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Autore: Lodd Fantasy Factory    27/01/2016    2 recensioni
Josh sta tornando a casa. Per tutta la vita ha creduto che fosse possibile comunicare col solo utilizzo del pensiero. Telepatia. Ha viaggiato per oltre venti lunghi anni, ma senza alcun successo. Di ritorno a casa, però, un incidente gli cambierà per sempre la vita. Troverà finalmente le risposte che cerca?
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro lettore,

 

Quella che segue è una narrazione che mi piace definire “a scatola chiusa”. L'idea di fondo non mi appartiene. È di Andrea Kondra, Videomaker sassarese. Approfitto di questa breve introduzione per ringraziarlo.

Il solo pensiero di mettermi a lavorare su qualcosa di estraneo alla mia testa, in un genere differente, mi ha divertito. Quindi ho provato a dar vita alla sua “traccia”.

Vi auguro buona lettura.

 

Giovanni Giuseppe Pintore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti abbiamo pensato

di poterlo fare almeno una volta.

Sicuri di aver provato abbastanza?

 

 

 

Il Telepatico

 

 

 

 

Dicembre era un mese che odiava nel profondo. Il freddo veniva giù insieme alla neve, e strisciava sin sotto i vestiti, annidandosi dentro le ossa. Diventava come un terribile fardello, sempre più pesante da portare. Una sensazione a dir poco sgradevole. Avrebbe volentieri fatto a meno di quel periodo dell'anno. Era caratterizzato da tante patetiche e sfavillanti luci, che pendevano da ogni terrazzino, troneggiavano su ogni insegna e dentro ogni dannato appartamento delle città di tutto il mondo.

Josh covava un certo disprezzo nei confronti del natale. Vuoi perché il suo regalo di quando aveva sette anni non fosse mai arrivato, o perché era conscio del fatto che il panzone vestito di rosso fosse una mera montatura, creata a tavolino per mandare avanti una vera e propria industria dei consumi. Nessuna magia.

Eppure, nonostante quei lunghi anni da fuggiasco, lui non aveva mai smesso di crederci. No, non al grassone con la barba bianca, ma al proprio segreto.

Aveva viaggiato in lungo e in largo per oltre vent'anni, lottando con le unghie e con i denti, eludendo chiunque provasse ad additarlo come un pazzo. Pareva essere l'unico a conoscere e a custodire quella preziosa nozione, e nessuno pareva aver la minima intenzione di assecondare le sue teorie.

Era solo.

Che si fottano!” continuò a ripetersi, mentre scrutava fuori dal finestrino del pullman, sovrappensiero. Le luci che riflettevano sul vetro, miscelandosi al paesaggio innevato, rievocavano in lui i ricordi di un passato travagliato, trascorso da vagabondo. Momenti di rara solitudine si fondevano a quelli d'immensa meraviglia.

Era scappato quando poteva dirsi ancora un bambino. Esattamente venti anni prima, quando ne aveva solo undici. I genitori, o gli ipocriti (così come era solito definirli Josh) avevano provato a farlo rinchiudere in un istituto di sanità mentale, quando lui aveva scelto di rivelare il proprio segreto. Sostenevano farneticasse, e che i videogiochi e la televisione avessero contribuito a deviare la sua fragile mente, trascinandolo in un desolante oblio da cui non sarebbe mai riemerso. In poche parole, gli avevano dato del mentecatto.

Da quel giorno aveva deciso di viaggiare da solo, per risolvere da sé quell'enigma che l'intero mondo pareva ignorare, o non voler riconoscere. Al di là di tutte le domande religiose, oltre ogni concezione; oltre la stessa realtà, in fin dei conti. In molti, con cui aveva potuto scambiare qualche chiacchiera, di solito finivano per buttarla sul ridere, citando qualche banale supereroe per chiudere il discorso. Eppure, in più uniche che rare occasioni, c'era stato chi aveva saputo ascoltarlo, e comprenderlo. Una coppia di anziani, ad esempio, che l'accolsero in casa loro a distanza di qualche settimana dalla sua fuga, nascondendolo dalla polizia. Loro credevano a tutto ciò che diceva, e fu sempre grazie ai due che Josh poté poi partire per la sua ricerca, vagando per il globo intero.

