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Autore: Let_It_Beatles    09/01/2016    3 recensioni
Le giornate a Liverpool sono illuminate da uno splendido e caldo sole che rallegra tutti. Anche John è felice come non lo è stato mai. Allora perché si ritrova ad indossare un impermeabile?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raicoats in the sun

 

L’erba del giardino era così soffice che la mano di John si ritrovò ad accarezzarla, le dita si bagnavano con le gocce di pioggia che erano cadute quella notte. Eppure ora il cielo era limpido.

 

John se ne stava sdraiato sul prato di casa sua, a Mendips, e con il naso all’insù osservava come la tempesta notturna fosse stata spazzata via dal vento e avesse lasciato il posto a una splendida giornata di sole. Pensava a quanto la sua vita avesse come un legame magico con il tempo atmosferico, perché tutti gli avvenimenti più importanti erano sempre stati un riflesso di ciò che accadeva in cielo. Ricordava perfettamente il giorno in cui suo padre partì: aveva cinque anni e se ne stava stretto alla gonna di sua madre, abbracciati forte sotto un ombrello, mentre guardavano quella maledetta nave prendere il largo per sempre.

Ed era stampato nella sua mente anche lo scrosciare della pioggia durante il funerale di lei, poco meno di un anno prima.

Perfino la sua ultima litigata con Cyn si era svolta sotto una terribile tempesta di grandine.

 

Al contrario, tutti i momenti più felici di John erano baciati da uno splendido e caldo sole. Davvero strano, dal momento che a Liverpool le belle giornate erano  rare, eppure casualmente proprio sotto un cielo sereno John aveva conosciuto la vera felicità, dai primi accordi di banjo imparati seduto in giardino insieme a Julia all’acquisto della sua amata chitarra, dal debutto al Cavern alla fiera di Woolton in cui aveva incontrato per la prima volta il suo migliore amico, Paul.

 

Scrutando il cielo John avrebbe potuto intuire che quella sarebbe stata una bella giornata: nemmeno una nuvola a rovinare l’azzurro infinito. Era pure il compleanno di Paul e John si ritrovò a sorridere tra sé per la felicità di vederlo.

 

Eppure si sa, il tempo in Inghilterra è molto instabile e quello che si preannuncia un giorno perfetto, può trasformarsi presto in una tempesta. Le goccioline di pioggia che gli inumidivano la schiena e  gli davano una sensazione di freddo, John le leggeva come un brutto presagio.

 

“John! Che ci fai sdraiato per terra come un idiota?”

 

Un brusco rumore di freni e una risata famigliare risvegliarono John dai suoi pensieri e fecero allargare il sorriso sulle sue labbra. Si alzò sui gomiti e guardò davanti a lui: Paul era in sella a una bicicletta mia vista prima. Era nera, dalla linea molto semplice e non aveva nemmeno il fanale anteriore. “E quella?” gli chiese alzandosi e avvicinandosi alla cancellata.

 

“Ho appena speso la mia paga guadagnata duramente in tutte le serate in cui ho dovuto sopportarti sul palco. Dato che nessuno si è degnato di farmi un regalo per il mio compleanno, ci ho pensato da solo.” Il suo sorriso era raggiante e con la mano diede una leggera pacca al manubrio.

 

“Ma non desideravi l’ultimo album di Buddy Holly?”

 

Il sorriso di Paul vacillò per un secondo. Quello di John si allargò ancora di più e il suo sguardo si fece malizioso.

 

“Sì, certo che lo volevo. Ma ho dovuto scegliere e la bicicletta mi serve. E poi Buddy Holly posso ascoltarlo gratis a casa di George!” Solo in quel momento Paul notò che John aveva un piccolo zainetto sulle spalle che sembrava quasi vuoto. “E lì dietro cosa tieni?”

 

“Una sorpresa per te.” Rispose John, togliendosi lo zainetto ed estraendo un pezzo di stoffa nero. Paul aggrottò le sopracciglia in un’espressione perplessa. “E adesso fatti bendare e sposta il tuo didietro sul portapacchi. Guido io.”

 

 

-.-.-.-.-.

 

 

“John, puoi evitare di fare lo stronzo e non passare apposta su tutte le maledette buche che ci sono sulla strada? Comincio a non sentirmi più le gambe!” Paul era in bilico sul portapacchi e John stava guidando senza la minima pietà né di lui né della sua povera bicicletta nuova.

