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Autore: Leo    21/01/2016    0 recensioni
Silent Hill - 1997
Dio è morto. Sembra un trattato di filosofia, ma qui è successo per davvero. Dio è morto, l'ha ucciso lei. Lei, che ora non dovrà più nascondersi. Lei, che ora dovrà tornare a casa. Lei, che ora non ha più nessuno. Sembrava solo uno stupido gioco, fin'ora; ma tutto cambia quando torni a casa e ti accorgi che non era un sogno, che è davvero finita, la tua vita è finita. Già, Cheryl, come potrai vivere ora senza tuo padre che ti protegge?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cybil Bennet, Douglas Cartland, Harry Mason, Heather Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i suoi successori hanno sempre corso in quel buio. Chi per salvare qualcuno, chi per sfuggire a quegli esseri, chi solo per paura. Tutti i suoi successori correvano, inciampando e rialzandosi, probabilmente senza speranze, con il po’ di coraggio che andava scemando ad ogni passo e un’arma di fortuna tra le mani per difendersi dall’oscurità. E come biasimarli? Avvolti nelle tenebre, soli, privati di ogni umano aspetto della vita, se non con qualche incontro occasionale che il più delle volte sarebbe finito nel sangue.

Ma quell’uomo non correva, era ben addestrato. Anche nell’oscurità avanzava con cautela, tastando il terreno e valutando le mosse. Tanto che fino a quel momento era riuscito ad evitare molti degli incontri poco piacevoli da cui i suoi successori, più ingenui, non erano riusciti a sottrarsi. Ma ora le tenebre erano diventate troppo buie anche per lui, e per il suo equipaggiamento elettronico. Il visore poteva amplificare la luce flebile; ma in un mondo dove la luce naturale non esisteva più era perfettamente inutile. Si sarebbe dovuto affidare a metodi più pericolosi. Ad una torcia, ad esempio, che avrebbe rivelato immediatamente la sua posizione.

Tutto ciò avrebbe fatto perdere d’animo chiunque, ma lui ricordava ancora la sua missione ed era intenzionato a portarla a termine. Per cui si avventurò per la città alla ricerca del suo obbiettivo: Dahlia Gillespie.

Fu all’improvviso: il suono di quella sirena si sparse per l’aria e la terra cominciò a tremare. Questo non l’aveva previsto, stava succedendo troppo in fretta! Erano passate poche ore da quando la casa della donna aveva preso fuoco, eppure la città si stava già trasformando. E di Dahlia non c’era traccia. Che il rituale fosse già compiuto?

Non poté pensare ad altro, il sisma divenne sempre più intenso, al punto da non permettergli più di mantenersi in piedi. Finì in ginocchio, e per reggersi mise una mano a terra. Fu così che se ne accorse: il pavimento era caldo, bollente; quando tirò su la mano, notò che le dita che spuntavano dai  guanti erano arrossate. Il fucile che reggeva diventava sempre più pesante, tutto sembrava riscaldarsi e appesantirsi per qualche forza che fuggiva le leggi naturali. Poi guardò verso l’orizzonte. Era distorto, si vedeva a mala pena ad una decina di metri con la torcia puntata, e la luce tremava vertiginosamente. Sembrava un vortice oscuro, una spirale in cui la luce precipitava come in un buco nero, senza la possibilità di uscire.

Poi il colore rosso. Il rosso del sangue, il rosso del fuoco, il rosso della carne nuda, il rosso della ruggine del ferro, il rosso profondo del dolore infinito. Era l’unico colore che l’orizzonte restituiva davanti ai suoi occhi, e divenne sempre più intenso, inghiottendo metro dopo metro lo spazio di fronte a lui. Lo travolse con impeto, trasformando l’ambiente tutt’attorno. Non riconobbe più le strade, i marciapiedi, i palazzi tutt’attorno. I piedi affondavano in un fango rossiccio e appiccicoso, che colava inesorabilmente verso il basso, rivelando una grata rugginosa, pericolante.