Aveva contemplato le meraviglie della terra, conosciuto popoli e culture differenti, sofferto la fame, la sete, il freddo delle montagne ed il torrido caldo dei deserti. Si era approcciato ai problemi della vita, superandoli, ed aveva visto coi propri occhi più di quanto il novanta per cento degli uomini avrebbe mai potuto ammirare del proprio mondo.

Nonostante ciò, però, dopo venti lunghi anni di insuccessi, il suo coraggio era venuto meno. Non si era rassegnato all'idea che fosse possibile, ma doveva arrendersi davanti al fatto che, forse, lui non ne sarebbe mai stato capace, o non sarebbe mai giunto alla fatidica risposta.

Quel pullman era diretto a casa sua, quella vera, immersa nella fredda campagna dove ancora i suoi abitavano. Si chiese se i genitori sarebbero stati felici di riabbracciarlo, o se forse sarebbero potuti morire di crepacuore per il brutto tiro mancino che Josh gli aveva giocato. Di certo avevano sofferto per la sua assenza. L'uomo lo capì solo ora.

Tirò su col naso, prima di soffiare prepotentemente dentro un fazzoletto. Credette di poter perdere anche l'anima con lo starnuto successivo. Il ritorno alle origini, se così poteva definirsi, seguiva una doverosa analisi di ciò che era stato, e di ciò che forse ancora lo attendeva.

Poi, si guardò attorno, sbigottito. Riusciva sempre a meravigliarsi della natura, benché ora i ricordi stessero giocando un ruolo fondamentale sulla sua percezione. La sua indole raminga l'aveva protetto dalla banalità che aveva divorato l'umanità intera: non c'era un passeggero che dialogasse, o che sfruttasse quel povero tramonto per godersi il bianco paesaggio. Se ne stavano come robot, fissi sullo schermo del loro Smartphone, a scorrere la Home di qualche inutile social network.

«E poi sarei io il pazzo» sussurrò.

Il pullman, considerata l'ora ed il periodo, era pieno per metà. C'era gente di ogni tipo, addirittura una zingara che provava a vendere le proprie cianfrusaglie, nonostante le costanti lamentele dei passeggeri.

Se solo non fosse stato raffreddato, avrebbe dovuto fare i conti anche con un discreto tanfo di cipolla ed aglio, un must per un classico viaggio confortevole su di un mezzo pubblico.

Una comitiva di scolari rumoreggiava sul fondo, battendo le mani al ritmo di una tediosa nenia pop del momento. Erano ben convinti che i loro discutibili gusti musicali dovessero essere condivisi col resto della popolazione.

Se solo qualcuno potesse sentire i miei pensieri, ora sembrerei seriamente come il pazzo che hanno provato a farmi apparire: sarei infatti lieto che questo pullman finisse giù per un dirupo. A chi mancherebbe questo patetico vagone di idioti?”.

Non sei pazzo... ma crudele” udì pronunciare Josh da una neutra e tetra voce. Quando si volse sul sedile passeggero che aveva accanto, però, non vide nessuno. Ne fu tremendamente scosso.

Perché hai così poca fiducia negli uomini?” aggiunse di sorpresa.

Era come se quel suono fosse dentro la sua testa, e venisse fuori dai meandri del proprio inconscio. Eppure, qualcosa gli confermava che quelle parole non gli appartenessero. Per lui sarebbe stato molto più semplice intuire le intenzioni della voce, se questa avesse avuto un qualsiasi timbro o tonalità.

Josh rimase interdetto per qualche istante. Quella risposta lo aveva senza dubbio alcuno spiazzato, ed all'improvviso si sentì come impedito nel semplice pensare. Come se d'un tratto non fosse più solo nella sua testa. Ciò non gli impedì comunque di starnutire.

Si volse a scrutare i passeggeri, col volto mezzo coperto da un fazzoletto, mentre si faceva breccia nella sua mente l'idea che quel momento fosse finalmente giunto. La conclusione del suo viaggio: era forse riuscito a trovare ciò che aveva ricercato per tutta la vita, a un passo da casa per giunta. L'ironia della sorte. Forse era vero che, talvolta, ciò che bramiamo ardentemente si trova proprio sotto i nostri occhi, e non possiamo vederlo, ma solo perché crediamo di doverlo cercare altrove.