 

“Resisti, siamo arrivati.” E così dicendo il maggiore scese dalla sella e aiutò Paul ad alzarsi. Quando tolse la benda, gli occhi di Paul brillarono e un caloroso sorriso illuminò il suo volto. “Che bel pensiero, Johnny. In cima a questa collina mi hai chiesto di entrare nella tua band due anni fa. Deve essere stata la prima e unica volta nella tua vita in cui hai messo da parte il tuo orgoglio.”

 

“Già.” Si limitò a rispondere John, grattandosi la nuca imbarazzato. Ci aveva messo parecchio tempo a proporre a Paul di entrare nei Quarry Men. Aveva capito fin da subito che quel ragazzino pieno di talento l’avrebbe spodestato dal suo ruolo di leader indiscusso del gruppo. E infatti a due settimane dal suo arrivo si era già trovato a dover condividere il centro del palco e il microfono con lui. E John non poteva essere più felice della sua scelta.

 

Si trovavano su un grande cumulo di terra che formava una collinetta ricoperta d’erba e di qualche fiorellino tardivo.  Era il posto più speciale legato alla loro amicizia e John voleva dare lì il suo regalo a Paul. Si era arrovellato la mente per settimane prima di trovare il regalo perfetto per il suo amico. E, se proprio voleva dirla tutta, era anche la prima volta che spendeva tutta la sua paga del Cavern per un regalo. Ma dopotutto si trattava di Paul e sapeva che l’avrebbe fatto felice.

 

Paul nel frattempo si era seduto al bordo della discesa, dove la piccola collina ricominciava a piegarsi verso il parco pianeggiante. John si sistemò al suo fianco, cercando di mantenere un po' di dignità e non mostrare apertamente a Paul quanto effettivamente fosse importante per lui.

 

"Non è stata poi un'idea così buona farti entrare nel gruppo." Gli uscì dalla bocca con voce scherzosa. "Oh, ma davvero?" Ribatté il minore alzando un sopracciglio, con l'aria di chi la sapeva lunga.

 

"Davvero. Da quando siete entrati tu e George sembra un gruppo di musicisti dell'asilo. Voi e le vostre adorabili guanciotte paffute!" E John allungò una mano per dare un forte e doloroso pizzicotto sulla suddetta guancia di Paul, ma il minore fu più veloce di lui, gli afferrò entrambi i polsi e lo guardava ora con occhi minacciosi, ma anche divertiti.

 

"A chi hai dato del bambino paffuto?" Paul raccolse tutte le sue forze e spinse John con la schiena a terra, sull'erba ormai asciugata dal sole.

 

"Proprio a te, piccoletto." E il maggiore con uno slancio tentò di invertire le posizioni, ma il tentativo ebbe il risultato di sospingere i loro corpi troppo oltre il limite della discesa.

 

"John, no! Cadiamo giù!" Paul gli gridò cercando di liberarsi dalla sua presa.

 

Troppo tardi. Prima che John si potesse spostare stavano già rotolando lungo il fianco della collinetta, ma questa volta era Paul che teneva John stretto a sé e rideva come un bambino. La sua risata cristallina riempì le orecchie di John e il maggiore si ritrovò a imitarlo felice.

 

Poi all'improvviso John smise di rotolare e si rese conto che erano arrivati ai piedi della collina, dove il prato continuava pianeggiante. Il corpo di Paul era sopra di lui e John ne poteva sentire il peso sul proprio petto. Il bel viso dell'amico a solo poca distanza dal suo, come forse non lo era mai stato.

 

Paul aveva smesso di ridere ma il suo sorriso era ancora raggiante e si avvicinò ancora di più a John, posizionando le braccia da una parte e dall'altra del volto del più grande.

 

"Ciao." Gli disse semplicemente.

 

"Ciao." La mente di John non trovava nient'altro da dire. A differenza di quella mattina, in cui era stato sdraiato da solo nel suo giardino e aveva sentito un brivido di freddo invadere il suo petto, ora il dolce peso di Paul, la sua vicinanza, il suo sorriso diffondevano calore e felicità alle sue povere membra, che così tanto temevano di provare tristezza.