L’ospedale distava poche decine di metri, e così anche lui, vedendo tutto ciò, prese a correre. Girò velocemente l’angolo e vide nel buio un’altra luce traballante. Era un altro uomo. Scappava dall’ospedale con una corsa forsennata, andando alla cieca. Prese a correre nella direzione opposta alla sua, per cui tutto ciò che poté vedere furono le sue spalle larghe che venivano inghiottite dal buio. Allora si voltò verso l’ingresso dell’ospedale, ma era troppo tardi.

Prima che le fiamme lo investissero avrebbe giurato di vedere al centro di quell’inferno una bambina. Poi riuscì solo a gridare. Ma in quel luogo anche i suoni si perdevano presto, perciò nessuno poté udire il suo grido…

 

 

Cheryl uscì dalla stanza vestita con una camicia di seta e un pantalone a coste, non proprio nel suo stile. Si sentiva costretta nei movimenti e le dava fastidio il rumore che quella stoffa produceva quando camminava. Anche la seta le dava una strana sensazione sulla pelle, un fastidio che non aveva mai provato. Quando vide Douglas sorridere puntandole gli occhi addosso, si innervosì maledicendo mentalmente Cybil, la proprietaria di quei vestiti così strani. Spostò lo sguardo su di lei pronta a fare qualche battuta sarcastica, ma la trovò accigliata, con lo sguardo fisso e severo. In effetti si stupì di quanto velocemente lei stessa si era ripresa da quell’incontro macabro, come se ormai per lei fosse naturale. Come se gli incubi fossero all’ordine del giorno.

Cybil era una persona razionale invece, poco aveva a che fare con gli istinti e con le abitudini. La sua mente era già persa in mille domande: come hanno fatto a evocare l’oscurità così in fretta? Chi c’è dietro a questa aggressione, ora che Dahlia e Vincent sono morti? Ma soprattutto, perché tutta questa fretta? Domande le cui risposte erano troppo lontane, nel cuore di quella città che ha infestato gli incubi di tanti: Silent Hill.

“Non finirà mai questa storia vero?” La domanda colse alla sprovvista Cybil, che rialzò lo sguardo stanco come destata da un sonno senza sogni. Aveva bisogno di riposo. Tutti loro avevano bisogno di riposo.

Si fece forza, sorrise e rispose. “Non è detto…come dicevo a Douglas si vede che anche loro sono all’angolo, sono pochi e poco organizzati. Forse se agiamo velocemente…”

“Allora che ci facciamo ancora qui? Tu sai qualcosa, sai dove sono, non è così? Allora andiamo colpiamoli noi prima che tornino”

“Ho detto che dobbiamo agire velocemente, non in maniera avventata!”

A quella risposta Cheryl soppresse un brivido di nervosismo con una smorfia.

“Si, è vero – continuò Cybil – sono deboli anche loro, ma sono ancora imprevedibili. Padre Vincent è morto ed io ero convinta che fosse lui a muovere i fili economici dell’organizzazione. Ha costruito lui quella chiesa vicino al parco divertimenti, per cui pensavo che la sua morte li avesse destabilizzati un po’. Invece ci hanno riprovato a distanza di 5 giorni, è troppo poco!”

Cheryl ci pensò a sua volta. In effetti era davvero troppo anche per loro. Ma forse, pensò, avevano accelerato perché sapevano dove si trovava la sua abitazione e non volevano aspettare un sicuro trasferimento che avrebbe reso più difficili le ricerche.

A questo pensiero si paralizzò. Per la prima volta da quando era tornata da Silent Hill aveva finalmente pensato ad un futuro. Era convinta di non averne uno per cui non ci aveva mai riflettuto un attimo. Ma ora si rese conto della sua situazione: aveva 17 anni, non un lavoro, la scuola da finire, non aveva mai neanche pensato all’eventualità di doversela cavare da sola, aveva sempre fatto affidamento sul padre che l’aveva sempre protetta fino a quel momento. E ora si trovava sola di fronte ad un futuro incerto che probabilmente l’avrebbe ricondotta in quella città ancora una volta. Come avrebbe fatto a trasferirsi? E dove? Senza nessuno che l’avrebbe aiutata, non un parente, non una persona fidata. La disperazione cominciò a farsi strada nel suo cuore. L’Ordine le aveva portato via tutto quello, tutta la sua vita.

