione. E, be', sì questo è curioso, ad un secondo sguardo, se sei più attento, puoi scorgere le postazioni precedenti, com'erano secoli, millenni, ere prima. Sono come tremolii nell'aria che in qualche modo si mescolano alla nuova immagine. E' un po' difficile da spiegare, e vi assicuro che non sono luoghi su cui, comunque, vi piacerebbe fissare lo sguardo. [l'imputata fa una pausa] Al giorno d'oggi i settori assomigliano a dei quartieri di una stessa città, tutti differenti l'uno dall'altro, ma con quella sensazione di unità, di insieme. Nel complesso possono ricordare quasi una metropoli moderna. Il settore α14, insieme a varie sottocategorie, al momento del mio arrivo non aveva una sigla, ed era una distesa di vasche, come [l'imputata esita] esattamente come delle terme, dove ribolliva il Piri. Ci dovevamo nuotare tutti, a prescindere, e come ho detto, non era piacevole. [l'imputata fa una pausa] Poco dopo, credo una decina d'anni, ma non molti di più, Ade ha cambiato di molto l'amministrazione, ha smistato i dannati in maniera diversa, e i campi si sono adattati. Ora il mio settore è una distesa di grattacieli in cemento armato, con celle distribuite a decine per ogni piano. Ogni edificio ha circa un centinaio di piani. Nell'α14b-1 dovreste incontrare diversi tiranni che hanno influenzato la storia dell'umanità di recente, per quel poco che ne so. Colpevoli di stragi di stato, quindi genocidi e affini. La b-2, come ho già detto, è un poco meno affollata. [l'imputata si agita sulla sedia] In ogni cella il dannato è confinato per l'eternità, senza modo di uscire. Non ci sono porte ne finestre. E anche se fosse, le Benevole pattugliano entrate secondarie destinate a demoni e vie di congiunzione dei vari edifici a intervalli regolari. Da cella a cella, la pena può comunque subire delle variazioni, pur mantenendo uno schema fisso. Nel mio caso...[l'imputata esita e mantiene lo sguardo fisso sul banco] Nel mio caso...-

- Imputata? -

[la signora giudice chiama l'imputata per sette volte senza ricevere risposta]

 


Nel mio caso...


“- Come sarebbe a dire? Cosa significa tutto questo? -


Cosa...come osava dire una cosa del genere? Sentiva la confusione, il sospetto, prendere lentamente possesso della sua mente, come una nebbia densa e scura che si insinuava e cresceva, inesorabile e subdola, fino ad offuscarle i pensieri.
Guardò suo marito negli occhi, ed era, come sempre, bello; bello, bello da mozzare il fiato. Le iridi risplendevano delle acque salate e turchine dell'Egeo e sembravano gemme, illuminate dal focolare di quella sera. La linea della mascella era rilassata e i riccioli corvini, lucidissimi, gli incorniciavano il volto bronzeo.

- Che i tuoi servigi come moglie non sono più richiesti. Domani mattina verrai ceduta a uno dei miei comandanti.-

Le parole rimbombarono nella sua mente, la percossero. Poteva giurare di avere sentito il suono, il forte colpo stordente che distruggeva il suo scudo e frantumava per sempre la sua dignità... e il suo cuore.
L'oltraggio fu acuto ed intollerabile.
Lui, come osava! Come osava trattarla in quel modo! Lei era una regina! Era la madre di suo figlio, il suo primogenito! Perché lo faceva? Era la sua sposa e la sua unica...amante...
Lentamente, come a vedere una scena sul campo di battaglia, quando il tempo si ferma eppure scorre, i tasselli combaciarono, e in un orribile momento giunse alla tremenda conclusione; la sua mente si fece più chiara, come quando la freccia colpisce l'occhio del falco, in assoluta precisione.
Era per quella...donna...

- E' per lei, vero? -

- E' lei! La principessa di Creta, la figlia dello stesso re che mandò alla morte la tua gente! -

Vide la consapevolezza, il disprezzo lampeggiare in quelle iridi così perfette, la sua bocca contrarsi in una smorfia di rabbia. E fu tutta la conferma di cui aveva bisogno.
Urlò.


