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Autore: BelleDameSansMerci    17/01/2016    2 recensioni
Cosa succederebbe se, molti anni dopo, Xena riapparisse improvvisamente nella vita di Gabrielle? Cosa è successo ai personaggi dello Xenaverse negli ultimi tre e più lustri?Ispirata dal recente annuncio della NBC di proporre un reboot dell'amata serie degli anni '90, ho provato a immaginare una storia ambientata circa vent'anni dopo gli eventi di 'A friend in need'.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Moooomoooookooooo!!!! Vieni qui immediatamente, subito!!» La signora Yamada era molto, molto arrabbiata, Momoko sapeva di averla fatta grossa, questa volta.

«Come ti sei permessa?! La nostra ospite sarà furiosa!» Urlò con gli occhi porcini fuori dalle orbite. Momoko la detestava, con tutte le sue forze. Lavorava nella sua locanda da quando era poco più che una bambina e sapeva che, anche se era una vecchia zitella senza eredi, la signora Yamada avrebbe preferito impiccarsi piuttosto che lasciarle in eredità quella sudicia bettola. Poco male, pensò.

«Mi dispiace Yamada-San, volevo solo mettere in ordine le sue cose...» Cercò quindi di giustificarsi. 

«Mettere in ordine le sue cose?! Ho trovato la sua spada nascosta dentro al tuo tatami arrotolato, cosa credevi di fare? Di giocare al guerriero?»

«Io non volevo fare nulla di male e poi la nostra ospite è partita già da una settimana, non sappiamo nemmeno se farà ritorno!»

«Oh si che tornerà e spero per allora di vederla farti lo scalpo a mani nude, piccola ladra insolente che non sei altro!» Gridò quindi brandendo la scopa con fare minaccioso. Era una donna corpulenta e complessivamente ingombrante, nonostante la statura piuttosto ridotta. Tutti sapevano che non andava contraddetta e Momoko per prima: come prova della sua celebre irascibilità aveva diversi lividi causati proprio da quella stessa scopa, uno strumento tutt'altro che innocuo tra le mani della donna. 

«Rimetterò immediatamente la spada al suo posto!» Disse quindi scomparendo dietro l'uscio della cucina scappando come un gatto alla vista di un cane rabbioso. 

Momoko salì nella soffitta dove dormiva la servitù – ossia lei sola e un vecchio cane pulcioso – e srotolò il suo tatami. Le piaceva quella spada che aveva rubato alla loro ospite perché era diversa da tutte quelle che aveva visto prima di allora: non era lunga e affusolata come una katana, ma era pesante, intarsiata. 

Sapeva di aver corso un grande rischio ad averla sottratta dalla stanza della loro ospite: in effetti solo una persona piuttosto pericolosa poteva possedere un'arma del genere; pur vero è che non l'aveva mai vista maneggiarla e nonostante quella donna misteriosa alloggiasse presso la loro locanda già da qualche settimana, non l'aveva mai vista indossare nient'altro che la stessa logora tunica grigio topo. Forse l'ha rubata, forse non è davvero sua , pensò; però, anche se non sapeva bene perché, sapeva di sbagliarsi. 

Fu proprio mentre faceva quei pensieri che sentì un rumore di zoccoli sul sentiero davanti alla locanda: non poteva che essere una sola persona. Momoko si precipitò giù per le scale e corse nella stanza degli ospiti per rimettere ciò che aveva sottratto nella sua postazione originaria, quindi saettòverso le stalle, per aiutare a dissellare il cavallo. 

La straniera salutò cortesemente la signora Yamada e si recò sul retro, tenendo la giumenta pezzata per le redini. Momoko non aveva mai osato guardarla direttamente negli occhi: la signora Yamada le aveva insegnato a comunicare con gli ospiti solo per lo stretto necessario e sapeva che era molto maleducato per una serva guardare un cliente direttamente in volto, quindi come sempre chinò la testa e disse semplicemente: «Bentornata, Xena-san». 

«Ti ringrazio, Momoko-chan» rispose la donna con un sorriso che la ragazzina non aveva potuto vedere. Le piaceva quella ragazzina. Era sottile come un giunco e aveva due occhi neri giganteschi, come quelli di un felino curioso. Sapeva che non era solamente ciò che sembrava ad uno sguardo disattento, mi ricorda come eri tu quando eri solo una ragazzina, proprio come lei, pensò. 

«Mi aiuteresti a dissellare la mia cavalla, per piacere?» Aggiunse quindi abbassandosi per incontrare gli occhi di Momoko, che annuì immediatamente, reprimendo a stento un sorriso. 

Le mansioni di Momoko erano solitamente così ripetitive e identiche che aveva già da diversi anni imparato a rigovernare la locanda e servire i clienti quasi senza accorgersene: riusciva a svolgere gran parte delle faccende in automatica e proprio per questo aveva un sacco di tempo per pensare e fantasticare. La cosa che preferiva sopra ogni altra era spiare gli ospiti cercando di impossessarsi di piccoli pezzi delle loro vite, occasionalmente sgraffignando qualche loro piccolo oggetto. Le piaceva provare a immaginare come fossero le loro esistenze, cosa li avesse portati lì in quella piccola locanda fuori Okinawa e dove se ne sarebbero andati una volta partiti. 