“Cheryl”

Si destò come da un incubo. Trovò i visi rassicuranti di Douglas e Cybil a fissarla.

“Andrà tutto bene!”

Cheryl ne era ancora poco convinta. Distolse lo sguardo, quasi con capriccio e cercò di essere indifferente. “Comincerà ad andare bene quando potrò cambiare questi pantaloni!”

Cybil sorrise. La sua reazione prometteva bene, ma continuava ad avvertire la sua preoccupazione.

Cheryl continuò. “Parlami ancora di Silent Hill”

 

La riconobbe subito, ma aveva un ché di strano sul viso. Non era la ragazza dolce che era stata fino a quel momento. Nei suoi occhi si poteva scorgere una rabbia che mal si addiceva al suo viso. Le sue visite erano sempre più rade da qualche tempo, sembrava meno interessata alla verità, così pensò semplicemente che avrebbe lasciato perdere. In effetti non la vedeva da quasi un anno. E invece era lì quella mattina, scura in volto, complice forse anche l’ambiente di quell’edicola, sempre più ombroso rispetto all’esterno. David guardò negli occhi Cybil Bennet che rimase all’ingresso senza muoversi. Rimasero per un po’ senza parlare, solo guardandosi l’un l’altro. David conosceva bene quello sguardo, lo temeva: era lo sguardo di chi non ha più nulla da perdere. Lo sguardo sicuro e folle di chi rimane solo con uno scopo.

Cybil si avvicinò, arrivando al bancone. Solo quel tavolo in legno separava i due.

“Voglio trovarli” sussurrò Cybil con fare minaccioso.

David intuì che era successo qualcosa di grave. Guardò oltre la porta di ingresso, come per capire se fossero davvero soli. Si potevano sentire i rumori dell’esterno, delle persone lontane, impegnate a chiacchierare tranquillamente.

“Che cosa è successo?” chiese con la sua voce roca.

“Voglio trovarli!” ripeté Cybil senza dare ascolto. Erano passati cinque giorni da quando Harry era andato via senza lasciare traccia. Inizialmente Cybil aveva provato a cercarlo, ma non aveva alcun indizio. Non una lettera, non un documento riconosciuto, nulla. Non aveva nemmeno noleggiato un auto. Almeno non con il suo nome. Quando si rese conto di essere sola per davvero, di non avere più nessuno da proteggere…di non avere più nessuno che la proteggesse…allora si decise: decise che avrebbe trovato quelle persone! E quelle persone l’avrebbero pagata cara!

Ma David tutto questo non poteva saperlo, non riusciva a capire nulla di quanto stesse succedendo e l’apparire di quella donna così all’improvviso non era uno dei migliori segni per lui. Doveva ovviamente vederci chiaro.

“Vai al bar aspettami lì, arrivo fra mezz’ora”

Cybil non aspettò un’altra parola, si voltò per avviarsi, ma la voce di David la fermò di nuovo. “Non questo bar di fronte. Esci da qui e gira a destra, quando vedi la stazione di polizia gira di nuovo. Segui le indicazioni per il centro commerciale, entra e vai al secondo piano. Non restare fuori ma entra nella sala interna, aspettami lì”

La richiesta un po’ spiazzò Cybil, ma non se ne curò, e fece esattamente ciò che quell’uomo le chiese. Era il suo unico collegamento con la città, l’unico che riusciva a fornirle delle informazioni preziose.

Al bar chiese un caffè e aspettò pazientemente senza mai muoversi. Teneva la pistola dietro la schiena, il che la infastidiva non poco, ma sapeva di non poter più girare senza, né poteva tenerla in un fodero. Da investigatore privato non le era più concesso girare armata fuori servizio.

Tre quarti d’ora aspettò, stava quasi per perdere la pazienza, quando finalmente si sedette David Hunter con una sigaretta spenta in bocca. La guardò con un sopracciglio alzato, poi ordinò un caffè a sua volta. Quando la cameriera fu abbastanza lontana, cominciò a parlare. “Pensavo non saresti più tornata”

Cybil distolse lo sguardo nervosa. Il che rese il suo interlocutore più curioso.

“Cos’è successo?”

