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Autore: SamuelRoth93    18/01/2016    0 recensioni
In un universo parallelo, precisamente nella piccola cittadina di Rosewood, ci sono quattro giovani e affascinanti bugiardi che lottano ogni giorno per nascondere i loro segreti. Perseguitati dalla misteriosa figura di A e dall'oscuro mistero che si cela alle sue spalle, riusciranno a mantenerli? Ma, soprattutto, riusciranno a sopravvivere?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO UNO

“Pilot (Part I)”

 

 

Cosa c’è in loro da renderci tanto diversi? Perché sono seduto qui in mensa, da solo, a guardarli prendere il vassoio del pranzo, quando potrebbero essere loro, qui, al posto mio, a parlare di me? Certo, loro sono affascinanti, intelligenti, atletici, dal sorriso ingannevole e dalle parole persuasive; Insomma, piacciono a tutti i tipi così: Insieme, formano il gruppo perfetto. Nessuno osa mettersi contro di loro. Sono rispettati senza dover fare praticamente nulla e senza pretenderlo. Cosa ho sbagliato? Esclusi alcuni miei difetti fisici e pessime scelte di moda, non ho sbagliato niente; Eppure sono qui: emarginato e preso continuamente in giro.

Anthony Dimitri, invece, nonostante giri per la scuola con quell’aria arrogante e prepotente, è comunque amato e, questo, perchè ha la perfezione dalla sua parte: l’altezza, i suoi capelli neri, così dark, e quel fisico snello ma piazzato allo stesso tempo. Perfetto. Quello che non sa, però, è che la perfezione può essere smascherata e quando vedi le persone per come sono davvero sotto quel velo di apparenza costruita ad arte, ecco che diventano esattamente come te. Non c’è più differenza, diventiamo esattamente uguali e, magari…potrei risultare anche migliore!

 

Il gruppo di ragazzi più popolari della scuola di Rosewood era appena entrato in mensa e, con il vassoio del pranzo tra le mani, si stavano dirigendo ad uno dei tavoli.

Non erano i tipi da tavolo fisso, si sedevano ovunque volessero. Anthony, però, il leader della sua cricca, decise che il tavolo al quale sedersi quel Martedì per pranzare, doveva essere quello occupato da Albert Pascali.

Insieme, si avvicinarono, tenendosi dietro ad Anthony. Dietro alla sua ombra.

 

“Stai occupando il tavolo in cui vogliamo sederci per pranzare. Ti dispiace…lasciarlo!” infierì Anthony, arrogante e con il solito sorriso beffardo, di chi amava deridere il prossimo, cercando subito lo sguardo complice dei suoi compagni per farlo sentire ancora più a disagio.

“Ci sono molti altri tavoli liberi!” replicò Albert, inaspettatamente. Quel sottile tono di ribellione, sembrò rimbombare in tutta la sala, attirando l’attenzione di tutti.

Anthony, accorgendosi di avere tutta la scuola a guardarlo, fece il giro del tavolo, posizionandosi accanto al ragazzo, minaccioso: “Te lo dico per l’ultima volta, - squadrò i suoi abiti da cima a fondo – Maglione della Nonna …TOGLITI-DAL-NOSTRO-POSTO!”

L’altro sorrise, quasi a provocarlo: “Ho detto NO! E mi chiamo Albert, non Maglione della Nonna, ok? Posso anche non aver mai reagito alle tue prepotenze, gli anni scorsi, ma quest’anno non mi lascerò trattare come una pezza da piedi da uno come te!”

Anthony si guardò attorno, notando qualcuno che annuiva e storceva il naso, come a dare ragione al suo avversario. Quella, allora, fu la molla che gli fece perdere la pazienza. L’intera mensa sobbalzò, nel momento in cui prese Albert per la camicia e lo sollevò dalla sedia: “E come sarei io, eh? – poi gli sussurrò qualcosa ad un centimetro dal suo naso – Qui nessuno è dalla tua parte, nessuno si alzerà per difenderti, capito? Le persone che vedi sedute qui intorno, hanno avuto la fortuna di non essere dei totali sfigati come te…E quando non sei uno degli sfigati della scuola, ti piace guardare lo spettacolo!”

Uno dei quattro amici di Anthony, Sam Havery, nell’indifferenza circostante, fece sentire la sua voce, intimando all’amico di fermarsi: “Dai, lascialo perdere. E’ solo un tavolo!”

Naturalmente, non venne ascoltato.

Uno dei professori, appena entrato in sala mensa, non potè non notare la scena. Corse immediatamente a separare i due o, perlomeno, salvare il povero disagiato.

“Dico, siamo impazziti? Fare questo tipo di scenate QUI, nella mensa della scuola, con tutti che vi guardano? – mentre parlava, spostava lo sguardo verso entrambi i ragazzi, poi, solo verso il vero bullo della situazione – sarò costretto a convocare i suoi genitori, Dimitri!”

Quello, immediatamente, impallidì, cercando di non darlo troppo a vedere: “Non credo ci sia bisogno di chiamare nessuno. Non ne vale la pena. E, ora, se non le dispiace, io e i miei amici vorremmo pranzare. – si mossè - Ci spostiamo ad un altro tavolo!

Il professor Palmer, però, non lo lasciò andare via senza un’ultima raccomandazione: “Non voglio più assistere a scene ti questo tipo, intesi? – quello si andò a sedere, seguito dai suoi compagni, senza nemmeno voltarsi - Vedete di non mancare alla mia lezione, alla quinta ora!” e se ne andò, subito dopo essersi accertato che anche Albert si era calmato, risedendosi.

E poi, come in ogni liceo Americano che si rispetti, tornarono tutti a farsi gli affari propri, chiacchierando e mangiando, come se nulla fosse successo; come se il bullismo scolastico fosse di routine.

Nonostante fossero seduti lontano, però, Anthony ed Albert si scambiarono un ultimo sguardo fulmineo.

“Non pensavo che Albert Pascali si sarebbe mai ribellato!” commentò Rider Stuart, ora che erano finalmente seduti a pranzare. Un tipo intellettuale, di piccola statura, gli occhiali neri sulla punta del naso, il capello riccio e castano. Un libro sempre con sé, aperto su una mano, mentre con l’altra usava la forchetta per imboccarsi.

“Beh, ha avuto quello che si meritava: essere umiliato!” esclamò Anthony, ancora livido di rabbia in viso.

“Avete visto il maglione che indossa oggi? Cos’è, hanno aperto un mercatino con i vestiti smessi di Rory Gilmore dal set della prima stagione?” prese parola anche Eric Longo, il tipico ragazzo egocentrico che pensa solo al suo aspetto. Nel parlare, non perse occassione per aggiustarsi i suoi ciuffi biondi sulla prima superficie riflettente che incontrava con lo sguardo. Come quella del vassoio, in questo caso. Il filo di barba in viso lo rendeva ancora più attraente. Si sentiva, attraente.