Rimase impalato a fissare le persone, chiedendosi chi fra loro potesse essere quella giusta. Come avrebbe fatto a scoprirlo?

Perché ostentano fede in qualcosa che non esiste, per quanto assurda. Eppure, non sono capaci di accettare nient'altro che sia diverso” rispose.

Cercò di essere prolisso, ma al solo fine di poter vedere l'espressione del suo interlocutore estraniarsi. Questo, perlomeno, era ciò che capitava a lui.

Non riuscì.

Non siamo tutti uguali... Dovresti saperlo bene”.

Josh si tirò leggermente su da proprio sedile. Cercò ancora il proprietario di quella voce. Realizzò che potesse trattarsi di chiunque. Fece un'amara smorfia.

Chi sei?” chiese poi, tornando al proprio posto. Starnutì ancora.

Non ottenne risposta.

Chi sei?” ripeté.

Regnò il silenzio.

Poi, l'autista fece una brusca sterzata, fra le urla di chi sostava nella parte anteriore del vano. Svariati passeggeri vennero sballottati fuori dai propri posti, prima d'esser sbilanciati in avanti dalla pronta ed improvvisa frenata del guidatore. Un forte scoppio rimbombò nel mezzo. Le ruote, finite sopra una piattaforma in costruzione, erano state perforate dalle sbarre di ferro istallate sul cemento.

«Brutto stronzo!» inveì l'autista, sporgendo la testa fuori dal finestrino, una volta che fu certo d'essere in salvo.

Josh si tirò su. Il tanfo della zingara, che era stata scaraventata nella sua postazione, gli stava rivoltando lo stomaco, benché fosse raffreddato. Cacciò una serie di violenti starnuti. Una volta ripulitosi, si sforzò d'essere civile, e la aiutò a rimettersi in piedi. Le porse poi alcuni dei caduti frivoli oggetti che vendeva.

Tutti, seppur sconvolti, sembravano stare bene. Pertanto, l'autista li invitò a scendere con cautela, accertandosi delle condizioni di ognuno.

«Da paura... ma che è successo, zio?» chiese un ragazzino, con una sigaretta spenta fra le labbra, mentre si tirava su i larghi jeans.

«C'è qualcuno che evidentemente non sa guidare... e poi ci lamentiamo degli incidenti, con certa gente al volante. Farò causa alla società!» minacciò un uomo in giacca e cravatta, che perdeva sangue dal naso, prima di allontanarsi.

«Macché l'autista! È stato un pazzo, vi dico! Ha sorpassato come un matto furioso, dove non poteva! Quasi ci finiva addosso... poteva ucciderci tutti! Arrestare lo devono a quel disgraziato!» rispose un signore anziano.

«L'importate è che stiamo tutti bene, per il Signore. Buon uomo, come si sente?» chiese una premurosa ma gioiosa vecchietta, che pareva aver preso con coraggio l'accaduto.

Josh pensò a quali motivi le fossero mai rimasti per preoccuparsi, in fin dei conti. Aveva già vissuto la propria vita: morire oggi, o fra qualche anno, avrebbe realmente fatto la differenza?

L'autista si scusò ancora una volta, ed annuendo si mise alla radio. Le voci dall'altra parte erano confuse, ma l'uomo pareva essere in grado di capire perfettamente.

«Ed ora?» chiese lo spazientito e brizzolato uomo in giacca e cravatta, guardando l'orologio. «Io ho un appuntamento fra meno di un'ora e mezza. Non posso mancare!».

«Siamo a circa sessanta chilometri dal paese più vicino. Fra poco più di un'ora dovrebbe arrivare un secondo mezzo. Non disperate» rivelò l'autista, provando a tenere quieti gli animi. Si sollevò un fievole brusio. Ma si sarebbe placato ben presto, al primo sbuffo gelido.