“Ci hanno trovati prima loro!”

David apparentemente ebbe una reazione molto composta, ragionata. Ma deglutì a quell’affermazione. La cameriera tornò con il caffè, il che diede il tempo all’uomo di ragionare sulla domanda successiva.

“Chi vi ha trovato?”

“L’Ordine. E ora è andato tutto a rotoli. Ho perso tutto!” disse Cybil trattenendo a stento le lacrime

“Cosa cercavano?”

“Non importa cosa cercavano…ora non c’è più”

“Chi non c’è più?”

L’insistenza di David era quasi fuori luogo, sembrava quasi un interrogatorio. Cybil non sapeva che fare, la sua fiducia era a zero, non riusciva a fidarsi neppure di quell’uomo che le aveva dato tutte quelle informazioni. Eppure non sapeva cos’altro fare. L’unica speranza di rivedere Harry per lei era quella di trovare e distruggere finalmente quella setta di folli invasati.

“Loro…cercano una bambina…pensano possa essere la madre di Dio”

 “Che bambina?”

Si maledisse non appena sentì quella domanda. Ricordava bene cosa successe l’ultima volta che raccontò quella storia a delle persone. Ma era la resa dei conti: era il momento in cui capì di essere davvero disperata, era il momento in cui il rancore e la sete di vendetta si palesarono in tutta la loro potenza, abbattendo la ragione lucida. “Alessa!”

L’uomo alzò un sopracciglio. Cybil non seppe interpretare quella reazione. Forse non ci credeva, o forse non aveva capito di chi stava parlando. Forse pensava solo di avere di fronte una pazza. E in fondo come biasimarlo?! Era stato lui stesso a dirle che quella bambina era morta quasi tredici anni prima. Ma Cybil sostenne lo sguardo perplesso dell’uomo…non aveva mai notato come quegli occhi verdi fossero penetranti. Sembrava stesse analizzando direttamente la sua anima.

Poi per un momento lo sguardo sembrò puntare oltre le spalle della ragazza…ma fu talmente impercettibile da diventare in breve un pensiero scacciato.

“Alessa… - riprese l’uomo - …Gillespie?”

Cybil inspirò, ma non emise un suono. Si limitò a fare un cenno deciso con la testa senza mai interrompere il contatto visivo.

L’uomo si rigirò la sigaretta fra le dita e appoggiò i gomiti sul tavolo. Assunse un’aria seria.

“Ammettiamo per un attimo che Alessa Gillespie non sia morta in quell’incendio. Diciamo che potrei crederti perché a dichiarare il decesso è stato Kaufmann, che mi ispira poca fiducia…tu hai parlato di una bambina…ma a occhio e croce questa bambina dovrebbe avere una ventina d’anni!”

Cybil deglutì.

“Inoltre c’è un’altra domanda a cui non riesco a dare una risposta: perché Alessa è con voi? C’entra qualcosa la sparizione della madre 5 anni fa?”

Cybil sorrise…un sorriso di sfida, di rassegnazione, un sorriso che era un azzardo, rispecchiava la sua volontà di tentare il tutto per tutto, e di tentarlo proprio con quell’uomo che ascoltava indisturbato e provava razionalmente a spiegarsi tutto. Ci provava proprio con quell’uomo che le concedeva il beneficio del dubbio davanti ad un’affermazione che avrebbe disorientato chiunque, che avrebbe fatto dubitare delle sue facoltà mentali.

E decise in un solo momento…

 

 

 

 

 

Ne è passato di tempo, non è vero?! Pensavate mi fossi dimenticato della bella poliziotta e della ragazzina indifesa lasciate su un divano tanto tempo fa?! No, signori: riecco la storia After the Darkness, continua ricominciando il racconto dopo il macabro incontro e la fuga improvvisa.

Qualcuno avrà perso la voglia di seguirmi, qualcuno nuovo forse si affaccerà per dire la sua…spero solo di non inciampare in qualche asse di ritorno sul palco della scrittura, che adesso cerca nuovi orizzonti fertili, ma non dimentica le sue origini!

Bentornati a Silent Hill signori, il treno verso l’inferno è pronto a partire

  
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