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Autore: Stormwind    18/01/2016    1 recensioni
Quando l'amore diventa ossessione, il sentimento paranoia. La storia di un'anima in pena attraverso gli amori e gli umori di una ignara passione.
"E mi gira la testa, un vorticoso girotondo, e mille voci ovattate. Vorrei sentire solo la tua, proprio quando canticchi, convinta che nessuno ti osservi. Ho sempre sperato che le cose cambiassero, inutilmente. Certe cose non vanno via, strisciano nelle viscere, marchiano i sussurri e si nutrono del nero rancore. Mi gira la testa e so perfettamente cosa fare al tuo ritorno: per una volta nella mia vita son certo di come comportarmi. Non ti chiederò per l’ennesima volta dei tuoi genitori, della tua assolata città natale. Non ti inviterò ad uscire, magari per il film del tuo attore preferito, sarebbe uno spreco di tempo."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il ragazzo dell'altra strada

Capitolo I: Lei

 

 

Lavoro continuamente, eppur non esci dalla mia mente, onnipresente come sei. Vivo il giallo del mattino, divoro i minuti, dormo sotto la pioggia serale: quando tornerai a casa?

Come nei peggiori film, mi ritrovo a spiarti qualvolta spunti l’occasione, al primo raggio di sole; l’intima sacralità della notte solitaria, quella che di solito passi in pigiama dinanzi ad un film. Ma non stasera, perché non torni? Qualche incontro interessante o un nuovo amante? Cosa potrebbe mai avere più di me?

Non hai mai compreso il mio amore, lo definivi strano, quasi un gioco perverso. Eppure non è così, so che siamo fatti per stare assieme, lo sento, dentro di me, proprio accanto alla maschera da “sfigato” che mi viene appioppata. Nessuno ti ama come me; nessuno ti conosce come me. Ricreo le tue abitudini, i tuoi gusti, conosco il vero colore dei tuoi lunghi capelli e il profumo del tuo cuscino. Conosco i tuoi abiti preferiti e i mostri che nascondi sotto il letto. Assaggio i tuoi errori e li faccio miei, dipingo i tuoi scenari e plano sulle tue fantasie. So dei tuoi sogni, li vivo anch’io. Evito le tue noie e odio le maniere per le quali storci il naso. Ma questa è una città gelosa, si sa. Le parole volano. Cosa non si fa per amore, eh?

 Eppure sembri non vedere, non vuoi proprio vedere.

Sono nauseato dalla tua noncuranza, dalla tua mancanza di riconoscenza. Non hai mai apprezzato i miei aiuti, tantomeno la mia voce. Eviti tuttora il mio sguardo, mascheri il tuo disprezzo con un sorriso al mattino, magari quando esci per gettare la spazzatura. Chissà se rideresti ancora di me, se solo sapessi. Se solo sapessi quanta cura pongo nel delinear il tuo profilo nei pensieri miei, dei miei sforzi per far sbocciare questo fiore. Un dono che non vuoi accettare.

E mi gira la testa, un vorticoso girotondo, e mille voci ovattate. Vorrei sentire solo la tua, proprio quando canticchi, convinta che nessuno ti osservi. Ho sempre sperato che le cose cambiassero, inutilmente. Certe cose non vanno via, strisciano nelle viscere, marchiano i sussurri e si nutrono del nero rancore. Mi gira la testa e so perfettamente cosa fare al tuo ritorno: per una volta nella mia vita son certo di come comportarmi. Non ti chiederò per l’ennesima volta dei tuoi genitori, della tua assolata città natale. Non ti inviterò ad uscire, magari per il film del tuo attore preferito, sarebbe uno spreco di tempo.

Tutto tace fuori da questa finestra, il grigio del quartiere soffoca i pensieri. Tante piccole abitazioni, l’una accanto all’altra, come diligenti soldatini. Sbuffano i camini, tranne quello dell’ultima, in fondo alla strada. Dalle pareti rosse e il giardino curato, di quelli accoglienti. La tua. Chissà se ricordi il giorno del tuo trasferimento qui. Bellissima con le tue converse grigie e il maglione fuori taglia, enorme. Gli occhi gonfi e due occhiaie da spavento. I capelli, legati molto sbadatamente, ondeggiavano, al pari del pesante scatolone, davanti i tuoi occhi. Stupenda.

“Posso aiutare?” fu il mio esordio, gentile, forse troppo, al che mi sorridesti posato lo stesso. “Saresti davvero gentile” esclamasti convinta col tuo gradevole accento del sud. All’epoca non sapevi del ragazzo solitario, quello “strano”; vedevi solamente un atto di gentilezza dietro due chiazze blu, una mano protesa e un leggero sorriso. Parlammo della musica New Wave, dei Clash e del carisma di Freddie Mercury. Mi raccontasti del tuo desiderio di indipendenza e del quartiere desolato, forse troppo. Ma eri felice, mi rendevi felice.

Ed ora eccomi qui, sul retro che mi chiedo:

Sentiresti il telefono se ti chiamassi?

Il sordo tonfo del corpo alla maldestra caduta?

Sentiresti la mia intrusione in casa?

Chiuderesti la porta al tuo rientro?

Vedresti il coltello mentre affonda?

Presta attenzione al ragazzo dell’altra strada.

 

 

 

Fine Capitolo I

 

 

 

 

 

   
 
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