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Autore: Lelusc    10/01/2016    0 recensioni
Gemma è la figlia di un famoso archeologo e i genitori sono divorziati, ma la cosa strana è che vede molto spesso degli occhi color Ambra, che le ricordano una persona conosciuta con il padre quando aveva sei anni. Perchè li vede? Scopritelo, ringrazio chiunque voglia farmi una mini recensione, Lelusc. ;D
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aspetta cosa gli ho detto? "Allora sono nelle tue mani?" Siamo sicuri che io stia bene? Accidenti che imbarazzo, penso scostandomi da lui e alzandomi dal bordo del letto.
 
"Bene, allora che si fa ora?"Chiedo camminando avanti e indietro per la stanza, nervosa.
 
"Non serve essere così agitati, non ti mangio mica"dice Emanuele calmo.
 
Lo guardo con la coda dell'occhio storcendo le labbra.
 
"Vorrei che evitassi di dire certe cose, mi agitano"
 
"scusa, infatti dovrei essere felice che tu abbia accettato la mia vera natura"
 
"non ho mai avuto paura di te"ammetto fermandomi di colpo.
 
"Davvero?"
 
"Sì, infondo fino ad ora non mi hai fatto niente di male. Mi hai salvata dagli insidiosi Carpazi , non hai chiuso la porta di casa tua a chiave, azione che avrei trovato ostile o comunque paurosa, mi hai dato da mangiare e fatto dormire in una bellissima stanza, come quando hai salvato me e mio padre diversi anni fa, mi hai lasciato tempo quando ho appreso cosa sei e cosa fai, mi hai salvato da quei tipacci e non stai approfittando di me in questo momento che siamo soli; insomma non mi pare tu sia cattivo, o sbaglio?"
 
"No, ma potrei esserlo"
 
Mi avvicino a lui tanto che i nostri visi potrebbero sfiorarsi se solo uno di noi si muovesse impercettibilmente e lo guardo dritto negli occhi.
 
"lo so bene. Come so che sotto lo strato di dolcezze e gentilezza in realtà hai un bel caratterino"
 
"Chi? Io? Niente affatto"dice distogliendo lo sguardo dal mio, con un bel sorriso sulle lebbra e facendo finta di essere un angelo candido, tanto da strapparmi un sorriso.
 
"Comunque vorrei che tu lasciassi questa stanza e venissi a vivere da me, vuoi?"
 
"Ci devo pensare"dico tamburellandomi l'indice sulle labbra.
 
"Avrò ancora quel morbido letto?"Chiedo guardandolo con la coda dell'occhio.
 
"Ma certo, quella sarà a tutti gli effetti la tua stanza se ritornerai"
 
"e cucinerai per me tutte le sere?" Mi guarda colto alla sprovvista da questa richiesta.
 
"no, non vorrei che morissi"
 
"ma se cucini benissimo"
 
"allora in cambio ti chiedo di lavarmi la biancheria e pulire tutta la villa, che ne dici?"
 
"Che non ci penso proprio, mica sono tua moglie"dico sorridendo e quando mi rendo conto di ciò che ho detto, mi ammutolisco imbarazzata e non proferisco più parola tanto che cala il silenzio in camera. Mi schiarisco la voce e non so con quale coraggio lo guardo.
 
"Bene, credo che andrò a liberare la stanza"dico alzandomi e tirando fuori un cambio d'abito dal borsone, non è il caso di uscire in pantaloncini, sopratutto la sera.
 
"Non serve che ti cambi, posso portarti io a casa senza che nessuno ti veda"
 
Mi volto verso di lui e alzo un sopracciglio, perplessa.
 
"Un potere da vampiro?"Chiedo poi.
 
"Un potere da vampiro"afferma.
 
"Va bene, allora lascia solo che prepari la valigia, metta un cappotto ed esca dall'hotel".
 
"Ok, ti aspetto fuori"dice dirigendosi alla finestra e in un attimo è sparito come per magia.
 
Rimango allibita e mi precipito alla finestra. Mi sporgo e guardo fuori, ma c'è solo buio e una strada desolata, nient'altro. Rientro in camera e ancora stranita chiudo la finestra e preparo la valigia da dove prima estraggo una giacchetta di lana bianca lunga fino alle gambe, la indosso, ed esco dalla camera.
 
Percorro decisa il breve corridoio e scendo le scale, una volta arrivata alla reception ci trovo sia padre che figlio.
 
"Ah signorina Settembri, che piacere vederla, ma...va via?" "Sì, vorrei lasciare la stanza. Sa avevo litigato con un amico prima, ma ora è tutto risolto e mi ha offerto di andare da lui fino a che non partirò,quindi sono venuta per restituirvi al chiave e pagare"
 
"capisco, è stato un piacere averla avuta con noi anche se per così breve tempo" afferma mentre sono intenta a pagare. "Torni quando vuole, il nostro hotel sarà sempre aperto per lei"
 
"la ringrazio, molto gentile"
 
"Clif, aiuti la signorina a portare la borsa"
 
"oh, non serve, il mio amico mi aspetta fuori"dico sorridendo.
 
Mi metto a tracolla il borsone, faccio un cenno del capo ai due ed esco.
Fuori come avevo immaginato, fa fresco, troppo fresco per quello che indosso, così mi stringo la giacchetta di lana al corpo, mi allontano dall'entrata e mi guardo intorno alla ricerca di Emanuele.
 
"Sono qui"mi dice all'improvviso sbucando dal nulla.
Sobbalzo per la sorpresa e mi volto trovandomelo davanti.
 
Sorrido e scuoto lentamente il capo. Emanuele mi prende subito fra le braccia e mi solleva come se pesassi quanto una piuma, poi mi circonda la vita con le braccia e mi stringe a sé.
 
"Tieniti forte"mi sussurra all'orecchio con la sua voce calma e magica.
Annuisco sfregando il viso sulla sua camicia e solo ora mi rendo conto che il suo volto è vicino al mio collo, ma che non mi crea nessun disagio come invece credevo. Volto la testa verso il suo candido collo e mi appoggio circondandoglielo con le braccia e un attimo dopo, sento che ci stiamo muovendo perchè i miei capelli si scompongono per colpa del forte vento e mi colpiscono il viso, ma non capisco bene cosa succede, tanto meno perchè Emanuele mi ha preso in braccio in questa maniera.
 
"Emanuele"dico confusa.
 
"Guarda al di là della mia spalla"dice e ubbidisco.
 
Vedo le luci della città e le strade allontanarsi ad una velocità incredibile, tanto che se non mi fossi girata subito non avrei fatto in tempo a vederle. Un attimo sono lì e un attimo dopo non più, nient'altro che buio e un cielo nero come la pece con una candida e immensa luna piena che mi guarda da lontano.
 
Mi volto da un'altra parte con gran difficoltà per via del forte vento e vedo la vegetazione scura e minacciosa della foresta vicino ai Carpazi scorrermi davanti agli occhi.
 
"Emanuele, cosa?"
 
"Divertente vero?"
 
"Ma cosa sta succedendo?"
 
"Sto solamente correndo"dice come se non fosse nulla ed io esterrefatta preferisco nascondere il viso sulla sua spalla, stringermi forte al suo collo e sentire l'aria scompigliarmi i capelli e accarezzarmi; del tutto nelle mani di Emanuele.
 
"Siamo arrivati"dice improvvisamente.
 
Mi risveglio dal torpore del sonno e alzo la testa dalla sua spalla, un po' confusa e assonnata e lo guardo.
 
"Riesci a reggerti in piedi?" Mi chiede allentando un po' la presa sui miei fianchi, ma le gambe mi cedono ed è costretto a sorreggermi.
 
"Ah, santo cielo, mi sono assopita"dico con un filo di voce e finalmente riesco a riprendere l'equilibrio e stare in piedi. Mi passo una mano fra i capelli sicuramente scompigliati e mi volto trovandomi davanti all'imponente doppia porta della villa, poi mi volto nuovamente verso Emanuele che sembra fresco come una rosa. Non aveva detto che stava correndo? E per lo più con me in braccio? Come fa ad essere così impeccabile dopo una corsa simile, eppure peso. Mentre mi meraviglio per l'ennesima volta di quanto sia diverso da me, Emanuele apre la porta d'ingresso e aspetta fermo sull'uscio che io entri.
 
