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Autore: catto    13/01/2016    0 recensioni
La storia narra le vicende di una ragazza di nome misaki ayuzawa, una ragazza dai capelli bianchi, fredda e totalmente disinteressata all'amore a causa di una maledizione. Ma l'incontro con un ragazzo cambierà tutto a partire dalle emozioni che lei aveva soffocato per non far del male a chi amava.
È la mia prima storia all'inizio può sembrare noiosa ma migliora ve lo garantisco. Accetto critiche e consigli.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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angolo dell'autore: salve e buon anno a tutti, anche se in ritardo. mi scuso per non aver pubbicato prima ma ho avut diversi problemi. colgo l'occasione per informarvi del fatto che ho intenzione di modificare sia i primi caitoli sia il titolo che vi lascierò nel prossimo capitolo. devo ancora decidere se cancellarla completamente e riscriverla. questo intanto è il decimo caitolo spero vi piaccia. a presto.


Era mattina presto quando usui si svegliò. Non aveva passato una bella nottata: il litigio con la bianca, le sue cicatrici. L’unica cosa positiva era il bacio che gli aveva dato. Per quale diamine di motivo era interessata alla sua vita o a quello che aveva fatto da piccolo? Non voleva raccontargliela non perché non si fidasse di lei semplicemente perché credeva che non ci fosse nulla di interessante al contrario della sua. Mentre continuava a pensare allo sguardo carico di odio e tristezza che gli aveva lanciato la sera prima andò in salotto e aspettò la colazione. La borsa di lei era ancora li, appoggiata vicino al divano, dunque non era ancora tornata a casa sua o per lo meno non ancora. Andò verso la camera della ragazza e l’apri leggermente, quel tanto che bastava per sbirciarci dentro. Quando non sentì il minimo rumore provenire dall’interno ci infilò direttamente la testa e come aveva immaginato non trovò nessuno al suo interno, solo un letto disfatto. Se lo era aspettato. Lei non era una persona che perdonava subito e doveva essere molto arrabbiata con lui. E pensare che si era ripromesso di non fare cavolate. Durante tutto il viaggio aveva pensato a come comportarsi ma  quel bacio e quella domanda lo avevano preso alla sprovvista e aveva fatto una cazzata. Ne era stato contento, era stato un bacio dolce, leggero e semplice. Un bacio diverso dai soliti. Le aveva toccato le cicatrici che le ricopriva o il corpo. Era riuscito ad arrivare ad un tipo di intimità con lei che  aveva solo sognato e adesso aveva distrutto tutto perché credeva che la sua infanzia non sarebbe  interessata alla bianca o che l’avrebbe considerata frivola.

Misaki non aveva dormito per niente quella notte. Dopo essersi arrabbiata con usui era andata sul terrazzo e da li era uscita. Ed era andata in giro fuori dall’onsen. Era veramente isolato dal resto del mondo. Alla fine si sdraiò su un prato a guardare le stelle. Le piaceva la libertà, non che il biondo gliel’avesse negata sia chiaro, ma nei momenti in cui era arrabbiata doveva stare libera. Se fosse rimasta in un posto chiuso sarebbe sicuramente esplosa. Quando il sole iniziò a sorgere si alzò ammirando la bellezza di  quel panorama. Ogni volta che vedeva il rosso, che copriva il cielo a quell’ora, da quando era scappata, immaginava che fosse il rosso del sangue di un tora ormai morto a causa sua e che il cielo ne avesse preso il colore del suo sangue per farla stare bene. Dopo aver assistito al sorgere del sole camminò pensando fino ad arrivare in un villaggio di contadini. In una piazzetta il mercato era già stato allestito e vi erano delle signore scese prima per comprare le cose più fresche. Mentre camminava tra le varie bancarelle un uomo la fermò facendole vedere un abito poco più scuro dei suoi capelli. Un abito lungo, nel petto e nel busto era chiaro e piano piano che scendeva diveniva sempre più scuro. Un abito lungo leggero alla vista e al tatto. Il mercante iniziò a dirle di prenderlo ma lei con sé non aveva nessun soldo e quell’abito sembrava molto costoso. Continuò cosi per un po’: con lui che insisteva e con lei che rifiutava.  Quando finalmente ascoltò cosa aveva da dirgli la bianca glielo regalò dicendole che quell’abito su di lei sarebbe stato perfetto al contrario della donna che lo avrebbe comprato. Misaki arrossì e accettò benvolwntieri  quel regalo. Era passato molto tempo da quando  qualcuno le aveva regalato qualcosa e ne era contenta anche se era da parte di uno sconosciuto che non avrebbe mai più rivisto. Continuò a camminare con il vestito dentro la busta. Il vestito l’aveva messa notevolmente di buon umore.  Nel tardo pomeriggio, dopo aver visitato tutto il villaggio ammirando tutto e fermandosi ad ogni tempio, decise di tornare all’onsen. Era ancora arrabbiata con usui ma meno della sera precedente e non gli andava di farlo preoccupare. D’altronde e lui le aveva dato il suo tempo per fidarsi di lui e per decidere se potergli raccontare qualcosa della sua vita tormentata, mettergli fretta non sarebbe stato corretto.
