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Autore: Querthe    04/01/2016    0 recensioni
Le quattro Inner (senza Usagi) sono ormai abituate ai loro poteri e alla perdita dei loro Soldiers, credono di poter vivere una vita tranquilla, ma una persona che le conosce bene trama vendetta per sè e per altre.
E questo provocherà grossi guai, oltre a metterle di fronte a una versione distorta di loro stesse.
E' il seguito della storia "Per amore, solo per amore". Consiglio caldamente di leggere l'altra fanfiction, o ci capirete poco o nulla.
Prossimo capitolo 04/01/2016.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ami/Amy, Makoto/Morea, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Sailor soldiers'
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- Migliorata o meno, non credo che ci darai tanti problemi, Haruka. – ringhiò Rei facendo diminuire fino a quasi farle scomparire le ali, come assorbite dal suo stesso corpo, solo due protuberanze alle scapole a indicarne la presenza. Contemporaneamente le sue mani mutarono in qualcosa di molto simile a zampe allungate e dotate di letali artigli che luccicarono al sole.
- Sembri pericolosa… - la stuzzicò la donna dentro il Soldier, iniziando a far ruotare le canne della mitragliatrice e sparando centinaia di colpi di grosso calibro che andarono ad impattarsi sul terreno dove si trovavano un istante prima Ami e Minako, che si erano spostate a gran velocità, e sulla corazza parzialmente organica di Makoto. Pezzi dell’armatura volarono per aria come trucioli mentre viene lavorato il legno, ma sembrava che questo non la scalfisse minimamente, tanto era veloce la rigenerazione della armatura stessa da parte dei suoi naniti. – Sei dura a morire, eh? Ah, e non credere che mi sono dimenticata di te, piccola cagna. – disse girando in modo innaturale la testa della sua armatura così che potesse guardare, al pari di un gufo, la guerriera che si stava avvicinando alle sue spalle, gli artigli pronti a squarciare le lamiere del nemico.
Dall’interno del petto, dopo che le due piastre pettorali si erano aperte di scatto, un nugolo di mini missili, ognuno non più grande di una matita, partì nella sua direzione, con una traiettoria casuale, allargandosi a coprire un’area di alcuni metri.
- Merda… - borbottò Rei, capendo immediatamente che non poteva evitarli e essendo troppi, nemmeno deviarli. – Si preparò all’impatto, che avvenne sotto forma di una densa nuvola di fumo scuro quando decine dei missili la colpirono e la rimanenza esplose sul terreno vicino e dietro di lei.
- Rei!
- Calma Minako. I suoi parametri vitali sono stabili. Non è in forma, ma non è in pericolo.
- Sempre così protettiva, la dolce biondina, e così tranquilla invece la biscetta. Solo perché non posso vederti, non vuol dire che non possa colpirti. – disse Haruka, mentre i suoi proiettili continuavano a colpire, con un braccio Makoto, con l’altro il terreno dove sempre per pochissimi centimetri mancava il corpo o le zampe del Nightmare. – E tu stai ferma, schifezza felina.
- Quello che dici non ha senso, Haruka. Probabile effetto collaterale del risveglio dopo la morte. Come puoi colpire ciò che non sai dove è? Al contrario, io posso sferrare il mio attacco senza problemi.
L’aria tremolò appena mentre il Gorgon estrofletteva dalle braccia due piccoli laser simili in tutto e per tutto a quello che aveva assorbito sulla Luna da uno dei Neumani, e solo la luce del puntamento, rossa e quasi sanguigna, permise ad Haruka di intravedere da dove sarebbe arrivato il colpo, due getti di luce viola che la colpirono in pieno sul braccio sinistro, facendolo cadere a terra, tranciato e fumante all’altezza del gomito.
- Fortuna, solo fortuna, ma intanto ti ho visto. – rise l’altra, mentre dalla spalla destra, al pari di un missile dallo scafo di un sottomarino, una sfera metallica lucida e grande come un pallone da calcio venne lanciata ad alcune decine di metri sopra di lei, dove esplose senza quasi rumore, emettendo una polvere sottile e argentea.
