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Autore: Flygirl14    06/01/2016    0 recensioni
Il terzo capitolo della mia storia dopo " Cinque giorni per farti innamorare" e " We might fall"
Magari passate a dare un'occhiata agli altri racconti prima.
Dall'America con amore...
F.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passato, presente e … futuro?

Il terzo capitolo dopo “Cinque giorni per farti innamorare” e “We might fall”
 
 
 
- Uno, due, coraggio Ziva, non mollare…- Tony era chino su di lei e continuava a massaggiare. La ragazza aveva perso conoscenza ed era pallida. Il sangue stava inondando le mani dell’agente che decise di smettere di rianimarla e provare a fermare l’emorragia.
- Tony, togliti!-
- No, Gibbs, non la lascio…-
- Tony ci sono i soccorsi, sono qui…-
- NO!- Gibbs lo sollevò di peso, trascinandolo lontano dalla donna. Arrivarono i paramedici e cercarono di stabilizzarla. Tony cercava di divincolarsi dal suo capo: doveva raggiungerla, doveva stare con lei. Ziva aveva bisogno di lui, doveva andare da lei, adesso. Tirò una gomitata a Jethro, si divincolò e cercò di seguire la barella, fortunatamente McGee lo aveva già bloccato. Erano fuori, il capo e il pivello che lo trattenevano e lui nel mezzo. Fermi, sulle scalette. Non ci capiva più nulla. Non sentiva rumori, solo voci lontane che parlavano una lingua strana. Vedeva sfumature, oggetti e persone che passavano troppo veloci per essere messe a fuoco. Sentì tirare la manica della sua giacca. Gibbs lo stava trascinando in auto. Non vedeva più Ziva, ora era chiusa nell’ambulanza che si stava affrettando verso l’ospedale. Superarono le auto degli agenti e si immisero sulla principale. Era fermo, seduto sul sedile posteriore vicino a Tim.
 
- Sei stata brava, Kate…- disse Tony, con il suo solito sorrisino.
- Per una volta, DiNozzo ha ragione…- rispose Gibbs, con quello che si poteva assolutamente definire un’increspatura delle labbra, quasi volesse sorridere.
- Woah, credevo che mi avrebbero uccisa prima di…-
 
Non si era nemmeno reso conto di quello che era successo, un secondo prima Kate stava bene e il minuto dopo era a terra. Ari gli aveva portato via una collega, un’amica, quasi una sorella. Non avrebbe retto alla perdita della donna che amava. Non di nuovo, non dopo la morte di Jenny, non dopo tutto quello che era stato il passato. Guardò il pivello e si rese conto che con molta probabilità anche a lui fossero tornate alla mente le immagini della sala autopsie. Almeno, Tim non aveva dovuto assistere alla morte della donna. Voleva solo addormentarsi, addormentarsi e risvegliarsi tra le braccia di Ziva, a casa sua nel suo letto. Era stanco, non riusciva a tenere gli occhi aperti. L’adrenalina che lo aveva tenuto in piedi per soccorrerla stava scemando e lui si sentiva debole, vulnerabile. L’auto si fermò e senza rendersene conto stava seguendo il suo capo nella sala dell’ospedale. Destinazione pronto soccorso. Arrivarono davanti alla sala operatoria. L’israeliana vi era già da dieci minuti buoni. Vedevano infermiere entrare con garze e attrezzi per l’operazione.
- Donna sulla trentina, ferita d’arma da fuoco, danneggiato il…- non riuscì a sentire la frase. Gli si chiusero le porte. Riuscì solo ad intravedere una testa bruna, circondata da tubi, medici e tanto, troppo disinfettante. Quell’odore gli aveva sempre fatto venire la nausea. Forse non era tanto il disinfettante, quanto l’idea di stare in un ospedale. Non gli erano mai andati a genio quei posti.
- Tony…-
- Tony…- si riscosse alla voce del suo capo. Lo guardò come un bambino guarda sua madre quando non capisce che cosa stia succedendo.
- Devi lavarti- non aveva detto molto, ma a lui bastò per guardare le proprie mani e notare che fossero completamente sporche di sangue, del suo sangue, del sangue di Ziva. Non avrebbe voluto andare via da lì, ma non avrebbe retto ancora con i vestiti macchiati ancora addosso. Ad un gesto del capo del boss McGee si avviò con lui, diretti a casa, per cambiarsi.
Vi arrivarono dopo venti minuti. Il cuore, pensò, si sarebbe potuto fermare e ripartire almeno cinquanta volte, ma non se ne sarebbe accorto. S’infilò direttamente sotto la doccia. In silenzio, mentre il pivello era seduto sul suo letto, sconvolto.  
 

