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Autore: nothingdrum    13/01/2016    2 recensioni
In un futuro in cui i sogni sono diventati una vera e propria droga, un trip sbagliato rimescola le convinzioni di un ragazzo...
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Va benissimo mezz'ora, grazie."

Il ragazzo poggiò sul bancone le due sterline e mezzo necessarie a pagare la tariffa che aveva scelto.

Il Flow era un locale piuttosto spoglio, ma a lui era sempre piaciuto così: il miglior strappasogni di Londra. Era da quasi cinque anni che lo stimolo dei sogni era diventato illegale, da quando si scoprì che farsi di sogni non era molto diverso dal Crack o dall'eroina. Oltre cinquantamila persone erano morte nel 2045 per epilissia causata dallo stimolo neurale che le sedie strappasogni applicavano all'Amigdala.

Chi non moriva era soggetto a straniamento, perdita della cognizione del tempo o addirittura diventava schizofrenico.

Ma ciò non impedì la creazione di decine di locali strappasogni in ogni angolo del globo, frequentati da persone che non riuscivano a perdere la sensazione stupenda di potersi immergere in mondi al di fuori dell'umano, mondi che desideravano ardentemente. Ma questi locali erano rischiosi: se gli aghi non venivano puliti adeguatamente, e disinfettati, si rischiava che il liquido cerebrale dell'utente precedente potesse entrare in contatto con il proprio cervello, e che i sogni diventassero incubi dalla quale era impossibile uscire.

Trevor era uno che non aveva mai smesso di farsi di sogni. I lunghi capelli neri che si posavano ai lati del suo viso nascondevano i buchi che gli strappasogni compivano sulle guance e all'altezza del naso delle persone, pronte a raggiungere la corteccia frontale del cervello.

L'Amigdala veniva stimolata da un ago più grande, dal quale fuoriusciva un liquido composto di sostanze chimiche che ammobidiva la materia grigia, rilassandola e fornendo i sogni celestiali che portavano molto spesso all'alienazione delle persone.

Trevor vide la sua sedia preferita in fondo alla stanza, ovviamente non occupata da nessuno. Tirò fuori una sigaretta dall'impermeabile, dicendosi, come ogni volta, che sarebbe potuta essere l'ultima. La fumò con calma, come se la sedia in fondo fosse quella di un penitenziario e quello fosse il suo ultimo miglio.

Si sedette, premette il pulsante sul bracciolo e cominciò l'atto.

La sedia si mise in posizione sdraiata, e da sotto uscirono fuori gli aghi. Il buio non tardò ad arrivare.

 

 

 

Una porta. Solo una porta di legno davanti a lui, nella tenebra più totale.

Trevor prese la maniglia, la girò.

Un grido.

Il pomello era ancora a metà, e la porta non si aprì, perchè quell'urlo rese completamente immobile il corpo e la mente del ragazzo.

Si girò in un attimo, solo per rivedere la tenebra, di nuovo.

Un passo indietro risuonò per l'infinito spazio attorno a Trevor, che non trovò nessuna porta ad aspettarlo. La sua schiena cadde su quel pavimento irreale, mentre qualcosa dal profondo del nulla continuava a gridare parole che non arrivavano al conscio del ragazzo.

Si alzò rapidamente e si guardò intorno. Un uomo sedeva, lontano, parlottando. Trevor corse verso di lui, gridando parole che non uscivano dalla sua gola.

"Panico. Terrore. Ansia. Furore. Paura. Gioia. Bellezza. Serenità. Tranquillità. Pace."

Le parole che l'uomo sussurrava si facevano più alte ad ogni passo. Solo quando era dietro alla sua schiena nuda, dal colorito marrone, Trevor riuscì a pronunciarsi.

"Cosa sei?"

L'orribile viso dell'uomo si palesò davanti a lui. Una metà mostrava un sorriso di pura gioia, dall'altra parte la disperazione prendeva il sopravvento. Le sopracciglia inarcate della parte felice facevano a pugni con i vermi che stavano divorando le sue guance dall'altro lato.

