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Autore: mirkovilla7    04/01/2016    1 recensioni
Dal PROLOGO: "La Sala del Consiglio cadde in un silenzio cupo creato dalle ultime parole del Governatore Barber.
La stanza era grande e per la maggior parte vuota. Sulle pareti grigie l’unica decorazione consisteva nei quadri raffiguranti i Governatori successi prima di quello attuale. Su un lato una porta di vetro scorrevole con di guardia due uomini lasciava intravedere un lungo corridoio che terminava con una porta identica. Tre sedie completavano l’arredamento con un tavolo ovale posto al centro della Sala. Sulle sedie, con aria stanca di chi discuteva da ore, c’erano due uomini ed una donna."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi svegliai al grido di una ragazza, che poi scoprii essere Holmes, e la vidi in piedi sul letto con le coperte davanti a lei che lasciavano vedere solamente la testa.
«Non posso stare un mese in una stanza piena di ragazzi! Puzzano» urlò tutta d’un fiato. Gli altri ragazzi ridevano e uno tra questi le disse: «Calmati Joanne, nessuno ti farà niente qui. Ognuno ha i suoi interessi per non mettere gli ormoni davanti a tutto e rischiare di finire i suoi giorni di nuovo in cella. Rilassati e goditi questo primo giorno di libertà.»
Intanto, io scesi dal letto e mi avvicinai ai piedi di esso, dove vi era un baule.
Prima di arrivare alla mia meta, però, venni fermato da un ragazzo alto che mi porse la mano: «Io sono Sam Reyes. Sono stato dentro per essere entrato nel cortile della proprietà di un ricco signore per recuperare un pallone con il quale stavo giocando. Te, invece, devi essere quello che ha nascosto il fratellino. E che poi si è ribellato alle guardie del carcere, vero?» non aspettò nemmeno che rispondessi prima di aggiungere: «Piacere di conoscerti»
Mi prese la mano e me la strinse con forza. Joanna Holmes, intanto, si era calmata e prendeva dei vestiti da un baule al bordo del suo letto identico al mio. Poi, si avviò verso il bagno situato in fondo alla stanza, guardando in cagnesco chiunque le capitasse a tiro.
Mi soffermai un momento ad osservare la stanza nella quale mi trovavo: si poteva tagliare perfettamente per lungo e metterla davanti ad uno specchio e il risultato sarebbe stato lo stesso.
Sulle pareti lunghe appoggiavano le testiere di tre letti per lato, tutti con ai piedi un baule e rimboccati delle stesse coperte. In alto su entrambe le pareti, una finestrella con le sbarre tipiche di una cella dava su un cielo grigio pieno di nuvole cariche di pioggia. Su un lato corto della stanza, una porta di legno permetteva l’accesso al bagno, chiaramente distinto dal foglio attaccato alla porta con scritto: “WC”. Opposta al bagno, una porta scorrevole di vetro mostrava al proprio esterno uno stretto corridoio grigio.
Passai accanto a Sam Reyes e aprii il mio baule. All’interno c’era una tuta elastica nera con alcuni inserti blu. La tuta era identica a quelle di Sam e Joanna, ma diversa da quelle degli altri tre ragazzi per il colore degli inserti, che erano, invece, rossi.
L’altra ragazza presente nella stanza obbligò Sam ed un altro ragazzo, uno basso e magro come uno stecchino, a tenere una delle coperte del suo letto a mo’ di tenda per permetterle di cambiarsi senza essere vista e con la promessa che, se soltanto uno dei due ragazzi avesse osato sbirciare, l’avrebbe letteralmente disintegrato.
Pensai che fosse una situazione potenzialmente verificabile, in quanto la ragazza possedeva una stazza possente e robusta, composta da braccia grandi e muscolose quanto quelle di un lottatore di sumo. I capelli erano tagliati in una cresta castana da maschio e negli occhi le si leggeva una determinazione mai vista in nessun altro. Decisi di non mettermi mai contro a quella ragazza.
Due letti più in là, seduto sul letto, c’era un altro ragazzo, quello seduto accanto a me nella sala in cui ci avevano spiegato la nostra missione.
Aveva i tipici lineamenti associati ad un afro-americano, due occhi neri e i capelli con treccine lunghe fino alle spalle. Dalla tuta con gli inserti rossi, che aveva già indossato, scorsi un accenno di muscoli sulle braccia.
Mi chiesi se anche a me la tuta sarebbe stata così attillata una volta indossata e sperai che non sarebbe stato così, in quanto non avevo molti muscoli, nonostante dall’inizio della mia permanenza in cella avevo iniziato a frequentare la palestra del carcere minorile e, dal mio isolamento, avevo continuato ad esercitarmi per mantenermi in forma. Sinceramente, nemmeno io sapevo per quale motivo, dopotutto non sarei mai dovuto uscire da quel posto. Tuttavia, mi congratulai con me stesso per avere mantenuto costante il mio allenamento e sperai che in questa missione mi sarebbe servito a qualcosa.
