"Il
Gran Finale"
Il
ventinove luglio, purtroppo, fu privo di avvenimenti.
Non
successe nulla degno di nota.
Ed è frustrante, perché ho
anche tentato di inventarmi un argomento, ma questo avrebbe reso
tutto l'esperimento che rappresenta questo libro invalido.
Ma è
un rischio che avrei dovuto calcolare.
Il
trenta luglio, invece, per festeggiare la nuova amicizia che si era
creata, o semplicemente per trascorrere le ultime 24 ore rimaste
assieme, io, Sandra e Angelica decidemmo di passare un pomeriggio ai
Christchurch Meadows.
Tra una cosa e l'altra, Angelica mi
spinse a trovare gli accordi per "Hey there Delilah" e di
provare a suonarla. Ovviamente, non del tutto contro la mia volontà,
ma sicuramente le anatra non gradivano.
Abbiamo già parlato in
precedenza di quanto le anatre siano effettivamente degli animali
spregevoli senza nessun tipo di pietà.
Ma non pensavo potessero
arrivare fino a questo punto.
Mentre Angelica e Sandra si
rivelavano ottime coriste, uno sciame di anatre assassine ci circondò
senza darci via di fuga.
Questo ci portò a difficoltà
estreme.
In primis il fatto che non potevamo scappare.
In
secondo piano il fatto che ci stavano attaccando.
Ma
d'altronde, la reazione è capibile.
Sapevano che stavo
suonando male.
Forse non erano apprezzatrici del suono del
mio ukulele.
Forse è ora di cambiare le corde.
Pensavo
di iscrivermi a un qualunque talent show tanto per farmi due
risate.
Fortunatamente per me e per il mio ukulele, un baldo
giovine scacciò questo branco di predatori affamati di carne di
hipster, ma quando la polvere si era posata, non c'era traccia del
baldo giovine.
Secondo la Rowling quel baldo giovine ero io.
Sapete
la passione che mette il mio multiverso mette per rendermi la vita
in-narrabile?
Beh, neanche io, ma scommetto tanta.
Neanche
cinque minuti dopo che i volatili si erano dispersi in piccoli gruppi
broccolanti, una barca piena di studenti approdò davanti a me.
Ora,
quando intendo "barca piena di studenti" intendo dire che
si può, per poco più di 20 sterline, affittarsi una barca a remi
per cinque persone e pilotarla per un paio d'ore.
Questi studenti
non erano i migliori navigatori sulla piazza: Infatti dovetti salire
io per aiutarli.
Vi ricordate la balla del fatto che sono
gentile e caritatevole?
Non
sono mai stato ad un corso di nautica, dovetti imparare nel 2013 come
far andare una di quelle barche, quando io e Charlotte ne prendemmo
una.
Filò tutto liscio finché lei non mi lanciò in
acqua.
Come riportai quegli studenti a riva, però, è
difficile da narrare. Mi tolsi le scarpe e imbracciai entrambi i
remi, e forse solo grazie alla Dea Bendata non feci annegare 4
persone quel giorno.
Quindi, studenti romani che ho salvato,
io ci ho rimesso un paio di calzini, mi aspetto una birra la prossima
volta che scendo a Roma.
Quando tornai a casa per fare la
valigia e farmi una doccetta, mi dimenticai il taccuino.
Ma
fortunatamente, lo ritrovai quando tornai la sera, con l'aggiunta di
una frase: "Dimentico il taccuino al parco e Sandra lo ritrova.
La adorerò e venererò per sempre".
Ed effettivamente
accadde proprio questo: Per la fretta lasciai il taccuino dove questo
libro una volta stava nascendo sotto forma di appunti nei
Christchurch Meadows.
Prego, ringraziate tutti Sandra Di Leo per la lettura che state per concludere.
Quindi devo ammettere che senza Sandra questo libro non ci sarebbe stato.
Quando
tornai e ripresi il taccuino dalle mani di Sandra, vidi con la coda
dell'occhio L. Non era felice. Mi avvicinai tentando di ritrovare
l'intimità del giorno prima, ed L fece la stessa cosa. Ci
avvicinammo e ci baciammo, come per ricordarci dei secondi felici del
giorno prima. Lei, con le lacrime agli occhi, io con la speranza di
un bacio infinito. Per un attimo eravamo soltanto io e lei, il
fresco dell'estate inglese che entrava nelle maniche, la calma del
bacio.