Quando finalmente arrivò all’onsen le guardie la rispedirono fuori dicendole che il suo nome non risultava registrato e che no n aveva prenotato nessuna stanza. Lei provò a spiegare con chi alloggiava, ma loro la derisero come se stesse cercando invano di arrampicarsi sugli specchi lanciando a caso qualche scusa banale. La ragazza della hall che ovviamente l’aveva vista il giorno prima con usui non intervenne. Non era la prima volta che qualcuno la odiava così, a tatto, ma in questo caso non poteva fare  a meno di chiedersi il motivo di quell’odio. Alla fine prima di sbranare le due guardie misaki uscì fece il giro e arrivò sotto  alla vasca scoperta della loro camera. Se lo scagnozzo di Tora, con quell’addestramento banale, era riuscito a salire ci sarebbe riuscita anche lei. Osservò per un po’ il soffitto e poi salì senza il minimo sforzo e con un’eleganza tipica di un felino. Appena mise piede nella stanza andò al bagno per farsi una doccia. Rimase per un po’ sotto il getto dell’acqua tiepida a pensare ad usui e al suo tocco leggero e dolce. Si era ripromessa di non permettere a qualcuno di entrare nel suo cuore e staccandosi da tutti lo aveva mandato sempre più  nell’abisso del suo animo. Nonostante gli sforzi quel biondo era riuscito a riportarlo a galla. Quando si fu asciugata i capelli prese il vestito e se lo provò. Era incredibile come esso mettesse in evidenza le sue forme senza essere troppo attillato. Sembrava fatto su misura per lei. Uscì dal bagno ed entrò in camera sua per cambiarsi nuovamente ma si fermò quando sentì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo e due voci. –Usui ti prego- era la voce di una ragazza. –Non fare cose avventate. Rientrerà stai tranquillo.- sembrava arrabbiata. –senti manda una macchina nei villaggi più vicini a cercarla.- si sentì un tonfo. Probabilmente il biondo si era lasciato cadere sul divano troppo stanco per rimanere in piedi. –Hai parlato con i tuoi?- riprese la voce femminile. Misaki si fece curiosa ed aprì le orecchie più che poté . senza produrre il minimo rumore uscì dalla camera e sbriciò nel salotto. La ragazza stava in piedi di fronte a lui. Era bella e guardava usui in un modo che alla bianca non piacque per niente. Lo osservava come se fosse stato il premio più ambito in una gara faticosa. –Usui rispondi!- lui alzò lo sguardo. –Si ci ho parlato Emily.- Misaki sbirciò nuovamente riconoscendo la divisa indossata dalla ragazza quella delle persone che lavoravano nell’onsen. ‘Emily’ da quando si chiamavano per nome? Lui non le aveva raccontato nulla su di lui mentre a quella ragazza aveva raccontato tutto. Lo stomaco le si strinse per rabbia umiliazione e tristezza. –Perché provi tutto quel rancore verso la tua nuova madre?- domandò lei  spostandosi i capelli dal viso. Continuava a parlare con usui come se fossero intimi, come se avessero un'intimità in cui misaki non sarebbe mai potuta entrare. Sentì la rabbia diffondersi per tutto il corpo, come se il sangue la stesse trasportando insieme all’ossigeno e agli elementi figurati. Emily continuava a guardarlo in quel modo osceno e iniziò ad avvicinarsi a lui mettendoglisi a cavalcioni sopra e lui rimase immobile senza opporsi. Quindi gli andava bene qualunque ragazza. Gli aveva rotto le scatole per quel periodo solo per un capriccio. Sentì il cuore fermo irrigidirsi. –Smettila di pensare a quella..-  sussurrò Emily iniziando a muoversi sopra di lui, anche se  iniziava a dire di no. Più lei si muoveva più la rabbia di misaki aumentava senza che nessun autocontrollo riuscisse a mantenerla. Non ci vide più quando le mani della ragazza, dapprima impegnate sul volto di usui iniziarono ad abbassarsi verso la sua vita mentre sussurrava la frase che rischiò di fargli perdere la vita. –Lasciati a me.