Josh non poté fare a meno di guardarsi attorno. Nella sua testa continuava a chiedersi chi fosse il suo segreto interlocutore e, per quanto fosse folle come pensiero, fu grato di quell'intoppo. Avrebbe avuto tutto il tempo di capirlo, sempre che avesse giocato bene le proprie carte.

Se ne stette per un po' sulle sue, poggiato contro il fianco del pullman, a meditare su da chi avrebbe dovuto iniziare a fare le proprie ricerche. Era assorto nei volti dei suoi compagni di sventura, per cercare la minima traccia che potesse dargli un indizio. Poi, a distanza di pochi minuti, riprovò a cercare quel contatto:

Perché ti nascondi? Hai paura di me?” chiese d'un tratto. “So di essere insistente... ma ti ho cercato per tutta la vita. Sapevo di non essere pazzo... di non essere solo. Tu non sei curioso di conoscere la verità?”.

Solo dopo aver riflettuto su quanto avesse appena detto, Josh realizzò che il suo discorso sarebbe potuto risultare vagamente inquietante, se udito da altri, degli sconosciuti. Pareva il segreto super cattivo di qualche serie sui supereroi. Ed era arrivato a pensarlo persino lui.

Era stato insistente, e fuori luogo.

Decise così che avrebbe trovato il suo telepatico senza l'ausilio di quella capacità. Con le giuste domande, forse sarebbe riuscito a venire a capo del mistero. Si sentì rinvigorito, pieno di energie: aveva ritrovato se stesso, e lo scopo a cui aveva votato la propria intera esistenza.

Fra quei volti, individuò presto alcune personalità che ritenne interessanti, e ne escluse delle altre.

Il primo che considerò fu l'autista. Poco dopo quel dialogo telepatico il pullman era uscito fuori strada. Poteva essere un caso, ma forse l'uomo era troppo attento a quel che si stavano dicendo. Non aveva più risposto perché indaffarato a risolvere il problema.

La coppia di anziani. Entrambi condividevano l'età a loro vantaggio. Forse, col passare degli anni, uno dei due aveva saputo sviluppare quella capacità. Poteva forse definirle le parole di un saggio, quelle che gli erano state rivolte. Rimase interdetto.

Ed infine l'uomo d'affari. Gli dava molto su cui riflettere, con quel suo tentativo di evasione, senza contare che ora stava sul ciglio innevato della strada, in attesa che qualcuno accettasse di dargli un passaggio in città.

Chi aveva escluso sin da subito, invece, era stato il ragazzino, e con lui tutti i suoi compagni. Non riteneva che il carattere di nessuno di questi si rispecchiasse in quelle parole, e neanche il livello di intelligenza.

Non riteneva affine neanche la zingara, considerato che a stento riusciva a parlare la loro lingua. Come avrebbe mai fatto a sostenere un dialogo simile? Fatto il punto della situazione, decise di agire.

Passeggiò con aria disinvolta sino al ciglio della strada, dove l'uomo d'affari era intento a menare il pollice in direzione di qualsiasi veicolo che veniva verso di loro. La natura umana voleva che a nessuno importasse del pullman fermo. Proseguivano, magari rallentando per tentare di capire quanto fosse accaduto, prima di ripartire a tutta velocità. Certo, qualcuno si fermò, ma fu chiaro che la sua direzione non coincideva con quella dello sfortunato passeggero.

«Sai... per lo Stato, l'autostop è illegale» esordì ironicamente Josh, con un ghigno divertito stampato sulle labbra.

«Peccato non lo sia anche il farsi i cazzi degli altri» lo spiazzò l'uomo, vedendo l'ennesima auto proseguire. Poi, si accese una sigaretta.

Josh fece per voltarsi, ma qualcosa, forse il bisogno di raggiungere il proprio obiettivo, lo portò ad insistere: «Questo appuntamento è davvero tanto importante?».

«No, in realtà mi sto cagando addosso... Certo, pezzo d'idiota! La mia carriera dipende da questo dannato affare. Ma dubito che tu possa sapere di che parlo, visto come te ne vai in giro, conciato in quel modo ridicolo. Che sei, un barbone?» lo insultò, sbuffando una nuvola di fumo verso di lui.

