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Autore: Anna3    28/01/2016    1 recensioni
Ed eccomi di nuovo qui per il compleanno di Ashley. Questa volta, il nostro caro bassista si troverà a dover sgomberare il sottotetto della sua ex casa... Cosa vi troverà?
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashley Purdy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I lived

Osservo la casa dal vialetto: non la ricordavo così. Quando ero bambino e abitavo qui con i miei genitori, l'intonaco era rosato e le persiane verde scuro. Mi piacevano molto per il fatto che la mia casa si distingueva subito da quelle del vicinato che erano tutte bianche e nere. Ora invece, la casa è uguale a quella dei vicini e il gazebo in cui solitamente si riuniva la mia famiglia non c'è più.
Chiudo la macchina e mi avvicino alla porta della mia prima casa.
Suono il campanello argentato (almeno quello è rimasto uguale) e alla porta mi apre una bambina di circa sette anni. Forse è la figlia della donna che mi ha chiamato per dirmi di svuotare il sottotetto.
La saluto cordiale:
“Ciao! Sono Ashley. Mi potresti chiamare tua mamma?” chiedo sorridente.
La bambina arrossisce e chiede:
“Sei il mio nuovo papà?”
Il suo nuovo papà?
“No” le rispondo “Sono l'ex proprietario di questa casa. Tua madre mi ha detto che ha trovato alcune cose che mi appartengono qui e mi ha chiesto se le rivolessi” le spiego.
“Peccato” dice “Sei molto carino come papà. Un po' inquietante, ma se avessi un padre come te, i bulli a scuola non mi prenderebbero più in giro sicuramente” dice triste.
“Hey” le sorrido rassicurante e mi inginocchio per mettermi alla sua altezza “Stai tranquilla, non devi ascoltarli. Quelli sono solo invidiosi di ciò che sei. Prova ad essere forte con loro, ma sopratutto, non permettergli di metterti i piedi in testa. Ama ciò che sei e sii orgogliosa del tuo essere te stessa”.
La bambina mi guarda ammirata e intanto arriva sua madre. Strano, pensavo fosse più vecchia: avrà all'incirca 25 anni.
“Karen, è arrivato il nostro ospite?”
“Sì mamma” risponde la bambina “è questo ragazzo” dice indicandomi.
“Buongiorno signora” saluto la donna “Sono Ashley Purdy e sì, sono io l'uomo che ha chiamato. Sono venuto a sgomberarle il sottotetto, così non avrà più questo problema”
“Grazie” dice cordiale la donna “La accompagno di sopra”.
Mi invita a seguirla e io entro in casa. Karen chiude la porta e torna in soggiorno, mentre io e la donna percorriamo l'intera casa, fino ad arrivare nel sottotetto.
La donna mi indica gli scatoloni che non le appartengono:
“Questi immagino siano suoi o della sua famiglia; in ogni caso li lascio a lei. Le consiglio però di darci un occhiata: magari dentro ci sono cose come pannolini e altre cose mie” dice sorridendo.
Sorrido “Certo grazie” dico e lei esce.
Apro gli scatoloni e dentro vi trovo molte cose appartenenti ai miei genitori: degli album di foto, una macchinetta fotografica, dei disegni chiaramente fatti da un bambino e dei libri.
Apro un album: dentro ci sono le foto dei miei genitori da ragazzi. Lo sfoglio e mi rendo tristemente conto che mi ero quasi dimenticato i loro volti; sono stati cancellati da quelli dei miei amici, dei miei fan e da molti altri. Ecco la cosa peggiore della morte di qualcuno: perdere i ricordi con esso.
La morte è un istante e la nostra mente è così effimera da scordare persino le persone a noi più care. Inizio a sfogliare tutti gli album e mi trovo a invidiare quel bambino che non capiva nulla della vita, la vita fatta di dolori e gioie.

Dopo aver svuotato tutti gli scatoloni per assicurarmi di non rubare nulla, trovo, sul fondo dell'ultimo scatolone, una lettera e un lettore cd.
Sulla busta della lettera c'è scritto il mio nome. La prendo in mano e la apro curioso: la lettera risale al primo febbraio 1984, cioè quando ero appena nato. C'è scritto:

“Caro Ashley,
come posso esprimere ciò che ti voglio dire? Non riesco davvero a trovare le parole giuste. Dirti che ti voglio bene e che sei stato una delle cose migliori della mia vita è banale e scontato.
Ma un modo c'è per fartelo capire: come sai, ho sempre amato la musica e sono sempre stata abbastanza brava a cantare, quindi, vicino a questa lettera troverai un lettore con un cd con una sola canzone. Spero che ciò che canterò sappia farti arrivare fino al cuore ciò che ti voglio dire.
Lo so che non è un granché come lettera, ma tu mi conosci e sai che non sono brava con le parole.
Ti voglio bene,
la tua disastrata madre”

Mia mamma ha fatto una canzone per me. Non ci posso credere. Prendo il lettore e lo accendo subito. Prendo gli auricolari che ho sempre con me e connetto i due oggetti.
Appena parte la canzone, si sente una chitarra suonare: mio padre. Sono sicuro che sia lui: solo lui ha questo modo tutto suo di suonare la chitarra.
Poi, mia mamma, inizia a cantare:

“Hope when you take that jump,
you don't feel the fall.
Hope when the water rises,
you built a wall”

Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla voce di mia madre e dalla chitarra di mio padre come facevo da piccolo, mentre loro cantavano e suonavano alle feste o a casa. Quanto mi mancano! Vorrei che fossero veramente qui.