- in un secondo la bianca fu nel salotto. Tirò su la ragazza come se stesse tirando su una piuma e lanciò via. Sentiva l’ira diffondersi per tutto il corpo. L’odio iniziò ad avere rumore proprio ed era un rumore assordante. Le impediva di ragionare e di sentire le persone intorno a lei. Usui non si accorse di nulla, accadde tutto troppo velocemente. Una chioma bianca si smaterializzò davanti a lui strappandogli di dosso Emily che si trovò distesa in fondo alla sala, non che ne fu dispiaciuto. Quando posò lo sguardo sulla bianca rimase senza fiato, dimenticando tutto ciò che lo circondava. Era bellissima. Iniziò a spogliarla con gli occhi. Immaginava le sue mani che scorrevano su quella pelle morbida e che le slacciava le bretelle di quell’abito stupendo, facendolo scivolare giù fino ai piedi. Immaginava di toccarle la pelle nuda sia con le mani sia con le labbra. Sembrava una dea scesa nel mondo terrestre per punire tutti quelli che pensavano al proprio e solo interesse e per reclamare ciò che era suo, come se fosse la padrona dell’universo. Immerso nei suoi pensieri, si accorse dei movimenti della sua amata solo quando lei stava per raggiungere la ragazza distesa a terra. Si alzò dal divano e le prese delicatamente la mano. Lei continuò ad avanzare ma lui l’afferrò più saldamente. –Misaki calma.- lei rimase in silenzio continuando a dargli le spalle. Continuava a fissare la ragazza stesa lì in terra. Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine della sua morte. Quando l’avrebbe sbudellata, dilaniata, squarciata infliggendole le torture più mostruose solo per sentire le sue urla, melodie per le orecchie della dea. Come osava toccare qualcosa che non era suo? Come aveva osato toccarlo e parlargli con quella voce mielosa che faceva salire il diabete solo a sentirla? Nessuno avrebbe toccato qualcosa che apparteneva a lei. Qualcosa che era di sua proprietà, qualcosa che amava e se anche qualcuno ci avesse provato avrebbe subito la giusta punizione. Lo avrebbe protetto a costo di rimetterci la vita o il cuore. Il pensiero delle urla di Emily la fece sorridere. Ricominciò a camminare e usui continuò a tenerla cercando di farla stare ferma. Le parlava ma lei non sentiva nient’altro che il ronzio dell’odio.  La ragazza riaprì gli occhi e si guardò intorno come se non ricordasse dov’era e ciò che era accaduto. Quando vide misaki avvicinarsi sbiancò. Aveva gli occhi completamente argentati, i capelli sciolti che si muovevano al vento e quel vestito. Era bellissima lo pensò addirittura lei che era una ragazza, anche se subito dopo si odiò per quel pensiero. Nonostante la sua bellezza esteriore, il sorriso che le comparse sul volto fece rabbrividire Emily. Quel sorriso e quegli occhi la fecero sentire minuscola e iniziò istintivamente a indietreggiare. Usui a questo puntò le lasciò il polso e l’abbracciò da dietro cercando di calmarla ma invano, ovviamente. Alla fine vedendo che non riusciva a fermarla dal suo intento omicida le si parò davanti deciso a fermarla ma tentennò quando la vide sul volto. Fino a quel momento si era ritrovato dietro di lei quindi non aveva potuto notare il colorito dell’iride. Quello sguardo ti ghiacciava sul posto. Dietro quegli occhi si ergevano castelli ghiacciati di odio. Tuttavia non poté fare a meno di pensare che fosse bellissima, non aveva mai visto una cosa del genere e in quel momento desiderò che fosse completamente sua e di nessun altro. I suoi occhi erano completamente argentati. Si ricordò di cosa le aveva detto la sera precedente, ‘durante la maledizione diventano completamente argentati.’ Com’era possibile che ora fossero di quel colore? Che cosa era successo e dove aveva preso quel vestito? Il vento le mosse i capelli. Continuava a fissare imperterrita dietro di lui. Usui , prima che le potesse fare un solo passo, l’abbracciò nuovamente facendole nascondere il volto sul suo petto mentre le accarezzava la testa sussurrandole parole dolci, come se servisse a qualcosa. Sentì le sue mani avvolgergli la schiena. Anche attraverso la maglietta riuscì a sentire le unghie affilatissime della bianca che lo afferravano e lo trattenevano come facevano le tigri per non lasciar sfuggire le prede. Emily assistette alla scena e l’invidia la persuase, a lei non aveva mai riservato quel trattamento. Purtroppo per lei la sua stupidità non conosceva limiti. Disse la cosa più sbagliata che poteva dire una persona in un momento del genere. –Mentre cerca  di ammazzarmi tu l’abbracci? Ma non vedi che è un mostro?