- Cosa? – chiese Rei alzandosi e iniziando a rigenerare alcune parti colpite in maniera grave dai missili, come il petto e la mano sinistra, totalmente assente se non per radi cavi che sembravano vene e tendini.
Makoto era a un punto morto, nel frattempo. Non riusciva ad avanzare, tutta la sua forza impegnata a riparare i danni dei proiettili e a reggere l’urto continuo degli stessi, praticamente bloccandola dove era. Le altre sembravano essere in difficoltà, Rei almeno, e sebbene Ami avesse colpito un arto, sapeva che non era un grave danno, mentre Minako doveva agire a distanza quasi ravvicinata. Haruka era furba, o lo era diventata, sapeva come tenere a bada i pericoli. Ragionò sul laser inglobato dall’amica dai capelli azzurri, e capì che poiché era stato creato da Setsuna, anche la sua sottoposta quasi morta era evidentemente a conoscenza dei tempi di ricarica. Ecco perché Ami non aveva colpito ancora, eliminando l’altro braccio. Ora quella polvere. I suoi scan, sicuramente meno avanzati di quelli della compagna al momento invisibile, stavano tentando di capire cosa fossero. Non davano segni di attività elettrica, quindi non avrebbero dovuto essere microniti.
- Cosa sono?
- Nulla di cui ti devi preoccupare, piccola vacca. Non sono per te. – rispose quasi ridendo, il tono di voce esaltato, Haruka, sbilanciandosi leggermente così che il moncherino del braccio si avvicinasse quanto possibile a quello staccato per terra. Filamenti argentei iniziarono a formarsi da entrambi i capi per riallacciare le due metà. – Bel trucco, vero?
La polvere argentea, in realtà microscopici frammenti di plastica statica, si posarono sul terreno e su tutte loro, ricoprendole e trasformandole in una sorta di fantasmi argentei.
Rei sgranò gli occhi, vedendo apparire il Gorgon. Poteva usare tutti i dissimulatori di cui disponeva, ma non poteva svanire davvero. Quel semplice trucco aveva reso Ami la più vulnerabile. Con tutte le sue forze si lanciò sullo Jupiter, tentando di strappare con gli artigli i fili, già grossi come cavi, che stavano risaldando il braccio al moncherino rimasto.
- Scappa Ami!
- Bel tentativo. – rispose l’altra, smettendo di usare il braccio ancora funzionante come mitragliatrice e colpendo pesantemente alla base del collo il Succubus dopo averlo schivato quasi del tutto, il fianco vicino la braccio parzialmente distrutto inciso in profondità dalle affilate unghie di Rei, che cadde a terra con un urlo strozzato, il piede dello Jupiter su di lei, all’altezza delle reni, per impedirle di rialzarsi e di girarsi per contrattaccare. – Stai giù, verme che non sei altro. Meno uno, adesso…
Non potè finire la frase, colpita da una massa indistinta e pesantissima che la travolse, strappando letteralmente gli stabilizzatori dei piedi dal terreno e trascinandola per alcuni metri prima di buttarla a terra con una potenza tale da far deformare il terreno sotto di lei e gemere tutte le lamiere del soldier.
- Adesso mi diverto io. – ringhiò, un potente e basso muggito, Minotaur. Le braccia e parte del petto sembravano fumare, la ricostruzione della armatura e di parte dei muscoli sintetici ancora in atto. – Hai fatto la mossa sbagliata, Haruka, smettendo di colpirmi. Fa un male cane colpirti senza l’adeguata protezione, ma ora ti ho preso.
- Cosa pensi di fare, mostro? Ho tanta forza quanta ne hai tu, e non ho danni come i tuoi, anche se con un braccio solo che funziona al cento per cento. – sembrò ridere la donna all’interno, iniziando a colpire pesantemente con i pugni il dorso del Minotaur, ogni colpo un maglio che per forza nulla aveva ad invidiare a una piccola testata atomica.
Rei iniziò a sollevarsi carponi, subito raggiunta dal Nightmare che la sfiorò con i tentacoli in vari punti.
- Non sei messa bene, hai vari danni interni per il colpo. – le disse, la discussione spostata dalla voce alle radio neutriniche.