Sam, invece, meno cinico rispetto ai compagni, snello e fragile, moro e di media altezza, sembrò trovare assurdi i loro discorsi: “Voleva solo pranzare in pace a quel tavolo, non c’era bisogno di umiliarlo!”

L’ultimo di loro, Nathaniel Blake, un tipo da felpe e tutte sportive, moro anche lui e fisico atletico, condivise: “Sono d’accordo, se ne stava per conto suo. Potevi evitare, Anthony!”

Quello, irritato, lanciò un’occhiataccia a tutti e due: “Non ho chiesto la vostra opinione! – guardò male anche gli altri due, che gongolavano per non essere stati sgridati – E nemmeno della vostra. Dovete solamente ascoltarmi!”

Poco dopo, lontano, una ragazza bionda e con i capelli corti, si affacciò alla mensa, facendo cenno con le mani ad uno di quelli seduti al tavolo di Anthony. Quest’ultimo, fu l’unico a notarla.

“Ma guardate, c’è Chloe Friendzoned! Corri, Sammy, corri!” commentò ironicamente, strappando un sorriso ai presenti.

Sam mise in bocca l’ultimo boccone, velocemente. Sempre di corsa, si alzò con il suo zaino, facendo cenno alla ragazza che stava arrivando, poi si girò verso Anthony, seccato dal suo comportamento: “Devi dare un soprannome proprio a tutti?”

“I soprannomi servono a darti una personalità. Senza, le persone sono noiose e anonime!” rispose quello, cinico. Sam se ne andò, non replicando, raggiungendo l’amica.

Non appena uscito dalla mensa, Anthony parlò di lui con gli altri: “Credete che Sammy sia gay?”

Perplesso, Eric, distolse lo sguardo dal touchscreen del suo telefono spento, dentro il quale si stava specchiando: “Non lo so, non ci ho mai fatto caso. Di solito non guardo come si comportano gli altri!”

“Due anni fa ebbe una relazione con quella certa Miranda…” ricordò Rider, sollevandosi gli occhiali scivolati lungo il naso, ancora una volta.

“…Ed è uscito con quella Jane, ricordate? Ha parlato per ore di quell’appuntamento con me e Nathaniel. Vero?” raccontò Eric per poi chiamare l’amico in causa.

“Sì, ma a noi cosa importa alla fine? Perché ne stiamo parlando? E alle sue spalle per di più? Se lo è o non lo è, non deve darci di certo una spiegazione, non siamo degli inquisitori!”

Anthony giocò con la forchetta nel piatto, non pensandola allo stesso modo: “Dico solo che siamo amici. Se è gay, perché non ce lo dice? Mi fa pensare che non si fidi molto di noi. La cosa non vi offende?”

Rider espresse il suo pensiero, non distogliendo mai lo sguardo dal suo libro: “No, non particolarmente. Alla fine si tratta di un segreto: chi non ne ha?”

A quel punto, Anthony osservò Rider, malizioso: “Qualcuno ha appena sottointeso di avere un segreto?”

L’altro gli fece un smorfia: “Non essere ridicolo, dietro alle lenti dei miei occhiali troverai solo due occhi e un cervello che deve studiare tutto il pomeriggio per i test di domani!” e tornò a leggere il suo libro.

Quello, però, lo stuzzicò ancora: “Devo leggere tra le righe?”, ma l’altro si limitò solo ad alzare lo sguardo per un secondo, per poi riabbassarlo subito.

Scocciato da quei discorsi, Nathaniel si alzò: “Io vado, ci vediamo alla quinta ora!”

Anthony, però, intuì che c’era qualcosa che non andava, dall’aria seccata che aveva: “Che c’è, Nat? Ti stiamo annoiando con questi discorsi su Sammy…o Rider, che sembrano avere dei segreti?”

“Non ho segreti, smettila!” replicò l’altro, sbuffando.

“No, voglio solo andare in classe e recuperare dei compiti che non ho ancora svolto. Più tardi ho gli allenamenti di nuoto e non ho il potere di fare matematica sott’acqua!”

Poco convinto, ma senza darlo a vedere, Anthony lo congedò con un sottile cinismo: “D’accordo, come vuoi. Solo…cerca di essere più presente con i tuoi amici, Nat! Non vorrai di certo trasformarti in un asociale come gli altri sfigati che girano a scuola, spero.”

Con un sorriso altrettanto cinico, l’altro replicò: “Tranquillo, sei già più presente tu con noi. Nessuno di noi quattro correrà il rischio di trasformarsi in uno sfigato asociale!” e si voltò, andosene via.

Non contento della risposta, Anthony rimase a guardarlo storto, mentre si allontanavano.

 

*

Nei corridoi, nel frattempo, Sam e la sua amica Chloe stavano cambiando i libri all’armadietto.

 

“Ha fatto dei commenti su di me come al solito, vero?” chiese lei, fissandolo, mentre prendeva i libri.

Distratto, quello chiese: “Chi?”

Sussultò: “Anthony, dico!”

Sam, però, fece il vago: “Ah, lui? No, in realtà parlava di una ragazza che era in mensa!”

Ma Chloe non ci cascò: “Si, certo! Non sono cieca, guardava verso di me e vi sussurrava cose. Almeno mi hai difesa? E’ per colpa sua che sono diventata Chloe Friendzoned!

Esasperato, si arrese: “E va bene, parlava di te! Lui parla di chiunque entri nel suo campo visivo!”

Ora, camminavano per il corridoio.

 “Continuate a stare sempre con lui, come se fosse una calamita che funziona davvero!”

Quelle parole demoralizzarono Sam, in quanto assolutamente vere: “Beh, la calamita funziona ed è anche bella potente. Non ci posso fare niente!”

“E tutto perché non vuoi confessare di quella tua stupida cotta! Se io mi chiamo Chloe Frienzoned, non vuol dire che anche tu avrai la mia stessa sfortuna di essere rifiutato  da tre persone in un semestre!”

“Tu sei stata respinta da tre persone, ma credimi…essere respinto da lui è una batosta che vale quanto i tuoi tre messi insieme! Inoltre, confessare il mio amore per lui, sarebbe come fare coming out con tutta la scuola!”

“Ma lui non è come gli altri ragazzi, Sam. Tra tutto il tuo gruppo di amici, lui è l’unico che non butterei giù dal Daily planet assieme a Loise Lane!”

Sam accennò un sorriso al sarcasmo dell’amica, poi tornò serio: “Non parlo di lui, Chloe. Lui non direbbe mai a nessuno che sono gay, non mi umilierebbe mai. Parlo di Anthony! Lui usa questo mio segreto per tenermi attaccato al suo gruppo perfetto, che si è raccolto attorno. Dal giorno in cui l’ha scoperto, ha potere su di me. E quando Anthony non ha potere su di te, si scatena!”