Non me lo faccio ripetere due volte, questo preciso momento mi serve un letto per riposare, penso entrando e dirigendomi direttamente verso le scale.
 
"Ma come, vuoi lasciarmi già da solo?"Mi chiede deluso.
 
"Per oggi sì, mi dispiace ma sono ancora assonnata"gli faccio sapere e tanto per dimostrargli che dico la verità e convincerlo, ma non intenzionalmente, tento di posare la mano sul corrimano delle scale, ma lo manco; pensate un po' come sono ancora rimbambita dal sonno, è già tanto che riesco a camminare dritta senza inciampare sui miei stessi piedi.
 
"Mi hai convinta"dice subito Emanuele il cui mio gesto non è sfuggito e prima che io possa dire A, mi prende in braccio come una principessa e comincia a salire le scale.
 
"Attento, potrei abituarmi alle tue attenzioni" lo avverto poi mi accoccolo al suo petto e mi faccio piccola piccola fra le sue braccia, mentre i miei capelli corvini e scompigliati che pendono verso terra gli nascondono il braccio con cui mi regge la schiena e la giacchetta di lana mi nasconde le gambe come una gonna bianca.
 
Di sopra non presto attenzione a dove mi porta, ma quando mi posa su un letto morbido più di quello dell'hotel, come ricordavo, capisco che sono "in camera mia". Mi sfila con gentilezza la giacchetta di lana bianca, la posa sulla poltroncina vicino al letto e mi toglie le scarpe, poi mi rimbocca le coperte di seta.
 
"Mh, lo ricordavo proprio bene questo materasso"dico con voce flebile mentre il grande e imponente cancello bianco del regno dei sogni si spalanca nuovamente per me.
 
"Sono felice di sapere che il mio materasso è di suo gradimento mia regina"mi dice Emanuele scostandomi alcuni capelli dal viso.
 
Ridacchio sentendo le sue parole e sorrido quando mi stampa un delicato bacio sulle labbra, l'ultima cosa che penso prima di addormentarmi è a quando sia stato sfacciato, ma infondo a chi importa.
 
 
Sospiro infastidita da qualcosa e apro lentamente gli occhi. Per un momento non ricordo dove mi trovo, tanto che mi guardo intorno, a disagio, ma quando noto la porta e vicino l'armadio e il comò di mogano, ricordo tutto.
Sono a casa di Emanuele, sono ritornata da lui ieri sera, ho lasciato la stanza all'hotel e mi sono trasferita permanentemente da lui, ed ora è mattina. Noto vedendo la luce del sole soffocata dalle pesanti tende rosse pompeiano, così da creare penombra nella stanza; però, invece di alzarmi preferisco crogiolarmi ancora un po' nel calduccio del letto morbido e provare a riaddormentarmi, nonostante sia un'impresa dato il dibattito accesso che hanno iniziato alcuni uccellini appollaiati sul davanzale della finestra.
 
Mi tiro la coperta di seta fin sopra la testa per cercare di non sentirli e infilo le mani sotto il cuscino, cerco di rilassarmi ma ogni due minuti cambio postura e cerco di trovare una posizione comoda, fino a che, abbandono l'idea di rimanere a letto e mi metto a sedere sul bordo. Sono assonnata e accaldata, ma sopratutto molto infastidita per non aver fatto quello che volevo. Sospiro e mi passo una mano fra i capelli scompigliati, poi mi alzo e m'inginocchio sul tappeto davanti al borsone.
 
Cerco un qualcosa per cambiarmi e trovo un completo abito grigio sportivo con il cappuccio, ben piegato e di lato alla valigia, schiacciate dal peso degli abiti, delle ballerine sportive. Comincio a vestirmi con movimenti lenti, dopodiché prendo la spazzola, mi siedo sul bordo del letto e inizio a pettinarmi i capelli. Ormai la luce del sole è più forte e riesco a vedere molto più di prima.
 
È tutto così tranquillo ora, il dibatto dei pennuti è finito e c'è un delizioso silenzio. Poso la spazzola sul comò e siccome dovrò stare ancora un po' di giorni da Emanuele, non vedo perchè non mettermi comoda, così dopo aver legato i capelli in una treccia, esco dalla camera diretta in bagno. L'anticamera è deserta, ma questo non mi sorprende, se Emanuele è un vampiro, è normale che durante il giorno dorma, mi dico entrando in bagno, diretta al lavandino.
 
Mi lavo il viso ben tre volte con l'acqua gelida e ancora sono restia a svegliarmi del tutto, però la luce del sole che al contrario della mia stanza qui entra con vigore dalle finestre, mi aiuta non poco e alla fine sono costretta a svegliarmi del tutto. Ritorno in camera dove sistemo il letto e sprimaccio il cuscino, poi metto gli altri che nel sonno ho fatto cadere a terra e appoggio il borsone sul letto così che possa smistare quel poco che contiene.
 
Metto a posto i sette completini d'intimo e i calzini, i tre paia di pantaloni e altrettante magliette e nel fondo del armadio le scarpe da ginnastica e quelle con un corto tacchetto, manca solo che tiri fuori il piccolo beauty case e il ciondolo d'argento che mi ha fatto mio padre e appoggi tutto sul comò vicino alla spazzola, unico oggetto che mi ha regalato la mamma quando ancora le importava di me.
 
Appoggio il ciondolo sul comò e finalmente la camera sembra più mia e abitata, ora è il momento di una bella colazione e di ammazzare il tempo facendo qualcosa fino a che Emanuele non si svegli, quindi per tutto il giorno.
 
Esco dalla camera e scendo le scale dirigendomi verso la grande cucina attrezzata, decisa a farmi dei pancake e un buon the, ma per prima cosa accendo lo stereo e metto un cd di musica classica preso dal mobile in sala: non credo che il sonno dei vampiri sia così leggero, o almeno non mi sembra da tutte le letture che ho fatto su di loro, così mentre l'adagio di Bach si espande in tutta la sala, comincio a fare l'impasto dei pancake. Qualche minuto dopo, mentre ascolto la quarta canzone di Bach, Aria, comincio a cuocerli. La musica classica l'adoro.
 
Resto due secondi ad ascoltarla e metto a riscaldare in un pentolino dell'acqua per il the mentre canticchio. Dopo poco sono seduta a tavola con la colazione davanti pronta per gustarla, ma nonostante la musica non posso non sentirmi sola; la sedia davanti a me è vuota, tutta casa è vuota e sarebbe silenziosa se non ci fosse la musica, non mi piace, non ci sono abituata, penso mentre mi porto alla bocca un pezzo di pancake affogato nel burro fuso, seguito poi da un sorso di the che mi risulta insipido.
 
Mangio la colazione con poco entusiasmo, dopo di che lavo le stoviglie, spengo lo stereo e mi metto a guardare la televisione.
Faccio zapping con i canali e alla fine trovo un film che sta praticamente alla fine,ma fortunatamente subito dopo ne comincia un altro.
Mi metto a guardarlo sdraiata sul divano con le gambe appoggiate sul bracciolo e i piedi fuori; non è educato farlo in casa d'altri, ma lo faccio ugualmente. Onestamente la cosa che mi preme di più è che Emanuele non lo scopra, non voglio mostrarmi trasandata o irrispettosa di casa sua, mi sotterrerei volentieri se mi vedesse in questo modo e non finirei di chiedere scusa per la mia maleducazione, comunque ora non c'è, sta dormendo ed io mi sto annoiando a morte, invece con lui non c'è modo che accada.
 