Joanna uscì dal bagno con la sua tuta nera-blu addosso. Le calzava alla perfezione, risaltando le sue curve e rendendola davvero sexy.
Non volevo pensare a queste cose in questo momento, in quanto il mio unico pensiero sarebbe dovuto essere quello di completare la missione.
Quando mi passò accanto, fece crollare tutti i miei tentativi di dissuadermi dal pensare a lei con un semplice occhiolino. Seppi di essere diventato rosso pochi secondi dopo quando, dopo averla seguita con lo sguardo, intravidi con la coda dell’occhio Sam che mi guardava con un sorrisetto malizioso. Mi si parò davanti e mi disse: «Rassegnati stallone, se ci provi con quella come minimo finisci nell’angolino a piangere con una guancia tutta rossa.» rise di gusto «Lei era dentro perché ha ucciso il suo stupratore e da quel momento qualsiasi uomo cha abbia mai provato ad avvicinarsi le ha prese» rise nuovamente.
Decisi di lasciare, almeno per il momento, gli ormoni da parte e di usare la testa.
Proprio in quell’istante, una sirena assordante rimbombò nella stanza. Mi misi subito le mani sulle orecchie, cercando di attutire il suono penetrante. Dopo quella che mi parve un’eternità, smise di urlare.
In pochi secondi notai la fonte del rumore: due altoparlanti piazzati negli angoli alti della stanza, sulla parete della porta che dava al corridoio.
Una voce esplose dagli altoparlanti: «Buongiorno ragazzi. Tra poco inizierà il vostro addestramento. Tre di voi hanno una tuta nera e blu, mentre gli altri tre una nera e rossa. Quelli con gli inserti blu verranno addestrati, per le prime due settimane, dal maestro Flemling, mentre per lo stesso lasso di tempo gli altri avranno l’onore di imparare dal maestro Walsh. Ricordo anche che verrete costantemente monitorati, sia in palestra che nel dormitorio. Le guardie arriveranno tra cinque minuti quindi, fatevi trovare pronti»
Appena la voce smise di parlare, mi vestii in fretta per non rischiare di rimanere indietro.
Solo al termine del mio cambio di abiti mi resi conto di essermi spogliato e rivestito di fronte a tutti. Non feci in tempo, però, a pensare troppo alle conseguenze del mio gesto, perché entrò una dozzina di guardie, tutte armate di mitra.
Seguendo ciò che fecero gli altri, misi le mani dietro la nuca e mi feci scortare da due guardie.
Percorremmo una lunga serie di corridoi e scale fino a raggiungere una doppia porta che aveva l’aria di non poter essere sfondata nemmeno con un camion.
Sei guardie, quelle che scortavano i ragazzi con gli inserti rossi, si fermarono davanti alla porta con i propri custoditi.
Io, Sam e Joanna venimmo, invece, trascinati lungo altri corridoi e altre scale, uscimmo all’esterno della struttura e rientrammo in un altro edificio. Qui, prendemmo un ascensore con un'unica altra meta. Salimmo per diversi minuti, poi l’ascensore si fermò e le guardie ci ordinarono di andare avanti.
Avanzammo. La sala in cui eravamo entrati era circolare e aveva un pavimento fatto di vetro. Dal vetro si vedeva solamente uno strato di ferro. Al centro della stanza c’erano tre cilindri trasparenti aperti. Di fronte ad essi, una scrivania di legno grezzo che stonava nettamente con l’aspetto moderno del resto della stanza. Non si poteva intravedere la superficie della scrivania, in quanto ogni centimetro era tappezzato da fogli, libri o appunti scarabocchiati in una scrittura illeggibile. Seduto a scrivere di fronte alla scrivania, c’era Oscar Flemling. Alzò appena lo sguardo quando entrammo e ci ordinò di metterci su delle “X” che prima non avevo notato, rivolti verso la scrivania.
Fu allora che il maestro iniziò il suo discorso: «Ragazzi, grazie di essere qui. È un grande onore potervi istruire per conto del Governo. E per voi è un grande onore lavorare per il Governo.» mi vennero in mente un sacco di risposte sarcastiche, ma stetti zitto. «Il mio addestramento, al quale prenderete parte nelle prossime due settimane, si basa sulla sopravvivenza.» Si mise di fronte a noi.
«Distendete il braccio per favore» ci ordinò e tutti e tre obbedimmo.
Non capii come mai ma da quando mi avevano messo quell’ago nel braccio sull’elicottero mi sentivo un cagnolino docile e pronto a fare qualunque cosa mi ordinassero.
Pure gli altri ragazzi sembravano messi come me.