Josh starnutì. Strinse i pugni. Sentì il viscerale desiderio di colpirlo dritto sulla faccia. Poi, ingoiato il rospo, proseguì:

«Potresti chiamare un taxi, invece di lamentarti».

L'uomo d'affari lo guardò di sottecchi. Aspirò a lungo, bruciando la sigaretta. Sospirò un cono di fumo. «Che fai, mi prendi per il culo? Ci metterà all'incirca quanto lo stramaledetto pullman di supporto, e non posso aspettare!» sbraitò tirandogli contro il mozzicone della sigaretta. «Perché non ti butti in mezzo alla strada, piuttosto. Forse qualche idiota deciderà di fermarsi! In alternativa, potrebbe metterti sotto, e ci guadagnerei comunque. Pezzente!» lo insultò agitando la valigetta, quasi stesse pensando di calarla sulla testa di Josh.

Il giovane a capo del gruppo di ragazzini, simulò lo schiocco di una frusta. «Ti ha proprio sciolto, fratello!» esclamò battendo il cinque ad un amico che sedeva li accanto. «Sfigato!» belò il resto della compagnia.

Josh sorrise. Aveva ormai fatto il callo a quel genere d'insulti. Li aveva sentiti spesso ferirlo nell'orgoglio, umiliarlo. E, se all'inizio reagiva a suon di pugni, aveva imparato ad andare oltre, a crescere. Per quanto chiunque, al suo posto, avrebbe spinto l'imbecille in mezzo alla strada, affinché riuscisse a prendere finalmente un passaggio. Quello per l'obitorio.

«Tu vergogno, sionior. Vergogno!» intervenne la zingara. «Tu no ha da ascoltare. Tu bravo ragazzo. Mondo pieno de imbescille».

«Tornatene al tuo paese, lurida!».

«Grazie. Ma non ho bisogno che nessuno mi difenda» rispose Josh, facendole il rude cenno di smettere di seguirlo. Si poggiò contro il fianco del pullman. Incrociò le braccia al petto.

Poco dopo, sarebbe stato lo stesso autista ad affiancarlo. Gli porse una sigaretta. Josh scosse il capo. Starnutì.

«Salute. Lascialo perdere, quello lì. Prima o poi certa gente si prende quel che si merita» affermò, lasciandosi poi andare ad una goffa risata. «Ti sei fatto male? Dico... poco fa».

«No, no. Grazie» rispose guardandolo negli occhi. Erano di un nocciola intenso, sorridenti. Avrebbero messo chiunque di buon umore «Bella sterzata. Mai pensato di entrare nel mondo del Rally?».

«Qualche volta, lo ammetto. Ma mi piace questo lavoro. Sai... parlare con le persone, vedere posti. Si vivono più avventure al volante di un pullman che in qualsiasi altro impiego, credo. Vedi oggi» gli confidò l'autista, dando un paio di forti pacche alla carrozzeria del veicolo.

Josh si lasciò sfuggire un ghigno divertito. La domanda migliore che avrebbe voluto fargli gli era stata servita su un piatto d'argento: «Capisco. In fin dei conti, capita anche a me, a volte sembra di poter parlare con le persone tramite la mente. Anche se non si sa con chi si sta comunicando. Giusto?».

L'uomo aggrottò le folte e bianche sopracciglia.

«No. Ancora non ho i super poteri!» la buttò sul ridere. «Forse è meglio così, ti dico. Sapessero certe cose che mi passano per l'anticamera... non so se capisci quel che intendo!» gli disse, ammiccando con lo sguardo verso una bella donna che stava parlando al cellulare. Sogghignò divertito. «Però, col trascorrere dei giorni, impari a capire le persone al volo. Vedi il ragazzino che non timbra, la signora che vorrebbe chiedere aiuto con la spesa, qualcuno che non sa bene dove scendere. Vedi la tristezza negli occhi di un giovane che crede di aver perso tutto, o quella di un uomo che non sa come campare la propria famiglia. Oppure la fastidiosa felicità dei ragazzini che rientrano a casa dopo la scuola, o quella di una signora che racconta del nuovo nipote che le è nato. C'è sempre una nuova storia da ascoltare, e qualcuno che ha bisogno di essere ascoltato. La tua qual è?».