Dopo un po' che guardo la televisione faccio un grande sbadiglio, la spengo e mi alzo dal divano, intontita. Meglio cambiare attività, mi dico prima che mi addormenti, così apro la doppia finestra ed esco in giardino.
La giornata è splendida, fresca, ma non fredda e nemmeno troppo calda, perfetta. Il cielo questa volta è terso privo di nuvole e il sole è splendente. Il giardino come sempre è meraviglioso, con l'erba corta e verde piena di piante e alberi e aiuole piene di fiori di ogni tipo, dalle viole del pensiero e bocche di leone a fiori screziati che non conosco.
C'è l'edera che sale sulle mura fino al tetto di tegole marroncine, mischiate a stupende bouganville rosse e rosa e campanule bianche e delicate. Invece intorno alle mura ci sono ortensie di tutti i colori. È un giardino veramente meraviglioso e naturalmente non può mancare una fontana di marmo bianco con statue di donna da cui zampilla acqua. Mi siedo su una panchina vicino alla fontana e mi guardo intorno rilassata, ignorando alcune gocce d'acqua che arrivano fino a me e chiudo gli occhi ascoltando la natura.
 
Gli uccellini che cinguettano, il rumore delle fronde degli alberi che si muovono trasportate del venticello fresco della mattina, il profumo di selvatico che proviene dai dintorni, poiché sono nel bel mezzo dei Carpazi, cosa che non devo dimenticare. All'improvviso mi viene voglia di leggere un buon libro in quella tranquillità così avvolgente.
Vado dentro, scelgo qualcosa dalla libreria ben fornita e ritorno alla panchina di marmo bianco, lì mi siedo, accavallo le gambe e comincio a leggere.
 
Sono al decimo capitolo quando qualcosa di freddo mi cade in testa e mi fa tornare alla realtà e lasciare la protagonista nei guai. Alzo la testa verso il cielo plumbeo e minaccioso e un'altra goccia mi cade sulla guancia. Sta piovendo. Mi alzo contrariata e ritorno in casa.
Giusto l'attimo di chiudere la portafinestra che viene giù il diluvio universale, una pioggia fitta e scrosciante, tuoni e lampi in lontananza, un vero temporale con i fiocchi.
 
Guardo i vetri ricoprirsi di gocce d'acqua che scivolano fino ad infrangersi, tiro le tende e vado a rannicchiarmi sul divano per continuare a leggere in pace, immersa nel silenzio rotto solo dalla pioggia scrosciante e dal rumore costante, tanto perenne da risultare noioso e farmi addormentare.
 
Quando mi risveglio, ha smesso di cadere ed è ritornato il sole. Lo scrosciare duraturo della pioggia mi ha così rilassata e cullata che mi sono addormentata immediatamente, penso cercando il libro che ero intenta a leggere e che trovo a terra capovolto. Lo prendo, lo appoggio sul tavolinetto basso vicino al divano e mi alzo ancora un po' accaldata e assonnata.
Sentendomi molto più in forze di questa mattina decido di farmi una bella passeggiata in paese, ma prima sarà meglio vedere che ore sono. Cerco l'orologio della sala e quando lo trovo, scopro che è l'una, forse un pranzo leggero sarebbe perfetto e poi perché no una passeggiata; il cielo sembra essersi schiarito e a casa mi annoio tantissimo. Così vado in cucina e spalanco il frigo.
 
Mi faccio un toast con il formaggio fuso e un'insalatina fresca, giusto il tempo di sedermi a tavola, che ho finito di mangiare. Lavo le stoviglie e salgo di sopra per prendere la borsetta e lì per la seconda volta mi fermo davanti alle numerose porte, incuriosita.
Una di quelle sicuramente è la camera di Emanuele. Non so cosa farei per vederlo, il solo pensare a lui mi fa venire voglia di cercarlo, ma farò bene a ficcanasare in tutta casa? La sua casa? Non credo sia carino; ma infondo è stato lui a volermi qui e a volere che rimanessi, quindi dovrebbe almeno aspettarsi che m'impicci un po'; lo sbaglio è suo penso e mi avvicino ad una porta decisa a nutrire la mi profonda curiosità.
 
Ammetto di sentirmi a disagio e di non essere per niente sicura della mia scelta, così apro solo uno spiraglio giusto per dare una veloce e innocua occhiata e sentirmi meno in colpa. Non mi sento per niente in colpa quando al di là della porta trovo un ufficio illuminato dal sole che entra da grandi finestre e dei mobili di mogano.
 
Un ambiente caldo e accogliente pieno di scartoffie di cui non voglio investigare, un bel computer portatile, un telefono e un fax, più altre cose che non rimango a guardare, anche se ancora più incuriosita e richiudo la porta avvicinandomi ad un'altra stanza, ma la preoccupazione di scoprire cose che non dovrei mai sapere e la paura che poi Emanuele si possa arrabbiare mi fa mettere un freno e darmi una regola, ovvero d'aprire una porta al giorno finché non finiscono, quindi per oggi ho fatto.
 
Sospiro per niente entusiasta della mia decisione e a passo deciso vado in camera mia, prendo la borsa ed esco da casa.
 
Fuori mi accoglie un venticello gelido conseguenza della pioggia appena caduta, ma sono sicura che fra poco il clima migliorerà e diventerà più caldo, per ora devo solo farmi tutta la strada fino al paese e rinchiudermi in un bar a bere qualcosa di caldo e sgranocchiare dei dolcetti tipici. In un attimo mi trovo a salire con estrema difficoltà una mediocre montagna che mi punisce subito per averla definita tale, infatti mi fa scivolare.
 
Fortunatamente metto istintivamente le mani avanti e finisco per sporcarmi solo quelle, ma non sapete che impressione mi ha fatto immergerle nel fango viscido e pastoso, blah!
Una volta salita lentamente e con cautela devo scendere dalla montagnola e continuare a camminare, ormai la strada la conosco perfettamente, ma per precauzione controllo le cortecce degli alberi, dove il numero che ci avevo scritto sopra, miracolosamente è ancora visibile nonostante abbia piovuto.
Dopo diverse volte che per poco non scivolavo faccia a terra, finalmente mi rendo conto che la mia idea di andare in paese è molto stupida, perché c'è fango ovunque e proprio nell'attimo in cui finisco questo pensiero, scivolo e mi aggrappo a una roccia riuscendo a recuperare l'equilibrio; mi viene da piangere per quanto sono stata stupida; uscire subito dopo che ha piovuto, ma che mi dice il cervello? Fortunatamente però fino ad ora non sono mai scivolata a faccia a terra o lunga distesa sul fango e potrebbe essere una buona cosa, penso continuando a scendere.
 
Arrivo alle recinzioni dove prima si effettuavano gli scavi e mi torna in mente mio padre, non so se essere triste perché ancora non so cosa sia successo realmente nei minimi dettagli, o essere felice che tutto si sia risolto per il meglio ma che io comunque non sappi nulla. Sospiro e non potendo fare niente ora come ora riprendo a camminare, sperando che a mio padre non dispiaccia che sia finita in un mondo ben lontano da quello normale che entrambi conoscevamo.
 
La strada per arrivare in paese è tanta, veramente tanta e fa un freddo tremendo, se mi posassi le mani sulle braccia mi sentirei la pelle gelida. Che accidenti me l'ha fatto fare? A metà strada, o meglio, credo sia metà strada, il sole comincia a fare capolino fra le nuvole e colpirmi ogni tanto la pelle con i suoi raggi caldi e questo mi strappa un sorriso. Ero certa che il tempo sarebbe migliorato, infondo non è inverno.
 
La strada che mi resta da fare ora è più sopportabile e finalmente dopo tanto penare arrivo in città e cerco alla svelta un bar dove entrare a riscaldarmi.
Al primo che trovo, entro. Mi trovo in una sala di media grandezza con alcuni tavoli e sedie, un bancone e infondo alla sala un bagno, un bar semplice e normale, ma la cosa che noto subito e la temperatura palesemente diversa, il buon profumo di cibo che si sente e il fatto che ci sia poca gente.
 