Dopo la fine di questo, lei si avvicinò e mi sussurrò
piano:
"Se tu abitassi ad Oslo mollerei tutto per stare con
te." La guardai negli occhi, senza sapere realmente che dirle.
Di certo non la amavo, ma lei era l'unico fatto realmente positivo
dopo Charlotte. Ed esattamente come Charlotte, avrei voluto fare
pazzie per stare più tempo con lei, solo perché i miei attimi di
felicità erano con loro, ed erano il placebo al dolore radicato più
profondamente, un dolore che mi porto dietro da troppo tempo.
L
non interpretò bene il mio silenzio e scappò in lacrime. Non la
seguii e non so perché. Non volevo che soffrisse come avrei sofferto
io, forse.
Come
molti ragazzi con problemi d'amore, mi rifugiai nell'alcool.
Ma
non fui il solo.
Infatti decidemmo di rifugiarci nell'alcool
in diversi.
Io, Sandra, Angelica, due ragazzini norvegesi di
quattordici anni e un finlandese di cui non ricordo il nome, ma
ricordo che puzzava di redbull.
Andammo in una piazzetta
"infrattata"[1] dove stappammo delle birre comprate da
Tesco per festeggiare.
Tutto filava liscio, fino a che uno dei
quattordicenni non chiese perché bevevamo alcool.
Non ne
capiva il motivo.
"Perché bevete alcool? Ha un sapore
terribile!"
"Non si beve l'alcool per il sapore.
Si beve il succo ai frutti rossi per il sapore. Si beve alcool per
mascherare l'odore di rancido che è dentro di noi."
"Wow
Bukowski, tieni a bada il tuo pessimismo." mi rispose. Neanche
finì di sminuire la mia fantastica locuzione che la polizia guidò
piano piano all'interno della piazzetta. L'arrivo delle forze
pubbliche scatenò una fuga, ovviamente.
Alcune persone,
come me, Angelica e Sandra, riuscirono a salire sul bus giusto, altri
no.
Infatti, Neil, il ragazzino svedese a cui ho tentato di
insegnare qualcosa, finì sul pullman sbagliato.
Finì a cinquanta
miglia da casa sua.
Non riuscimmo a sederci sul double
decker che il mio telefono suonò.
“Fabio”.
"Marco,
mi hanno appena chiamato dall'ufficio, che è stato chiamato a sua
volta dalla polizia. Hanno visto degli zaini gialli canarino
scappare. Ne sai qualcosa?"
"No, io sono già a casa."
Arrivato per l'ultima volta ad Abingdon, vidi Fabio e Amir dentro un pub. L'omino di Forlì mi vide. Lo aspettai fuori dal locale.
“So
che userai l'espediente dell'ultima conversazione che hai avuto con
me per una rottura del quarto muro all'inglese, ma devi smetterla di
proiettarti nelle altre persone. Prima pensavi che la tua verve
polemica fosse quella di Parini, poi ti sei proiettato su Tommy, poi
su Ramsey, poi su me. La verità è che sei troppo giovane per avere
le idee chiare. Non pensare al futuro. Ragiona su come vuoi il tuo
presente e combatti perché sia come vuoi.”
Fabio non si
smaterializzò nell'aria, ma ci facemmo un cenno di saluto, per poi
avviarmi a casa. Con calma tornai, nel modo più lento possibile, per
respirare a pieni polmoni l'aria di Abingdon-upon-Thames.
Se
state leggendo questo capitolo mentre siete a Oxford o in qualsiasi
altra località in vacanza studio, spegnete immediatamente l'ebook (o
chiudete il libro) e vivete senza l'aiuto di questa pagina il vostro
ultimo giorno.
Con me dovreste aver capito come ci si può
divertire, ma questa pagina porterà solo tristezza.
A me ha
portato tristezza viverla e scriverla.
Lasciatela stare
finché non sarete in Italia o in qualunque sia il vostro paese
d'origine.
Parlo di voi Molisani.