“Sono sicura che tiene in pugno anche Rider, Nathaniel ed Eric con un segreto. Mi rifiuto di credere che stiano con lui volontariamente!”

“Beh, io so che conosce solo il mio di segreto e non voglio metterlo contro di me. Forse gli altri sono veramente suoi amici, forse non hanno segreti.”

L’altra gli lanciò una lunga occhiata: “Tutti hanno dei segreti, Sam. Persino il mio gatto ha un segreto, ma non lo scoprirò mai perché quando sto con lui se ne sta fermo come una statua e non se ne va da nessuna parte. Si muove soltanto quando non è solo e la mia vita è troppo breve per scoprire cosa nasconde un gatto. – fece una pausa – Comunque, tornando ad Anthony, sappiamo che conosce il tuo segreto e che non perde occasione per minacciarti con toni sottili di rivelarlo in giro, se non rimani suo amico e annuisci ad ogni sua parola. – era indignata - Le amicizie non dovrebbero essere forzate!”

In quell’istante, Sam ricordò il giorno in cui Anthony aveva scoperto il suo segreto: “Beh, all’inizio non è iniziata come amicizia forzata. Voleva soltanto un favore!”

FLASHBACK

Sam si trovava nello spogliatoio della squadra di nuoto, non c’era nessuno, deserto. Soltanto una sottile nube di vapore, proveniente dalle docce, perché qualcuno, infatti, se ne stava facendo una.

Il ragazzo, a passi silenziosi, si avvicinò all’ingresso delle docce, sentendo il rumore dell’acqua che scorreva, sempre più forte. Lì, completamente nudo, Nathaniel Blake, che dopo l’allenamento si stava concedendo una doccia, prima di tornare a casa.

Sam lo trovava bellissimo, i suoi occhi lo ammirarono e restò nascosto ad osservarlo. Il più a lungo possibile.

Improvvisamente, alle sue spalle, arrivò qualcuno: “Ehi, ti sei perso?”

Era Anthony Dimitri.

Sam si spaventò, voltandosi senza fare rumore e rivelare la loro presenza a Nathaniel: “Ehm, stavo cercando il mio armadietto, ho lasciato una cosa!”

L’altro, perplesso, smontò la sua frase: “Il tuo armadietto? Sbaglio o questo è lo spogliatoio della squadra di nuoto? Non mi sembra che tu abbia il fisico di un nuotatore. Inoltre, conosco tutta la squadra e non mi sembra che tu ne faccia parte, o sbaglio? – si rispose da solo, gongolando davanti al suo silenzio – No, non sbaglio!”

Smascherato, Sam non sapeva che dire e Anthony, scansandolo, vide ciò che stava osservando e sorrise: “Nathaniel Blake…Bello, vero? Un fisico perfetto e tutte quelle gocce d’acqua che scivolano sul suo corpo…”

Il povero ragazzo, imbarazzo, deglutì e allo stesso tempo si sentiva quasi un libro aperto: “Io-io non lo so, non stavo guardando. Cioè, sono entrato qui per caso. Io…”

L’altro lo squadrò: “Incredibile come le bugie sembrino ancora più tali, quando si è in imbarazzo e la voce trema, balbetta…Non devi vergognartene!”

“Di cosa?” sussultò.

“Del fatto che stavi ammirando un bel ragazzo sotto la doccia!”

Sam cercò di smentire ancora una volta: “Non lo stavo guardando!”

L’altro gli lanciò una lunga occhiata, aveva capito tutto ormai: “Oh, andiamo, non fare così! Se ti piacciono i ragazzi, per me non è un problema, non devi nasconderlo. Anzi, non lo dirò a nessuno. Però…”

 

“Però, cosa?” l’amica volle sapere come andava a finire il racconto.

“Mi chiese di scoprire se anche un altro ragazzo era gay. Mi indicò chi, ma non era della nostra scuola. Dopo, Anthony sparì completamente, lasciandomi con quel compito. Ovviamente, non sapevo da dove iniziare, poi ho avuto la fortuna di beccarlo su una chat gay, che uso di solito, era in live-cam. Ci ho parlato per qualche notte, poi ci sono anche uscito. Nemmeno di lui sapeva nessuno. Una settimana dopo, poi, Anthony mi ha incontrato per i corridoi della scuola e ha voluto sapere cosa avevo scoperto.”

Curiosa, l’altra chiese: “E…?”

“Gli ho riferito tutto! Che siamo usciti solo una volta e che sembrava un tipo abbastanza chiuso. Sobbalzava ogni volta che passava una macchina, credo di essere stato il suo primo appuntamento!”

Perplessa, Chloe gli chiese ancora: “Perché non me l’hai mai detto? Di questa cosa del favore?”

“Non mi sembrava qualcosa di rilevante!”

Erano arrivati davanti alla classe, ormai.

“Beh, sai che puoi dirmi tutto, sono la tua migliore amica! E come tale, ti consiglio di rivelare a Nathaniel che sei innamorato di lui, così puoi allontanarti da quella cattiva influenza che emana Anthony Dimitri da tutti i pori!”

Sam, però, non era abbastanza forte: “Non è così facile, non è la tua vita che sarà rivoltata come un calzino solo perché tutti sapranno che non sei la persona che credevano!”

“Meglio rivoltare la tua vita come un calzino, che essere il calzino usato di Anthony Dimitri!”

E sulla scia di quel discorso, giunto al termine, i due entrarono per la lezione.

 

*

La campanella suonò nuovamente, si trattava dell’ultima ora. In un aula vuota, Nathaniel se ne stava seduto da solo davanti ad un banco a studiare.

Improvvisamente, qualcuno entrò. Nathaniel si voltò e vide erano Anthony e Rider.

“Ah, siete voi!” esclamò, per poi tornare a fare ciò che stava facendo.

“Allora era vero che dovevi fare i compiti!” notò Anthony.

L’altro, distaccato, ribadì: “Ve l’avevo detto, ho gli allenamenti di nuoto questo pomeriggio. Domani c’è il test di biologia e praticamente conosco solo il titolo del libro!”

“Potevi chiedermi aiuto, io sono preparato!” si intromise Rider, sedendosi e poggiando la sua tracolla sul banco, esausto.

Nathaniel rimase sorpreso davanti a quell’offerta d’aiuto: “Non sono uno che ama studiare in gruppo, ma grazie lo stesso…”

“Dai, insisto. Siamo amici, no?” continuò Rider.

Anthony lo sollecitò: “Sì, siamo amici, ha ragione! Fatti aiutare. A volte penso che l’unico filo conduttore di questo gruppo sia io e che senza di me, siate dei completi estranei.

Rider e Nathaniel si guardarono, di fronte a quel commento.

Alla fine, quest’ultimo, cedette: “D’accordo, Rider. Che ne dici di stasera alle otto, quando sarò di ritorno dagli allenamenti? Sempre che per te non sia un problema!”