Mi siedo a un tavolino infondo e mi metto a leggere il menù in attesa della cameriera a cui spero di saper dire cosa voglio in rumeno,ma nel caso non ci riuscissi indicherò con il dito una scritta sul menù.
 
"Vrei?" (cosa desidera?)Mi chiede all'improvviso una cameriera giovane e mora.
 
Cerco di raggruppare le parole principali nella mente per tentare di risponderle almeno come farebbe una bambina delle elementari, ma alla fine punto il dito su un dolce qualsiasi della lista e una bevanda qualunque.
 
"in curand" (arriva subito) mi dice la ragazza e va via, così attendo. Passa poco tempo e mi sono riscaldata a sufficienza quando ecco la cameriera di ritorno con un vassoio in mano e mi posa davanti un calice contenente una bevanda viola con dentro un piccolo spedino di mirtilli e mela e un piattino con un fetta di dolce.
 
Tutto sembra davvero invitante, anche il dolce sembra squisito, nonostante non so che torta sia. L'impasto è compatto, ma chissà forse friabile e sopra ha dei pezzettini di mandorle. Ne rompo un pezzo e lo porto alla bocca.
 
Mh, uva passa e senti che sapore di burro "buono!" Borbotto mangiandone subito un altro pezzo.
 
Lascio il dolce a metà e poso lo sguardo sulla bevanda e mi decido a portarmi il calice alla bocca, sicura che il suo sapore mi piacerà. Prendo un sorso e comincio subito a tossire tanto che due dei pochi clienti si voltano verso di me. La gola mi brucia forte e comincio a lacrimare.
 
Cavolo! Non avrei mai immaginato che questa bevanda fosse alcolica. Metto in bocca un pezzo di dolce sperando mi faccia passare il bruciore e mi asciugo le lacrime con il dorso della mano, poi guardo la bibita dall'aspetto tanto innocuo quanto esplosivo e continuo a berla a piccoli sorsi; di certo non si può dire che non mi sia riscaldata ora.
 
Quando finisco di bere la bevanda, sono felice di essere ancora sobria; qualcosa mi dice che il grado alcolico che conteneva era altissimo.
 
Mi alzo da tavola e vado alla cassa per pagare, dopodiché esco e noto all'istante il cambiamento di temperatura. Il sole oramai non è più coperto dalle nuvole, ma illuminata il cielo ora azzurrissimo e riscalda i dintorni; è un piacere fare una passeggiata adesso. Per prima cosa cerco un negozio dove comprarmi un giacchettino, possibilmente di lana o lanetta, perché qualcosa mi dice che questa sera il tempo tornerà a farsi freddo come prima e non voglio trovarmi impreparata.
 
M'incammino fra le viuzze guardando ogni vetrina mi capiti di trovare, anche quelle di gastronomia. Per caso trovo il ragazzo da cui la prima volta avevo comprato il pollo e i dolci al formaggio e decido di comprare ancora quei dolci, non ne posso proprio fare a meno, li adoro e ho anche un po' fame, anche se qui a parlare e decidere è la golosità.
Alcuni secondi dopo sono ancora in esplorazione delle viuzze con in mano, accolto in un fazzoletto un pezzo di dolce, mentre l'altro lo sto mangiando e intanto sto ancora cercando questo benedetto negozio d'abiti; tutti quelli che ho visto prima non avevano nulla che mi servisse o rispecchiasse i miei gusti.
 
All'improvviso, nascosto fra due negozi super colorati, trovo un negozietto decisamente più austero con sopra un insipido cartello con il nome. Mangio l'ultimo pezzo di dolcetto, appallottolo il fazzoletto, lo infilo in tasca e incuriosita dall'aspetto del tutto opposto agli altri negozi quasi soffocanti, entro e mi guardo intorno.
Ci sono esposti tanti vestiti che una ragazza che non ha il mio gusto da maschio, troverebbe carini e comprerebbe all'istante. Il negozietto è ben illuminato con scaffalature color avorio piene di maglioni e jeans e una cassiera con un bel sorriso dipinto sul volto, una buona cosa; credo che l'accoglienza sia importante per i clienti, li fa sentire a loro agio.
 
Mi guardo intorno e quando il mio sguardo si posa su alcuni giacchettini appesi, vado dritta e decisa verso di loro. Sono uno meglio dell'altro, ma io ne cerco uno semplice ed economico, visto che ho speso una marea di soldi,ma fortunatamente il negozio è alla portata di tutti per quanto riguarda i prezzi e la merce è carina.
 
Trovo quasi subito un giacchetto di lanetta beige lungo fino alla fine dei fianchi e vado alla cassa per pagare, quando la mia attenzione viene rapita da un maglioncino di lanetta nera dal collo alto e impreziosito da pietre luccicanti, ne troppo elegante e vistoso ne troppo semplice, un capo che si potrebbe indossare sia di giorno che di notte e che anche con i mie gusti particolari posso permettermi di indossare.
 
Esco dal negozio e guardo le due buste rimproverandomi fra me e me: pensare che all'inizio sono entrata in quel negozio con la sola idea di comprarmi qualcosa con cui coprirmi, invece alla fine sono uscita con un completo nuovo con tanto di scarpe e con meno soldi di quanti intendevo spenderne. Guardo le due buste che ho appeso al braccio e scuoto la testa. Alla fine oltre al maglione e alla giacca ho comprato anche un paio di jeans, un paio di scarpe chiuse con un misero tacchetto.
 
Così piena di buste, decido di fare un ultimo giretto e andare a casa, dove finirò di leggere il libro o mi metterò seduta sul divano a meditare e girarmi i pollici. M'incammino verso la via principale per andare all'alimentari dove l'altra volta ho trovato le caramelle della mia infanzia, ed entro.
Fortunatamente il ragazzo alla cassa è diverso da quello di alcuni giorni fa e non mi guarda stranamente.
Faccio il giro degli scaffali con più calma, prendo il pacco di caramelle che compravo sempre con papà, avvertendo un po' di nostalgia e tristezza del ricordo ora dolce amaro che mi suscita e una bottiglietta di te verde, poi vado alla cassa e mentre aspetto che il tizio davanti a me paghi, poso lo sguardo su alcuni libretti tascabili, ne prendo tre e pago.
 
Così alla fine esco con la busta di vestiti e quella del tè e caramelle appesa ad un braccio e m'incammino verso la via principale.
 
"Gemma?"
 
Mi volto e mi trovo davanti Clif in dolce compagnia di una ragazza minuta dall'aria raffinata e gentile che indossa un leggero vestitino color melanzana ed ha appoggiato sulle spalle un giacchettino di lanetta.
 
Che coraggio, io sento ancora un po' di freddo, lei dovrebbe congelare con solo quel giacchettino sulle spalle.
 
"Clif"dico sorridendo.
 
"Allora sei veramente tu?" Annuisco e appoggio le buste ai miei piedi e visto che il discorso non continua, mi faccio avanti io.
 
"Non ci presenti?" Gli chiedo indicando la ragazza con un cenno del capo e facendogli ricordare un po' di buone maniere che sembrano sempre un optional per gli uomini.
 
"Ah, sì, scusate"dice con entusiasmo, naturalmente sono ironica.
 
"Azzurra, lei è Gemma. Gemma, lei è Azzurra, la mia ragazza"ci presenta Clif, almeno sa come presentare.
 
La ragazza mi sorride e mi offre una mano delicata e curata con uno splendido smalto rosa sulle unghie.
L'accetto e gliela stringo gentilmente notando subito la differenza di grandezza delle nostre mani, le sue sono piccole, le mie confrontate alle sue sembrano quelle di un uomo, è impressionante.
 
"Facevi compere?"
 
"Sì, sono uscita così e faceva freddissimo"
 
"ma il tuo amico non ha un cappotto?"Chiede e si sente che lo fa apposta per ridicolizzarlo e parlare male di lui.
 
"Sì, ma sai, non gli ho detto niente perché non me lo avrebbe dato, avrebbe preferito venire con me per riscaldarmi di persona abbracciandomi, ma sai com'è, mi vergogno in pubblico"dico e chissà forse è anche vero e lo avrebbe fatto se la sua pelle non fosse perennemente gelida e potesse riscaldarsi come tutti.
 
