Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Shifter_    22/01/2016    3 recensioni
Una figura umana in lontananza negli sconfinati campi dai fili d’erba intrisi di sangue all’infuori dalle mura su un cespuglio non lontano da una sequoia elevata che faceva un piccolo alone d’ombra su quella calda giornata, calda perché estate e perché in tempi di guerra contro le creature che avevano soggiogato l’umanità per un secolo. Si trova steso e sanguinante il ragazzo, l’ultima speranza dell’umanità, il suo nome: Eren Jaeger.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io mi preoccupo per te

 
Una figura umana in lontananza negli sconfinati campi dai fili d’erba intrisi di sangue all’infuori dalle mura su un cespuglio non lontano da una sequoia elevata che faceva un piccolo alone d’ombra su quella calda giornata, calda perché estate e perché in tempi di guerra contro le creature che avevano soggiogato l’umanità per un secolo. Si trova steso e sanguinante il ragazzo, l’ultima speranza dell’umanità, il suo nome: Eren Jaeger. Era supino con l’addome ferito, la divisa dell’Armata Ricognitiva strappata e l’attrezzatura malfunzionante. Il suo sguardo puntava il cielo e gli occhi smeraldini guardavano con malinconia mista a rabbia le nuvole.

“Sono debole”

Furono le parole pronunciate dal castano in quel frangente dove le forze lo stavano abbandonando. Lui di norma non era un soldato che si arrendeva facilmente e spesso la sua impulsività prendeva il sopravvento a vedere i giganti, gli assassini di sua madre. Già...Eren e tutti i suoi amici avevano il sogno della libertà, una libertà paragonata a delle ali con le quali fuggire dal regime di terrore dei titani. I passi dei giganti nelle vicinanze erano sempre più intensi e per quanto fossero stupidi, non appena avrebbero visto Eren lo avrebbero divorato. Ma quei passi che sentiva...non erano di un gigante e una figura femminile gli si avvicinò e con una voce molto preoccupata e premurosa rimbombò nella testa del giovane in fin di vita.

“Eren! Eren! Cosa è successo?!”

Con le mani sulla bocca corse accanto al castano molto preoccupata. Ma cos’era successo esattamente quel maledetto giorno...torniamo indietro di qualche ora. Il cielo era limpido nessuna nuvola. Il distretto di Trost era in fermento e tutti gli abitanti intasavano le strade e i vicoli. Il motivo era uno solo: era il giorno della sessantesima spedizione fuori dalle mura, ed era passato molto tempo dalla cinquantanovesima poichè i danni provocati dall’Armata Ricognitiva nel tentativo di fermare la furia del Titano dalle fattezze femminili rivelatasi poi Annie, compagna di addestramento di Eren. I mesi seguenti occupò l’Armata ad intensi addestramenti per un motivo che per molto tempo fu tenuto all’oscuro molto probabilmente per non spaventare le reclute (non subito almeno): dalla cima del Wall Rose fu avvistato un covo di titani o una sorta. L’intelligenza di queste bestie era stata davvero sottovalutata...La parata di questa spedizione fu solenne e al capo della fila di soldati a cavallo capeggiava il comandante Erwin Smith e il caporale Rivaille. In mezzo alla fila di settantacinque soldati vi erano i primi dieci classificati del 104° Corpo di Addestramento dunque anche Eren Jaeger e Mikasa Ackermann. Non nascose a se stesso di essere molto nervoso in quel momento e si strinse la chiave al petto ripetendo dentro di se:

“Li ucciderò tutti...e riprenderemo la nostra dignità”

Al solito la ragazza corvina per quanto esternamente risultasse molto rilassata e fredda, dentro di sè era molto preoccupata e l’aria di tensione che si era formata tra le file dell’esercito non aiutava a calmarla. Lei era forte e riflessiva....ma Eren? Per quanto al quinto posto tra i primi dieci classificati non aveva ancora fatto fuori neanche un gigante. Sentiva la necessità di parlargli.

“Eren? Calmati, respira profondamente” accorse la mora come se avesse telepaticamente capito come si sentisse Eren

“Euh? Cosa? Cosa hai intenzione di dimostrare…” rispose il castano leggermente irritato “so perfettamente che rischio stiamo correndo. L’unica che si preoccupa troppo sei tu qui”

“Io mi preoccupo per te” il tono rassicurante di Mikasa colpì ancora

“Tsk...Anche troppo”

Al che Eren si voltò verso il portone con indifferenza. Eren era particolarmente serio poichè la spedizione si sarebbe svolta nel Wall Maria, nelle vicinanze di Shigashina (ancora territorio dei titani) sua terra natia e fallire davanti al fantasma di sua madre sarebbe stata un enorme umiliazione. Mikasa si ridusse ad abbassare lo sguardo sprofondando nella sciarpa rossa.

“Senti perdonami...sono particolarmente incazzato come al solito...ma di più” il castano si riferì alla corvina ma dovette tornare sull’attenti stringendo le briglie del suo purosangue.