- Basta che lei non lo sappia e che tu possa fare qualcosa velocemente. Makoto è dura, ma quella cosa ha una forza spaventosa.
- Confermo. L’assenza dei blocchi di sicurezza creati per la gestione di un occupante umano, unita alla completa o quasi modifica dello Jupiter da costrutto meccanico a costrutto micronitico, ha reso lo stesso un mezzo di assalto pesante quasi senza uguali. Stimo con una ottima probabilità che solo Minotaur può reggere uno scontro ed avere delle speranze, se non passiamo a mezzi decisamente più performanti.
- Certo che posso fare qualcosa per te Rei, ma nulla di definitivo, e sicuramente se prendi un altro pugno come quello non so se potrò rimetterti in piedi. – sorrise il Nightmare mentre le sue fruste rilasciavano all’interno del corpo di Rei migliaia di fili più sottili che iniziarono a riparare i sistemi interni del Succubus, agendo come filo da sutura e rinforzi interni che sarebbero poi stati lentamente eliminati quando i naniti di Rei sarebbero intervenuti adeguatamente.
Ami non perse tempo a vedere quello che Minako stava facendo: i suoi serpenti stavano monitorando i risultati in tempo reale e le mostrarono in un angolo della mente la curva di guarigione prevista. I sui occhi erano focalizzati sullo Jupiter, mostrandole caratteristiche meccaniche, composizione chimica e altre informazioni che sperava potessero esserle utili per trovare un punto debole. I laser erano pronti ad agire, ma doveva avere un piano, e sapeva benissimo che il piano doveva portare allo scoperto le spoglie rianimate di Haruka, altrimenti la battaglia sarebbe potuta solo durare tropo a lungo. Certo erano quattro contro una, ma l’assenza di ogni tipo di blocco sia fisico che mentale aveva portato lo Jupiter a livelli che non aveva considerato. L’analisi le mostrò un punto debole, lo snodo della spalla, che per esigenze di movimento non poteva essere corazzato come la rimanenza delle altre giunture, essendo su tre gradi di libertà e non su uno come erano gli altri. Era l’occasione giusta, ma aveva bisogno di puntare contemporaneamente su due obbiettivi in movimento, e anche utilizzando tutti i suoi sensori, il collimatore di fuoco non era così preciso come avrebbe dovuto.
- Makoto... – la chiamò nella radio.
- Che c’è? – rispose lei dolorante, tentando di forzare con le mani le piastre pettorali e divellerle, non riuscendovi non tanto per mancanza di forza quanto per la presenza delle micromacchine che creavano una sorta di sigillo su cui le sue forti dita non avevano presa, scivolando come su una superficie continua.
- Devi bloccare Haruka, bloccale le braccia quando sei di schiena a lei. Devo colpirla.
- Non puoi colpirla e basta?
- Devo prenderle le giunzioni agli arti superiori.
- Mica facile, ma ci tento. Minako, tieni qualche medicina per me.
- Tranquilla, ne ho in abbondanza. – rispose quasi sovrappensiero la bionda, impegnata con ogni sua fibra a ricostruire pezzi sgretolatisi per i danni dello Jupiter.
Fortunatamente per loro, Haruka si era concentrata con tutte le sue forze solo si Makoto, tralasciando le altre ritenendole non pericolose in quel momento, ma allo stesso tempo permettendole di ricongiungere totalmente anche il braccio staccato in precedenza, perfettamente operativo. Dalle braccia, alloggiate probabilmente in appositi foderi tra il gomito e il polso, scivolarono fuori due lame monomolecolari iridescenti, che lo Jupiter afferrò automaticamente come se fossero coltelli, impugnandoli per trafiggere.