Per
questa ultima parte immaginatevi uno di quei montaggi da film con una
canzone relativamente triste, probabilmente di qualche cantante
italiano indipendente molto malinconico in sottofondo mentre le scene
più importanti passano con la sola canzone in sottofondo.
Io che
bacio per l'ultima volta L, Thor che mi abbraccia con uno zoom delle
sue labbra che sussurrano "Runkekamerat", il gruppo
norvegese che parte.
Io, Angelica e Sandra che fumiamo
l'ultima sigaretta inglese, il gruppo italiano che sale sul pullman
diretto all'aeroporto, io che saluto i ragazzi di Roma al gate e gli
prometto che a capodanno mi avrebbero visto a Campo dei Fiori, io che
salgo sull'aereo, uno zoom finale sulla campagna inglese che si
allontana, mio padre all'aeroporto che mi aspetta, una stretta di
mano a Fabio, e poi, il mio letto.
Lo schermo diverrebbe
nero, e a caratteri italici bianchi apparirebbero i versi di una
qualsiasi canzone inerente anche solo vagamente.
Dissolvimento a
stella perché fa tanto anni 90, poi un primo piano della mia faccia
barbuta che sorride, per poi vedere dei titoli di coda davanti alla
mia faccia, e come sfondo ai titoli di coda un me chinato sulla
tastiera a digitare, digitare e digitare.
Poi, una classica
rottura del quarto muro e io che mi giro per dirvi qualcosa di
stupido, tipo "comprate il libro, devo mangiare".
La
realtà è che in due anni che sono stato a Oxford ho conosciuto sì
l'amore per ben due volte, ho conosciuto si una felicità passeggera,
ma è anche vero che entrambe le vacanze sono finite con io che
venivo abbandonato.
Questo libro, essendo di spunto
auto-biografico non avrà un lieto fine.
Il finale è abbastanza
ovvio.
Io torno a casa e mi metto a scrivere, e proseguo con la
mia vita di tutti i giorni.
perché questa non è una commedia
romantica dove alla fine io e L coroniamo il nostro amore facendo dei
figli sardi-scandinavi-asiatici, e non finisce neanche con un volo
dritto in Svezia per rivedere Charlotte.
Finisce in un modo
piuttosto monotono, senza nessun avvenimento interessante.
Grazie
per aver letto "La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni",
esperimento sociale, diario di viaggio, documentario su quanto
l'umanità sia fantastica.
Molte
storie necessitano un finale.
Altre un prequel.
Io mi accontenterò di un finale semi aperto.
O di un film.
Qualcuno vuole fare un film tratto dal mio libro?
[1]
Nascosta.
[2] In
Inghilterra sono verniciati così i camioncini della polizia
"Sono le sei e un quarto. Ora è finita? "
"All'incirca. Devo rompere il muro un'ultima volta."
"Dai, su, muovi il culo"
Ringraziamenti.
A
Garrincha Dischi, che ha gentilmente deciso di non denunciarmi per
tutte le citazioni agli artisti che essa rappresenta.
A
Samanta Porrini, che mi ha spronato con le sue recensioni positive
durante uno dei miei tanti blocchi dello scrittore
Alla
mia fan numero uno, Lucrezia Tatriele
A
Sandra di Leo, per aver raccolto il mio taccuino da terra
A
Giorgia Nicchiarelli, ufficialmente la prima lettrice di questo
libro, anche se in uno stato piuttosto differente rispetto a quello
che si vede ora.
A
mio zio, che mi ha donato il fantastico divano che ha aiutato alla
scrittura di questo testo.
Ad
Angelica Aureli, per avermi fatto imparare "Hey There
Delilah"
Non
potete immaginare quanto si rimorchi se sai fare quella.
A
Hiro Fuji per aver speso del tempo per creare quella che è la
copertina di questo tomo
Quindi, hai finito il libro.
Sei contento?
Dimmi, quante ore ci hai messo?
Quante ore impiegheranno per districarsi nelle tue frasi?
Quante ore verranno sprecate per colpa tua?
C'è qualcuno che ha voglia di leggerti?
Non è importante. Io ho dato il meglio.
L'unico perdente è colui che non prova neanche.
Fin