- Come osi! Cosa sei diventato! -

L'ira le scorreva nelle vene come un fiume cocente, come un'onda inarrestabile. E non aveva nulla a che vedere con la furia di una battaglia. Il suo onore era stato appeso con corde in una piazza ed umiliato, schernito, ucciso e lasciato senza sepoltura.
Non si era mai sentita talmente degradata...talmente...umiliata...trattata come un semplice oggetto da un uomo! 
E...non un semplice uomo. L'uomo di cui si era innamorata, l'uomo per cui aveva tradito, abbandonato le sue sorelle e la sua patria. Tutto perduto!Sentì un intenso pizzicore alle guance e agli occhi, mentre con le mani si afferrava i capelli, camminando avanti e indietro.

- Chi sei tu per permetterti di giudicarmi! Una figlia di Ares! Una volgare regina senza terra! -

Lui gridava ed ogni singola parola era un pugnale che scavava più a fondo nella sua ferita già stillante lacrime e sangue e spirito.
I suoi sacrifici, il suo onore raggirato e buttato via, gettato ai cani perché lo straziassero. E quella sensazione tremenda, di assoluta, accecante, gelosia, che non riusciva a tenere lontana, perché dopotutto, quello era suo marito dagli occhi magnetici, il grande cacciatore, il suo unico amore, il padre di suo figlio, che la lasciava, l'umiliava e...
Era troppo.
Il dolore era troppo.
“Basta, basta, basta per favore. Miei dei...padre...Artemide mia signora...vi prego, vi imploro...”

L'immagine sfumò, lasciandola distrutta, con le tempie pulsanti, tormentate da un sangue inesistente.
Cercò di regolarizzare il respiro, ma l'aria bollente non le donava refrigerio. Portò le mani alla fronte, accasciandosi sul pavimento duro e caldo.
Ogni dannata volta, era come fosse la prima.
Aveva bisogno di riposo, di dimenticare, ma era troppo stanca per concentrarsi, e sapeva che non le sarebbe mai stato permesso.
Tenne gli occhi aperti per un po', rifiutando chiuderli e vedere solo quello che la sua mente ottenebrata dall'influenza infernale poteva mostrarle. Fissò il soffitto senza realmente vederlo, la schiena dolorante per la lunga permanenza su quel severo giaciglio, lasciando che la superficie bigia del cemento e le urla strazianti, ovattate, dalle altre celle, la distraessero, almeno per un po'.
Quel falso sollievo sarebbe durato ancora per poco.”

 



- Imputata? -

[l'avvocato dell'imputata fa segno al giudice di attendere]


 


[l'imputata si riscuote]

- Nel mio caso, signora giudice, rivivevo eternamente il momento in cui il mio onore era andato perduto. -

- [la signora giudice si consulta con il secondo] [intervento del secondo giudice] La sua pena era mai interrotta? -

Sì...si ricordava la sua faccia.

- Lei la conosco. Immagino che date le sue scampagnate nei Campi Elisi, non sappia granché di ciò che accade più in profondità. -

- Imputata, si limiti a rispondere alla domanda. -

- Le pene, eccetto, come sempre, le κδ, hanno dei loro corsi ripetitivi e perpetui, con dei propri picchi di intensità massima e minima. Io li chiamo cicli. Ovviamente i cicli variano e si adattano al tipo di pena, per alcune l'intensità non diminuisce mai; ne ho fatto un esempio prima, con i matricidi e parricidi. Non credo che il Piri abbia zone con correnti fredde. Comunque sono studiati per dare al dannato una falsa speranza, e per non farlo abituare al dolore, di modo che l'esperienza sia peggiore. Almeno da quello che ne ho dedotto, e testato, per la conferma suppongo dobbiate chiedere alla Benevola che chiamate Tisifone. Presumo l'idea sia stata sua. -

[l'imputata si torce le mani]

- Quindi sì, avevo dei momenti di lucidità, se è quello che volete sapere. -

- Riceveva visite da eroi e, o, mortali? Ogni volta che un dannato viene contattato volontariamente da un vivo, la sua pena si ferma. -

 

Un ciclo era appena terminato.