 

John sentì che quello era il momento giusto per ricambiare il suo amico e fargli provare almeno un pizzico di quella di gioia che Paul gli donava ogni giorno solo con la sua presenza. "Sai Paul, non è vero che nessuno ti ha fatto un regalo." E godette nel vedere che gli occhi del più piccolo si fecero leggermente più luminosi.

 

"Ah, no?"

 

"Anche io ho speso la mia sudata paga per te." E così dicendo spinse dolcemente il corpo di Paul lontano dal suo petto, portandolo in posizione seduta e poi si sollevò per sfilarsi lo zaino dalle spalle. Il più piccolo era talmente intento a guardarlo con espressione stupita che non si curò nemmeno di spostarsi dal corpo di John, così rimase con le gambe ancora ben salde intorno al torace del suo amico che stava estraendo un pacchetto blu dalla forma quadrata e sottile tipica proprio di....un LP!

 

Il sorriso di Paul resistette solo qualche secondo perché poi una terribile consapevolezza lo travolse. Di sicuro con tutto quel rotolare lo avrebbe trovato a pezzi. E nonostante questo non riusciva lo stesso ad arrabbiarsi con John. Era stato così gentile, il fatto che fosse tremendamente maldestro faceva parte di tutto ciò che gli piaceva di lui.

 

"Credo di aver capito cosa sia, Johnny. Ma credo anche che si sia rotto!"

 

John si limitò a alzare le spalle serenamente, per nulla preoccupato. "Tu aprilo."

 

Nel momento in cui le dita di Paul strapparono la carta e il contenuto del pacchetto iniziò a fare capolino, il più piccolo capì perché John era così tranquillo e anche lui rise divertito. Il cartone della copertina era stato accuratamente ricoperto dal suo amico con uno spesso strato di cotone. Alzò gli occhi dal regalo solo per incontrare quelli di John, che sembravano comunicargli timidamente un "mi conosco fin troppo bene."

 

Paul indugiò sul volto dell'altro per qualche istante in più, prima che la curiosità prese il sopravvento e la sua attenzione tornò al prezioso dono che stringeva tra le dita. Spostò il cotone con le mani facendolo volare ovunque intorno a loro, tanto che sembrava una piccola nevicata estiva.

 

John rise guardando la scena, ma la voce gli morì in gola quando vide la bellezza del sorriso che era esploso sul volto del suo migliore amico. Un volto che a causa della loro posizione poteva vedere molto da vicino e poteva gustarsi tutti quei particolari di Paul che lo facevano impazzire, come la piccola e adorabile fossetta che gli si formava sulla sinistra, vicino al labbro, ogni volta che era felice. Le dita di Paul si misero ad accarezzare con amore l'ultimo album di Buddy Holly, proprio quello che il giovane musicista desiderava da settimane.

 

"John...sono senza parole. Non dovevi...voglio dire...non dovevi spendere tutti quei soldi per me, non fai mai regali a nessuno!" La voce tremante di Paul tradiva tutta l'emozione e l'insicurezza.

 

"Tu non sei un nessuno qualunque." rispose John, continuando a sorridergli teneramente.

 

"Ma non li fai nemmeno a Cyn! A stento il mese scorso ti ho convinto a prenderle qualche cioccolatino per il vostro anniver..."

 

"Stai un po' zitto Paul, goditi il regalo e torna a sorridere meravigliosamente come stavi facendo prima." le sue dita avevano raggiunto le labbra di Paul, ma solo per zittirlo. E poté sentirle tremare appena sotto il suo tocco, mentre gli occhi del più piccolo si socchiusero appena e John guardò come Paul abbandonò il suo adorato disco sull'erba, di fianco a loro.

 

"Non mi va di sorridere, adesso."

 

John era confuso e ritirò la mano che era ancora sul viso di Paul.

 

"Grazie." Sussurrò Paul. E così dicendo iniziò a spingere John di nuovo con la schiena sull'erba. Il cervello di John in un attimo si spense totalmente. Sentiva soltanto il confortevole peso di Paul di nuovo sul suo petto. Era una fortuna che fosse già sdraiato, perché le sue gambe iniziarono a tremare e sarebbe certamente svenuto se ciò che successe poco dopo non avesse acceso un incendio dentro di lui.