"Capisco"dice seccato.
 
Felice di saperlo, penso irritata, ma mantenendo un falso sorriso.
 
"Stai parlando di me, tesoro?"
 
Non appena sento la voce mi volto di scatto.
 
"Emanuele che ci fai qui?"Chiedo preoccupata.
 
"Sono uscito prima da lavoro, sai posso uscire anche adesso"
 
"ah "dico leggendo fra le righe e ancora sorpresa mi volto verso Clif e Azzurra, mentre Emanuele mi si affianca e sento all'istante la sua presenza così forte, così intensa.
 
"Clif, Azzurra, lui è Emanuele il mio amico che mi ha gentilmente ospitato a casa sua finché non ritornerò in Italia"dico sorridendo, mentre noto Clif fissarlo irritato, mentre Azzurra è sorpresa.
 
Lo so, Emanuele è stupendo, che fortunata che sono penso.
 
"Piacere"dice Azzurra in tono fievole, timida.
 
"Ciao"dice Clif acide, da vero cafone.
 
"Buona sera, comunque me lo dovevi dire che avevi freddo, ti avrei riscaldato io"dice abbracciandomi da dietro.
 
"Smettila, mi vergogno"dico con un sorriso.
 
"Bugiarda"mi dice e ha ragione, non sono per niente imbarazzata, per me è naturale essere toccata da lui, lo amo, anzi in verità vorrei rimanere così per un po' e non m'importa di Clif, Azzurra o la gente che passa e ci guarda.
 
"Che vi avevo detto? Lo conosco meglio delle mie tasche" Anche se più che altro credo mi abbia sentito, penso girando il viso per guardarlo bene in volto.
 
I nostri sguardi s'incontrano, mi sorride e china il viso sul mio per posarmi un delicato bacio sulla fronte e questa volta l'imbarazzo che sento però è vero.
 
"Ecco, stavamo per andare a bere qualcosa, non è che vi andrebbe di venire con noi?"Chiede Azzurra cercando di farsi forza e parlare nonostante la timidezza.
 
"No, grazie ma...sto cercando di conquistare questa bellissima ragazza che ho fra le braccia, sai continua a voler essere solo un amica e per conquistarla devo ancora usare alcune carte che spero siano vincenti"dice guardandomi. "Quindi non possiamo venire con voi, un'altra volta" Emanuele fa un cenno di saluto con la mano e faccio appena in tempo a prendere le buste che avevo appoggiato a terra che mi porta via con sé.
 
Quando ormai abbiamo messo una certa distanza da loro mi volto verso Emanuele, preoccupata.
 
"Ma che ci fai in paese a quest'ora? È ancora giorno"
 
"Tu non tornavi e comunque stai tranquilla, è il tramonto, è nuvoloso e ho abbastanza anni da poter resistere per qualche minuto"
 
"davvero?"
 
"Certo, anche se mi sento un po' debole"dice e le gambe gli cedono. Si aggrappa a me nascondendo il viso sulla mia spalla e mi stringe stretta per sorreggersi.
 
Sto per andare nel panico, non so che fare, se per caso rimanesse ancora esposto e s'indebolisse ancora di più fino a morire? Quando lo sento sghignazzare.
 
"Ehi!"Esclamo dandogli un pugno sul braccio, infastidita.
 
"Non scherzare su queste cose, mi hai fatto preoccupare scemo!"Esclamo e sti cavoli della gente che si gira a vedere che succede.
 
"Scusa, stavo solo scherzando, tranquilla, so quello che faccio".
 
"No! Sei un idiota, stammi lontano. Stupido!"Esclamo dandogli violentemente la busta dei vestiti addosso e allontanandomi da lui, imbronciata.
 
"Dai, mi dispiace, era uno stupido scherzo, non volevo farti preoccupare"mi dice fermandomi delicatamente per un braccio e voltandomi verso di se, poi con gentilezza e un dolce sorriso sulle labbra mi scosta da davanti al viso alcuni capelli scappati dalla treccia e me li mette dietro l'orecchio.
 
"Mi perdoni? Non ti farò più uno scherzo simile, lo giuro"dice dolcemente.
 
Mannaggia a lui! Spero di non essere arrossita violentemente per la sua vicinanza, le sue parole e il suo tocco; lui e i suoi modi da ammaliatore.
 
Sospiro. "Dai, andiamo" dico e riprendo a camminare.
 
"Comunque quel tipo era irritato per la mia presenza"Dice cambiando discorso e lo assecondo.
 
"Sì, lo so" "lo avevo notato già quando ti avevo portato la borsa che aveva delle mire su di te, allora mi aveva guardato come se fossi un nemico, è stato sgarbato e freddo" mi dice Emanuele.
 
"Allora è meglio che non ti dico che scenata a fatto a me"
 
"ovvero"mi chiede subito guardandomi con i suoi occhi d'oro liquido.
 
"Niente di preoccupante, mi ha solo chiamato per cognome quando glia avevo detto che poteva chiamarmi con il nome, era arrabbiato e seccato, mi guardava come se gli avessi fatto un torto e ce l'avesse con me, mi ha praticamente lanciato la valigia addosso e sen'è andato; sto villano e io ho avuto la malsana idea di aprire la porta in accappatoio e quando mi sono trovata lui davanti non ti dico come mi ha guardato"
 
"lo posso immaginare"dice in tono disgustato e arrabbiato.
 
"Già, mi dispiace tanto per Azzurra"
 
"beh, penso che capirà da sola come l'hai capito tu, che quello è un deficiente"sorrido al suo insulto e mi aggrappo al suo braccio cogliendolo di sorpresa, tanto che mi guarda e mi sorride, poi riprende a camminare.
 
Stiamo ancora camminando lungo la via principale, riconosco la strada che stiamo percorrendo, quando Emanuele si ferma di colpo e mi guarda.
 
"Ti andrebbe di stare ancora un po' fuori? Conosco una zona che sicuramente non hai mai visto, ti va?"
 
"Sì, perché no"
 
"bene, sono sicuro che ti piacerà"dice tirandomi con sé verso una viuzza a destra.
 
Effettivamente quelle strade non le ho mai viste e non le conosco, infondo non sono il tipo che si avventura da sola, ma è pieni di negozi e sembra ci sia una piazza con un bel mercatino. Ci sono banconi di tante cose, collane artigianali e sculture in legno, vetro,creta terracotta tutte decorate a mano. C'è una bancarella di frutta, verdura, pesce e carne speziata che manda un delizioso profumino e bancarelle di cibi spazzatura, come li chiamiamo noi, ma sopratutto bancarelle di quadri e libri, alcune di erbe profumate come la lavanda, il mughetto, il glicine e certe di vestiti, piene di abiti multicolore e scarpe e questo è solo l'inizio.
 
"Che carino"dico guardandomi intorno non lasciando per nessun motivo il braccio di Emanuele per non perdermi fra la folla.
 
"Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto"mi dice e ci mettiamo a guardare ogni bancarella. Ci sono delle statuine davvero graziose ed estremamente fragili a forma di animali, sono davvero ben fatte, penso mentre le giro e rigiro con attenzione fra le mani per vederle meglio e dopo m'incanto davanti a dei quadri.
Continuo ad esplorare, ma alcune volte alzo lo sguardo per cercare Emanuele e non perdermi e una volta constatato che non si è mai allontanato da me, ritorno a guardare le bancarelle.
 
Passo ad una bancarella d'artigianato e trovo un cofanetto davvero delizioso.
È fatto di legno di noce con intagliati sopra il coperchio e ai bordi dei fiori. Lo apro per vedere quant'è spazioso e rimango sorpresa nel sentire una musichetta dolcissima.
 
Non avrei mai immaginato fosse un portagioie con carillon. Mi guardo al piccolo specchio rettangolare e ascolto la musichetta dopo di che lo poso e passo oltre, non voglio ne posso spendere altri soldi, sopratutto per qualcosa di così carino e che dentro una valigia si potrebbe rovinare.
 