«Oh, non mi crederebbe...» rise Josh.

«Mettimi alla prova!» disse l'autista, ma subito dopo venne chiamato alla radio. Aggiornamenti sul mezzo inviato.

L'uomo ne approfittò per farsi vicino al gruppo di anziani, che erano saliti nel veicolo per proteggersi dal freddo. Prese posto accanto a loro. La conversazione nella quale si stavano intrattenendo aveva a che fare con quel che si trovava nelle vicinanze prima dei tempi moderni, di cugini in comune e di vecchi ricordi.

Alla fin fine, i due si erano incontrati anni addietro, in circostanze a Josh sconosciute. Andavano piuttosto d'accordo, e lo avevano coinvolto nel discorso rassomigliandolo per aspetto ad un lontano amico, un certo Lance.

«Stavi tornando a casa, giovinotto?» gli chiese la signora.

«Giovinotto... ho trent'anni» rispose alzando le sopracciglia.

«E cosa sei, allora? Vecchio? Ho quasi settant'anni. Che dovrei dire? Giovane sei giovane... finché non diventi vecchio!».

Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, e Josh si lasciò contagiare.

«Hai l'età di mio figlio minore. Fa il bibiliotecario in centro... Eh, era anche pissicologo. Ma non l'hanno preso, che erano troppi» disse l'anziano.

«Anche di mia nipote. Una bella donna. Ma ti abbiamo interrotto; cosa stavi dicendo, caro? Allora, andavi a casa?».

«In realtà.... sì. Ma ho cambiato idea. Sono partito inseguendo un sogno... e stavo tornando perché credevo fosse svanito. Invece, poco prima dell'incidente, ho scoperto che così non è».

«Brutta storia, quella dei sogni. Crescendo, però, ti accorgerai che sono solo fumo negli occhi. Pensa a vivere la vita, ragazzo. È l'unico sogno da cui dovremmo non volerci svegliare mai! Ma il Signore ci chiamerà prima o poi... dobbiamo vivere quel che ci resta, senza sprecare tempo!» disse l'anziano.

«Ma cosa dici? La vita è un compromesso! Vivila, ma sogna. Lascia perdere questo vecchietto...» rispose la signora. «I giovani devono sognare... che oggigiorno è l'unica cosa che vi resta!».

«Dalle mie parti si dice: chi vive sognando, muore...Cagà-» apostrofò il finale. «Ascoltami. Mi guardo indietro, ora... e sembra che la vita sia scivolata via come sabbia fra le dita. Non inseguire i sogni... se è destino, sarà!» ribadì il vecchio.

Josh annuì. Rimase ad osservare i due battibeccare gioiosamente, sinché non trovò il coraggio di defilarsi. Si poggiò ancora una volta contro la fiancata del pullman. Era scuro in volto.

Tutto ciò che aveva udito in quel moribondo pomeriggio lo stava travolgendo. I presenti erano riusciti ad abbatterlo, a farlo dubitare. Si chiese se non si fosse inventato quella risposta per la paura di tornare a casa. Per il timore di dover affrontare le conseguenze delle sue scelte.

Sono un codardo?” si chiese.

«Prende bracciale» gli disse la zingara, poggiandone uno sul suo avambraccio. Era verde, il colore della speranza.

«No, grazie. Non compro niente» tentò di levarsela di torno una seconda volta, sbuffando. Starnutì, in aggiunta.

«No paga. Questo è regalo. Tu prende» insistette la donna.

«Grazie... ma no. Non li utilizzo. Tienilo» provò a togliersi dall'impiccio Josh. Detestava quelle situazioni imbarazzanti, ed avrebbe volentieri preso in prestito l'atteggiamento dell'uomo d'affari in quel momento.

«Sa cosa dice di noi? Tu no da ascolto? Noi va maledire!» protestò la zingara.

Josh deglutì. Stette zitto ed annuì, sconfitto.

La fortuna volle che, prima di proseguire la conversazione, il pullman di ricambio giungesse in suo soccorso. Il clacson avvisò tutti di scansarsi dalle vicinanze.

Salì per ultimo.

