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Autore: Illidan    15/03/2009    10 recensioni
Questa storia è un finale alternativo del racconto di Stefano Benni intitolato "Il DIDITì, o il Drogato Da Telefonino" uscito nel libro Bar Sport Duemila ed è volta ad esplorare in maniera più approfondita il dramma di questa miserevole creatura. Ovviamente il personaggio e tutti i diritti appartengono al grandissimo Benni.
Genere: Commedia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il DDT, o il Drogato Da Telefonino

“Creatura recentemente apparsa ma ormai tristemente nota. Il suo dramma non è il cellulare, ma la dipendenza, cioè il non saper mai rinunciare al telefonino nei luoghi più improbabili e nelle situazioni più scomode. Per questa ragione è detto DDT, ovvero Drogato Da Telefonino.” (Testo di Benni)

 

Ma soprattutto due sono le situazioni in cui la nevrosi del DDT esplode in tutta la sua violenza: quando sa che qualcuno deve chiamarlo, ma la telefonata non si decide ad arrivare e quando sta per rispondere, ma commette l’errore fatale di premere il tasto di fine chiamata anzichè quello di risposta alla chiamata.

Nel primo caso, non ha importanza chi debba contattarlo, nè tantomeno per quale ragione abbia bisogno di parlargli. Potrebbe essere il presidente che vuole proporgli il titolo di comandante supremo, unico e universale dell’esercito o la vicina di casa che vuole raccontargli di come il suo gattino sia sceso dall’albero, per il DDT è perfettamente identico.

È sufficiente che la persona in questione gli abbia detto una frase del tipo:“Poi ti faccio sapere... Ti chiamo appena possibile, OK?” ed è finita! Dal momento in cui l’apparato uditivo trasmette al cervello del DDT queste parole, egli non avrà più pace. Tira subito fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni o del cappotto o della giacca e lo tiene nel palmo della mano sinistra fino a che non sente lo squillo tanto bramato.

Il cellulare resta sempre lì e costantemente acceso dovunque e in qualunque momento: al lavoro, sul metrò, al supermercato, dal panettiere, in chiesa, dal parrucchiere, in bagno, a colazione, pranzo e cena, mentre guarda la televisione, mentre legge, mentre naviga su internet, mentre fa la doccia e naturalmente anche mentre dorme. Certo, se il cellulare non viene mai spento, prima o poi si scarica la batteria e perciò il DDT porta sempre in tasca il caricatore e lo attacca in ogni possibile occasione (se poi lavora in una centrale elettrica, inserisce la spina direttamente di fianco alle turbine).

Durante questo periodo della sua vita, accadono alcune interessanti mutazioni al suo corpo: innanzitutto egli diventa abilissimo a fare tutto con la mano destra, riesce perfino a tagliarsi le unghie di quella mano senza muovere minimamente l’altra; l’occhio sinistro diventa una molla, in quanto va continuamente a controllare il telefonino per poi tornare sù; il gomito sinistro si fossilizza nella posizione piegata, indispensabile per avere il cellulare sempre all’altezza del cuore; infine la mano sinistra si fonde con il cellulare, le ossa del palmo e delle dita si modificano a seconda della sua forma e la carne si unisce alla plastica in maniera inscindibile.

Per quanto riguarda invece la sua salute psichica, già normalmente piuttosto cagionevole, in questi casi crolla in maniera disastrosa. È assolutamente intrattabile, se qualcuno lo tocca alla spalla sinistra, lui teme che gli si voglia rubare il cellulare e tira un pugno tremendo al malcapitato, non mangia quasi nulla, ma in compenso beve migliaia e migliaia di tazze di caffè per restare sveglio il più a lungo possibile in modo da non perdere la chiamata e se viene interrogato, risponde solo con “sì”, “no” o “mmm...”, quest’ultima espressione nel caso in cui la domanda preveda una risposta più lunga.

Se per caso capita che qualcuno che non sia la persona che aspetta lo chiami, il DDT grida come un matto e riattacca subito, atterrito all’idea che proprio mentre parla con quell’altro possa ricevere la chiamata che attende.