“Hope when the crowd screams
they're screaming your name.
Hope if everybody runs,
you choose to stay”

Mentre ascolto la voce di mia madre, mi vengono in mente le immagini dei miei concerti, dove tutti urlavano i nostri nomi e tutti quei momenti in cui mi facevo forza dopo una caduta. Penso alla nostra band, a come siamo riusciti a diventare famosi nonostante nessuno abbia mai creduto in noi e a tutte le vicissitudini per far capire chi siamo.

“Hope that you fall in love
and it hurts so bad
the only way you can know
you gave it all you had.
And I hope that you don't suffer,
but take the pain.
Hope when the moment comes,
you'll say...”

Quanto vorrei ci fossi stata anche tu mamma, quando la mia ragazza mi ha scaricato: mi sono sentito così male per giorni! Ma niente di paragonabile a quando ho avuto la commozione celebrale: ho fatto preoccupare moltissimo tutti i miei amici e io stesso potevo sentire la morte che mi passava vicino e mi consigliava di raggiungere quella luce calda e accogliente. Però… Non potevo abbandonare così tutti i miei amici e coloro che credono in noi.

“I, I, I
I did it all
I, I, I
I did it all
I owner every second that this world could give
I saw so many places, the things that I did.
Yeah, with every broken bones,
I swear I lived”

Sorrido: sì, mi piacerebbe molto dirlo un giorno. Per questo cerco di cogliere ogni secondo della mia vita e godermelo fino in fondo, anche se alcuni mi credono pazzo.

“Hope that you spend your days
And they all add up.
And when the sun goes down
hope you raise your cup.
I wish that I could witness
all your joy and all your pain.
But until my moment comes
I'll say...”

Per la prima volta dopo molti anni inizio a piangere. Vedo tutte le immagini della mia vita, ogni singolo momento e sentimento. Capisco che anche lei è stata fiera di ciò che è stata, anche se anche lei veniva presa in giro perché la sua famiglia era povera.
Quando la canzone finisce, sento la voce di mia mamma che mi dice una cosa:
“Non smettere mai di credere in te stesso e di fare ciò che ti rende felice. Sono certa che sei una persona fantastica. Ti voglio bene”.
Sorrido e smetto di piangere. Sì mamma, lo farò. Nessuno soffrirà più per le prese in giro dei bulli, perché ci saranno i Black veil brides e la loro musica a consolarli.
Sono talmente assorto nei miei pensieri che non mi accorgo che è arrivata Karen, la bambina che ho appena conosciuto.
“Hai finito?” chiede. Poi, guardandomi bene, chiede:
“Hai pianto? Ti sei fatto male?”.
Io sorrido e scuoto la testa “No, sto bene. Ora metto tutto a posto” le rispondo, mettendo tutto dentro i due scatoloni in fretta.
Scendo velocemente le scale con gli scatoloni in mano inseguito da quella bambina. Quando arrivo alla macchina, lei mi è ancora dietro. Metto nella macchina gli scatoloni e poi mi viene un'idea.
“Voglio farti un regalo” le dico e prendo il nostro cd di ''Set the world on fire''.
“Questo cd l'abbiamo inciso io e alcuni miei amici. Quando ti senti giù, ascoltalo e ti tornerà il sorriso” le dico sorridendo.
“Quindi sei famoso?” chiede la bambina spalancando gli occhioni azzurri stupefatta.
“Più o meno…” le rispondo inserendo un foglietto appena scritto da me nella custodia del cd.
“Grazie” dice con un sorriso a trentadue denti “Mamma ti saluta, è occupata col giardinaggio e ora non può venire”.
“Ringraziala da parte mia” dico “E ora vado” concludo salendo nella mia nuova auto.
“Ciao Ashley!” mi saluta.
“Ciao” dico facendole l'occhiolino e metto in moto.
Chissà, forse un giorno ci incontreremo nuovamente...


 

… Karen apre la custodia e prova a decifrare la calligrafia di Ashley:
“Non smettere mai di credere in te stessa e di fare ciò che ti rende felice. Sono certo che tu sia una bambina fantastica. Ashley”.
La bambina sorride. Quel ragazzo le stava simpatico… Anche se aveva il viso un po' da donna…


 

Angolo dell'autrice:
Ed eccomi qui di nuovo con l'ennesima fanfic per il compleanno di Ashley. Come al solito, questo è il mio modo per celebrare il suo compleanno. E niente, spero vi sia piaciuta. Recensioni sempre gradite!
Ciao!

Anna3

P.s. Per favore, non vogliatemene se ho preso questa piccola licenza poetica: la canzone "I lived" è degli One Republic e non è mai appartenuta alla mamma di Ashley (che tra l'altro, non so nemmeno se le piace cantare). Vi consiglio di ascoltarla se non la conoscete è carina sia la canzone in sè, sia la storia che c'è sotto.
Detto questo, vi saluto!

   
 
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