- Ora sei mia, vacca! – gridò, piantandoli nella schiena del Minotaur come un torero. Le lame entrarono come burro fuso nella spessa corazza del Desiderio, facendolo schiumare di dolore e di rabbia, mentre un fluido nero e scuro sembrò uscire dalle ferite. Lasciati i coltelli, con le mani unite la colpì alla schiena con una forza tale da farla cadere a terra completamente immobile. – E tanti saluti. Ora me ne rimangono solo tre... anzi, due e mezzo. Lo Jupiter si voltò, dando le spalle al corpo di Mako, e con una risata insana attivò nuovamente le mitragliatrici sulle braccia, che iniziarono a ruotare nella fase di preriscaldamento. – Dite le vostre preghiere, ma fate alla svelta, mancano solo quattro... tre... due... uno...
Le braccia vennero immobilizzate e portate ai lati del corpo come se fosse stata crocifissa, due morse verde scuro e marrone a serrare quelli che avrebbero dovuto essere i polsi, lo Jupiter sollevato dal terreno stesso, incornato all’altezza delle scapole da due lunghi spuntoni neri e cilindrici.
- Hai sbagliato a credermi morta. Certo fa male, ma mai quanto ne sta facendo a te... – ansimò Makoto, che si era rialzata e aveva infilzato con corna molto lunghe e acuminate l’armatura dello Jupiter, facendo forza sui muscoli del collo e delle gambe per sollevarlo, impedendogli di muoversi da dove era in quel momento. – Ami, prima che svenga con sta cosa addosso!
Il Gorgon puntò i suoi occhi e tutti quelli dei suoi serpenti sull’obbiettivo, mentre il i laser delle braccia miravano perfettamente i punti necessari. Lo Jupiter tentò con tutte le sue forze di muoversi, ma era bloccato, i pistoni delle braccia a stridere tentando inutilmente di fletterle. I raggi partirono e centrarono perfettamente l’obbiettivo, così che le gli arti superiori si staccarono, rimanendo in mano al Minotaur, che li lanciò lontano con le ultime forze che aveva per poi crollare di schiena, schiacciato in parte dalla carcassa dello Jupiter. Privato delle braccia, tentò di liberarsi dalle corna dei Makoto usando i piedi, ma senza risultato. Contempraneamente Minako afferrò con due dei suoi tentacoli le braccia, che iniziarono a sgretolarsi come ruggine, attaccate dai naniti che le smontarono molecola per molecola.
- Maledette...
- E... ora... come pensi... di fare? – chiese rantolando Makoto.
L’essere caduta sulla schiena aveva infilato ancora più profondamente i coltelli dentro di lei.
- Le do una mano io. – ringhiò Rei, avvicinandosi a loro quasi zoppicando, i sistemi di rigenerazione spinti al massimo per riparare gli ingenti danni ricevuti. – Anzi, tutte e due. - Allargò le braccia e iniziò a dare potenti unghiate all’armatura, rovinandola in vari punti. Il sistema di riparazione, già sotto sforzo per la mancanza delle braccia e per i fori provocati dalle corna del Minotaur, non riuscì a gestire anche i danni aggiuntivi, così che dopo alcuni secondi la piastra pettorale era stata divelta, e gli artigli stavano incidendo e penetrando in quella che sembrava una massa di cavi e materiali quasi viventi e viscidi. – Beccata. – ghignò estraendo la mano sinistra, mentre la destra rimaneva all’interno. – Esci con le buone?
- Muori.
- Già fatto, ma sembra che non mi vogliono laggiù. – rispose Rei, ritirando il braccio e con esso portando fuori dall’ammasso di cavi che sembrò divincolarsi in protesta un corpo apparentemente umano. – Ma vedo che anche te sei persona sgradita. E poi dici a me mostro...
Gorgon tagliò con dei normali laser alcuni cavi che ancora collegavano Haruka allo Jupiter, quindi lo sollevò e lo gettò di lato, sicura, grazie a i suoi scan, che con l’assenza del pilota, anche l’attività micronitica si era spenta. L’esoscheletro era solo una carcassa inanimata in quel momento. Immediatamente il Nightmare si precipitò su Makoto, tutti i tentacoli su di lei, sollevandola leggermente per poter operare sui coltelli, che estrasse lentamente e con attenzione, facendo però tossire di dolore la donna.
- Ci vorrà un po’, ma sopravviverà. – disse Minako
- Mi spiace davvero.
- Non sei nella posizione di fare battute. – ringhiò il Succubus.
