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Autore: korime    09/01/2016    1 recensioni
I pensieri di Ethan sul letto di morte di Brona. Un uomo che si vede strappato di quella felicità che credeva di aver trovato, una sconfitta e poi subito dopo un'altra.
Storia per JeanGenie che mi ha dato l'idea, personalmente io sono per Ethan/Vanessa ma ci tenevo a compiere questa richiesta. Prima volta per me su questo fandom
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brona Croft, Ethan Chandler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tristezza era il suo nome.
 
Quel giorno aveva perso due volte, ormai Perdita poteva essere il suo nome.
Non era stato utile come avrebbe voluto essere, era uscito da quella battaglia con niente in mano, ed era comunque quello che aveva perso meno.
Provava pena per Mina, anche se non quanta ne provava per Malcom o la cara Vanessa, che erano usciti da quella strada disseminata di morte, totalmente sconfitti.
Avevano fallito, avevano fallito tutti loro, ma quei due poveri diavoli di Dio ne uscivano con la ferita più profonda. Ma almeno loro avevano l’uno per l’altra.
Entrambi avevano perso qualcuno e avevano trovato qualcun altro: Malcolm una figlia, Vanessa un padre.
Lui cosa aveva invece? Cosa c’era che poteva consolarlo da quella sconfitta tanto degradante se non il boccale di birra che stringeva tra le mani?
Lui era stato sconfitto due volte quel giorno, perché la sua battaglia personale l’aveva combattuta da solo e aveva perso.

La Mano di Brona era fredda, eppure tra le loro dita intrecciate, Ethan sentiva il sudore bagnarli il palmo tremante. Le stringeva così forte la mano che avrebbe potuto spezzarla, eppure non se ne preoccupava più.
Perché ormai lo sapeva che quel corpo era abituato al dolore, presto non avrebbe più patito alcuna sofferenza, e tutto questo perché lui non era stato in grado di fare niente. Voleva salvarla? Proteggerla? E con quali mezzi? Con quale presunzione credeva di poterlo fare?
Lei sorrideva verso di lui, le sue labbra screpolate avevano voglia di baciarlo, Ethan lo capiva, eppure l’uomo gelava all’idea di farlo, perché le avrebbe sentite tremare di mal’essere e per lui sarebbe stato un colpo di pistola al cuore. Si limitò a guardarla, a guardare quel sorriso vuoto di quella voglia di vivere che Brona possedeva da sempre, che gli aveva sempre mostrato, mentre un mostro famelico la divorava da dentro giorno dopo giorno.
Ma quello era il destino di tutti loro, non si vive per sempre, non si rimane sempre in quel mondo, poteva arrivare un male inumano a disseminare il tuo cammino di trappole mortali, a quel punto o sei abbastanza abile da saltarle tutte, o cammini ad occhi chiusi e accetti tutto quello che ti può capitare. Brona faceva parte della seconda categoria.
E lui? Era parte di una di quelle categorie, o era il male inumano che dissemina le trappole? Magari sulla via di Pellerossa a cui doveva essere strappata la terra?
La ragione? Non ce ne era sempre una.
Gli occhi di Brona si chiusero senza spegnersi, sospirò profondamente e il suo lieve lamento fece capire ad Ethan che ormai anche il solo respirare le arrecava dolore.
-Perché devi farmi questo?- le sussurrò lui con la voce spezzata –Come puoi essere tanto egoista?- provava solo rabbia Ethan, solamente odio verso tutto, qualunque cosa, provava rabbia verso la stessa Brona, che aveva sempre preferito non pensare troppo a ciò che la stava divorando, sostenendo che i medicinali fossero troppo costosi per pensare seriamente di guarire. E sebbene la sua vita non poteva che portarla allo stato in cui era, Ethan non riusciva ad accettarlo.
Lo avrebbe mai fatto? Avrebbe mai trovato un’altra ragione per vivere?
Mina? Doveva salvare quella ragazza di nome Mina? Perché doveva farlo? Che cosa gli tornava in tasca ormai?
Come se avesse compreso i suoi pensieri, Brona allungò l’altro braccio verso di lui, sfiorandogli la barba incolta sul viso. Con un fiato sofferente riuscì a parlare.
-Non è da te tutta questa rabbia.- e sorrideva ancora, sorrideva come faceva sempre, ma era un sorriso falso, perché la sua era solo una maschera della paura che nascondeva, probabilmente avrebbe cambiato espressione non appena Ethan fosse uscito dalla stanza. Se era quello che lei voleva, se voleva vedere dentro gli occhi di Ethan solo una rassegnata accettazione, nel loro ultimo momento insieme, lo avrebbe fatto.
L’egoismo momentaneo e la rabbia non sarebbero scomparsi di sicuro per molto tempo, forse mai, ma Ethan accennò e pose la fronte sulla sua mano. Attese che il tempo non passasse mai, attese che si bloccasse per sempre in quel frangente di realtà e che non gliela portasse via. Ma il tempo riprese a scorrere quando Ethan sentì la mano del dottor Frankenstein sulla spalla.
-Lasciate che ci pensi io Ethan.- la sua voce confortante non fu di aiuto, aveva fatto sì che la realtà riprendesse il suo via costringendolo ad alzarsi da quel letto dove si stava consumando una vita, la sua vita, la vita che aveva sempre voluto, l’amore che non avrebbe mai trovato in America. Ora il suo posto dove sarebbe stato?
Ethan se lo chiedeva mentre usciva dalla stanza e si chiudeva la porta alle spalle, lasciando il dottore con l’ultimo respiro del suo Amore.
Non era da lui quella rabbia, lo aveva detto anche Brona. Brona, che aveva la tristezza nel nome.
Poteva ancora fare qualcosa in quella vita, usando la forza che Brona gli aveva dato e che sarebbe stato ingiusto sprecare.

E quella sera aveva fallito anche l’ultimo compito che si era prefissato, e a quel punto, Ethan non aveva niente, se non lacrime di ubriaco da versare.
I rumori all’interno della taverna erano vuoti per lui, ma udì bene i passi pesanti che si stavano avvicinando al suo tavolo.
Che sciocco, si era dimenticato che giorno del mese fosse …  Luna piena ...
  
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