"Sono il vero padrone di questa realtà mio caro! Quello che la domina, quello che dovrebbe stare su quella sedia al posto tuo. Quello che lasci dormire ogni giorno e che ogni notte si sveglia, e aspetta."

Trevor si rese conto che era incappato in un ago contaminato, contaminato da uno di quei pazzoidi tossici che frequentavano il Flow anche troppo spesso, e che non poteva fuggire, non ancora.

"So cosa pensi sai? Che io stia dominando il tuo bellissimo cranio con le mie congetture, ma posso dirti qualcosa? Il sogno è solo l'estremo modo che l'uomo ha per attaccare gli altri, quante volte hai voluto uccidere una persona che ti aveva fatto un torto eh? Qui puoi. Qui puoi vivere in eterno" La porta, ancora chiusa, comparve dietro la creatura. "Oppure andartene, e tornare alla tua vita. Una vita fatta di donne che ti mollano, genitori che ti hanno sempre odiato, una vita in cui non puoi fare quello che vuoi." e la porta si allontanò, di nuovo verso la tenebra.

"Non parlerò con la stupida manifestazione della psiche di un pazzo" disse Trevor girandosi. "Dimmi come uscirne. Ora!"

La creatura non c'era più. Solo la sua voce risuonava nel vuoto.

"Fai un passo verso la verità."

Il ragazzo vedeva ancora la porta in lontananza, e decise di raggiungerla, essendo l'unico suo punto di riferimento.

 

 

Mise la mano sul pomello, pronto a girarlo. Di nuovo a metà, di nuovo interrotto da una voce.

Una donna sedeva in terra, occhi completamente neri e un vestito bianco. Le unghie lunghe, ma spezzate in cima, come se avesse grattato qualcosa di molto duro.

"Puoi cambiare tutto,sai?" Schioccò le dita, e il buio divenne luce all'improvviso.

"La pazienza mi fa stare ancora qui, ad aspettare, su questa sedia come te. Ho atteso moltissimo Trevor" L'iniziale sorpresa del ragazzo riguardo a come la donna sapesse il suo nome svanì immediatamente, rendendosi conto che il suo cervello era comunque il contenitore di quella follia.

"Vedi queste unghie? Le ho strappate da me non so neanche quante volte. Non sai quanto tempo attendo che i recessi dell'emozioni che vengono provate raggiungano anche me, ma io sono qui, incapace di provare una qualsiasi cosa. L'equilibrio è assente, solo le persone possono crearlo. Non ti dirò di aprire quella porta, perché so già che hai capito che aprendola ti risveglieresti. E sai anche che è ciò che vuoi, quindi non sprecherò il mio fiato. Ma almeno riscaldami da questo freddo eterno."

Trevor si tolse l'impermeabile, e lo posò sulle spalle di quella eterea presenza, che forse per la prima volta in vita sua, sorrise.

Il pomello girò.

Trevor si alzò dalla sedia urlando e gesticolando. Corse verso il bancone con la mano in tasca, dove teneva la pistola.

Lo raggiunse, e posando l'arma sullo stesso sussurrò all'addetta:

"Siete dei criminali. Quegli aghi erano infetti! Sono finito nell'incubo di un folle! Voglio immediatamente indietro i miei soldi, e sapere chi cazzo si è seduto sulla mia sedia visto che ho pagato il padrone per avere una sedia soltanto mia!"

La commessa vide il revolver in mano a Trevor, e alzò immediatamente le mani.

"Controllo subito nel database chi ha usufruito della sedia, ma vi prego, non sparate!"

Le dita della donna andarono veloci sulla tastiera, prima di fermarsi di colpo.

"Signore, abbiamo sostituito la sua sedia, lei è il primo cliente a sedersi e gli aghi sono nuovi."

Il revolver cadde e fece un tonfo sordo.

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