 

Paul in un attimo aveva avvicinato il suo viso a quello di John, ma questa volta aveva coperto tutta la distanza, appoggiando le sue morbide e calde labbra su quelle sottili del suo migliore amico.

 

Il corpo di John era un unico grande fuoco. Era talmente paralizzato dalla sorpresa che solo troppo tardi si accorse che non stava rispondendo al bacio. Paul si allontanò lentamente, lo fissò per un secondo, rosso in volto, con gli occhi terrorizzati di chi capisce di aver rovinato un'amicizia nell'arco di un battito d'ali.

 

John continuò a guardare Paul, mentre il più piccolo mormorava qualcosa di incomprensibile e iniziava a sollevarsi.

 

L'improvvisa sensazione di freddo sul petto risvegliò John dallo shock il cui era caduto nel momento in cui le sue labbra erano state baciate da...Paul. Improvvisamente riprese consapevolezza di ciò che stava accadendo. Il minore si era sollevato e stava per allontanarsi dal corpo di John.

 

"Non osare muoverti da qui." Il più grande circondò il torace di Paul con le braccia e lo riportò con forza indietro, di nuovo in bilico sul suo petto. Questa volta non perse tempo e catturò le sue labbra in un bacio urgente, ma anche tenero. Un bacio che aveva il sapore dolce della musica, dei sogni di gloria, di loro due.

 

"Devo spendere più spesso la mia paga per te."

 

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

 

Quei giorni passati con Paul e il loro nuovo modo di stare insieme erano stati i più felici della sua vita. E, come John ormai aveva imparato a notare, un insolito sole aveva illuminato le giornate di Liverpool senza mai lasciare spazio a un’unica, solitaria nuvola. 

 

Ma John sapeva che il bel tempo non poteva durare per sempre. Né in cielo né nella sua vita. Perciò questa volta si era preparato. Se ne stava sdraiato sull’erba arsa dal sole del giardino di Mendips, con il naso verso l’azzurro infinito del cielo e un pesante impermeabile addosso.

 

Era troppo felice perché qualcosa non rovinasse tutto. Presto sarebbe arrivata la pioggia, sì. Ma questa volta John era pronto.

 

“”John! E adesso cosa ci fai sdraiato sul prato?”

 

La voce di Paul e l’ormai famigliare rumore di freni della sua bicicletta arrivarono alle orecchie di John. Però nessun sorriso apparve sul suo volto. Seppe rispondergli solo con un freddo silenzio.  Paul non si arrese.

 

“Ehi, è un impermeabile quello? Perché te ne stai tutto solo, con un impermeabile, sotto questo sole?” Paul si era avvicinato e lo guardava come se fosse un pazzo appena evaso dal manicomio.

 

“Sto aspettando che inizi a piovere.”

 

Paul alzò lo sguardo verso il cielo in cerca di nuvole che forse prima non aveva notato. Ma non ne vide nemmeno l’ombra e ritornò a guardare John, con un po’ di preoccupazione. “Perché dovrebbe piovere? Non ci sono nuvole!”

 

“Adesso non ci sono -continuò John in tono grave- ma presto arriveranno, fidati. È sempre così. Ogni volta che sono stato felice è sempre arrivata una tempesta improvvisa a rovinare tutto ed io questa volta voglio essere pronto. Non voglio lasciarmi scivolare troppo nell’illusione di essere felice e poi vedere il mio mondo crollare di nuovo.”

 

Il volto di Paul abbandonò l’espressione perplessa e lasciò il posto a uno sguardo amorevole e tenero verso il suo compagno. Aveva capito quello che voleva dire John. Aveva compreso le sue paure.

Si chinò su John e gli prese il viso tra le mani. “John, non devi temere. La radio ha detto che domani pioverà, ma io sarò ancora qui. Hai ragione, non può esserci il sole per sempre. Ma io ci sarò lo stesso. Mi sdraierò al tuo fianco e quando arriverà la tempesta io sarò qui con te.” E mentre lo baciava John sentì la mano del compagno togliergli l’impermeabile e intrecciarsi con la sua.

 

 

 

Note dell’autrice: buona giornata e ben ritrovati! Ho scritto questa storia per il contest organizzato dalla pagina FacebookTwo of us”, quindi se vi è piaciuta e volete farla vincere basta andare sulla pagina e mettere mi piace al link della mia storia J grazie e a presto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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