Notò che altri passeggeri avevano approfittato della corsa straordinaria. La sfortuna di alcuni aveva costituito la fortuna di altri. Sedette nella stessa zona del precedente mezzo, ma nella fila opposta. Rimase assorto nei propri pensieri.

Non ti ho trovato... ho fallito?” disse nella sua testa, a distanza di trenta minuti dalla partenza del mezzo.

Forse non hai saputo guardare bene. Ti lamenti, ma sei parte del problema” rispose la voce.

Josh sgranò gli occhi. Avrebbe voluto alzarsi e guardare uno ad uno i passeggeri negli occhi, ma aveva incassato abbastanza insulti per quel giorno. Era spossato, disilluso. Si era arreso all'idea che sarebbe rimasto solo un vacuo vaneggio.

Cercò quasi di sfuggire a quel dialogo, come se le parole dell'anziano l'avessero toccato nel profondo. I sogni sono un ostacolo alla vita: questo era ciò che voleva dire, in un certo senso. Una vita che per trent'anni aveva lasciato scivolare via alla disperata ricerca di qualcosa che, anche se fosse riuscito a trovare, avrebbe saputo solo dargli ragione. Ma era ciò che voleva? Avere la certezza avrebbe reso la sua esistenza soddisfacente? Oppure sarebbe stato assalito dal senso di inutilità, non avendo più niente per cui continuare ad esistere?

Ad un passo dalla verità, vacillò.

Non sei più interessato a parlare? Dopo tutto lo sforzo che hai fatto per cercarmi” insistette l'ignoto telepatico.

Credo di non essere più pronto” rispose Josh.

Pronto per cosa?”.

Sapere... Dopo questa risposta, c'è l'ignoto”.

Questo ti spaventa?” chiese la voce.

Josh si prese del tempo. Per quanto provasse a riflettere, era come se qualcosa gli impedisse di farlo. La causa era il legame telepatico, ne fu certo.

Sì” ammise, poi.

A chi non fa paura, la vita? Tutti gli uomini ostentano sicurezza, anche se non sanno realmente dove stanno andando. Chi potrebbe, dopotutto? Non illuderti che qualcosa di straordinario accadrà alla tua esistenza, se ciò che fai non è altro che rincorrere quel momento, o attenderlo immobile. Devi far sì che esso venga da te, e non viceversa. Infrangi ogni barriera... perché probabilmente non sei ancora chi pensi di essere. Niente è mai come sembra a prima vista”.

Ora devo sapere, però. Prima che questo pullman giunga a destinazione, dimmi chi sei!” implorò Josh.

Questo cambierebbe qualcosa? Non è sufficiente la nostra conversazione?”.

Ho bisogno di vedere, per capire”.

Il pullman si fermò, dopo quarantacinque minuti di viaggio. Quel dialogo telepatico era durato più a lungo di quanto si fosse aspettato. Per il breve istante della sosta l'uomo fu in grado di ritornare a pensare, come se quel legame mentale si fosse sciolto.

Riprendi in mano la tua vita. Questo è il vero segreto. A che ti serve dialogare nella mente, se non sei capace di parlare con chi ti sta attorno? Chissà, forse un giorno ci rivedremo... Addio”.

Josh sgranò gli occhi.

Il pullman ripartì.

L'uomo gettò uno sguardo verso la banchina di sosta: vide alcune persone che erano già sul mezzo disperdersi, ma una era rimasta immobile, e lo salutava con un cenno della mano, mentre con l'altra sosteneva un cesto con futili cianfrusaglie: era la zingara.

Josh rimase interdetto. Poi starnutì.

Rifletté a lungo per il resto della tratta. Pensò a quanto fosse stato stupido a credere che un tale potere potesse essere limitato dalle barriere linguistiche, e a quanto fosse stato superficiale nel proprio pregiudizio. Niente era come sembrava, sul serio.

Lui aveva giudicato, così come sempre era stato etichettato da tutti per la sua scelta, per ciò in cui credeva.

Alla fine della corsa, avrebbe compreso il senso del suo infinito vagabondare, di quel viaggio, di quella fuga. Fuggiva da qualcosa a cui nessuno poteva sottrarsi: la vita.

 

 

 

 

Fine.

   
 
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