Dopo un periodo di tempo lungo o breve, non importa, tanto lui ha perso la cognizione del tempo dal primo momento, finalmente arriva il dolce suono dello squillo e l’attesa finisce. Risponde in preda a una gioia inimmaginabile:“Pronto? Ah, sei tu, che sorpresa! Proprio non mi aspettavo che chiamassi.” Quando finisce di parlare e mette giù, si stacca il cellulare dalla mano sinistra con qualche sforzo, pulisce le ragnatele intorno al gomito e scoppia in una risata fragorosa. Non importa dove sia, lui ride, ride istericamente.

Poi, esaurita la folle felicità, crolla a terra svenuto.

Nella seconda situazione, il DDT è inizialmente tranquillo, cioè è sempre teso come una corda di violino ma ripetto ad altri momenti è molto calmo. Sente uno squillo. Scatta veloce per estrarre il cellulare e lo tira fuori. Ma, per un incredibile caso, forse favorito dalla congiunzione fra Giove e Marte, il dito anulare cala inesorabilmente sul tasto rosso e lo squillo svanisce, così come la chiamata.

Passa una frazione di secondo prima che il DDT si accorga veramente del misfatto atroce appena commesso. Poi capisce che è tutto reale, che non è la sua immaginazione, che davvero ha chiuso la comunicazione prima ancora di averla iniziata. Allora il suo mondo diventa come il tasto maledetto, un inferno rosso di fuoco e fiamme.

“Chi era? Chi lo aveva chiamato? Cosa voleva? Era importante?”

Domande di questo genere affollano la mente del disgraziato, mentre la sua fronte comincia a sudare. Fissa lo schermo del cellulare dove campeggia una scritta che gli suona come una condanna a morte:“Una chiamata senza risposta.”

Preso da un raptus di terrore, getta lontano da sè tutto ciò che ha davanti: la tazza del caffè, le bustine dello zucchero e il caffè di un altro avventore se è seduto al bancone di un bar; le penne, i timbri, le pratiche e il computer se è in ufficio; il cuscino, le coperte e il materasso se è a letto. Quando ha finito di seminare distruzione, cerca di capire chi lo ha chiamato, ma il cellulare non lo aiuta perchè si chiude dietro un ostinato “numero sconosciuto”.

Allora apre la rubrica, dove ci sono i nomi e i corrispondenti numeri di telefono di metà della popolazione del suo paese e di una buona quantità degli abitanti dei paesi dove passa le ferie. Li chiama tutti. In quei giorni la sua compagnia telefonica registra i maggiori introiti di tutto l’anno.

Il DDT seleziona un numero e preme il tasto verde una, due, cento, mille volte.

Per maggiore comodità si sposta direttamente nel più vicino negozio di cellulari, in modo da poter comprare subito le ricariche che gli servono. I gestori dell’attività gli preparano un giaciglio e gli offrono i pasti. Come un invasato, va avanti giorno e notte, tanto che diventa talvolta una notizia per la televisione locale.

Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce a trovare chi l’ha chiamato fra i numeri in rubrica. Allora si alza dal giaciglio e chiede di poter consultare un elenco telefonico di tutti gli abitanti del mondo.

Di solito però, a questo punto, arrivano i dirigenti del gruppo di telefonia mobile con cui chiama e gli dicono che, in virtù dell’infinità di denaro che ha versato nelle loro tasche, vogliono aiutarlo e, tramite macchinazioni sconosciute al DDT, riescono a procurargli il numero della chiamata persa. È così tanto felice che spesso sviene o ha un infarto e devono ricoverarlo d’urgenza. Comunque, appena torna in sè, prende il cellulare e compone le cifre per cui ha tanto sofferto. Risponde una voce sconosciuta. Il DDT comincia a sentirsi male. Domanda perchè lo ha chiamato quel giorno.

“Boh! Io non la conosco, senta, avrò sbagliato numero!” A sentire queste parole, il DDT perde anche l’ultimo lume di ragione che sbarluccicava nella sua mente e comincia a gridare e a distruggere tutto ciò che lo circonda, tranne il suo cellulare, poichè è il centro della sua esistenza.

In entrambe le situazioni, alla fine il DDT viene rinchiuso in un manicomio, nel nuovo reparto creato apposta per quelli della sua specie, dove echeggia un solo suono: quello degli squilli dei cellulare, prodotto dagli stessi matti.

   
 
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