L’altro si dimostrò disponibile: “Assolutamente si, abitiamo a tre isolati di distanza. Non mi costa nulla e poi aiutarti mi servirà come ripetizione per il test di domani!”

Anthony, ne uscì contrario: “Alle otto di stasera? Perché non adesso?”

“E’ la quinta ora, c’è la lezione del Professor Palmer, ricordi? ” lo incalzò Rider.

“Già, ricordi cosa ha detto in mensa? Che ci vuole tutti in classe alla sua lezione!” aggiunse Nathaniel.

Anthony prese in mano il telefono, scrivendo dei messaggi e ignorando quello che stavano dicendo.

“E io dico che possiamo saltarla quella lezione!”

Rider, curioso, domandò: “A chi stai scrivendo?”

“Ho scritto a Sam ed Eric di raggiungerci!”

Nathaniel scosse la testa, basito: “Ma non hai sentito quello che abbiamo appena detto?”

Quello sbuffò, roteando gli occhi: “Rilassati, non ci cascano le teste se ci perdiamo un’ora dei suoi racconti su Giovanna D’arco e la sua guerra dei trent’anni. – parlò tra sé e sé, poi – Dio, quanto odio i nuovi insegnati che credono di poter fare la differenza!”

Qualche secondo dopo, Rider trovò opportuno correggerlo su quanto detto su Giovanna D’arco, pignolo: “Veramente, sono dei cent’anni! E’ la guerra dei cent’anni!”

Anthony gli lanciò un’occhiataccia, irritato: “Sono comunque tanti, ok? Non mi meraviglio che sia morta decapitata!”

Rider, imbarazzato, lo corresse ancora una volta: “Ehm, veramente l’hanno bruciata sul rogo! Forse ti confondi con Maria Stuarda di Scozia…”

Anthony gli lanciò l’ennesima occhiataccia, costringendolo ad abbassare lo sguardo, placata, poi, dall’arrivo degli altri due compagni.

“Ehi, che succede?” esordì Sam, entrando.

“Perché siete qui? Pensavo foste già in classe!” aggiunse Eric.

Il loro leader, tranquillamente seduto a messaggiare, li aggiornò subito: “Salteremo quella lezione, oggi. Rider deve aiutare Nat a studiare per il test di biologia di domani!”

Sam si scambiò un rapido sguardo con gli altri, confuso: “Ma il Professor Palmer ha detto che…”

Anthony, però, non lo lasciò completare, alzando la voce: “Sò cos’ha detto il Professor Palmer, ma noi non ci andremo lo stesso. – fissò tutti, uno alla volta, minaccioso - Intesi?”

Dopo quello sguardo, nessuno più si oppose, stranamente. Anzi, Rider si sedette accanto a Nathaniel per aiutarlo e gli altri presero una sedia e si sedettero, restando in silenzio. La parola di Anthony, dettava legge all’interno del suo gruppo.

Calmati i dissensi, Anthony girò per la classe, avvicinandosi all’armadietto che c’era accanto alla lavagna. Lo aprì e dopo averlo scrutato a fondo, scoperchiò una scatola polverosa. Da essa, ne tirò fuori una vecchia telecamera, altrettanto polverosa, sulla quale ci soffiò sopra.

“Ehi, guardate che cosa ho trovato!”  la mostrò agli altri.

Eric accennò un finto sorriso d’interesse: “Sembra vecchia, chissà da quanti anni è chiusa lì dentro!”

“Ma la sai usare, almeno?” commentò Sam, osservandolo pigiare i tasti.

Suscettibile, Anthony esclamò: “Sò usare una stupida telecamera, ok?”

“Direi che non c’è dubbio, l’hai appena accesa. La lucetta rossa sta lampeggiando!” fece notare Rider.

Entusiasta, Anthony la visionò meglio: “Bene, non è rotta. Però sembra non esserci nulla dentro…”

“Sto cercando di studiare!” si lamentò Nathaniel, sospirando.

L’altro lo ignorò completamente, eccitato all’idea di volerla usare: “Ci registriamo sopra qualcosa? – incontrò lo sguardo di ognuno di loro, in cerca di approvazione – Eh?”

“Del tipo?” Eric ful il primo a prendere parola.

Nathaniel si lamentò nuovamente: “Cosa non avete capito della frase: sto cercando di studiare ?” 

Fu ignorato ancora, mentre Anthony rispondeva ad Eric: “Parliamo degli sfigati della scuola, di cosa pensiamo di loro! Forza, sarà divertente!”

Tutti si guardarono, non molto presi dall’idea.

Sam disse anche la sua, trovando stupida l’idea: “Perché dovremmo farlo?”

“E perché non dovremmo? Insultiamo quelli come loro, in faccia, ogni giorno. Farlo alle loro spalle cambia qualcosa? – ancora una volta si rispose da solo – NO, perciò se dico che dobbiamo farlo, allora LO FACCIAMO!” rispose Anthony, assumendo nuovamente lo sguardo minaccioso su tutti.

Nessuno sembrò voler discutere nemmeno questa volta, intimoriti.

“D’accordo, da chi dovremmo iniziare? In fondo, non ho altro da fare!” fu sarcastico, Nathaniel. Era chiaramente seccato di non poter completare il suo studio in santa pace.

Divertito, Anthony puntò la telecamera proprio verso di lui: “Ok, adesso sta registrando, parliamo di Morgan Rinoceronte marino!

“Ehm, cosa potrei dire su di lui? – l’amico gli fece cenno di improvvisare – E’ il pezzo grosso della squadra e con pezzo grosso non mi riferisco al fatto che sia un astronascente del nuoto, ma grosso inteso come grasso!”

Anthony rise, gli sembrò una battuta divertente, anche se Nathaniel stava solo parlando a vanvera per compiacerlo.

Tuttavia, continuò: “Suo padre ha costretto il coach a farlo entrare in squadra, ma non sa che suo figlio fatica ad arrivare a metà vasca. Morgan usa la palestra quattro volte a settimana, arrivando a scuola un’ora prima degli altri studenti per allenarsi e perdere peso e… - Anthony suggerì con il labbiale, di esagerare – Una volta l’ho visto scivolare per terra, dopo che era risalito dalle scalette della piscina. Sarebbe stato esilarante se qualcuno l’avesse visto! E se qualcuno sapesse che sta cercando di dimagrire, riderebbe, dal momento che lo si vede ingozzarsi a pranzo e nei corridoi, continuamente!”

Anthony rise di gusto, spostando, poi, la telecamera su Eric. Era il suo turno.

“E di Treccioline ? Che mi dici?” gli chiese.

“Lisa Nelson? Beh, mi corre dietro da anni e mi da leggermente fastidio quando mi fissa nei corridoi. Sembra Lindsay Lohan appena uscita di galera con quello sguardo da psicotica!”

“Leggermente fastidio?” lo spronò Anthony.

