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Autore: Hopeless20    23/01/2016    0 recensioni
Quando una ragazza si trova a combattere con la tristezza cosa è giusto che faccia? Può la cosa sbagliata diventare giusta? Il difficile cammino di Jessica che si ritrova a combattere, per cercare di uscire dal suo stato di tristezza perenne. Non sempre c'è un motivo per cui il cuore perde la gioia di vivere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1

Sono triste, questa è l’unica sacrosanta verità, io sono triste, mi sento sola in mezzo alla folla, mi sento sola con i miei compagni di classe, mi sento sola con le mie amiche, mi sento sola con il mio ragazzo. Non mi sento amata nè apprezzata, eppure non dovrebbe essere così. Non ho una vita perfetta, ma chi ce l’ha? Vista da fuori la mia dovrebbe apparire quantomeno soddisfacente: ho una famiglia che mi adora e mi permette tutto, buoni voti, due migliori amiche che mi sostengono, un migliore amico che mi prende sempre in giro e un fidanzato che a detta sua e a detta di tutti mi ama. Allora perchè non mi sento amata? Per questi motivi adesso sto camminando verso lo studio di una psicologa. Ho trovato il suo indirizzo su una guida internet per trovare psicologi nelle vicinanze della propria abitazione, le ho scritto una mail con quanto ho riportato prima e oggi venerdì, mi ha dato un appuntamento. Sono le 16.00 e sono arrivata in perfetto orario come al solito, detesto i ritardi. Busso al campanello, mi viene aperto subito. Mi accomodo in quella che credo sia la sala d’attesa, purtroppo non ci sono giornali, ma ho il telefono con la mia musica, così posso distrarmi. La mia attesa dura poco. Da una porta in fondo alla stanza esce una ragazza sembra abbia pianto, ma ora sorride, dietro di lei esce la psicologa, non è come me l’ero immaginata: ha i capelli lunghi e di un bel castano ramato, gli occhi azzurro mare, un naso un po’ lungo, ma dritto, e piuttosto alta direi dato che porta scarpe da ginnastica ed è di una buona spanna più alta della ragazza; indossa una tuta azzurra, forse i vestiti informali mettono a proprio agio i pazienti. Non riesco a sentire cosa si dicono la ragazza e la dottoressa sembra si stiano salutando con la promessa di rivedersi. Chissà quante sedute ha già fatto questa ragazza, o magari era la prima volta anche per lei. La vedo che si avvia all’uscita, dalla porta vetrata si intravede una figura, c’è qualcuno ad aspettarla:  sono una donna e un ragazzo giovane, penso della mia età, credo che siano la madre e il fratello, no ho sbagliato sono la madre e il fidanzato, la ragazza gli ha stampato un bacio sulla bocca. È così fortunata ad avere il sostegno delle persone amate; già mi vedo la scena se avessi detto ai miei cari che avevo un appuntamento da una psicologa. Mia madre avrebbe pianto, mio padre si sarebbe chiesto che ha fatto di sbagliato, Davide il mio amico direbbe che gli psicologi non servono a niente e che i poblemi si risolvono da soli, e infine Giacomo, meglio conosciuto come il mio fidanzato direbbe lo stesso e probabilmente mi lascerebbe perchè non sono normale. “Jessica?” è la dottoressa che mi chiama “Sì sono io”. Rispondo. “Accomodati nello studio,”. Mi alzo dalla seggiolina su cui ero seduta e seguo la dottoressa. La stanza in cui entro è vuota c’è solo un lettino nero come quello dei film, una scrivania che sembra un tavolo da ping pong e ai lati due seggiole, esattamente la sedia n°37 di Thonet, ecco cosa mi è rimasto impresso delle lezioni di  storia dell’arte  sull’Art Nouveau. “Siediti pure” mi fa cenno la psicologa mentre anch’ella si accomoda. Mi siedo. “Allora Jessica, ho letto la tua mail, che ne dici di presentarti un po’?”. Oh no eccoci , ma perchè bisogna sempre presentarsi? Come durante le lezioni di lungua straniera, si inizia sempre dalla presentazione (Hi! My name is Jessica, I’m 19 years old eccetera eccetera...).”Buongiorno  sono Jessica, ho 19 anni, frequento il liceo linguistico sono all’ultimo anno, abito a ***, non ho molti amici ma non importa la quantità quanto la qualità, ho un fidanzato che amo...”. “basta così Jessica.”