"Signorina, signorina venga qui, le leggo la sfera"mi chiama una nonnina coperta da uno spesso mantello scuro che mi invita ad avvicinarmi muovendo le mani scheletriche. Mi fa subito un'infinita tenerezza che sovrasta un leggero senso d'inquietudine.
 
"No signora, grazie"dico
 
"su, su signorina, non crede alla magia?"
 
"Oh no, ci credo, ma non voglio vedere il mio futuro, vedrò che cosa accadrà quando sarà il momento, comunque la ringrazio per l'offerta"dico in tono gentile, quando improvvisamente non so per quale ragione si spaventa.
I suoi occhi di un bell'azzurro si spalancano e non dice più quello che stava per affermare per convincermi.
 
Spaventata dalla sua reazione mi volto, ma vedo solo Emanuele.
Mi volto nuovamente verso la nonnina e la guardo confusa, ma ecco che comprendo, ora sono consapevole di cosa la spaventa.
 
"Vieni qui, vieni qui"riesce a dirmi sussurrando, muovendo la mano per chiamarmi, mi sembra preoccupata.
 
Questa volta curiosa di sapere cosa mi dirà mi faccio avanti e mi siedo sulla sediolina con sopra un bel cuscino di velluto rosso, posta davanti al tavolino con sopra la sfera di cristallo.
 
"Ragazza mia..."dice solo scuotendo lentamente la testa, cercando le parole adatte, ma sicura che non gli crederò mai per quello che sta per rivelarmi e che già so.
 
"Signora, lui la sente anche se parla a bassa voce"le faccio notare tranquilla, con un sorriso sulle labbra.
 
La donna rimane a bocca aperta nel capire che io so perfettamente che cos'è quel ragazzo che sta con me e mi guarda stupita.
 
"Tu lo sai?"
 
"Sì, me l'ha detto lui stesso a rischio che io scappassi per la paura"
 
"capisco e sei sicura di quello che fai?"
 
"Sicurissima"
 
"bene, allora è per questo che credi alla magia, dato che hai scoperto che esistono creature come lui, allora hai pensato che debba esistere anche la magia"dice la vecchietta.
 
"esatto"
 
"allora non ti sorprenderà sapere che io sono una sibilla"
 
"Beh, no... forse un pochino"
 
"ora credo che tu abbia cambiato idea e voglia sapere cosa ti riserverà il futuro, soprattutto se starai con una creatura simile"
 
"No, grazie, sono ancora dell'idea di volerlo scoprire piano piano da sola"
 
"sei coraggiosa ragazza mia, buona fortuna"dice la signora sorridendomi e facendomi vedere i pochi denti che gli sono rimasti, così mi alzo, gli faccio un cenno di saluto con il capo e ritorno da Emanuele che ha assistito alla mia conversazione.
 
"Non hai cambiato idea vero?"Mi dice subito Emanuele.
 
"Di cosa parli?"Gli chiedo confusa.
 
"Ho sentito quello che ti ha detto quella donna, non è che ti ha fatto cambiare idea su di me?" Mi chiede prendendomi per le braccia e voltandomi verso di lui.
 
Divento seria all'istante.
 
"Emanuele, mi stai spaventando, stai tranquillo, non mi ha fatto cambiare idea, certo era brava con le parole e mi ha chiesto se volevo sapere il futuro che avrei avuto se fossi rimasta con te, ma nient'altro"dico guardandolo dritto nei suoi straordinari occhi e lo noto incerto e preoccupato.
 
"Sentimi bene, niente, e ripeto niente, mi farebbe cambiare idea e andare via da te, voglio stare con te"gli dico e non so come faccio a non imbarazzarmi.
 
Accidenti a lui! Ma tu guarda che mi fa dire, penso imbarazzandomi in ritardo.
 
"Davvero?" Mi chiede sollevato, abbracciandomi stretta.
 
"Grazie ho bisogno di te e anche se questo ti spaventerà, io non ti lascerò mai andare via da me, mai".
 
Appoggio la guancia contro il suo petto e gli circondo i fianchi con le braccia.
 
"Stupido, devi avere un po' più di fiducia"gli dico, anche se so che non è affatto facile e che una volta che ti hanno tradito e deluso fa molto male. La cosa strana e misteriosa è che nonostante mi trovi fra le braccia di uno dei predatori più forti del mondo, forse anche l'unico, non ho paura, anzi mi sento protetta, amata e capita e questa è una cosa che adoro e sono sicura che con chiunque altro che non sia Emanuele, non mi sentirei così.
 
"Aspetta un attimo"mi dice all'improvviso scostandomi da se.
 
"Aspettami qui, non ti allontanare, arrivo subito"dice e mi sembra tornato come prima, felice, sereno e sorridente, come lo preferisco, anche se i suoi minuti oscuri e la sua imprevedibilità mi eccitano e affascinano non poco.
 
Guardo Emanuele allontanarsi e rimango da sola dove mi ha lasciato, decisa a non muovermi perché basta solo un attimo e potrei trovarmi chissà dove; il mercatino, che poi si dovrebbe chiamare mercato, è enorme e gremito di persone di tutti i tipi e a mio parere è come il mare, ha le correnti che ti portano via.
 
"Gemma?"
 
Nel sentirmi chiamare di nuovo mi volto.
 
Non è possibile! Che mi venga un colpo! Penso allibita.
 
" Anna bella! Steve! Oscar!"Esclamo e molto persone si voltano incuriosite.
 
"Allora sei veramente tu!"Afferma Anna bella felice, venendomi incontro a braccia aperte.
 
Ci abbracciamo entrambe un sorriso stampato sulle labbra e solo ora mi rendo conto di quanto veramente mi siano mancati.
 
"Che bello rivederti Gemi"mi dice Oscar.
 
Mi scosto da Annabella che sorridente guarda Oscar stamparmi un bacio sulla tempia.
 
"Ehi! Tesoro, ciao"mi dice Steve dandomi una poderosa pacca sulla spalla che mi fa fare un passo in avanti.
 
"Ehi! Piano gorilla, le fai male"lo rimprovera Anna bella.
 
"Ragazzi, ma come mai siete qui?"
 
"Ci mancavi tesoro, volevamo vederti, perché non potevamo?"Mi chiede Steve.
 
"No, certo che potete, che sorpresa mi avete fatto, che bello! Vi ho mandato anche delle cartoline sapete? Vi sono arrivate?"
 
"No, ancora no"mi risponde Anna bella.
 
"Figurati, ci vorranno settimane perché arrivino"dice Oscar e ha ragione, avrei dovuto immaginarlo.
 
"Quando siete arrivati?"
 
"Qualche ora fa, stavamo cercando un hotel ma... qualcuno ci ha fatto sbagliare strada"finisce la frase Oscar ed entrambi guardando Steve.
 
Mi metto a ridere.
 
"Beh, ma anche voi, ancora vi fidate di lui? Eppure dovreste conoscerlo"
 
"sì, è vero, ma uno pensa sempre che crescerà prima o poi"dice Anna bella.
 
"Ehi! Vedete di smetterla di trattarmi come un idiota, la cartina diceva così"afferma Steve.
 
"Su,su,non è un grande problema, vi porto io in un hotel"
 
"grazie, menomale che ci sei tu, altrimenti restavamo a dormire per strada"
 
"ok, ho capito, lei è più brava di me e tutto quello che volete, ma come mai stai da sola al mercatino? Non hai paura di perderti?"
 
"ah, è perchè..."comincio a spiegare, quando qualcuno passando velocemente fra la folla mi urta e mi fa cadere addosso a Oscar che mi prende al volo.
 
"Ma cosa?! Piano, che modi!"Esclama subito Anna bella infastidita, voltandosi verso chi mi ha spinto. Io faccio altrettanto e mi trovo davanti un ragazzo alto e magro dai capelli corti e scuri e occhi nocciola, che si volta e mi guarda.
 