“Ok, MOLTO fastidio! Come pensa di conquistarmi se viene a scuola conciata come Pippi calzelunghe? Non l’ho mai vista un giorno senza quelle dannate trecce ai capelli! E’ patetica, ma non lo vuole capire. Io cerco sempre di essere gentile con lei, ma…Cavolo, tuo padre è molto ricco, pagati una seduta di bellezza e un appuntamento dal parrucchiere. – ormai ci stava prendendo gusto - L’ultima volta che mi ha visto, si stava quasi soffocando con una mentina per passare accanto a me e salutarmi. Si stava letteralmente preparando al mio arrivo! Insomma, chissà per quanto tempo è rimasta appoggiata a quell’armadietto, aspettando che io arrivassi. La cosa più buffa è che nessuno si è accorto che stava soffocando!”

Anthony era sempre più divertito, non voleva fermarsi: “Forte, questa mi è piaciuta! – rise di gusto – Sotto a chi tocca: avanti Sam!”

E continuarono a registrare, ignari che dietro alla porta, Albert Pascali si era fermato ad ascoltare tutto quello che dicevano.

 

*

Usciti dall’aula in cui si trovavano, Anthony si era diviso dal resto del gruppo assieme a Rider, pronti a tornare a casa.

 

“Mi accompagni a prendere una bottiglietta d’acqua dal distributore, prima di andare?” chiese Anthony, all’amico.

L’altro annuì, facendo un commento: “Beh, ci credo che hai sete, con tutte le cattiverie che hai detto davanti a quella telecamera! Hai parlato male anche dei non-sfigati, ti rendi conto?”

Quello gli lanciò una lunga occhiata: “Non solo gli sfigati mi danno fastidio in questa scuola, Rider!”

Poi, mentre camminavano, Anthony osservò nuovamente l’amico, sempre distratto dallo stesso libro che leggeva a mensa: “La vuoi smettere di leggere in continuazione? E’ snervante!”

“Leggere mi distrae e un buon libro è sempre la miglior compagnia!” rispose con tono sottile, senza staccare gli occhi dalle pagine.

L’altro, riflettè su una sua potenziale insinuazione: “Stai dicendo che un libro è migliore di me?”

“No! Quello che sto dicendo è che ho mal di testa e che un libro non parla!”

Anthony si arrese, trovandolo stupido: “Fa un po’ come ti pare!” e a Rider, la cosa non sfiorò minimamente.

Improvvisamente, dall’aula che stavano sorpassando, ne uscì una ragazza. Era al quanto trasandata, mentre cercava, invano, di ricomporsi.

“Ciao, ragazzi!” esclamò, colta di sorpresa, trovandoseli davanti agli occhi.

“Ciao, Lindsay!” la salutò Anthony, il suo solito sorrisino cinico.

La ragazza scavalcò i due, andando via in tutta fretta, senza dire altro. Superata quell’aula, Anthony cominciò a parlare.

“Tua sorella non ha perso il vizio, eh!” esclamò, sarcastico.

Rider non aveva dubbi sul fatto che avrebbe fatto un commento, il volto pallido: “La vuoi smettere? Vuoi anche aumentare il volume della voce, per caso?”

“Dico solo che tua sorella è un amante del pericolo…” continuò, il tono provocatorio.

Quando si girarono, videro uno dei professori, uscire dalla stessa aula in cui si trovava Lindsay. Trasandato anche lui. Non ne erano affatto sorpresi.

“…E dei buoni voti!” aggiunse, ridendo.

“Girati o penserà che l’hai visto!” lo richiamò Rider, agitato.

“Che mi importa di quel pervertito del Professor Brakner? Al massimo è lui che dovrebbe avere paura di me. Anzi…di chiunque lo veda con la cerniera lampo aperta!” aggiunse, un sorrisino alla fine di quella frase.

Rider, stavolta, si infuriò: “La vuoi smettere? Non sei divertente!”

Anche l’altro si irritò: “Nemmeno tu sei divertente, sai? Trovo più divertente persino il tuo insopportabile libro; il che la dice lunga su di te!”

L’altro si ammutolì, più calmo nel rivolgersi nuovamente a lui: “Va bene, ma, ora, ti prego, basta parlare di quello che abbiamo appena visto. Sono affari di mia sorella!”

“Affari disgustosi, direi! Se fosse mia sorella, avrei già denunciato quell’ultratrentenne pervertito che si crede Zack Efron  in 17 again!

A quel punto, dopo un colpo di tosse, Rider cercò di cambiare discorso “…E Comunque, dove l’hai messa? La telecamera, dico.”

“In quella stupida scatola polverosa! Come vuoi che me ne faccia?”

Rider era confuso, adesso: “Ma ci hai fatto registrare quelle cose a che scopo, scusa?”

“Così, per gioco. Dovevamo passare il tempo, no? E’ una cosa iniziata e finita lì!”

“Ma se la trova qualcuno?” domandò, spaventato all’idea.

“Chi vuoi che la cerchi in una scatola vecchia milioni di anni?!” lo trovò improbabile, Anthony.

Quello annuì, d’accordo: “Già, hai ragione!”

Improvvisamente, la notifica di un messaggio riempì l’aria. Era il telefono di Anthony, che, con una mossa, lo tirò fuori dallo zaino, normalmente. Quando portò il messaggio ai suoi occhi, rimase perplesso per qualche secondo. Fermandosi in mezzo al corridoio, addirittura.

 

“Sarai smascherato, attendi di esserlo.”

-A

 

Rider, che stava continuando a camminare, distratto dal suo libro, finalmente si accorse di non avere più Anthony di fianco. Si voltò, trovandolo dietro di sé, così fece una faccia stranita.

“Ehi! Perché ti sei fermato?” e lo raggiunse, notando quanto fosse preso dallo schermo del suo telefono. Tant’è che allungò il collo per leggere il messaggio che aveva ricevuto.

“Chi è A? Si tratta di un nuovo linguaggio sms?”

Anthony, mettendo via il telefono, rispose distrattamente, pensieroso: “Dev’essere qualche idiota che vuole farmi uno scherzo!”

“Bello scherzo, dice di volerti smascherare!” infierì Rider, ironico.

“Io non ho nulla da nascondere!” alzò la voce.

Rider sussultò, aggredito: “Ok, scusami tanto!”

Quando furono quasi vicini all’uscita della scuola, attraverso il vetro, Anthony vide un uomo all’esterno che stava pe entrare. Lo riconobbe e impallidì immediatamente, bloccandosi nuovamente.

“Quel figlio di puttana…L’ha chiamato!” e corse immediatamente via, lasciando Rider da solo e perplesso.

Raggiunse quell’uomo, mettendosi davanti a lui, parlando con lui in maniera animata, guardandosi continuamente intorno, come se non volesse essere visto assieme a quell’uomo.