Boccheggiava, stesa sul pavimento. Teneva le braccia piegate di modo da avere le mani ai lati del capo, e gli occhi quanto più spalancati potesse, sentendoli lacrimare piccole, brucianti gocciole salate. La sua pelle cerea non le era mai sembrata così senza vita come in quel momento, quando con la testa voltata di lato, esaminava le sue dita esangui, che flebilmente fletteva. Quando si accarezzò il volto, raccogliendo una stilla delle sue iridi, vide come la lacrima scorreva a ritroso, fino alla punta del suo polpastrello, e si librava nell'aria per qualche secondo, prima di dissolversi.
Ebbe la forza di riflettere.
Poi accadde qualcosa.
Sentì un sibilo, ed un crepitio, simile a quello dei ceppi di legno sul fuoco, o a uno strappo nel tessuto ruvido, grezzo, di una tenda. Nella parete alla sua destra si aprì una fenditura, e la pietra si crepò, velocemente, per lasciare aperto un passaggio. Reattiva, si mise a sedere e si alzò in piedi, reggendosi sulle gambe malferme.
Non sapeva se avesse le allucinazioni, se fidarsi dei propri occhi. Poteva essere solo una nuova parte del suo supplizio. Un omaggio da parte delle Erinni, o di Minosse...forse che quell'abietto fosse riuscito ad aggiungere altro dolore alla sua pena?
Non l'avrebbe permesso, non...non poteva...non ne aveva la forza...
Ma la figura... umana che le si presentò dinanzi, aveva un che di diverso.
Quella pelle ambrata e luminosa, quella luce, e quel respiro...non era nulla che appartenesse agli Inferi.
Doveva essere un miraggio.
Ma lui le parlò, ed aveva una voce tranquilla, calda e modulata.

Forse, conosciuta...
La testa le girò vorticosamente, e si sentì scivolare lungo la parete ruvida.

- Mia signora! -

Il ragazzo corse e si inginocchiò accanto a lei. Vide nitidamente l'espressione di smarrimento mutare il suo viso dagli occhi cupi e profondi, e dai riccioli spettinati color del grano, quando tendendo le braccia per aiutarla ad alzarsi di nuovo, la scoprì un'ombra sfuggente, poco oltre l'illusione, ma nulla di più.

- Alzatevi, ve ne prego, mia signora. Voi non siete così. Non posso vedervi così! -

Percepì l'angoscia nella mente del familiare ragazzo, e capì che lui era un vivente, e che la conosceva.
Trovò la forza per rimettersi in piedi e lo studiò, vigile ed attenta, per quanto poteva esserlo.
Il ragazzo non era un guerriero, o un cacciatore, il corpo sottile era armonioso e aggraziato come quello di un cerbiatto, le mani erano delicate, ed i muscoli erano appena appena accennati. Le movenze erano flessuose ed eleganti, ma non era riccamente adornato, non era un principe, o un nobile. Non aveva l'aura degli immortali, ma -lo riconosceva- percepiva un sentore divino che lo accompagnava, come un profumo di foglie di alloro.

- Mia signora, il mio nome è Asclepio. Vengo per voi, a portarvi notizie dal mondo della vita. -

- Notizie? - la sua voce era roca. Da quanto tempo non la usava per formulare parole?

- Da suo figlio. Mi ha implorato di compiere quest'impresa per voi. Lui ora non...ho tanto da raccontarvi, mia regina. -

- Mio figlio? -

Il nome che mai avrebbe dimenticato. Il suo Ippolito. I suoi pensieri si fecero più nitidi, come il mare che si libera della nebbia con sprazzi di vento fresco e raggi di luce.