- Come fai a saperlo?- la voce di McGee, che usciva dall’ascensore lo raggiunse, mentre si destreggiava nel tentativo di tenere la matita in equilibrio sul naso.
- Sapere cosa?- chiese dunque ai suoi colleghi.
- Quando un bugiardo esperto racconta una bugia…- disse Tim.
- E questa storia nasce da?- continuò.
- Beh ho detto a Ziva che questa mattina ho fatto palestra…- Tony fece cadere la matita. Ovvio che la ninja non gli avesse creduto, andiamo McGoo che fa palestra. Rideva solo a pensarci.
- E' evidente che stavi mentendo, pivello. Hai perso qualche chilo e personalmente sono fiero di te, ma non sei certo un tipo da palestra- concluse serio.
- Comunque Ziva dice che tutti gli uomini sono bugiardi…-
- Ah davvero? Quindi se ti dicessi una bugia tu lo scopriresti?-
- Il più scoperto sei tu…-
- Tu credi?- le disse alzandosi dalla sedia e mettendosi seduto sulla sua scrivania.
- Lascia stare, Tony…-
- Aspetta pivello, guarda e impara!-
- Stamattina ho fatto colazione con le uova-
- Vero-
- Ieri sera sono uscito con una bellissima ragazza-
- Falso-
- La mia prima macchina è stata una corvette rossa fiammante-
- Falso. Tre a zero…-
- Come hai fatto?- le chiese visibilmente stupito.
- Quando hai parlato della macchina hai guardato in basso a sinistra, una chiara indicazione che stavi mentendo…-
- E l’appuntamento…-
- Tooony, se fossi uscito con una donna bellissima non avresti parlato d’altro…-
- Ah si?-
- Eh sì…- intervenne il pivello. Tony decisamente scosso non sapeva più a cosa pensare, cavoli era davvero brava e un tantino inquietante.
- Ma... come facevi a sapere della mia colazione?- le parole di Ziva furono interrotte da Gibbs.
- Preparatevi, abbiamo avuto una chiamata… DiNozzo?-
- Sì, capo…-
- Hai dell’uovo sulla camicia-
 

Si rivestì. L’acqua gelida della doccia gli aveva fatto bene. McGee dovette aiutarlo ad allacciarsi la cravatta e poi insieme tornarono in ospedale. Era pomeriggio, ma in inverno le giornate si accorciavano decisamente e già i primi raggi di sole scomparivano dietro gli edifici.
Svoltarono il corridoio e Gibbs era ancora lì, fermo, con una tazza di caffè in una mano e con l’altra abbracciava Abby, arrivata non sapeva quando con Ducky.
- Tony!- gli corse incontro e lo abbracciò. Non che non ne avesse voglia ma aveva sempre la sensazione di soffocare e un abbraccio gli faceva tornare la nausea. Stavano trascorrendo ore e di Ziva ancora nessuna notizia.
- Come stai Anthony?- la voce del medico legale lo costrinse a rialzare lo sguardo.
- Io sono vivo Ducky. Io sono vivo…-
- Devi essere lucido, e adesso non lo sei-
- Sai, quando muore qualcuno, noi cerchiamo il colpevole e lo sbattiamo in galera, ma chi ha fatto tutto questo, è morto. MORTO!- Urlò con tutto se stesso, facendo voltare più di una persona. Gibbs lo prese per un braccio e lo portò sulla terrazza lì vicino. Uno sguardo severo negli occhi.
 