- In quell’istante si sentì gli occhi della bianca addosso, anche se il volto era completamente coperto da usui. Era come se le stesse succhiando via l’anima con lo sguardo. Misaki spostò usui con estrema delicatezza, ormai era la cosa più preziosa del mondo per lei. Arrivò davanti alla ragazza e la guardò dall’alto al basso, era un misero insetto che non aspettava altro che essere schiacciato. La tirò su afferrandola per il collo e iniziò a stringere. Decise di buttarla giù dalla finestra da cui lei un’ora prima si era arrampicata. Non sarebbe morta ma avrebbe sofferto e la bianca avrebbe assistito sia alla caduta sia allo sfracellamento per poi divertirsi ad infliggergli un dolore ben maggiore. Un dolore che non avrebbe mai dimenticato. Stava per aprire la finestra quando l’immagine dei suoi genitori morti le frecciò nella mente, insieme alle facce dei suoi parenti che l’avevano venduta pur di non aver niente a che fare con lei. Per quando fosse forte la voglia di uccidere l’insetto si controllò. Non avrebbe colmato la soddisfazione di tora nel vederla tirare fuori il demone che lui aveva tanto bramato. Cercò in tutti modi di controllare quella rabbia che era stata inghiottita da troppo tempo.  Si girò e tornò dentro alla camera per poi sbatterla fuori chiudendo la porta telepaticamente. Si girò un secondo per guardare usui e una lacrima le rigò il volto. –Perché? Perché le hai permesso di toccarti in quel modo?- dopo aver pronunciato quella domanda, si avvicinò alla finestra. Usui la vide appoggiarsi sul bordo. Aveva bisogno di prendere aria aveva ancora quel ronzio nelle orecchie. Si sentiva strana, come se una parte di lei fosse stata rasa al suolo. Il biondo stava lì che la fissava senza aprire bocca. Troppo stupito da quel comportamento e impaurito da quegli occhi. Era debole, troppo debole. Il volto tutto insieme le divenne cereo e iniziò a cadere. Usui notando il pallore sul suo viso si avvicinò più veloce che mai e l’afferrò prima che sbattesse contro il pavimento duro. Si mise seduto con la schiena di lei sul suo petto, tenendola forte. Poté notare, in quel frangente, che le unghie iniziarono a ritirarsi e il suo volto rilassarsi. Perché aveva reagito in quel modo? Le aveva dato così tanto fastidio il fatto che Emily lo avesse toccato? Non aveva senso. Il cuore gli si strinse. La  amava ormai ne era certo. Il vestito che aveva addosso era liscissimo ed era un piacere toccarlo. Inoltre le stava d’incanto. Abbassò la testa appoggiandola contro quella di lei. Come aveva fatto a stregarlo così? La bianca continuava a dormire, con il respiro bassissimo quasi inudibile. Quando si ricordò di Emily ancora mezza morta fuori la porta della stanza, si alzò controvoglia con la bianca in braccio. Pesava meno di quello che sembrava e tirarla su fu un gioco da ragazzi. La depose delicatamente sul divano e prima di andare ad aprire la porta le accarezzò il viso, perdendosi in esso. Emily stava  seduta  fuori dalla stanza, era completamente sudata e rossa probabilmente per la rabbia. Usui uscì completamente, lanciando un ultimo sguardo alla bianca. Si accovacciò accanto all’insetto e le chiese come si sentisse. Lei alzò un sopracciglio –tu come ti sentiresti se un mostro ti avesse appena catapultato fuori dalla porta dopo averti fatto perdere trent’anni di vita dalla paura? Comunque non riesco a tirarmi su, credo che mi abbia rotto qualcosa.- lui rimase in silenzio per un po’ per poi affermare con decisione che la bianca non era un mostro. L’aiutò a tirarsi su e poi l’accompagnò alla hall rimanendo costantemente in pensiero per misaki. Alla fine dovette accompagnarla all’ospedale poiché la hall era completamente deserta. Lo fece controvoglia, avrebbe preferito rimanere a casa con misaki, tuttavia la portò lo stesso al pronto soccorso.

