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Autore: megatempest    12/01/2016    0 recensioni
Tempest è una ragazza di 17 anni, che si diletta a suonare il basso elettrico.
Proprio grazie alla sua passione e ad uno strano incontro, fatto alla fine della scuola, entrerà del mondo della musica Metal, conoscendo i più grandi pilastri del Thrash, vivendo da vicino gli avvenimenti, i litigi e i traguardi di due grandi band: i Metallica e i Megadeth.
Protagonisti assieme a lei sono l'estroverso Dave Mustaine e il solare Cliff Burton.
Ringrazio tutte quelle persone che leggeranno la mia Fan Fiction, ma soprattutto ringrazio loro, i miei idoli, per avermi insegnato che ognuno di noi è unico nel suo genere e ha le potenzialità per diventare qualcuno di grande.
Stay thrash metalheads ♥
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Static Age
Capitolo VII
Tempest's POV
Pochi giorni dopo, i Metallica mi informarono che sarebbero stati molto impegnati a suonare nella zona compresa fra Los Angeles e San Francisco. Avrei voluto seguirli, ma sapevo già che i miei non me lo avrebbero mai permesso, visto che di me avevano relativamente poca stima: mi consideravano una fancazzista nullafacente atea-satanista che ascoltava band fin troppo “esuberanti”.
La prima settimana senza Metallica fu una vera e propria noia. Oltre ad Ellefson, che vedevo saltuariamente, non avevo più nessuno. Le amicizie passeggere che avevo stretto qua e là per la città si andavano via via affievolendo, e non avevo intenzione di riparare rapporti con qualche fattone, oramai diventato cocainomane o peggio. Mi sentivo una specie di disadattata, anche se di metallari ce n’erano.
Forse però ero io che volevo rimanere isolata da tutto. Le persone che conoscevo mi sembravano tutte uguali: se non erano metallari li consideravo perdita di tempo; invece se lo erano sembravano interessanti soprattutto a sostanze stupefacenti, birra e sesso. Essendo una ragazza cercavo di tenermi a debita distanza da scopamici o comunque gente simile.
Durante quel periodo di solitudine mi capitò, quasi per caso, di conoscere una nuova band: i Misfits.
Ero a casa di Ellefson quando, dal nulla, tirò fuori un disco che, per cover, aveva dei tipi abbastanza loschi. Da subito capii che quel gruppo era punk: i ragazzi non erano capelloni, ma sfoggiavano strane acconciature e un pesante trucco nero.
<< Jack, devi sentire i Misfits, sono una bomba assurda >> mi disse lui.
<< David, io non ascolto punk... >> risposi io. Non sembravano interessanti.
<< Zitta e ascolta! >> ribatté lui mentre appoggiava delicatamente la puntina del giradischi sul vinile.
Fin da subito mi pentì del mio giudizio. Erano veramente forti, come aveva detto Ellefson.
Lui mi guardò malizioso e, alzando un sopracciglio, chiese: << allora, come ti sembrano? >>.
<< Ehm... sono... BRAVISSIMI! >> urlai.
Le giornate si ripetevano sempre uguali, fin quando una mattina...
<< Tempest, zia Mandy si è appena trasferita a San Francisco sai? >> disse mia madre mentre entrava in camera mia, ovviamente senza bussare.
Mugolai da sotto le coperte.
<< Che ne dici di andare da lei qualche giorno? >> aggiunse poi.
<< Eh? Dove? A cosa? >> brontolai.
<< Insomma, sei una pigrona! >> sbottò lei. Poi mi ripeté quello che aveva detto poco prima.
<< Non ho vogl... cosa? San Francisco? Certo! >> risposi.
<< Finalmente accetti volentieri una decisione presa dai tuoi genitori! Prepara la tua roba... entro domani sarai là >> concluse uscendo.
Preparai in fretta una borsa con dentro vestiti, qualche libro, qualche foglio e degli spartiti stropicciati. Poi avvolsi Bomber nella rudimentale custodia che avevo e, assieme all’amplificatore e al bagaglio, vennero riposti vicino alla porta, in attesa di essere “trasferiti”.
Verso il primo pomeriggio composi il numero di casa di Dave, sperando fosse a Los Angeles.
<< Dave Mustaine, chi è? >> borbottò stancamente alzando la cornetta.
<< Dave vengo a San Francisco per qualche giorno! >> gli dissi cercando di tenere un tono basso, per evitare di attirare l’attenzione dei miei.