Rider stava osservando la scena, raggiunto alle spalle da Nathaniel.

“Ehi, che ci fai ancora a scuola?”

Ma non rispose, costringendo l’amico a seguire il suo sguardo: “Guarda, c’è il padre di Anthony!”

“Cavoli, il Professor Palmer è davvero uno stronzo!” esclamò, osservando la scena a braccia conserte assieme a Rider.

Ora, Anthony, stava addirittura spintonando il padre, cercando di mandarlo via.

Rider fece un’osservazione: “Non ti sembra ubriaco?”

“Chi? Anthony?”

Ricevette una rapida occhiataccia: “NO, suo padre!”

Nathaniel, allora, osservò meglio: “In effetti, vacilla un pò…”

“Caspita, non avevo mai visto Anthony così disperato. Immagina se qualcosa passasse di qui, sarebbe umiliante per lui!” pensò Rider, quasi come se desiderasse che accadesse.

L’uomo, dopo un’ultima spinta, finalmente se ne andò. Anthony rimase davanti all’ingresso da solo, cercando di riprendersi, poi si voltò verso i suoi amici, che a stento riuscivano a reggere il suo sguardo, provando disagio per aver assistito. Quello, alla fine, se ne andò, senza tornare da loro.

Nathaniel non commentò oltre, dirigendosi verso una direzione: “Beh, io devo scappare agli allenamenti. Ci vediamo stasera per studiare!”

L’altro, ancora fermo, assorto da quella scena, lo salutò distrattamente: “Ok, ciao!” poi si mosse anche lui, dimenticando.

 

*

Dopo aver lasciato la scuola, ormai lontano, Eric si stava incamminando da solo verso casa. Una macchina si fermò, riconoscendolo. Era Sam.

“Eric? Che fai a piedi, dov’è la tua auto?”

L’altro, colto di sopresa, rispose quasi in maniera tesa: “Oh, Sam, sei tu! Ehm, l’ho dovuta lasciare nel parcheggio della scuola, sono rimasto a secco. Ieri ho dimenticato di fare benzina!”

“Nel parcheggio? Dici sempre di parcheggiarla fuori dalla scuola, perché hai paura che te la righino con un mazzo di chiavi!” trovò strano, Sam.

Eric rise nervosamente, sudando: “Sì, volevo dire fuori, non nel parcheggio, hai ragione!”

L’amico, sorvolando sul suo strano atteggiamento, che non aveva nemmeno notato più di tanto, gli suggerì: “Dai, sali, ti do un passaggio!”

“No, non è necessario, sono quasi arrivato!”

“Insisto, dai!” gli fece cenno di salire.

Quello, alla fine, si arrese, salendo. Dopo cinque minuti di strada, però, Sam era in attesa di un’indicazione. Ad Eric, sudavano le mani, strizzandole continuamente, mentre teneva la faccia rivolta verso il finestrino.

“Ok, quanto manca? Dove devo girare?” chiese Sam, a quel punto.

“Vai a destra, tre isolati più avanti… - si corresse, impreciso e nervoso - Anzi, scusa, cinque isolati!”

L’altro sorrise, mentre svoltava: “Sicuro di sapere dove abiti? Sembra quasi che tiri ad indovinare; un po’ come me a cinque anni. Pensa che mio padre, quando ero piccolo, mi metteva sempre addosso una diquelle stupide collane con sopra incisi il numero di casa e l’indirizzo. Così, in caso mi fossi perso, sarei riuscito a ritrovare la strada di casa con l’aiuto di qualcuno!”

“Hai un padre davvero premuroso…” accennò un sorriso, Eric.

“Da quando è morta la mamma, gli sono rimasto solo io e…Beh, sai, non vuole rischiare di perdere anche me!”

Eric si mortificò: “Mi dispiace. Insomma, sapevo di tua madre, ma…non ne abbiamo mai parlato!”

“Già, a volte sembriamo un gruppo di estranei…Come agli alcolisti anonimi, dove nessuno conosce gli altri, ma tutti conoscono il tizio che li riunisce. E per noi, quel tizio, è Anthony…”

“Mi chiedo cosa accadrebbe se Anthony sparisse nel nulla!” fantasticò, Eric.

E Sam, riflettendoci un attimo, esclamò: “Forse smeteremmo di pensare all’alcol e le sedute agli alcolisti anonimi non ci servirebbero. Anthony è come una dannatissima bottiglia di Brandy e il mio tasso alcolemico è alle stelle, ormai. – fece una pausa, poco prima di tornare alla realtà – Ma Anthony, purtroppo, non sparirà mai dalle nostre vite, perciò…Smettiamola di sognare!”

Distratto dal discorso, quasi utopico, Eric tornò a guardare la strada, mentre Sam ancora guidava: “Oh, sono arrivato! Ferma pure qui!”

Quello fermò l’auto, lasciò scendere l’amico, che, prima di andare, si affacciò dal finestrino per salutarlo.

“Grazie di avermi accompagnato e… - sentì di dover aggiungere altro – Mi dispiace di aver detto quello che ho detto davanti alla telecamera, a scuola. E anche di quel commento al maglione di Albert!”

Sam, apprezzò: “Non dispiacerti, abbiamo detto tutti cose orribili davanti a quella telecamera. Cose orribili dettate da Anthony…Per quello che vale, lo so. – gli sorrise, con le mani sul volante – sò che non sei la persona che vediamo tutti i giorni, quella che sei costretto a mostrare per compiacerlo.”

L’altro non aggiunse nulla, un mezzo sorriso sulle labbra, lo sguardo basso.

Sam aguzzò la vista alle sue spalle: “Vivi in un bel quartiere!”.

“Non è niente di che!”

“Beh, allora ci vediamo domani. Come sempre!” e l’altro annuì, salutandolo.

Pochi secondi dopo, era già lontano e quando l’auto di Sam scomparve del tutto dal suo campo visivo, Eric non entrò in una delle case di quel quartiere, ma se ne andò, camminando a ritroso lungo il marciapiedi, un aria triste in volto.

 

*

Nel tardo pomeriggio, Anthony era appena rientrato a casa, salendo immediatamente in camera sua, ignorando suo padre davanti alla televisione, ubriaco, e le cinque bottiglie di birra vuote sul tavolino e una di Vodka.

Chiuse energicamente la porta alle sue spalle, isolandosi e poggiando il suo zaino sul letto. Stanco, si diresse alla sua scrivania per sedersi al PC. Man mano che si avvicinava, però, non fece a meno di notare una finestra bianca aperta con del testo sopra. Finalmente era seduto e il messaggio era davanti ai suoi occhi, più chiaro che mai.

 

“Non immaginavo di trovare quello che ho trovato. I tuoi segreti sono tutti miei, ora.”