- Lui è...-

- Che gli è successo? Come sta il mio amato Ippolito?-”

 

 

- Qualcuno ha avuto pietà di me, e mi ha raccontato ciò che ne è stato di mio figlio.-

- Comunicherebbe alla corte l'identità di questo “qualcuno”? -

- A che scopo? Ora siate certi che non può nuocere a nessun affare dell'Olimpo.-

 


Sospirò di nuovo. Asclepio aveva viaggiato dalla vita nel regno dei morti senza le complicazioni che colpivano la maggioranza degli eroi. Gliene aveva parlato alla terza visita, quando lei era stata in grado di chiedere informazioni che non concernessero il suo primogenito. Era stata avida di particolari. Aveva scoperto che il ragazzo resuscitava i cadaveri con la stessa bravura che utilizzava per lasciare i corpi più vitali in uno stato di ineguagliabile morte apparente. Usava un suo filtro per celare il suo cuore battente e superare i rigidi controlli a tutti i cancelli.
E per ritornare...sfruttava le acque.
Lui le aveva dato l'idea.
Alla quinta visita aveva scoperto anche il suo amore per suo figlio, ma si fidava già di lui.
Poi, un giorno, Asclepio aveva rischiato troppo, e l'effetto del suo filtro era svanito a metà strada. La sua fuga, riuscita, aveva però risvegliato per l'ennesima volta l'attenzione di Ade e di Zeus. Sospettava fosse stato proprio quel suo intervento negli Inferi, quella dimostrazione di arguzia, a spaventare gli dei a tal punto da agire.
E adesso, tutt'ora esiliato con Urano, non le avrebbe più portato notizie.



- E' stata una visita recente? -

- No. Solo una ventina di anni dopo che ero stata condannata. Ma le vasche erano già scomparse, e avevano lasciato spazio a edifici in mattoni di pietra, bassi e dal tetto piatto. Penso che fosse il loro primo mutamento. -

- [il primo giudice si schiarisce la voce e riprende la parola] Dunque, il capo dell'accusa riguarda, comunque, il suo tentativo di fuga;

Finalmente.

l'imputata ha una motivazione? -

Il suo avvocato, di cui tra l'altro non conosceva il nome, parlò per lei a quel punto. Spiegò di come l'unico desiderio della sua cliente (cliente? non ricordava che lo stesse pagando) fosse quello di raggiungere suo figlio, di cui aveva scoperto la sorte.
Sbagliava ovviamente. Lei voleva molto, molto di più. E probabilmente i giudici lo sapevano. Forse.
Lui era alquanto nervoso. Sotto la facciata di tranquillità ed autocontrollo non le potevano sfuggire come le sue mani si muovessero a scatti, come la sua voce fosse un poco più profonda del normale, volutamente impostata per mascherarne il tremito.
Lo ascoltò a malapena.

-
Imputata, descriva la sua fuga. -

Ed era il suo momento. Ormai non aveva più senso omettere alcunché.

-
Quando ancora scontavo la mia pena, ho ricevuto un dono da un visitatore.-

- Lo stesso che le aveva comunicato la storia di Ippolito? -

- [l'imputata esita] Esattamente. -

- Vada avanti. -


“Le stava mostrando una perla, grande come una noce, perfettamente sferica, lampeggiante come se al suo interno fossero rinchiuse le tempeste, ma lucente di scintillii blu oltremare, verde smeraldo, acquamarina. La teneva sul palmo aperto della mano, e lei aveva l'impressione che la potenza della preziosa biglia, che sfrigolava, tuonava, scrosciava, sgocciolava, si schiariva, potesse sprigionarsi al minimo tocco, alla minima invocazione.

- L'ho presa a vostro marito-

- Cosa hai fatto? -

Sotto il velo di orgoglio che indossava, poteva percepire che il ragazzo era intimorito, come una preda davanti a un cacciatore. Le pupille erano pozzi neri, il sorriso era tirato e il volto era stanco, come mai si sarebbe aspettata da lui. Il florido, la salute.
Come sempre, non erano i bottini le vere ricompense delle imprese. No, portavano tutt'altro. E lo capiva ora più di quanto non lo avesse mai fatto. Asclepio era terrorizzato.
Allora lei fu sicura di chi la perla fosse in realtà. A quale tremendo reame veramente appartenesse.
E comprese la paura di lui, lo sgomento di essersi appena messo contro un altro Dio.