<< Wow! Allora ci sarai per qualche concerto? >> mi chiese lui, visibilmente felice per la notizia e stranamente rinvigorito.
<< Mi sembra ovvio! >> risposi ridendo.
Mi disse qualche data, poi si offrì per accompagnarmi la sera. Accettai e lo ringraziai di cuore.
Finii di preparare le ultime cose, poi la mia mente cominciò a galoppare: mi sarei divertita con i Metallica e... avrei potuto rivedere Cliff.
Riposi l’orrido rossetto rosso di mia madre nell’armadietto del bagno. Lei aveva tanto insistito che lo mettessi, visto che avevo dovuto dirle che un ragazzo mi avrebbe portata dalla zia; voleva mi vestissi bene, segno che già si era fatte strane idee su me e Dave.
Il campanello trillò, e corsi giù in fretta. Aprii la porta.
Dave per un momento sembrò un poco confuso, forse non era abituato a vedermi pettinata, truccata e soprattutto con un vestito... mi sentivo quasi ridicola, visto che per la mia corporatura quel vestiario non era per niente adatto.
Dave si riprese subito, e mi salutò sorridendo. Presi la mia roba, salutai i miei e assieme a lui mi avviai verso la sua macchina, piuttosto scassata.
<< Sei diversa vestita così >> mi disse poi quando salimmo.
Io lo guardai per qualche istante, poi risi. Lo facevo spesso quando ero nervosa o imbarazzata.
<< Lo so che questo completo non mi si addice, ma... sai com’è, devo presentarmi bene a mia zia... >> dissi io, evitando di raccontargli i pensieri di mia madre.
<< Comunque... sei bellissima >>. Aveva leggermente abbassato il tono di voce. Rimasi interdetta. Riuscii a dire semplicemente un grazie. Dovevo essere arrossita, ma grazie al cielo in macchina non si vedeva un granché.
Dave mise in moto la vettura e partimmo.
Mi accoccolai sul sedile.
Dopo un po’ iniziai ad avere freddo; quella sottospecie di tubino era piuttosto corto, lasciandomi scoperte gran parte delle gambe e le braccia.
<< Hai freddo? >> mi chiese Dave, come se mi avesse letto nel pensiero.
<< Be... si un po’... >> dissi io stringendomi nelle spalle.
<< Accendo il riscaldamento... >> mi rispose lui. La sua voce fu seguita da un sonoro crack.

Ellefson's POV
Seppi che la compagnia di Tempest era migrata a San Francisco per alcuni concerti, lasciandola a casa (visto che non apparteneva alla crew). Cominciò ad isolarsi da tutto e da tutti; la vedevo più raramente e spesso quando chiamavo casa sua rispondeva la sua sorellina dicendo che stava dormendo.
La povera Tempest se la doveva passare male davvero. Avrei voluto fare qualcosa per lei, essendo diventato suo amico mi sentivo in colpa a vederla così. Cercai di parlarci più spesso, ma non dava segni di miglioramento. Con me non voleva aprirsi, non capivo per quale strano motivo. Cosa avevo io che non andava, spesso mi chiedevo. Quei tizi (mi pare si chiamassero Metallica), ad occhio non avevano niente in più di me.
Decisi di non cercarla per un po’, magari si sarebbe fatta viva.
Intanto, con il mio bel basso acustico, passavo le mie giornate, piene zeppe di riff sempre nuovi da imparare e spesso anche di qualche disco nuovo.
Mi capitò fra le mani un disco punk, genere che di solito non sentivo. Si chiamava Walk Among Us, ed era di una band chiamata The Misfits. Lo sentii ed... era fottutamente figo. Mi sarebbe piaciuto sentirlo con qualcuno, magari con Tempest. Ma quella non si faceva viva.
Tempo neanche di finire il pensiero che squillò il telefono.
<< Ciao David... sono Jackson. Scusami se non mi sono fatta sentire ma non sono stata molto bene in questi giorni. Ti va se oggi ci vediamo? >>
La invitai volentieri a casa mia.
Mentre chiacchieravamo tirai fuori il disco e le dissi: <>.
<< David, io non ascolto punk... >> mi rispose, guardando la cover.
<< Zitta e ascolta! >> ribattei io mettendolo sul giradischi.
Vidi la sua faccia cambiare da lievemente scazzata a colpita.
La guardai, un poco malizioso, alzando un sopracciglio.