Sakura ricevette un altro invito dalla band yumenishi ma non si presentò all’appuntamento. –ma che ti frega Sakura vacci vacci. Magari si vogliono semplicemente scusare per l’altra volta. Accetta e porta anche me.- Sakura continuava  a camminare avanti e indietro, non sapeva cosa fare, lei era veramente innamorata del cantante …  ma dopo la figuraccia che aveva fatto l’ultima volta adesso si sentiva a disagio a incontrarli di nuovo. Ogni volta che lo vedeva,  il cuore gli saliva in gola e si sentiva la faccia esplodere. Loro continuarono ad inviargli degli inviti e lei continuò a rifiutarli. Alla fine il cantate si presentò fuori scuola, la caricò in macchina sotto gli sguardi sconcertati ed emozionati di tutti gli studenti e partì a tutta velocità anche per evitare di essere messo in trappola dalle sue fan. –eh- disse come una tonta. Il cantante la guardò e iniziò a parlare. –Perché non ti sei fatta più sentire? Perché hai rifiutato tutti i miei inviti. Ho seriamente iniziato a pensare che mi stessi evitando. Mi hai fatto addirittura scomodare per venirti a prendere dato che non avevo idea di dove fossi.- Sakura continuò a  guardarlo e formulò il suo sfoggio d’intelligenza .. –Eh- kyo… chiuse gli occhi irritato ed il sopracciglio istintivamente gli si alzò. –per quale motivo pensi che ti abbia invitato fino ad oggi?- continuò con la voce un tantino irritata. Pel-di-carota alzò le spalle. –Pensaci.- iniziò a diventare rosso, com’era possibile che fosse cosi tonta? Era una bomba che stava rischiando di esplodere. Una nuvoletta, intanto comparve vicino alla testa di Sakura che ancora confusa divenne completamente vuota. A quel punto il cantante perse completamente la pazienza. Come poteva evitare così facilmente la verità? Si avvicinò molto velocemente arrivandogli vicino al naso. –Tu mi piaci.- confessò. L’espressione facciale di Sakura fu un misto di lacrime felicità ed emozione. Rise poi pianse e poi rise di nuovo. –Ah- esclamò lanciandoglisi tra le braccia e lui anche se innervosito dalla sua stupidità ricambiò l’abbraccio. Intanto Shizuko si trovava fuori scuola aspettando quell’idiota di Sakura che molto probabilmente si era dimenticata di lei andandosene per conto suo e pensare che dovevano uscire.

Emily fu ricoverata nell’ospedale più vicino. I due si erano inventati una scusa idiota da dire ai medici. Quest’ultimi avevano comunicato ad usui che sarebbe dovuto rimanere in ospedale finché non fosse arrivato qualcuno della famiglia della ragazza. L’ultima cosa che voleva fare era rimanere lì ma fu praticamente costretto. Alla fine si fece  dare il numero dei familiari e li chiamò. Non fu così semplice dato che l’insetto continuava a blaterare cosa senza senso e minacce che non avevano fondo. Annoiato da tutti quei discorsi, le ricordò a quale famiglia appartenesse e che se avesse provato a dire qualcosa  l’avrebbe umiliata per sempre. Si mise seduto fuori dalla sua stanza pur di stare lontano da lei ed il sonno non tardò ad arrivare.