Flemling tornò dietro alla scrivania, aprì il cassetto e prese tre siringhe. Le poggiò sulla scrivania e ne riempì una con del liquido prelevato da una boccetta anch’essa nascosta nel cassetto.
Io mi trovavo nel mezzo, quindi avevo la possibilità di sapere che effetto aveva il liquido che ci stava per iniettare.
Il maestro infilò l’ago nel braccio di Sam, poi spinse lo stantuffo fino in fondo.
La reazione del ragazzo fu immediata: prima si piegò su se stesso, poi gli cedettero le gambe e riuscì a mantenersi sulle ginocchia. Infine, vomitò del liquido di un colore misto tra giallo, marrone e verde.
Flemling sembrò soddisfatto e si spostò adagio verso di me.
Ero talmente disperato da finire ad accusare tutto il mio corpo di ammutinamento nei confronti del mio cervello. Comandai le braccia ma non ottenni nessuna risposta e fu lo stesso con le gambe.
Si avvicinò e, quando fu a pochi centimetri da me, mi sussurrò nell’orecchio «Un giorno mi ringrazierai».
Mi ricordo poco di quello che accadde in seguito. Pensai che il mio comportamento fosse lo stesso di quello di Sam e mi costrinsi a lasciarmi andare, facendo esattamente quello che il ragazzo aveva compiuto prima di me.
Non pensai a Joanna che, accanto a me, rimaneva immobile proprio come avevo fatto io prima e con il mio stesso problema.
Pensai ai miei genitori, che probabilmente pensavano ancora che io fossi in una cella a passare gli ultimi giorni in attesa del processo.
Pensai a mio fratello, ma senza fargli colpe per ciò che mi è accaduto, ma ricordando il suo sorriso, e sperando di rivederlo prima che mi facessero altre torture.
Infine, quando ormai il mio unico desiderio fu quello di svenire, ripresi velocemente conoscenza.
 
 
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Quando riuscii a rialzarmi in piedi, la scena che mi si presentò davanti fu stranissima: Joanna giaceva distesa al suolo, probabilmente nella fase in cui si pensa solamente a svenire oppure priva di conoscenza. Accanto alla scrivania, invece, Flemling teneva una siringa puntata sul collo di Sam.
«Vi voglio aiutare, credetemi» disse il maestro. Io non ne ero tanto convinto, ma per il bene di Sam e di Joanna che, come me, avevano subito le stesse torture, risposi: «Come facciamo a fidarci di te? Ci hai infilato un ago nel braccio e adesso tieni in ostaggio una persona che dovrebbe fidarsi di te!»
«Posso spiegarvi tutto una volta fuori di qui, se me lo permetterete. Per il momento, però, sarebbe meglio scappare prima che si accorgano» rispose Flemling.
L’ultima cosa che volevo fare era seguire quell’uomo che lavorava per il Governo, ma le circostanze non mi lasciarono altra scelta.
Annuii, presi Joanna per un braccio e me la caricai di peso sulle spalle. Persino quella ragazza tutte curve non era leggera, oppure erano ancora i residui del liquido della siringa.
Barcollando, andammo verso l’ascensore ma, giunti in prossimità delle porte, queste si spalancarono, riversando nella sala numerose guardie armate.
Flemling urlò sopra le voci concitate delle guardie «Seguimi»
Lo seguii fino al centro della stanza. Si mise dietro la scrivania e premette un pulsante nascosto. Poi, si avvicinò e mi spinse all’interno di uno dei cilindri trasparenti.
Cercai di stare in equilibrio, ma il peso della ragazza sulle mie spalle mi trascinò con se.
In men che non si dica mi ritrovai all’interno del cilindro con la porta che stava scendendo bloccandomi all’interno.
Mi guardai intorno, sperando in un ultimo aiuto da parte di Flemling. Lo vidi in uno degli altri due cilindri che agitava le mani per dirmi qualcosa che io non riuscii a comprendere.
Con stupore, vidi Sam nel terzo cilindro, sbalordito quanto me.
In pochi secondi successe l’inevitabile: un colpo di mitra rimbalzò sul vetro antiproiettile del cilindro di Flemling e lo colpì nella pancia. La forza del colpo, però lo scaraventò all’indietro e colpì con la nuca la parete del cilindro. Vidi lentamente la vita abbandonarlo.
Poi, le porte dei cilindri scesero fino in fondo e il cilindro venne scaraventato con forza verso il basso.
Non capivo quello che stavo vedendo vista la elevata velocità del mio bizzarro mezzo di trasporto.
Il cilindro prese velocità e venni scaraventato contro il soffitto. Vidi avvicinarsi il suolo e sperai di rallentare. Capii che la mia speranza fu vana quando iniziai a contare le formiche sulla superficie. Dopodiché, svenni di nuovo.
  
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