Le sarebbe piaciuto andarsene, essere “di passaggio” e non immobile, per una volta. 

La prima volta che Momoko vide quella straniera dagli occhi del colore del cielo, stava servendo la zuppa a due avventori abituali e fuori pioveva terribilmente. Se lo ricordava bene: all'improvviso una figura molto alta e incappucciata apparve sulla soglia e fu in quel momento che vide in volto quella strana donna; «Buonasera, cerco alloggio per me e il mio cavallo» disse semplicemente con un giapponese tutt'altro che stentato, per una straniera come lei. Era entrata sola, nessuno l'aveva accompagnata. Fu la prima volta che Momoko pensò alla folle idea che anche le donne potessero avventurarsi nel mondo da sole.

Momoko si rese presto conto che Xena – questo era il nome con il quale le si era presentata la prima volta che la aiutò a dissellare la giumenta – non era una donna come tutte le altre, perché lei viaggiava da sola e non parlava mai con nessuno e nessuno osava rivolgerle la parola. Stranamente però era stata sempre molto gentile con lei e ora che ci pensava lei era forse l'unica persona in quella locanda alla quale avesse detto il proprio nome. 

 

«Xena-San, dov'è stata durante la sua assenza?» Per una frazione di secondo Momoko sperò di non aver davvero pronunciato quella frase, ma era ovviamente troppo tardi. Xena osservò la ragazzina mortificata per aver avuto l'ardire di farle una domanda. Ti faccio così paura? Pensò tra se. 

«Mi dispiace Momoko-chan, ma non posso dirtelo. Spero però che continuerai ad aiutarmi come sempre: Athena qui ha bisogno di cure, né io né lei siamo più nel fiore degli anni e dobbiamo entrambe riposare e prepararci per metterci in viaggio.» Disse con il tono più gentile del suo repertorio carezzando contemporaneamente il dorso dell'animale. 

«Partirà per sempre, Xena-San? Non farà mai più ritorno?» Si lasciò sfuggire la ragazzina, rabbrividendo alla sola idea. Non può lasciarmi qui a marcire.

«Non oggi Momoko-chan» fu l'unica risposta che ricevette. 

 

Quella notte Momoko non riuscì a prendere sonno. 

Dov'è stata Xena durante la sua assenza? Dove andrà? Porterà con se la spada? Ma non aveva una risposta a nessuno degli interrogativi che le assillavano la mente. 

 

Non posso lasciare che se ne vada così, poi lo so: tutto tornerà ad essere incredibilmente noioso. Cosa avrebbe potuto fare d'altronde? Non poteva certo impedirle di partire... però forse un'alternativa c'era. Se lo sentiva, era il suo destino: la straniera piena di segreti non sarebbe andata da nessuna parte senza di lei.

 

 

Eve era costernata. Faceva quasi fatica a starsene seduta composta, aveva un fortissimo impulso di abbandonarsi ad uno di quegli attacchi d'ira che sembravano appartenere ad un'altra vita. Faceva caldo e il sari giallo le si era appiccicato contro la pelle sudata.

«Ravi... Temo di non aver compreso. In quale possibile... modo... puoi aver visto mia madre?»

«E' come le ho detto mia Signora: ero a pochi chilometri da Okinawa per incontrare il nostro fratello Takeo, come mi ha chiesto, e ho visto sua madre con alcuni contadini trasportare degli utensili da lavoro... Non so spiegarmelo, ma ne sono certo.» Rispose Ravi deglutendo, questa volta parlando piùlentamente. La donna di fronte a lui era stata la ragione della sua salvezza, grazie ai suoi insegnanti aveva saputo ridare un significato alla sua vita, eppure non aveva mai smesso di temerla. 

Eve faticava a mantenere la calma. 

«Ravi, mia madre è morta molti anni fa. Lo sai bene. Potresti esserti confuso, alcune di quelle donne sono molto simili a quelle della mia terra natia, alcune hanno persino hanno occhi chiari»

Proprio mentre pronunciava quelle parole però, sapeva che Ravi le aveva detto la verità. Sento che è così..ma come può essere? In tutti questi anni, madre, non ho mai avvertito la tua presenza in questo mondo. Dove sei?

«Mia signora, purtroppo sono l'unico dei nostri compagni ad aver mai visto con i propri occhi vostra madre, quindi non potete che fidarvi della mia parola, ma ascoltatemi: sono certo di quello che dico.»

«Non so come sia possibile, fratello, ma sento che dici il vero. Ma allora spiegami questo: perché non le hai parlato? Perché non l'hai portata qui?» chiese quindi aggrottando la fronte. Quando era turbata, era impossibile non notare la somiglianza con colei che fu la Principessa Guerriera.

«Il fatto, mia signora, è che è successa una cosa molto strana... ho visto vostra madre sulla sommità della collina insieme a quei contadini, quindi ho corso dai nostri fratelli per dirgli di attendermi di modo che potessi inseguirla, ma quando mi sono girato di nuovo... beh...»

«Ebbene?»

«Era sparita, come un'ombra.»

 

  
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