Sta succedendo tutto troppo in fretta.
A dir la verità, ho una strana sensazione dentro di me.
“Sana…non morire”.
Questo pensiero cala su di me e in un attimo appaiono davanti ai miei occhi immagini terribili, spaventosi.
Stringo gli occhi, non riesco a sopportare.
“Mamma, tu che mi ascolti, non far morire Sana, non far morire il bambino”.
Devo correre, altrimenti non farò in tempo e probabilmente verrò travolto dai pensieri.
In un attimo spalanco la porta e mi trovo in una stanza. Sono confuso e non riesco quasi a distinguere cosa e chi c’è intorno a me, quando ad un tratto sento una voce:
-Sapevo che saresti venuto!-
E’ lei. Sì, è Sana.
Corro verso di lei e mi accorgo che non è sola.
Sta stringendo tra le braccia un fagottino, mentre delle lacrime di commozione le scendono sul viso.
Mi avvicino a lei e in un attimo capisco che il fagottino che stringe tra le braccia è mia figlia.
-E’ una femminuccia!- annuncia Sana.
Mi avvicino lentamente. Sono intimorito e mi dà fastidio il fatto che un essere così piccolo mi procuri tanta emozione.
Quando vedo il viso che spunta dalla copertina, rimango affascinato.
E’ un miscuglio tra me e Sana!
-Ha i tuoi occhi e i miei capelli- osserva Sana, mentre la sua treccia arriva sul viso della nostra bambina accarezzandole le guance. Sta ridendo. Ha un sorriso meraviglioso.
Non avrei mai immaginato che una bambina così piccola potesse avere un sorriso tanto grande.
Istintivamente allungo una mano e sfioro la sua, è così delicata e piccola rispetto alla mia, dubito che appartenga ad un essere umano.
E’ simile ad un fiore appena sbocciato.
Non sono mai stato così poetico, ma la vista di nostra figlia mi ha fatto cambiare idea.
-Come la chiameremo?- chiedo io, che finalmente ho deciso di proferir parola.
-Sari- risponde fiera Sana –si chiamerà così-
Sari. Che bel nome, sembra adatto a lei.
E mentre sono qui, vicino a Sana e alla piccola Sari, penso a te, mamma, e penso a tutta la mia vita e a come solo adesso capisco il significato della parola “mamma”, capisco cosa significa perdere un figlio.
Io da oggi sono padre, e da oggi penso a te con intensità, penso alla nascita di un figlio, guardo Sari e mi sembra di fare un salto indietro e di guardare me stesso.
Guardo Sana e guardo la gioia di una mamma quando vede nascere suo figlio, allora mi viene in mente il tuo volto che ho avuto la fortuna di vedere in sogno.
Penso che, tutto sommato, la vita è degna di essere vissuta, e in questo momento desidero tanto vivere, vivere solo per vedere questo sorriso per l’eternità.
Sento che adesso nulla mi importa di più della gioia di Sana e della nuova arrivata.
Forse perché la gioia delle persone che si amano rende più felici della nostra stessa gioia.
Sto uscendo fuori, per la prima volta sto stringendo tra le braccia mia figlia, spalanco la porta e io continuo a pensare a te, cara mamma, perché voglio accudire mia figlia come tu avresti fatto con me.
E io so, sono sicuro, che tu mi avresti accudito bene, anche se ho avuto la sfortuna di non poterti mai abbracciare, sento che tutto sommato tu non sei poi così lontana.
Stringo Sari tra le braccia e mi sembra di stringere la tua stessa anima, nostra figlia sembra un angelo.
Allunga le braccia verso di me e sorride, io sorrido con lei e mi preparo per questo futuro da padre, per sempre.
Perché se morirò, almeno so di aver avuto la fortuna di vedere il sorriso di mia figlia, che non dimenticherò mai.