Tra i suoi artigli aveva il corpo sfigurato di Haruka, vittima, cosciente o meno, degli esperimenti di Setsuna. Molte parti del corpo erano state sostituite con costrutti metallici o plastici, carne e plastica fuse assieme dai microniti. Tutto il busto da sotto i seni fino al cavallo era stato sostituito con l’equivalente di una armatura metallica, realizzata apparentemente da migliaia di piccole scaglie. In alcuni punti tubi e cavi uscivano per dirigersi alle gambe o alla testa, rasata completamente su un lato così da mettere in evidenza parte della calotta cranica, eliminata in favore di un guscio trasparente dove era possibile vedere il cervello, pulsante e annegato in un liquido verdastro. L’occhio destro non esisteva più, sostituito da un cavo rosso spesso quando un vero occhio che in quel momento ballonzolava liberamente emettendo deboli scintille, così come parte del volto era stato letteralmente scarnificato per fare spazio a apparecchi elettronici di cui non si riusciva a capire l’uso. Di tutto, però, quello che balzava più agli occhi era il foro perfettamente circolare all’altezza del petto, attraverso muscoli e costole, il foro provocato anni prima dal Venus nel momento in cui la uccise. Il foro era stato chiuso, due lastre di sintoplastica trasparente e una cornice di metallo a rendere ancora più evidente la ferita, dentro la quale batteva il cuore decisamente umano del marito di Makoto, a detta di Haruka stessa, collegato al resto del corpo tramite tubi plastici corrugati e connettori dorati per il trasporto dei segnali elettrici.
- Se avessi uno stomaco, vomiterei... – mormorò Rei.
- Affermativo. Analisi del soggetto in corso. Soggetto composto quasi interamente di parti metalliche e plastiche sinterizzate. Presenza importante di milliniti e strutture di ordine superiore. Cuore estraneo alla genetica residua del soggetto, sottoposto a intensa attività micronitica.
- Sarebbe?
- Sarebbe a dire, Rei, che la nostra Haruka è un vecchio esperimento di Setsuna, e che l’unica cosa seria che ha sono i pezzi che tengono in vita il cuore. – rispose Minako, comunque concentrata nella guarigione di Makoto. – Quindi anche il cuore non è più umano?
- Non ditemi che...
- Informazioni insufficienti. Devo analizzarlo meglio.
- Quindi mi dovrai tenere in vita, biscia, perché se io muoio, lui muore con me.
- Sei già tecnicamente morta da anni, non hai sangue, non hai tessuti vivi o altro. Effettivamente anche il cuore non è più totalmente organico, senza i microniti che lo sostengono sarebbe morto in pochi secondi.
- Non… non si può reimpiantare?
- No, Makoto. Impossibile. Senza un adeguato trattamento che non è possibile attuare, il cuore di tuo marito non può essere reimmesso nel suo corpo.
Haruka rise, una risata grezza e dura come della carta vetra.
- Avevi appena detto che non avevi informazioni sufficienti, biscia.
- Ho una buona velocità di calcolo, costrutto.
- Ho un nome.
- Errato. L’entità Haruka è morta sulla Luna anni fa, tu sei solo qualcosa che ha alcune parti di Haruka, il resto sono esperimenti di Setsuna. Esperimenti mancati, se posso permettermi.
A Minako sembrò quasi che il Gorgon stesse sorridendo malvagia.
- Io sono ancora Haruka.
- Rei?
- Dimmi Ami.
- Il soggetto non ci serve più. Ho tutte le informazioni.
- Vorreste uccidermi? Anche il cuore morirà con me.
- Minako?
- Capito, ho tutte le informazioni in memoria. Grazie per avermele passate. Vai pure Rei. Quello che rimane ci penso io a smontarlo. Sorridi Haruka, sarai nel giro di pochissimo solo compost e lattine.
Tutto finì in pochi secondi, senza nemmeno un urlo.
Ami, ritornata umana come Makoto, la aiutò a rialzarsi.
- E ora?
- Ora, Mako, si va a fare una passeggiata. – sorrise la donna dai capelli azzurri.
   
 
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