- Cosa vuoi, capo?-
- Sai, tu mi stai davvero deludendo…-
- Ma va? Quando mai faccio qualcosa di buono eh, capo! Io sono solo bravo a fare ridere. Io sono un “ clown di classe”-
Gli arrivò una sberla sulla testa.
- Ehi, per che cos’era quella?-
- Tony, tu sei il mio miglior agente. Ascoltami bene perché non lo ripeterò un’altra volta. Ti affiderei la mia vita. Ora smettila di comportarti come un bambino, sii un uomo. Ziva non morirà, chiaro, e tu non ti arrenderai fino a che il suo cuore non riprenderà a battere. Sono stato chiaro?-
- Chiaro, capo!- Gibbs se ne andò. E lui rimase lì, appoggiandosi alla balaustra che dava sui parcheggi sottostanti. Ziva, Ziva, Ziva. Perché non aveva messo il giubbotto? Perché, lei che era sempre così attenta e addestrata si era dimenticata di mettersi un cavolo di giubbotto antiproiettile?
- Ehi, posso?- il pivello si era affacciato alla finestra e lui con un cenno della testa lo invitò a raggiungerlo.
- Tieni, la tua giacca…- se la mise, accennando un ringraziamento.
Tim si appoggiò di fianco a lui, cercando di tenergli compagnia.
- Ti ricordi quando è arrivata?-
- Sì…-
- Non dirmi che ti è piaciuta da subito?- lo disse quasi ridendo.
- Nah, per chi mi hai preso, pivello! Mi ci è voluto tempo…-
- Capisco…-
- Tim…-
- Sì, Tony…-
- Sai non ti ho mai ringraziato per… tante cose…-
- Tony, non…-
- Io sono fatto così, nascondo dietro una faccia da schiaffi le mie paure, ma non voglio che mi vengano portati via beh gli amici, amici come te, persone a cui voglio bene…-
- Tony…- gli mise una mano sulla spalla.
- Tu, anche se mi chiami pivello e mi fai un sacco di scherzi sei un punto di riferimento…-
- Lo so, fonte di ispirazione per i tuoi appuntamenti…-
- Non riesci proprio ad essere serio?- gli disse sorridendo.
- No, credo di no!- disse ridendo.
- Sai per cosa ti ammiro, agente super speciale?-
- Non facciamo i sentimentali adesso McMozionato…-
- Perché sei coraggioso, tu non ti arrendi. Non lo fai mai. Non lo hai fatto dopo Kate, e non l’hai fatto prima della Somalia…-

 
- Fra tutte le persone al mondo che potevano trovarmi, proprio tu?- glielo disse facendo quasi fatica a guardarlo negli occhi.
- Che vuoi farci… Contenta di vedermi?- con quel suo sorriso teso, per mascherare la tensione e la gioia di avercela davanti agli occhi, viva.
- Non saresti dovuto venire…- il cuore gli era morto dentro. Che cosa aveva appena detto? Lui si era spinto in una missione suicida per salvarla e lei lo stava cacciando via?
- Oh se la metti così, errore mio, me ne vado subito!- eccolo che scherzava per non farle capire quanto l’avesse ferita.
- Ah! No mi sono scordato che sono prigioniero!- e poi lei gli aveva fatto quella domanda, con la D maiuscola, e in qualche modo lui aveva provato a risponderle. Aveva provato a dare la colpa al pivello, dicendo che McGee non aveva creduto alla sua morte, ma lei lo sapeva e lo sapeva bene anche lui, non era per niente vero.
- Tony, vuoi dirmi perché sei venuto?-
- Perché non posso vivere senza di te…- basta, non riusciva neanche a mentire, era stanco di mentire.