Tora stava in piedi nella camera. Sapeva che doveva lasciarla lì, se l’avesse portata via le sue possibilità di rivedere il demone sarebbero divenute nulle ma la tensione era irresistibile. Si avvicinò al divano in cui usui aveva deposto misaki. Le avvicinò le dita sul volto, aveva la pelle così morbida e liscia. –Io ti ho sempre amata…- il pensiero gli uscì così come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come può una persona che fa del male pensare di amare e di farsi amare? Si abbassò e posò le sue labbra su quelle di lei e ne assaporò ogni singolo secondo. Le percorse le gote con le labbra arrivando fino al collo baciandoglielo e laccandoglielo. Quando posò di nuovo lo sguardo su di lei notò che era immobile e fredda come una statua, far uscire quel mostro la stancava terribilmente. Le distruggeva l’anima ed ogni volta che usciva una parte di lei moriva. Sorrise, il suo solito sorriso sadico che era solito usare mentre la torturava. Iniziò a toccarla e a baciarla di nuovo. Non poteva farne a meno, era tanto tempo che aspettava per poterla riavere, per iniziare a brandire le lame come pennelli, pitturando la sua tela con un colore rosso vivo. Non poté farne a meno, si tirò su e la prese tra le braccia e si avvicinò di nuovo alla porta pronto ad andarsene.
Usui si risvegliò dall’incubo completamente sudato e con il fiatone. Sapeva che era stato soltanto un brutto sogno ma aveva un oscuro presentimento, inoltre  quei baci  e quei movimenti lo avevano disturbato. Si alzò velocemente e corse via. La sua corsa venne, però,  fermata da un infermiera decisa a non farlo andare via. –Mi scusi, dove stai andando?- il biondo la fulminò con lo sguardo. L’infermiera lo squadrò da capo a piedi e doveva proprio ammetterlo: era veramente bello. –Ho avuto un’emergenza e devo correre a casa.- continuava a sentirsi quello sguardo addosso. –mm. Un’emergenza eh? Che tipo di emergenza?- il biondo aveva già il dente avvelenato per quel biondino che aveva toccato la sua dea ed ora ci si metteva anche un’infermiera.- un’emergenza di tipo personale. Se ora mi fa il favore di lasciarmi io me ne vado.- lei non lo lasciò –Che ne dici di rimanere un pochino qui a divertirci? Io sono sola non c’è nessuno qui- sorrise avvicinandosi a lui, ma prima che potesse arrivare ad una vicinanza pericolosa al suo viso, lui la scacciò via malamente e se ne andò di soffiata. Ecco perché odiava le donne e le usava solo per andarci a letto insieme, questo ovviamente prima che arrivasse lei. Era sua e non avrebbe permesso più a nessuno di portargliela via. Andò il più velocemente possibile e quando arrivò all’onsen  si fiondò nella sua stanza. La bianca era ancora sdraiata  li, con i vestiti addosso. Nella stanza non c’era nessuno. Tirò un sospiro di sollievo, anche se non si sentiva ancora sicuro. Controllò tutte le stanze e quando fu certo che non ci fosse nessun ragazzo tornò da lei. Quando aveva visto le labbra di quel ragazzo su di lei e sul suo corpo la rabbia era arrivata alle stelle. Si avvicinò al divano e la baciò cercando di cancellare le tracce dell’altro ragazzo. La toccò  dove l’altro nel sogno l’aveva toccata. Quando scese sul collo, però, notò una macchietta bordeaux lì. La rabbia lo invase. Dove finiva il sogno e dove iniziava la realtà? Era stato veramente lì? Il viso di quel ragazzo lo irritò nuovamente, la toccò in tutti i posti dove l’altro l’aveva toccata. La prese in braccio e la portò in camera da letto. Aveva ancora quel vestito addosso. Pensò per la milionesima volta quanto fosse bella e quanto volesse toglierle quel vestito, ma si trattenne. Dopo averla messa a letto, si sdraiò accanto a lei circondandole la vita con un braccio prendendole la mano. Si addormentò velocemente e il profumo della bianca lo cullò portandolo in un sogno senza sogni.