<< Allora, come ti sembrano? >> la punzecchiai.
<< Ehm... sono... BRAVISSIMI! >> urlò.
Ci mettemmo a saltare per la stanza come degli idioti e cantando parole a caso per coprire le melodie.
 
Dave's POV
Mi ritrovai catapultato a San Francisco per alcune tappe del nostro mini-tour. Da dopo il demo eravamo finiti in una raffica di faccende da sbrigare. Succedeva tutto ad una velocità allucinante, e io stavo lentamente diventando pazzo. Non ce la facevo più. Ero diventato nervoso e irascibile, non volevo fare un cazzo dalla mattina alla sera. L’unica cosa che avrei voluto era lei. Volevo stringere Tempest fra le braccia ancora, baciarla sulla fronte e dirle che l’amavo davvero, anche senza sostanze stupefacenti. 
Tornai per una giornata e mezza a Los Angeles, per concludere qualche affare come pusher. Avrei voluto con tutto me stesso vederla, ma nessuno doveva sapere che ero lì.
Impiegai mezza giornata; avrei avuto tutto il giorno successivo libero dopodiché, la sera, sarei dovuto tornare a San Francisco con la band.
Passai la mattina a dormire sul divano di casa mia, la coperta tirata fino alla punta del naso. Non dormivo decentemente da tantissimo tempo.
Nel primo pomeriggio squillò il telefono. Mi chiesi chi rompeva il cazzo a quell’ora; all’inizio pensai di non rispondere, poi però mi alzai.
<< Dave Mustaine, chi è? >> borbottai, mentre soffocavo uno sbadiglio.
<< Dave vengo a San Francisco per qualche giorno! >> mi sussurrò Tempest. Cosa? Ci pensai per qualche istante... Che cazzo... Oh mio dio. Stavo parlando con lei. Me ne ero accorto solo ora. E mi stava dicendo che sarebbe venuta anche lei con me. Ma perché ero così scemo.
<< Wow! Allora ci sarai per qualche concerto? >> le chiesi, alzando il tono di voce e svegliando quel poco di cervello che avevo in zucca.
<< Mi sembra ovvio! >> mi rispose ridendo.
Le dissi le giornate dei concerti e le chiesi se voleva un passaggio. Accettò volentieri.
Appena attaccai la cornetta mi sentii esplodere. L’avrei rivista ancora e avrei passato la serata con lei; le cose non potevano andare meglio.
Parcheggiai la mia auto sul marciapiede e mi guardai nello specchietto: i capelli erano puliti, i vestiti stirati e profumati e... le scarpe lucidate. D’accordo, potevo uscire dalla macchina e recarmi alla porta.
Suonai il campanello di casa Jackson e aspettai.
La porta si aprì e per poco non riconobbi Tempest. Aveva i capelli lisci e pettinati, mentre le sue bellissime labbra erano di un rosso scarlatto acceso; indossava un vestito molto corto. Era... era meravigliosa. Per una volta la vedevo vestita da femmina (non che prima fosse un uomo...) e... si era strano.
Mi ripresi salutandola con un sorriso. Si mise a tracolla una custodia (probabilmente del suo basso) e prese una borsa e un piccolo amplificatore. Ci dirigemmo alla macchina.
<< Sei diversa vestita così >> le dissi, quasi per sbaglio, mentre accendevo la macchina.
Mi guardò stupita, e poi rise. Dovevo averla messa in imbarazzo.
<< Lo so che questo completo non mi si addice, ma... sai com’è, devo presentarmi bene a mia zia... >> mi rispose, quasi per giustificarsi. No, no, no. Aveva capito che non mi andava a genio con quel vestito. Cazzo no.
<< Comunque... sei bellissima >> le sussurrai quasi. Avevo abbassato il tono di voce quasi senza accorgermene. Mormorò un grazie, poi rimase a fissarmi con le labbra schiuse.
Misi in moto e partimmo.
Tempest si raggomitolò sul sedile; doveva essere molto stanca.
Dopo circa un quarto d’ora cominciò a tremare. Con quell’abitino corto doveva avere parecchio freddo.
<< Hai freddo? >> le chiesi, anche se sapevo già la risposta.
<< Be... si un po’... >> mi disse, stringendosi nelle spalle.
<< Accendo il riscaldamento... >> le risposi.
Cominciai a cercare la valvola. Trovat... CRACK! Mi era rimasta in mano. Merda. Che figura.
   
 
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