 
- E sono sicuro…- disse ancora McGee prima di rientrare
- Non ti arrenderai neanche adesso…- sentì chiudersi la porta a vetri dietro di lui. Oh Ziva, Ziva. Ma proprio di lei si sarebbe dovuto innamorare. Ripensò alla cosa che da quasi un mese orami cercava di dirle e sperava di averne la possibilità. In fondo però sapeva che la sua ragazza aveva già capito, loro si capivano sempre, al volo… o quasi.

 
- McGee con me, Tony, Ziva voi inseguite il testimone nel bosco.
Erano giunti finalmente a quella casupola abbandonata che da giorni stavano cercando. Un testimone di omicidio era ricercato dai sicari e loro cercavano di proteggerlo e lui cosa faceva, si metteva a sparare. A chi poi? Ai buoni! Lo rincorsero fino alle rovine di un vecchio edificio. Si separarono.
- Tony…-
- EHI ZI…-
- Ma non puoi parlare come una persona normale…-
- Scusa, è l’adrenalina, mi ricorda molto…-
- Non iniziare a citare qualche tuo film…-
- Ehi, voi due, uscite fuori o inizio a sparare…-
- Donagle, si arrenda, noi vogliamo solo proteggerla…- disse un’alterata Ziva.
- Non mi fido, se siete voi i cattivi?-
“ FOSTE” pensò Tony, oramai la gente non sapeva più neanche i congiuntivi.
- Zii-
- Dimmi…-
- Ti ricordi la Roulette?-
- Quel gioco che mi hai insegnato?-
- Sì…-
- Perfetto…-
Si sentì come Tony Curtis in “Attenti a quei due…”. Il gioco della roulette consisteva nel sapere esattamente quale numero avrebbe scelto il proprio partner e di conseguenza dopo quanti secondi sarebbero usciti. Contò fino a cinque e poi uscì allo scoperto, iniziando a sparare all’uomo. Due secondi dopo Ziva lo raggiunse. Riuscirono a catturarlo. Riportarono il testimone in manette a Gibbs.
- Meno male che mi sono ricordato che il tuo numero fortunato fosse il 5!-
- Era il 7 , Tony e grazie al cielo che io ho considerato che tu ti saresti di sicuro sbagliato!-  
 
Sorrise nel ricordare quanto Ziva lo avesse preso in giro quella volta. In fondo non aveva sbagliato di tanto, giusto qualche secondo. Anche Tony Curtis si era confuso, anche se lui aveva sempre detto di trovarsi molto più simile a Roger Moore…
- Ecco il mio agente super speciale…-
- Abby, come sta andando?- la scienziata lo guardò.
- Stanno ancora operando, non ci dicono nulla…-
- D’accordo…-
- Sai cosa mi era venuto in mente, qualche minuto fa?-
- Cosa, Abs?-
- La torta…- lui girò la testa velocemente sbarrando gli occhi.

 
- Toooony!-
- Abby, hai portato la torta?-
- Certo, e ci ho messo anche un paio di decorazioni!-
- Abby! A Ziva non piacciono gli scheletrini…-
- Ma sono così deliziosi, guarda si abbinano con i teschietti!-
- Una più… semplice…-
- Anthony DiNozzo, non ti piace la mia torta!-
- Quale torta?- i due si voltarono, coprendo il dolce alla vista di una Ziva, spuntata fuori all’improvviso.
- Torta? No… ha detto porta!-
- Porta?-
- Sì, sai che voglio cambiare quella del bagno e chiedevo ad Abby un consiglio…-
- Ma non avevi già scelto?-
- Sì…- Abby lo fulminò con lo sguardo e Ziva fece lo stesso.
- No! Voglio dire, sì, avevo scelto ma non ancora scelto e non avendo ancora scelto bene, ho chiesto un consiglio sulla scelta che non ho ancora scelto! Eheheh…- disse portandosi una mano tra i capelli.
- Tony non ci ho capito niente, Gibbs ti aspetta di sopra…- l’israeliana uscì dal laboratorio e l’uomo poté tirare un sospiro di sollievo.
- Ahia! E quello per che cos’era!- disse massaggiandosi la spalla.
- E tu saresti un agente: improvvisazione zero!-
 