. dice la dottoressa, io mi zittisco. “ Ora mi presento io: ciao, sono la dottoressa Angela Martucci, l’età di una signora, non si dice mai, sono laureata in psicologia, specializzata in sessuologia, ho un marito e un cane, ahimè non ho figli.”. Mi chiedo che senso abbiano avuto queste presentazioni, siamo qui per aiutarmi a stare meglio non per fare amicizia, in ogni caso è lei il medico, quindi tengo le mie impressioni per me. “Allora Jessica, ho notato che nella tua presentazione non hai nominato i tuoi genitori. Sanno che sei qui?”. Ecco adesso come me la cavo? Decido che se questa persona mi deve aiutare, sarà meglio che io le dica la verità.”No, non sanno che sono qui.”. “capisco..”. “ma non si preoccupi, ho un lavoro come baby-sitter, ho dei risparmi, posso permettermi di pagare le sedute...”. la dottoresa non sembra interessata al lato economica della faccenda e non mi lascia finire la frase. “Perchè, non ne hai parlato con i tuoi genitori?.”. “Perchè penserebbero di aver fallito come genitori, già una volta volevano mandarmi da uno psicologo, ma per loro era una minaccia o punizione, non un aiuto.”. “ E perchè volevano mandarti da uno psicologo?”.”Perchè non avevo amici... ma non è perchè ho problemi, solo sono un po’ timida e se non mi piaci a pelle, è difficile che io riesca a diventare tua amica, sono selettiva diciamo così.”. “Capisco.. e questa storia dell’amicizia, chiamiamola così come va adesso?”. Certo che è un po’ svampita, poco fa le ho detto che non ho molti amici, dovrebbe intuirlo da sola no? Rispondo comunque “Beh.. Non ho un gran numero di amici, ma quelli che ho mi vogliono bene, o almeno così pare.”.Dopo un attimo di silenzio la dottoressa sputa un’ovvietà che non avrei compreso se non fossi andata da lei “Sei una persona molto insicura.”. Inizio a sospettare che la laurea in psicologia sia una baggianata, non avevo certo bisogno di un consulto e di spendere i miei risparmi per capire che sono INSICURA. Guardo l’orologio sono passati pochi minuti, dall’inizio della mia ora, vabbè arriviamo alla fine, vediamo che succede. La psicologa riprende “Allora, oltre la scuola hai qualche hobby?". Ancora questo genere di domande, continuo a chiedermi a che servano, comunque rispondo:"Sì amo molto la lettura, e una volta la settimana vado a nuotare in piscina per conto mio.". "Bene!" esclama lei "Il fatto che tu abbia qualcosa che ti appassiona è un'ottima cosa. Che genere di libri leggi?". "Un po' di tutto. Ultimamente mi sono buttata sul genere storico letterario, in particolare sulla seconda guerra mondiale." Mentre parlo mi rendo conto di quanto siano tristi le storie che leggo, forse è per quello che sto così? Esprimo il mio pensiero alla dottoressa. "Jessica, il tuo è uno spunto interessante, ma non credo sia per questo che ti senti così, tuttavia mi aiuti molto tirando fuori le tue idee, poichè il desiderio di stare meglio deve partire soprattutto da te. Avevi già in mente qualcosa per un terapia?". Ok, adesso sono confusa. Non dovrebbe essere la psicologa a proporre una via di guarigione invece del contrario? La guardo con gli due occhi increduli, e lei rincara la dose."Forza, avrai in mente qualcosa, io devo solo aiutarti, ma devi essere tu a trovare una soluzione.". Sto per rispondere che per me ciò che dice non ha senso, ma vengo interrotta dal suono delle campane: sono le 17:00. "Oh il nostro tempo è scaduto, allora Jessica questa prima seduta è gratuita, ma se vorrai continuare il percorso che abbiamo iniziato a tastare oggi, il prezzo sarà di 45 euro a seduta. Solitamente prendo molto di più, ma dato che sei solo una studentessa ti farò questo sconto.". Onestamente non credo di voler continuare le sedute. Se fossero tutte così butterei via solo i miei soldi. Mi limito ad annuire e mormorare un arrivederci. la Martucci mi accompagna alla porta e mi saluta con una stretta di mano. Esco dallo studio e mi accingo a tirare fuori dalla tasca telefono e cuffie per ascoltare un po' di musica mentre torno verso casa. "Andare da quella là non ti aiuterà a stare meglio, fidati.". Sento una voce che mi parla, e appoggiato al muro del palazzo della strada di fronte c'è un ragazzo.
  
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