- E' così che compio il viaggio di ritorno in superficie -”

Si ricordava ancora le sue parole, come le aveva spiegato la sua idea, degna di Ermes.



- Era una delle perle che erano state regalate da Poseidone ad Anfitrite, e che lei, in seguito aveva donato alla figlia Bentescima. Che in qualche modo è passata a [l'imputata esita] al padre di mio figlio. Tutto quello che ho dovuto fare è stato inghiottirla. -

- Potrebbe entrare nei dettagli? -

- Vede, deve partire dal presupposto che tutte le acque del mondo, sia degli Inferi, che dei vivi, siano la stessa cosa. Derivano tutte, laghi, fiumi, ghiacciai, da quella stessa...[l'imputata esita] acqua che aveva dato vita agli oceani, e che poi si era scavata strade nell'entroterra, era sgocciolata negli anfratti più bui del Tartaro, era salita in cielo. Per quanto le varianti siano differenti, rimane quel legame indissolubile che testimonia esse siano sorelle.-

Sentiva il suo avvocato osservarla.

[l'imputata appoggia i gomiti sul banco]

-La perla ha questo potere. Si prende una goccia d'acqua dell'Acheronte, e si ritrova la connessione, tanto debole quanto antica e impossibile da negare, che la lega alle nubi, alle sorgenti di montagna, e agli esseri umani. Ti può portare ovunque. Quando l'ho inghiottita, l'acqua dentro di me si è riunita a- [l'imputata viene interrotta dal secondo giudice]

- Non è possibile, i morti sono solo ombre. Il loro corpo è una pura illusione, non c'è acqua. -

- Le lacrime, signor giudice, sono vere. Appena un dannato piange le lacrime vanno ad alimentare il Cocito, che le raccoglie. Il Cocito poi non è nient'altro che un affluente dell'unico fiume che abbia una sorgente in superficie, l'Acheronte. Da lì la strada è, be', tutta in salita. -

- [riprende la parola il primo giudice] Ma non è andato tutto secondo i piani, giusto? -

Ma se il suo avvocato aveva offerto una versione, lei doveva continuarla, giusto?

- Avevo pianificato tutto nei minimi dettagli, ma una volta fuori dai campi della pena, ho voluto osare un poco. Alla fine non avevo messo in conto la mia [l'imputata esita] curiosità. Ho vagato per un po', ho visitato diversi luoghi senza essere vista, persino questo palazzo. Quando infine mi decisi a risalire, sono stata incauta, e ovviamente, mi è costato. Non avevo previsto che anche gli Inferi avessero le loro ninfe, e loro mi hanno segnalato alle Erinni. Hanno pensato di condurmi qui, dove ho aspettato diversi secoli in una sala d'attesa, insieme ad altri casi. -

- Nessuno di fuga, però. -

- Nessuno di fuga. Può darsi. -

- L'avvocato ha qualcosa da dire? -


A quel punto il tizio di fianco a lei ricominciò a parlare, ma stentava a seguirlo. Non capiva che razza di prove o testimonianze, o fatti potessero essere a suo favore. Nulla poteva aiutarla.
Eppure lui seguitava a parlare, a dibattere con i giudici.
Non li avrebbe mai capiti, gli avvocati.
Ogni tanto la guardava.




Passò del tempo, che lei spese osservando le colonne dell'aula, i volti della giuria. Non voleva più aspettare, insomma, voleva una conferma.
Quando finalmente la giuria si ritirò per discutere, reclinò il capo all'indietro e chiuse gli occhi.
E non sentì più nulla fino a quando non le arrivò, nitida, in mezzo a una realtà opaca, la voce della signora giudice Ecate, che la dichiarava colpevole.
Non prestò attenzione nemmeno quando definirono la sua nuova pena, che sarebbe stata scelta proprio dal direttore. Ci sarebbe voluto un poco di tempo, ovvio, avrebbe dovuto aspettare, perché migliaia di anime necessitavano un trattamento speciale. Ma sarebbe stata ricevuta.