- In effetti non sono andato molto bene…-
- Molto bene, McGee ne avrebbe inventata una migliore!-
- Ero terrorizzato, se le avessi detto qualcosa tu mi avresti ucciso e se lei avesse pensato che le nascondessi qualcosa mi avrebbe ucciso… Sarei morto comunque!- disse alzando di un tono la voce.
- Ragazzi, entrate…- la voce del pivello lo fece scattare in corridoio.

- Gibbs?- chiese stordito, non sapendo che fare.
- Lei è DiNozzo?-
- Sì, dottore…-
- La paziente è stabile, la sposteremo in una stanza tra qualche minuto, il secondo chirurgo sta finendo di disinfettare la ferita…-
Un macigno gli si staccò dal petto e lui poté chiaramente sentire i pezzi di quel grosso peso frantumarsi sul pavimento di quella sala d’aspetto.
- Sta bene…- una massa di capelli mori gli coprì la vista. Abby lo stava soffocando ma finalmente non aveva più quel senso di nausea. Contraccambiò l’abbraccio e i suoi occhi incontrarono quelli di Gibbs.
Accennò un colpo con la testa, e il capo fece lo stesso. Era il loro modo di ringraziarsi.
 
 
La mattina arrivò presto e con quella anche il risveglio per Ziva. Certo non era proprio molto lucida ma con il tempo si sarebbe ripresa.
Passò febbraio e con febbraio anche marzo. Non sarebbe tornata a lavorare prima di metà estate e spesso le sue giornate a casa erano piuttosto monotone. I suoi amici l’andavano a trovare spesso i primi tempi e quando fu in grado di muoversi passava qualche ora da Abby, per stare in compagnia.
 
Era fine maggio. Un anno esatto prima lei e Tony avevano iniziato a frequentarsi. Era sera e aveva appena finito di scolare la pasta quando sentì le chiavi nella toppa della porta.
- Ziva?-
- Ciao, Tony…- gli disse andandogli incontro. Lui la baciò piano, stringendola a sé, prima di scendere e baciarle la cicatrice, forse credendo di farla guarire più in fretta.
- Come stanno i ragazzi?-
- Gli manchi tanto, McGee ti manda queste…- disse allungandole un mazzo di margherite bellissime. Lei le prese e si avviò in cucina, dove Tony era appena andato, uscendone con un cucchiaio di pasta in bocca.
- Vado a cambiarmi…-
Lei entrò, iniziando a riempire il suo piatto, quando notò alcune riviste sul tavolo. Credeva di averle messe via tutte. Le sfogliò velocemente. Iniziò a lanciarle nel cestino di vimini vicino alla credenza.
- Tony, perché c’è una settimana enigmistica?- gli urlò.
- Ho un problema con un cruciverba e speravo che mi potessi dare una mano…- le disse giungendo dalla camera.
- Tu non fai mai i cruciverba!-
- Vai a pagina sette…- le disse molto vicino al suo orecchio. Lei pensò che stesse scherzando. Tony DiNozzo che fa i c…
- Allora, cosa mi dici Ziva David?- lei lasciò cadere la rivista ai piedi del tavolo e lo baciò. Forse, tutto sommato i cruciverba non erano poi così male. Le pagine della rivista rimasero aperte su quello strano enigma. Se mai quello fosse stato un film, probabilmente la telecamera si sarebbe fermata su quel foglio, dove nel centro, in nero, la mano di Tony aveva scritto: Sweetcheeks, will you marry me?
 
 
 
 
 
                              My Cloud: so che è passato molto tempo dalle mie altre due storie, ma il lavoro mi ha tenuta piuttosto occupata. Spero che il racconto vi sia piaciuto e vi invito a leggere anche il precedente, giusto per capire meglio la storia. Un grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto, un abbraccio,
Fly
  
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