"Scuza - ma, e rau, ai fost ranit?" (Mi scusi, mi dispiace, si è fatta male?)Mi chiede preoccupato.
 
"Nu"dico alzando le mani e sorridendo per tranquillizzarlo.
 
"Scuza inca" (scusi ancora) mi dice, poi va via.
 
"è stato fighissimo, che cosa vi siete detti?"Mi chiede Anna bella entusiasta e incuriosita.
 
"Niente, poverino non sapeva come scusarsi"
 
"erano scuse?"Chiede Oscar.
 
"Sì, beh, si capiva no?"
 
"Abbastanza"ammette Steve.
 
"Comunque che stavi dicendo prima?"
 
"ma che importa, quel ragazzo era veramente carino"commenta Anna bella.
 
"Dici? Ma se gli hai urlato contro"le faccio notare divertita.
 
"Sì, ma si è scusato no?"
 
"è vero, comunque non ho fatto caso al suo aspetto"
 
"ah, è vero, tu hai Emanuele"dice facendomi l'occhiolino.
 
"Smettila".
 
"Perché? Che problema c'è? Tanto non è qui" Resto in silenzio.
 
"Nooo, è qui, siete usciti insieme?"
 
"Sì, è andato a prendere non so cosa e mi ha chiesto di aspettarlo qui"
 
"e allora certo che non t'interessava, perchè Emanuele è più bello di lui, giusto? O almeno mi sembra da quanto ci hai raccontato"
 
"beh..."dico arrossendo al solo pensare a lui.
 
"Potresti rispondere alla domanda per favore, sai interessa anche a me la risposta"
 
Mi volto trovandomi davanti proprio il diretto interessato.
 
Sospiro e mi giro nuovamente verso Anna bella e gli altri un po' imbarazzata e con un leggero sorrisetto sulle labbra.
 
"Ragazzi, vi presento Emanuele"
 
"capperi! E certo che non t'interessava l'altro"dice subito Anna bella mentre lo fissa senza crearsi problemi, invece i ragazzi sono diventati muti.
 
"Allora? La risposta?" Mi chiede Emanuele guardandomi direttamente in faccia, imbronciato per non aver ancora saputa.
 
"Sai benissimo quello che penso di te e non voglio dirlo davanti a loro. Hai fatto quello che dovevi?"
 
"sì"dice ancora imbronciato.
 
"Bene, allora lascia che te li presenti. Lei è Anna bella, lui è Oscar e lui è Steve, sono i miei migliori amici"
 
"piacere"dice Anna bella, mentre i ragazzi annuiscono intimiditi. Lì capisco perfettamente.
 
"Piacere mio"risponde educato Emanuele.
 
"Sai, si sono persi e vorrei portarli in hotel, altrimenti non sapranno dove andare a dormire"
 
"va bene, spero solo che non incontrerai quel tizio"mi dice non nascondendo affatto il fastidio che sente alla sola idea che possa incontrare di nuovo Clif.
 
"Tranquillo, tanto ci sei tu con me e poi lui è fidanzato con Azzurra"
 
"non credo che questo possa fermarlo" dice Emanuele irritato.
 
"Ma va!"Dico sorridente, appendendomi al suo braccio felice di sapere che gli da fastidio.
 
"Chi è Clif?" Mi chiede Anna bella mentre cominciamo ad incamminarci.
 
"Un ragazzo che..."
 
"è fastidioso e non la lascia stare"dice Emanuele seccato, interrompendomi.
 
"E perché c'e l'ha con te?"Chiede Oscar.
 
"perché ci ha provato, ma io l'ho ignorato"
 
"ah, ti voleva portare a letto"commenta Steve e si becca uno schiaffo in testa da Anna bella, ormai è un gesto incondizionato, dice una cosa volgare e scatto lo schiaffo.
 
"Ahi!"Esclama, ma nessuno lo ascolta, sono felice però, di notare che Emanuele è divertito per l'accaduto. Almeno la frase poco delicata di Steve ha fatto cambiare il suo stato d'animo, anche se credo che durerà molto poco.
 
"Già, si era messo in testa chissà che cosa, poi ha visto Emanuele e sì è arrabbiato, con quale diritto ancora non l'ho capito"
 
"Ma, sicuramente hai intaccato il suo orgoglio, magari pensava di essere irresistibile che tu fossi una ragazza a cui bastasse qualche avances anche velata per cadere ai suoi piedi, ma non è stato così, l'hai ignorato e si è risentito. Gli uomini così non li sopporto, dementi"dice Anna bella in tono freddo.
 
"Mi dispiace Anna, ma se tutto va bene dovrai sorbirtelo per un po'; lui è il figlio del proprietario dell'hotel dove vi sto portando. Il proprietario farebbe di tutto per me per via di una cosa che ha fatto mio padre per loro tempo fa, quindi se tutto va bene avrete delle stanze da loro e sarete sistemati"
 
"Ah, beh, cercherò di stare tranquilla"dice seria.
 
Cerco lo sguardo di Oscar e Steve e l'incontro, la pensano come me, sappiamo tutti e tre che sicuramente guarderà male Clif ogni volta che ce ne sarà occasione, che sarà fredda, scostante e antipatica, lei fa così con chi crede un demente indegno della sua fiducia, o comunque di quella di tutto il genere femminile.
 
"Guardate, ecco dove avete sbagliato, qui non dovevate girare a destra ma prendere la stradina alle vostre spalle, questo bivio è davvero fastidioso, ma una volta aver imparato la strada..."
 
"disse la ragazza con la memoria fotografica"commenta Anna bella.
 
"Ok, ho capito, sei stanca,procediamo"dico imprendendo a camminare, quando comincia a essere scorbutica vuol dire che è stanca o invidiosa.
 
Dopo poco ci troviamo sulla via principale, poco distante dall'hotel.
Davanti all'entrata spingo la grande porta e... che mi trovo al di la del bancone della reception? Che fortuna, mister simpatia. Clif guarda verso di me e poi m'ignora.
 
Mi accosto alla scrivania."Tuo padre dov'è?"
 
"è indaffarato"
 
"Aspetteremo finché non ritorna"dico appoggiando il braccio sul bancone e cominciando a guardarmi intorno, mentre le occhiatacce di Anna bella sono già partite e rischiano di farmi ridere. Passa un istante che sento la voce profonda, educata e ossequiosa del padre, ed eccolo sbucare dalle scale. Non appena mi vede gli s'illumina il viso.
 
"Oh, signorina Settembri,che bellissima sorpresa trovarla qui. Desidera qualcosa?"
 
"Sì, vede oggi sono venuti a trovarmi questi miei cari amici e mi stavo chiedendo se avesse tre stanze singole per loro, per i ragazzi anche una con due letti"
 
"vedo subito signorina"dice andando dietro la reception.
 
Si siede al computer e digita qualcosa sulla testiera, mentre Clif è visibilmente irritato, ma ci sono gli sguardi assassini di Anna a tenerlo buono.
 
"Oh"esclama all'improvviso il proprietario.
 
"Mi dispiace signorina, abbiamo solo una singola libera, provvederò a fare in modo di spostare qualcuno e..."
 
"no no, non si disturbi, se non ha stanze non è colpa sua, grazie comunque"
 
"sono spiacente signorina, allora arrivederci"
 
"arrivederci signore"
 
"Giulio"dice l'uomo.
 
"Arrivederci Giulio"dico sorridendo, ed esco, sono sicura che ora Clif sarà felice.
 
"E ora che facciamo? Gemma conosci altri hotel?"Mi chiede Anna un po' preoccupata.
 
"No, so che ce ne sono tre e questo qui, vediamo cosa dicono gli altri, ma non ci so andare. Emanuele tu sai dove sono?" Gli chiedo voltandomi verso di lui che è rimasto in silenzio fino ad ora.
 
"Sì, vi faccio strada, magari sarete fortunati"
 
"magari"ripete Anna. Così ci mettiamo a seguire Emanuele in un sostenuto silenzio. Ci infiliamo in viuzze mai viste e passiamo davanti a negozi mai visti, mi sembra di stare in un altro paese, quando finalmente ci fermiamo davanti a un edificio rustico.
 
