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Autore: daemonlord89    25/01/2016    0 recensioni
E' un'ossessione, mi perseguita.
Non riesco a scacciarlo dalla mia mente.
Perché? Quali oscuri segreti nasconde il quadro?
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamo Peter Denver.

Un nome come tanti.

Un uomo come tanti.

Mi chiamo Peter Denver e so questa sarà la mia ultima notte.

 

Se avessi saputo cosa sarebbe successo, non avrei mai accettato quel posto alla compagnia assicurativa.

O forse era destino che andasse così. Forse non ho mai avuto una vera scelta.

 

Voglio scrivere tutto ciò che mi è successo in questi ultimi giorni, così che qualcuno legga la mia storia, per quanto incredibile possa essere.

 

Quindici giorni fa ho iniziato il mio nuovo lavoro. Assicuratore, come ho già detto.

Sono entrato nel mio ufficio, ho fatto conoscenza con i colleghi e preso familiarità con le procedure di quella compagnia.

Una giornata intensa, piena di impegni.

Ho infatti dovuto attendere il giorno successivo e un po' di relax tra una pratica e l'altra per accorgermi del quadro.

Una grande tela medievale, appesa alla parete ovest, in quel momento illuminata dalla luce calda del sole.

Mi sono alzato dalla scrivania e mi sono concesso qualche secondo per osservarla.

 

La scena ritraeva un lazzaretto.

Una dozzina di persone in primo piano e molte di più sullo sfondo stavano soffrendo, agonizzando, soccombendo alla Peste Nera.

In mezzo al cortile si ergeva immobile una figura grottesca con un falcetto in mano. La Morte, che attendeva di prendere possesso delle anime di quegli sventurati.

Il quadro aveva una bellezza inquietante ed ero combattuto tra l'ammirazione e l'orrore che quella scena mi procurava.

Mentre lo osservavo mi tremavano le mani e cominciai a sudare. Non capivo per quale motivo, ma ero rapito da quella tela.

Per un attimo ho avuto la sensazione di caderci dentro, di esserne risucchiato.

L'arrivo di un mio collega spezzò quella strana magia ed io, scuotendo la testa come quando ci si risveglia da un sogno ad occhi aperti, ripresi il mio lavoro.

 

Il quadro tornò a tormentarmi di notte.

Non appena chiusi gli occhi, quella sera stessa, a letto, lo vidi nuovamente di fronte a me. Un'immagine troppo vivida per essere un semplice ricordo.

Era come se avesse invaso la mia mente.

Tentai di scacciare quella visione, ma non ci riuscii. Tenni gli occhi aperti per tutta la notte, per timore di rivederlo se li avessi chiusi.

Il mattino dopo, insonne, entrai in ufficio e cercai di non guardare la tela, che però sembrava chiamarmi insistentemente.

 

Domandai a qualcuno dei miei colleghi se conoscesse la sua storia, ma le risposte non furono esaurienti.

Mi dissero semplicemente che si trattava di un oggetto conservato da diverse decine di anni, acquistato in origine dal fondatore della compagnia assicurativa.

Mi misi allora a cercare su internet tutte le informazioni possibili su quell'uomo, senza però trovare nulla di interessante.

Quella successiva fu un'altra notte senza sonno.

 

Nei giorni successivi feci ricerche anche sull'origine del quadro, quasi sperando che ci fossero punti oscuri o inquietanti nella sua storia.

Niente.

L'autore della tela era ignoto ma considerato in ogni caso poco importante per la storia dell'arte e per secoli essa era stata conservata in una piccola chiesa di paese, poi demolita per necessità dello Stato.

Da quel momento aveva fatto parte della collezione di diversi uomini che l'avevano acquistata a poco prezzo e venduta in seguito per ragioni del tutto normali, dal bisogno di denaro al semplice cambio di arredamento.

 

Era un normalissimo quadro, dunque, non diverso dai molti che avevo in casa mia.

E allora perché mi ossessionava così?

Perché non dormivo da giorni a causa sua?

Quelle rare volte che, stremato, sprofondavo nel sonno, lo sognavo e mi svegliavo subito, sudato e tremante.

 

Pregai i miei colleghi di nasconderlo e loro accettarono, mostrandosi preoccupati per il mio stato di salute.

Nemmeno quello servì a niente.

Smisi di parlare con gli altri, chiuso sempre di più nel mio mondo.

 

Ieri, dopo nove giorni mi decisi a tornare ad osservare il quadro. Non me ne sarei andato fino a che non fossi riuscito a scoprirne i segreti.

 

Mi recai nel magazzino dove era stato riposto e lo srotolai.

La vista mi si annebbiava, le mani tremavano incontrollabilmente.

Nonostante tutto, mi feci forza e lo osservai attentamente da cima a fondo.

D'improvviso la verità mi apparve davanti agli occhi. Un particolare che fino ad allora avevo notato solo inconsciamente ora era di fronte a me, chiaro come il sole.

In terzo piano, uno degli uomini ritratti dal pittore, uno dei malati, stava guardando verso l'osservatore, con sguardo implorante.

Quell'uomo aveva il mio volto.

 

Rubai, preso da una follia che non potevo calmare, quella tela. La nascosi in valigia e fuggii dal posto di lavoro senza avvisare nessuno. Non me ne importava più niente.

Appena a casa, mi osservai allo specchio e confrontai il mio viso sbattuto, stanco e circondato da una barba incolta con quello della tela. Era identico, non c'erano dubbi.

 

Ieri notte dormii, per la prima volta dopo così tanto tempo, ma non fu comunque un sonno ristoratore.

Fu in quel sonno senza sogni, infatti, che incontrai la Morte.

 

Aveva le fattezze di quella nel quadro. Gli occhi gialli, malati, erano fissi su di me e il falcetto riluceva alla luce di una luna inesistente.

Ricordo perfettamente le sue parole:

 

-Così come secoli fa mi sei sfuggito, oggi mi hai richiamato a te. Finalmente terminerò il lavoro.-

 

In quell'istante ricordai tutto.

La persona ritratta nel quadro ero davvero io. Avevo vissuto in quell'epoca ed avevo contratto la Peste.

Fui trascinato in quel lazzaretto di cui, improvvisamente, ricordavo ogni anfratto, ad attendere la fine.

 

Ricordo che, quando arrivò il pittore a ritrarre la nostra agonia, desiderai con tutte le mie forze di poter vivere per l'eternità, come avrebbe fatto il quadro che l'uomo stava ultimando.

Non so quale dio o demone abbia ascoltato il mio desiderio, ma la mia anima fu davvero trasportata all'interno dell'immagine, per esserne liberata secoli dopo, in un mondo che non mi apparteneva ma che ho considerato mio fino ad oggi.

 

Avevo dimenticato tutto, ma il destino crudele mi ha messo di fronte alla realtà.

E come creai un canale per la mia fuga, ora ne avevo aperto un secondo, riconoscendomi, attraverso il quale la Morte sarebbe arrivata fino a me, per concludere il lavoro lasciato in sospeso e ripristinare l'equilibrio alterato.

 

Mentre scrivo queste ultime righe sento la porta del bagno aprirsi. E' lì che ho lasciato il quadro ieri.

 

Mi chiamo Peter Denver.

E queste sono le ultime parole che scriverò.

 

   
 
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