La calma venne interrotta dall’urlo del comandante che annunciò l’inizio della spedizione e l’imponente portone si spalancò e i guerrieri galopparono in sella al loro cavallo dirigendosi fiduciosi all’esterno. Eren fu assegnato all’ala destra e Mikasa al centro dunque furono divisi, e destabilizzò la ragazza non poco. Un’ora dopo la situazione era stabile, neanche l’ombra di un gigante e gli impavidi soldati marcati con le ali della libertà marciavano in direzione del covo: era costituito da una grossa incavatura in una montagna. Sull’entrata vi erano teschi di animali e umani anche se i titani non si vedevano...erano probabilmente dentro la caverna chissà...Nel frattempo Eren concentrato al massimo con la mano sinistra sempre sulla cintola dove estrarre i fumogeni nel caso avrebbe incontrato un titano. Si tormentava la chiave che aveva al collo, il simbolo che rappresentava che lui era l’ultima speranza dell’umanità. Il castano abbassò lo sguardo deconcentrandosi totalmente sul percorso da seguire verso dove tutti i suoi compagni marciavano. Era immerso nei suoi pensieri più reconditi

“Ma se tutti mi considerano importante...perchè sono così debole? I miei amici fanno progressi e io...non so neanche trasformarmi correttamente. Che vita di merda…”

Rifletteva tra sè e sè. Nel frattempo tra le file centrali, Mikasa stava galoppando, al contrario di Eren, focalizzandosi solo sui giganti. Si autoconvinceva suo malgrado che il castano, anche senza la sua supervisione, non avrebbe riscontrato problemi. Poi...dopo un quarto d’ora, l’inaspettato: un fumogeno nero proveniente dall’ala destra scoppiò nel cielo. L’ala destra era stata bersagliata da un quindici metri particolarmente pericoloso: camminava su quattro arti, quasi strisciava e saltò addosso ai poveri soldati da dietro un albero. La morte sopraggiunse in un istante a molti di quelli e i sopravvissuti fuggirono dirigendosi verso il centro della formazione: ormai la missione del covo era saltata, bisognava battere in ritirata. E per quanto qualche impavido avesse tentato di ferirlo fu tutto vano. Ma Eren? Eren si ritrovò da solo davanti a un gigante anomalo che lo puntò e caricò verso il castano.

“Eh?! Maledetto!! Ora o mai più...e potrò riscattarmi!”

Con tutta la determinazione in corpo, Eren, premette il grilletto che attivava gli arpioni del Movimento tridimensionale per sferrargli un colpo secco sulla collottola. Ma qualcosa andò storto…

“Ahhh!”

Fu l’urlo lanciato da Eren dopo che venne colpito pesantemente da una manata poderosa del titano. Sanguinante, cominciò a strisciare senza direzione finchè non trovò davanti a sè un albero gigante e ombroso: il suo fiato si faceva pesante, e dopo essersi accertato che il gigante lo avesse lasciato perdere, abbassò lo sguardo al livello della zona addominale e una ferita profonda fu la prima cosa che vide: la mano intrisa del liquido rosso tremava e in mano reggeva la chiave della cantina. Piangeva silenziosamente. Nel frattempo la corvina fu spaventata per il fumogeno nero visto dalle file centrali e fregandosene di tutto e tutti fece inversione verso l’ala destra nonostante i rimproveri del capofila.

“EREN!!!”

La voce disperata di Mikasa si fece sentire per chilometri e continuava a seguire quella stella nera portatrice di morte. Giunse sul posto quasi subito dato che sforzò il cavallo alla massima velocità continuando a urlare il nome del ragazzo. Sentì un pianto leggero e capì subito.

“Eren! Eren! Cosa è successo?!”

Con le mani sulla bocca corse accanto al castano molto preoccupata. Non appena trovò il moro supino e in condizioni pietose si mise le mani nei capelli e cadde in ginocchio davanti al fratello adottivo.

“E-Eren...i-io...non me la potrò mai perdonare. Come ho potuto?!” Mikasa non resse e buttò la testa nell’incavo della spalla del ragazzo.

“M-Mikasa?! Non voglio più sentire que-quelle stupide parole dalla tua bocca!” replicò Eren

“Ma io...non voglio perderti a causa mia..”

“Smettila di dire cazzate e ascoltami!” il bruno urlò con il poco fiato rimasto “La colpa è della mia debolezza”

“N-No tu…”

“Lo sai benissimo anche tu! Non ho mai ucciso un gigante in vita mia...ho promesso tanto ma nulla ho portato a termine”

Mikasa, per quanto odiasse sentire quelle parole del castano, sfoderò un piccolo sorriso bagnato dal pianto e guardò in faccia il giovane.

“Smettila”

Una sola parola che valeva più di mille parole. La corvina prese le mani sudice di sangue del castano.

“Tu hai fatto tante cose per me. Mi hai insegnato a non mollare mai, mi hai insegnato a reagire. Mi hai insegnato ad avere un sogno e perseguirlo…”

Il castano improvvisamente non sentì più dolore e con le lacrime (di commozione) agli occhi si avvicinò di più al pallido volto dell’amica.

“E queste cose non sono da poco! Smettila di sottovalutarti!! Io non voglio metterti il fiato sul collo...”

E qui una piccola pausa

“...Solo...io mi preoccupo per te” dunque si tolse la sciarpa, cosa che faceva quasi mai, e gli avvolse l’addome per dargli il primo soccorso. E Eren in preda alla commozione si lanciò in un forte abbraccio al collo dell’amica

“Grazie Mikasa...sei speciale...sei la persona che si è curata di me più di tutti in questi tempi bui...ti adoro!”
Mikasa sfoggiò uno dei suoi bei sorrisi e asciugò le lacrime sue e quelle del ragazzo alzandogli il viso da sotto il mento. Lo doveva ammettere: era molto carino.

“Su...su...abbiamo ancora, un obbiettivo da portare a termine e non ci arrenderemo! Come tu mi hai sempre insegnato”

La mora le prese la chiave della cantina tra due dita in mezzo all’incrocio di sguardi degli occhi azzurri della mora e smeraldo del moro. Il castano di tutta risposta fece una faccia determinata al massimo.

“Bravo Eren...tu non sei debole. Tu riporterai la libertà all’umanità. Ti voglio bene”






 
   
 
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