-
La corte si aggiorna. -


Sentì appena l'avvocato che la scortava fuori, all'ala Ovest e alla prossima sala d'attesa, un po' troppo in fretta.














Note dell'autrice:

Ciao, sono riuscita alla fine, a portare a termine la storia.

 

E' un ipotetico verbale di un processo ad Antiope dopo il suo tentativo di fuga dagli Inferi, con delle pause per inserire i suoi pensieri e ricordi. Il processo è tenuto nell'Ade, al palazzo di Ade e Persefone. Nei commenti del forum ho visto che l'Ade poteva essere reinterpretato, quindi ho cercato di rendere il mio punto di vista.
Premetto di non avere nessuna conoscenza in merito a processi penali e/o civili, e quindi avrò sicuramente commesso diversi errori.

 

Allora, devo dire che la decisione di rappresentare Antiope in questo modo è arrivata dopo aver letto la pagina di Wikipedia fornita dal pacchetto, che a mio parere la faceva sembrare poco reale. Molto aggressiva e senza cuore. Quasi come un animale.
Secondo me, lei era più di questo, quindi ho cercato di renderla come pensavo che fosse in realtà: più riflessiva, intelligente, abile, con un senso dell'orgoglio e dell'onore che però sono, per come la penso, dei tratti distintivi degni di ogni Amazzone. Essendo figlia di Ares, è però combattiva e passionale, ed è per questo che io in realtà mi figuro lei abbia sul serio commesso la strage che minacciava nel mito.
Tra l'altro, ho colto l'occasione perché ho sempre pensato che Teseo fosse un grande idiota. O comunque, un brutto pezzo di egoista egocentrico. Quindi le volevo rendere giustizia, almeno un po'.
Mh, dunque, ho pensato il processo dovesse tenersi al giorno d'oggi, sebbene la fuga fosse stata tempo prima, perché da quello che ho capito, le pene decise da Ade per atti molto gravi in realtà sarebbero moltissime, così ogni minimo particolare che richieda un giudizio superiore. Suppongo che gestire gli Inferi sia in realtà molto complesso. Così ho pensato a una sala d'attesa, e a dei sistemi di smistamento, a settori vari, che corrisponderebbero a un dio che ha pensato di aggiornarsi.
E arrivando ad Asclepio. La pagina di Wikipedia diceva: “
In una versione più tarda, Ippolito, su richiesta di Artemide, viene riportato in vita da Asclepio, il dio della medicina, ma anche della necromanzia, che si era innamorato di lui.” Ora, di questo non ho trovato conferma su altri siti, ma tant'è. Il ragazzo mi piaceva, e mi sembrava anche che fosse un po' odiato da tutti gli olimpi a parte suo padre, cosa che ovviamente, mi ha fatto scattare il gene dell'iper-protettività. Ho pensato che per amore di Ippolito, e anche un po' per risentimento verso gli dei, ci tenesse ad aiutare un'altra anima a cui loro avevano voltato le spalle. (Perché quello hanno fatto. Non mi sembra ci siano versioni in cui Ares, o Artemide, cerchino di vegliare su una di quelle che in teoria, sarebbe loro protetta).
Molte informazioni le ho inventate, per altre sono stata fedele ai miti che conoscevo. Per la perla, se devo essere sincera, mi sono accorta dopo che l'idea assomigliava troppo a quella di Rick Riordan nella saga di Percy Jackson. L'ho lasciata perché pur pensandoci, l'unica pietra preziosa che considero (ma è la mia opinione, ovviamente) veramente marina, acquatica, è la proprio la perla, e ogni rubino, zaffiro, smeraldo, per quanto forse più originale, mi sarebbe sembrato forzato.

Questa one-shot mi ha dato anche un'idea, e quindi ho scritto in modo che l'atmosfera lasciasse come in sospeso (?) o almeno ci ho provato. Se non ci sono riuscita, la prossima volta mi impegnerò molto di più per ottenere l'effetto.
Mi è piaciuto scriverla, e spero di aver fatto un buon lavoro. c:

ZoZo

   
 
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