Poco lontano dall’onsen Tora sedeva in una poltrona. Aveva assistito alla scena di gelosia della bianca capendo quanto lo amasse. Si sarebbe divertito a vederla mentre lo uccideva procurandosi da sola un dolore ben maggiore di quello che le aveva prodotto lui in quegli anni di prigionia. Si era divertito anche a vedere la faccia del ragazzo quando si era reso conto che lui era stato veramente li e che non era solo un sogno. Provò a rientrare nei sogni di quel ragazzo, così per divertirsi un altro po’ prima di tornare  a lavorare ma qualcosa, come un muro altissimo, gli impediva di entrare. Era come se quel muro fosse così alto che uno neanche provava a pensare di scavalcarlo, come se fosse normale che quel muro fosse lì.
La bianca era veramente distrutta e quei giorni che seguirono furono giorni di buio per lei. Un buio in cui non era neanche a conoscenza della sua stessa esistenza o quella di usui o quella di tutto il mondo.
Usui si svegliò presto e vide con piacere che la bianca era ancora lì. Era nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata. Si alzò completamente e ordinò la colazione, sarebbe stata sicuramente affamata al suo risveglio. Mentre aspettava la colazione si andò a fare un bel bagno nella vasca scoperta per rilassarsi un po’. Si immerse completamente nell’acqua calda e chiuse gli occhi. L’immagine della bianca con quegli occhi argentati lo invase. Adesso che ci pensava non aveva mai sorriso veramente per felicità, la sua infanzia doveva averla traumatizzata,naturalmente.  Lui non le avrebbe mai fatto del male mai e poi mai e la prese come una promessa con se stesso. Non l’avrebbe mai lasciata sola e l’avrebbe protetta anche quando il demone sarebbe venuto a galla. Appena si sarebbe svegliata l’avrebbe portata dentro la vasca insieme a lui e non avrebbe lasciato che uscisse.
Passarono le ore e com’era venuta la colazione arrivò anche il pranzo e la cena e la bianca continuava a dormire in quel modo anomalo. Sicuramente il suo organismo continuava a farla dormire perché il suo corpo era estremamente stanco. Ma quando si fecero le 10 di sera iniziò veramente a preoccuparsi. Stava andando a svegliarla quando un altro pensiero gli passò per la mente: se aveva veramente bisogno di recuperare le energie non si sarebbe intromesso ma se neanche il giorno seguente si fosse svegliata ci avrebbe pensato lui. Dormì poco e male, era ansioso di sentire la sua voce e di vedere se stava bene, quel modo di dormire lo preoccupava. sembrava una statua. Si era fatta  di nuovo mattina e lui la fissava, ordinò la colazione come il giorno precedente. Si avvicinò  per svegliarla quando udì un piccolo gemito e finalmente la bianca aprì gli occhi. Non si stiracchiò e non fece niente di quello che fanno di solito le persone normali. Aprì semplicemente gli occhi. Si guardò intorno e come se avesse rivissuto la scena di qualche giorno prima sorrise. Il biondo rabbrividì. Non aveva mai visto un sorriso del genere sul volto di lei, sembrava quello…. Quello del ragazzo del sogno. Appena realizzò quel pensiero, l’abbracciò. Lei rimase in silenzio ripensando a ciò che era successo con l’altra ragazza. Alzò lo sguardo verso di lui e quel poco argento rimasto nei suoi occhi scomparve totalmente. –Perché lei… lei… io… come sta?- lui la lasciò e la guardò in volto con uno sguardo intenso, così tanto che lei arrossì leggermente. –Le hai rotto solo qualche osso. L’ho portata all’ospedale.- gli occhi di lei persero quel poco di felicità che aveva in quel momento. Dunque ce l’aveva portata lui all’ospedale ed era rimasto con lei. Se lo doveva immaginare perché  mai sarebbe dovuto rimanere con un mostro come lei? abbassò lo sguardo e lui si morse la lingua, non avrebbe dovuto dirglielo. –l’ho accompagnata ma sono tornato subito da te.- disse con precisione e poi la baciò, piano cercando di risollevarle l’animo. Quando vide il rossore tornare ad avvamparle le guance sorrise, se la caricò in spalla e la portò nella vasca scoperta. –Usui aspetta devo togliermi il vestito.- lui si fermò la mise nella sua camera aspettò che si cambiasse e se la ricaricò in spalla e questa volta immergendola nell’acqua calda. –Credo sia arrivato il momento di parlare di me, di te, di noi e della tua maledizione.- lei annuì e iniziarono a parlare.

   
 
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