-A

 

Anthony aveva gli occhi sgranati sullo schermo, bianco come un cencio, non riusciva a chiudere la bocca per lo shock. La rabbia sopraggiunse, a quel punto, costringendolo a battere un pugno sulla scrivania, in maniera energica. Rimase lì, impalato, davanti al PC, furente nello sguardo, il fiato che usciva dalla bocca in maniera incontrollata e il petto che si gonfiava e sgonfiava. Improvvisamente, bloccò ogni sua reazione, voltandosi e scattando verso la porta, che aprì. Scese rapidamente le scale, raggiungendo il soggiorno, dov’era suo padre.

Si fermò davanti a lui, mettendosi davanti alla televisione, che stava guardando.

“Chi hai fatto entrare in casa? EH? CHI?” esclamò, furibondo.

L’altro, lo sguardo vuoto, spostava la testa per tornare a vedere il programma tv che stava guardando: “E levati!”

“Può aspettare la nuova stagione di American next topmodel, brutto frocio alcolizzato! DIMMI CHI E’ ENTRATO IN CASA NOSTRA! ORA!” sussultò, urlando.

Suo padre, guardandolo finalmente negli occhi, si alzò in piedi, non molto contento di ciò che gli era stato detto: “Come, scusa?”

Anthony deglutì, indietreggiando, ripetendo la domanda: “Hai fatto entrare qualcuno in casa, oggi? Sai, non sei molto lucido, magari nemmeno ti sei accorto che qualcuno è entrato in casa!”

“Ma di che cazzo stai parlando?”

“Di che cazzo sto parlando? Parlo di TE che mi hai rovinato la VITA! – fu brusco, nel parlare, pieno di rancore – L’hai rovinata a tutti noi, razza di bastardo! Prima tradisci la Mamma con un uomo – non mi meraviglio per niente che se ne sia andata da tutto questo schifo – e Clarke, beh, Clarke era disgustato a tal punto da tutta questa storia che se n’è dovuto andare anche lui. – lo fissò con disgusto, ora - E io…Io sono dovuto rimanere qui, incastrato con te, perché frequento ancora il liceo e non posso andarmene!”

“Esci da questa casa! Vattene pure da tua madre o tuo fratello!” esclamò suo padre, il tono pacato ma pieno di delusione.

“Odio anche loro, per avermi abbandonato qui con te! E hai avuto anche il coraggio di presentarti alla MIA scuola, ubriaco fradicio perché ancora non riesci a credere di esserti beccato l’AIDS dal tuo schifoso amante!”

“ESCI FUORIIIII!” urlò quello, al limite.

“SPERO CHE TU MUOIAAA!” urlò anche Anthony, mentre suo padre si dirigeva al telefono.

“Adesso chiamo uno dei tuoi amici, così te ne vai a stare da uno di loro!”

Ed Anthony, respirando nervosamente, fissò la bottiglia di Vodka che c’era sul tavolino a lungo, poi la prese e senza pensare, senza ragionare, lo colpì in testa, facendolo accasciare. Tutto molto rapidamente.

Dopo qualche secondo, in cui finalmente stava realizzando cosa aveva fatto, lasciò cadere la bottiglia sul tappetto, ormai insanguinata. L’uomo non si muoveva, rivolto a pancia sotto, mentre la cornetta del telefono ciondolava sopra la sua testa, anch’essa insanguinata; c’era talmente tanto sangue, che ormai si era formata una chiazza enorme sul pavimento.

Anthony, bianco in volto, si chinò, toccando la con due dita la giugulare, in cerca di un battito. La mano gli tremava e tremò ancora di più quando si rese conto che suo padre era morto. Per davvero.

Sconvolto, si risollevò in piedi, indietreggiando lentamente per poi scappare al piano di sopra.

Tornato in camera sua, prese il suo telefono, scrivendo subito un messaggio.

 

*

 

Come promesso, Rider si presentò alla porta di casa del suo amico Nathaniel. Erano le otto in punto.

Lui, tutto bagnato, con addosso l’accappatoio, si affacciò alla porta, al quanto sorpreso: “Sei già qui? Caspita, ci credi che sono le otto e nove secondi? LETTERALMENTE, ho controllato prima di aprire!”

“Hai detto alle otto, no?” si accomodò, Rider.

“Si si, ma non pensavo alle otto – OTTO! Pensavo alle otto e dieci minuti o alle otto e ventiquattro minuti! Non ho fatto la doccia a scuola per arrivare in fretta a casa!”

Rider poggiò lo zaino sul tavolo, una volta arrivato in cucina: “Ho una collezione di orologi da taschino e la maggior parte di essi gli ho presi in diversi viaggi in Inghilterra. Questo può farti capire quanto io tenga alla puntualità!”

Nathaniel, basito, gli domandò: “Ok, sei serio?”

“Sì, ne ho ventisei in camera mia!” esclamò, tirando fuori i libri.

L’altro, allora, si arrese: “Okay, vado a vestirmi e torno!”

“Per me puoi restare anche così, anzi perderemmo più tempo se ti vai a cambiare! – gli fece un cenno con la mano - Tranquillo, non sono invidioso dei tuoi addominali. Non sembra, ma ce li ho anche io!”

L’amico si risedette, parecchio a disagio: “Buono a sapersi…Cominciamo?”

Rider, completamente tranquillo, replicò senza mai fissarlo una volta, mentre apriva il libro: “Finiremo prima che i tuoi capelli corti si asciughino. E prima che i tuoi genitori tornino e pensino a cose strane!”

Nathaniel finse un sorriso: “Buono a sapersi, due volte!”      

Subito dopo, il silenzio. Rider continuava a girare le pagine del libro di biologia molto velocemente. Era quello il suo che rimbombava nella stanza, assieme alle lancette dell’orologio.

“Forse è meglio se mi cambio, mi sento strano!” si alzò Nathaniel, spezzando il silenzio.

Rider fu d’accordo, sollevato: “Già, pensavo di farcela, invece…Hai tutta la mia invidia, ho sbirciato! – e si fermò a riflettere su ciò che aveva appena detto – Okay, è strano, corri!” e quello corse via per mettersi addosso qualcosa.

Rimasto solo, in cucina, Rider trovò finalmente il capitolo dalla quale dovevano partire per il ripasso. In quell’esatto istante, però, arrivò un fax. Quello, d’istinto, si avvicinò e lo lesse.

Subito dopo, arrivò Nathaniel, che si era cambiato al volo, e Rider si voltò verso di lui al quanto curioso:

“Una ricetta medica, intessante! – lesse il nome del farmaco - L6KD9? Qualcuno di voi soffre di cuore?”

E l’altro si avvicinò a lui, strappandogli  il foglio dalle mani: “C’è qualcosa che non sai?”

“Non lo sapevo, prima di avere una zia alla quale hanno diagnosticato uno scompenso cardiaco!”

Nathaniel, rigido, aggiunse, sperando concludere: “Beh, mio padre soffre di questi problemi!”