"Questo è un dei quattro hotel, proviamo a chiedere"
 
Entriamo e subito ci accoglie un camino enorme con acceso all'interno un fuoco allegro e scoppiettante, con davanti un grande tappeto peloso e un divano imbottito marrone; davvero molto accogliente.
 
Al bancone della reception c'è una ragazza con uno strabiliante sorriso e occhi vivaci.
 
"Scusi, ha tre camere libere?"
 
"Un momento per favore"dice la ragazza digitando qualcosa al computer poi scuote il capo.
 
"Mi dispiace, ma solo una matrimoniale"ci dice e rimane in attesa della nostra decisione.
 
Guardo Anna bella. "Che c'è? Non vorrai mica che dorma in una stanza con due ragazzi e, per giunta c'è solo un letto, ed è matrimoniale"
 
"è vero, ma lì cono..."
 
"Alt, stop, non dire altro"dice alzando le mani.
 
"No"aggiunge poi categorica.
 
Sospiro, speriamo che negli altri due ci siano tre stanze singole o anche due.
 
"Ok, Emanuele il prossimo hotel?"
 
"Di qua"dice subito dirigendosi alla porta, faccio un cenno del capo alla ragazza ed usciamo.
 
L'altro hotel è un po' più distante e cominciano a farmi male i piedi.
 
"Eccoci, questo però costa una fortuna"dice Emanuele già sicuro che i miei amici, come nemmeno io del resto, potremmo mai permettercelo, infatti rimangono tutti e tre impalati a bocca aperta a fissare l'imponente entrata in vetro e marmo alla fine di tre alti gradini a semicerchio di marmo bianco, luci da sfilata lungo il tragitto e un parcheggio enorme.
 
"Direi che non serve nemmeno chiedere"affermo.
 
"Credo tu abbia ragione, ora che facciamo?" Chiede Anna rivolta a Oscar e Steve.
 
"Avremmo dovuto prenotare delle stanze prima di partire"dice Steve.
 
"Ma davvero genio?"Dice lei infastidita.
 
"Ehi! Basta, non è il momento di litigare, vi sembra il caso?"
 
"Hai ragione Gemma, scusa e scusa anche a te Steve"
 
"figurati"
 
"ma ora che possiamo fare Gemma?" Rimango un attimo in silenzio.
 
"Potreste venire da me"
 
"Eh?"Esclamo istintivamente voltandomi verso Emanuele, del tutto esterrefatta.
 
"Che c'è, vorresti rimanere da sola con me?"Mi chiede facendo un sorriso che mi scioglie all'attimo e subito dopo divento bordeaux .
 
"Stupido, certo che no, ma che ti salta in mente?"Esclamo in preda all'imbarazzo.
 
"Il che vuol dire che in realtà le piacerebbe tanto"spiega Anna.
 
"Zitta"sibilo guardandola male.
 
"Oddio, che paura"dice lei scherzosa abbracciandomi stretta, mentre io vorrei solo prenderla a calci.
 
"Non ve l'ho proposto subito perché è davvero lontano"dice Emanuele, mente io concordo con lui annuendo e spalancando gli occhi.
 
"Ho ragione Gemma?"
 
"Ragionissima, è davvero...."
 
"non importa, sempre meglio che dormire per strada"m'interrompe Anna e in effetti ha ragione.
 
"Allora ci serviranno due taxi, siamo in sei"
 
"ma che, ci stringiamo, chi vuoi che lo venga a sapere"dice Anna e infatti dubito dopo aver atteso Emanuele che è andato a comperare qualcosa che ci aiutasse a vedere la strada, abbiamo trovato un taxi e ci siamo seduti tutti, solo la furbetta di Anna si è accomodata davanti, mentre Oscar e Steve sono andati dietro e naturalmente anch'io ed Emanuele e guarda te il caso, per problemi di spazio, sono dovuta sedermi sulle gambe di Emanuele e mi sento così imbarazzata che potrei morire.
 
Sono consapevole che il tragitto in macchina è breve e che invece a piedi sarebbe stato un massacro, ma in questo momento vorrei tanto camminare, invece no, sono adagiata sulle gambe di Emanuele e nella vettura c'è un silenzio di tomba davvero scoraggiante, che bellezza!
 
Mi faccio piccola piccola, a disagio e cerco di essere naturale nel guardar fuori dal finestrino la vegetazione scura, il cielo nero e le stelle, ma sono certa che con il suo udito molto più sviluppato del mio Emanuele possa sentire perfettamente il mio cuore galoppare impazzito, tanto che potrebbe scoppiare da un memento all'altro e questo non mi va per niente giù.
 
Cerco di rimanere calma e immobile a guardare fuori anche quando ad Emanuele viene la brillante idea di cingermi con le braccia la vita e appoggiare la fronte sulla mia nuca. Fortunatamente non devo rimanere così per molto, perchè la macchina si ferma proprio davanti alla rete che prima separava gli scavi dal resto e nell'attimo in cui l'autista scende dalla macchina, io apro lo sportello a mia volta, così che Emanuele è costretto a lasciarmi e gli altri mi seguono a ruota.
 
Mentre l'autista prende i nostri bagagli, faccio un respiro profondo per tentare di calmarmi e noto che purtroppo comincia a fare freddo, ma la scoperta lascia spazio alla consapevolezza che ora dovremmo arrampicarsi sulla montagna e credo che nonostante le lanterne prese da Emanuele non si vedrà assolutamente niente.     
Prevedo cadute e ferite.
 
"Allora? Dov'è la casa?" Mi chiede Anna.
 
Guardo il taxi andare via e mi scopro pensare a quanto sarebbe fantastico se fosse in grado di portaci fino in cima e poi mi volto verso Anna.
 
"Al di la della montagna"dico indicando davanti a me.
 
"Stai scherzando? Ma non si vede nulla e siamo stanchi"
 
"lo so, ma sempre meglio che dormire per strada, no? "Dico prendendo le mie buste.
 
"Lasciale a me"dice Emanuele togliendomele di mano, prende anche le valigie degli altri e s'incammina verso la montagna.
 
Lo seguo rassegnata a dover scalare e una volta giunti ai piedi della montagna, Emanuele ci da una lanterna per uno e io ancora non capisco perché a nessuno è sembrato strano che Emanuele portasse tutte le valigie e sopratutto chiedesse come avrebbe fatto.
 
"Emanuele io sono più pratica, quindi lascia che sia ultima e chiuda la fila, così sarò sicura che non si perda nessuno"dico mentre si avvicina con la corda. Mi guarda incerto, ma io sono sicura di quello che dico e faccio, tanto che lo convinco.
 
Mi lega la corda intorno alla vita e va avanti, io guardo la lanterna e sorriso, so già che alla fine me la terrò per ricordo. Accendiamo subito le lanterne e mi sorprendo molto. Pensavo non si vedesse nulla, invece messa in un preciso punto mostra la strada perfettamente.
 
"Allora, siete pronti? Aiutatevi a salire con gli spuntoni e le rocce e attenti al fango, potreste scivolare"
 
"Forza ragazzi, vedrete che non è poi così difficile"
 
"se lo dici tu, per fortuna che mi sono messa le scarpe da ginnastica e non i tacchi"dice Anna afferrando una roccia sporgente.
 
"Roba da pazzi, nemmeno nei film o nei fumetti si vedono cose simili"commenta Steve e hanno ragione, è pericoloso, ma con noi c'è Emanuele, ed io so che non permetterà che ci succeda qualcosa, ho fiducia in lui.
 
"Tranquilli, non ci succederà nulla"dico alzando lo sguardo su Emanuele.
 
I nostri sguardi s'incontrano e noto una luce affettuosa nei suoi occhi, o è la mia che si rispecchia dei suoi?
 
"Ok, allora cominciamo"dice Anna e si mette dietro Emanuele, seguita dagli altri.
 
  
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