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Autore: lapoetastra    13/01/2016    2 recensioni
Come gli era venuto in mente di chiedere una cosa del genere all’investigatore? Doveva essere pazzo.
Sherlock, però, non sembrava essersi offeso per quella domanda senz’altro troppo personale.
< Sì, John >, sorrise, tranquillissimo come sempre. < Sono stato innamorato unicamente una volta nella mia vita. >
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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< Sei mai stato innamorato, Sherlock? >, domandò d’improvviso John, e subito ebbe voglia di tapparsi la bocca, ardendo per la vergogna.
Come gli era venuto in mente di chiedere una cosa del genere all’investigatore? Doveva essere pazzo.
Sherlock, però, non sembrava essersi offeso per quella domanda senz’altro troppo personale.
< Sì, John >, sorrise, tranquillissimo come sempre. < Sono stato innamorato unicamente una volta nella mia vita, di una donna speciale. E lo sono ancora tutt’ora, a dirti la verità. >
Watson per poco non collassò sulla sedia.
Mai, mai si sarebbe aspettato una risposta del genere.
Già gli era difficile credere che Sherlock, con il suo carattere austero e la sua dedizione rivolta unicamente al lavoro, potesse mai essere stato legato sentimentalmente con una persona che non fosse lui stesso.
Ed a maggior ragione con una donna, poi. John aveva sempre pensato che…
Ma la cosa che più lo aveva colpito era che Sherlock era ancora innamorato di lei, come aveva asserito poco prima.
Era geloso, Watson.
Geloso, ma senza saperne con precisione il motivo.
Forse perché era infastidito – ed anche un po’ ferito - dal fatto che Holmes non gliene avesse mai parlato: erano colleghi, certo, ma anche coinquilini, e soprattutto amici, o almeno così valeva per John.
< Oh >, rispose dunque il dottore. Non trovava nient’altro da dire.
< E… lei com’è? >, chiese poi, con un leggero fremito nella voce.
Sherlock allargò ancora di più il proprio sorriso, quel sorriso storto ed indecifrabile che lo faceva assomigliare ad una belva feroce mentre  attacca la sua preda.
< Bellissima! >, esclamò squillante, come se potesse finalmente esprimere ciò che per troppo tempo aveva dovuto serbare nel cuore.
Poi, con gli occhi azzurri brillanti nella luce tenue del meriggio, continuò: < Ha i capelli neri, sai John? Neri come la notte e morbidi come la seta, luccicanti come fossero cosparsi di piccoli diamanti. Ed i suoi occhi racchiudono i prati, e la speranza, e gli smeraldi. E la sua pelle è bianca come la neve più fresca, e morbida come il cotone più puro. E… >
< È davvero bellissima, Sherlock >, lo interruppe John. Non ce la faceva. Non riusciva più a sopportare la vista di Holmes emozionato nel descrivere le incredibili virtù della sua amata.
Gli faceva male. Gli dilaniava il cuore come un coltello e gli bombardava la testa come un martello pneumatico, intontendolo.
< Sono… sono felice per te >, mormorò poi, cercando di non far trapelare la menzogna.
Sherlock lo guardò di sottecchi, ghignando.
< E sai qual è la cosa che più mi piace di lei, John? >, domandò, come se non lo avesse affatto ascoltato.
< No… >, sussurrò in risposta Watson, abbassando gli occhi e convogliando tutta la sua attenzione verso un interessantissimo punto del pavimento monocromo.
< Che non esiste >, disse allora Sherlock, calmo.
John ci mise un po’ a collegare -le sue sinapsi erano bell’e che perse, ormai – e quando tornò in sé, fissò il proprio sguardo in quello malizioso dell’investigatore sorridente, e per un attimo si sentì lui la preda in procinto di essere divorata.
< Non… esiste? >, ripeté, balbettando per la sorpresa. < E allora perché…? >
< John >. Fu il turno di Sherlock, questa volta, di interromperlo. < Sappiamo entrambi che io sono innamorato di te. E se le mie deduzioni non mi ingannano – cosa che escludo a priori – anche tu ricambi i miei sentimenti. >
Così dicendo, senza dare tempo al dottore ammutolito e paonazzo di formulare la benché minima risposta, scomparve nella camera da letto.
John rimase immobile, con le guance in fiamme ed il cervello in subbuglio per un periodo che poteva benissimo essere compreso tra pochi minuti ed un anno intero.
Poi, come un automa, si alzò, ed entrò nella stanza di Sherlock senza preoccuparsi di bussare o di chiedere il permesso.
Avevano molto di cui parlare, loro due.
Holmes, però, lo colse di sorpresa – probabilmente aveva già predetto tutto quello – e si gettò su di lui, come se davvero fosse una belva denutrita. Era affamato veramente, in realtà. Delle labbra sottili e rosee di John, che incollò alle proprie senza remore, timore o vergogna.
Il dottore, dopo un attimo di incertezza, rispose a quel bacio che da tanto aveva bramato con tutto se stesso ma che era sempre solo ed unicamente rimasto un mero sogno, un desiderio apparentemente irrealizzabile.
Ma ora, invece, contro ogni sua aspettativa, erano lì, insieme, uniti l’uno all’altro.
Nessuno dei due sentì la necessità di spiegare ciò che stava accadendo così repentinamente tra loro.
Le parole, almeno per quel momento, potevano aspettare.
 
   
 
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