Ma Rider continuò, curioso: “E il vostro Dottore è Tyler Blake? Un parente, per caso?”

“Cugino! – si sedette, mettendo il fax in tasca - Ora possiamo rimetterci a studiare?”

Assai perplesso, tornò a sedere, finalmente: “Ooook!” e iniziarono a studiare per davvero, stavolta.

Peccato che dovettero interrompersi nuovamente, però, in seguito all’arrivo di un messaggio.

 

Messaggio da: Anthony

“SOS”

 

Nathaniel, assai stranito, girò lo schermo del suo telefono verso Rider, che aveva ricevuto lo stesso messaggio.

“SOS?” lo lesse in maniera letterale.

Rider fece una smorfia: “Si pronuncia Esseoesse! E’ una richiesta d’aiuto!”

Nathaniel si rese conto della sua gaffe: “Oh, quell’SOS! – poi riflettè sul significato del messaggio – Perché Anthony dovrebbe chiederci aiuto?”

“Andiamo a scoprirlo!” esclamò, prendendo le chiavi della macchina.

 

*

 

Sam era appena rientrato a casa con in mano le buste della spesa, accompagnato da Chloe. Suo padre, Carson Havery, stava giusto scedendo, dal piano di sopra, in quell’esatto istante, dopo aver sentito la porta d’ingresso chiudersi.

“Ma guarda chi fa l’uomo di casa, quando non guardo!” esclamò il Signor Havery, aiutando i due a portare le buste in cucina.

“Papà non recitare davanti a Chloe, lo sa che i soldi me gli hai dati tu assieme alla lista della spesa!” esclamò, svuotando le buste, mentre si scambiava un sorriso con Chloe.

“E io che pensavo di impressionarla, affinchè si metta con te!” esclamò, teatrale, suo padre.

“Signor Carson, io e suo figlio siamo solo amici! E glielo dico ogni giorno da quando ho messo piede in questa casa, la prima volta, tre anni fa!”

Sospirò, fingendosi deluso: “Beh, io ci ho provato. Sai, siete due bravi ragazzi ed è davvero un peccato!”

Chloe e Sam si guardarono, scoppiando un po’ a ridere.

Confuso, l’uomo guardò entrambi: “Che c’è? Che ho detto?”

“Niente, Papà. Niente!” e continuò a ridere con Chloe, anche dopo che suo padre era passato nell’altra stanza.

“Se solo sapesse…” aggiunse Chloe.

“Che metterò fine la sua dinastia? Già!” ironizzò, Sam.

“Beh, se anche i tuoi cugini sono come te, allora addio generazione Havery!”

“Ho solo tre cugini, speriamo bene!” esclamò, ancora un sorriso, sistemando la spesa con lei nella dispensa.

“Tuo padre non è in servizio, stasera?” domandò Chloe, sedendosi a bere un succo.

Anche Sam se ne versò un po’ nel bicchiere: “E il suo giorno libero…E anche se fosse, qui a Rosewood non succede mai nulla di interessa. Il crimine più alto sarà al massimo il furto di una collana di caramelle!

“Uao, Rosewood è davvero noiosa! Ci vorrebbe proprio un super criminale a smuoverla un pò!”

“Solo scartoffie per la polizia di Rosewood. Taaante scartoffie!” esclamò, prima di sorseggiare dal bicchiere.

Sul tavolo, il telefono di Sam vibrò. Era appena arrivato un messaggio. Fu Chloe a leggerlo e a Sam non diede fastidio, dal momento che lui non aveva segreti per lei.

“Chi è? Ho già un appuntamento gaio grazie a quella app che ho installato l’altro giorno?” era impaziente, Sam.

L’altra, perplessa, girò lo schermo verso l’amico: “Non è una notifica di GagagaYO, che tra l’altro è una app scadente quanto il suo nome. Si tratta di Anthony! – fece una smorfia, confusa - Che diavolo di messaggi vi scambiate? SOS?”

“Sono quasi sicuro che si legga Esseoesse! E comunque non mi scambio nessun messaggio con Anthony, è la prima volta!”

“Quindi? Avrebbe bisogno di aiuto?”

“Può essere! – prese le chiavi della macchina – Vado e torno!”

Quella roteò gli occhi, seccata: “D’accordo, ma fa presto o guarderò il mid-season finale di How to get away with murder senza di te!”

Poco prima di lasciare la stanza, Sam le sorrise simpaticamente: “So che non lo farai, hai bisogno di scorticare vivo il mio braccio quando ci sono le parti sconvolgenti!”

“Dannazione, esci e torna presto” urlò, mettendo il broncio.

 

*

 

Due auto si fermarono contemporaneamente davanti all’abitazione di Anthony. Spenti i motori, da una ne uscirono Rider e Nathaniel e dall’altra Sam ed Eric. Tutti e quattro si guardarono, perplessi.

 

“Ci siente anche voi, eh!” esclamò Rider.

“Anthony ha mandato l’esseoesse anche a voi?” domandò Eric, ora che erano più vicini.

Rider rise, prendendo in giro Nathaniel: “Ecco qualcuno che ha capito il messaggio! Nat ha letto SOS!”

E mentre quello si prendeva un’occhiataccia dal diretto interessato, anche Sam si lasciò sfuggire una risata: “Anche Chloe ha letto SOS!”

“Un lapsus, ok? Possiamo smetterla, grazie?” si irritò Nathaniel.

“Eric, come mai non sei venuto con la tua auto?” chiese Rider a lui.

Sam rispose per lui: “La sua auto è rimasta a scuola. Ha dimenticato di fare benzina, ieri, perciò è rimasto a secco. Sono passato a prenderlo al Brew!”

Rider si mostrò nuovamente perplesso, mentre Nathaniel stava camminando da solo verso la casa di Anthony: “Che ci facevi al Brew?”

E mentre quello era in procinto di rispondere, la voce di Nathaniel, li fece sobbalzare: “Beh? Ci muoviamo? Rider, guarda che dobbiamo tornare a studiare, ricordi? Meno domande e cammina!”

“Agli ordini, Mister Muscolo!” esclamò Rider, avanzando, mentre Sam si affiancava a lui, curioso.

“Perché Mister Muscolo?”

“Perché ho visto i suoi muscoli!”

“Perché hai visto i suoi muscoli?”

“Perché mi stai chiedendo perché ho visto i suoi muscoli?”

“RAGAZZI!” gridò Nathaniel, ormai vicino alla porta, assieme ad Eric, che aspettavano soltanto loro.

Sam e Rider si avvicinarono, guardandosi ancora l’un l’altro, straniti, per il ping pong di domande appena avuto.

“E’ socchiusa, la porta!” fece notare Eric.

“Entriamo, no?” suggerì Sam, non dando peso alla cosa.

 

Ignarari di cosa avrebbero trovato una volta dentro, non restarono davanti alla porta un secondo in più…

 

 

CONTINUA NEL SECONDO CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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