FORGIVENESS
By
Horror_Vacui
Ce
l'aveva fatta e alcuni piccoli tasselli della sua vita esplosa in
pezzi erano tornati al loro posto. Aveva salvato Deaton e lo sguardo
grato e fiero di Scott era stato sufficiente a sopportare il dolore
di quella ferita.
"Ne è valsa la pena", si disse,
sollevando l'orlo della maglia.
Sul fianco, sotto una spessa garza
bianca, c'era il prezzo che aveva dovuto pagare per proteggere i suoi
amici. Il crollo della traballante fiducia accordata al nemico.
Non
era niente, però, in confronto alla sofferenza che si
annidava
dentro di lei.
Sospirò seccata, guardando la propria immagine
riflessa nello specchio del bagno di casa McCall.
Il volto ancora
stanco, gli occhi segnati da occhiaie scure e, fra le sopracciglia,
una ruga difficile da appianare. Non voleva piangere, non era nel suo
stile sciogliersi in lacrime davanti alle avversità, di
solito
preferiva affrontarle a zanne scoperte, ma quella volta era diverso.
Era sola.
Per quanto si sforzasse, inganni e giochi di potere continuavano a esserle estranei. Forse era troppo ingenua per capire fino in fondo le dinamiche di chi era vissuto sempre tra gli umani.
Si morse il labbro, mentre staccava con lentezza il cerotto che copriva lo squarcio lasciato dal proiettile imbevuto di strozzalupo. Faceva ancora male e l'odore le fece storcere il naso.
Abituata
com'era a guarire nel giro di poche ore, non sapeva bene come usare
il disinfettante che Deaton le aveva dato. Era incerta, doveva
metterlo direttamente sulla ferita o sull'ovatta? Andava lavato via
prima di applicare il cerotto?
Lo avvicinò al viso, per leggere
le minuscole istruzioni stampate su un lato della confezione, e nello
stesso istante la porta venne spalancata e qualcuno entrò.
Ne
riconobbe il passo, il profumo, percepì la rapida variazione
del suo
respiro e del suo battito, e non ebbe bisogno di sollevare lo sguardo
per capire chi fosse.
«M-malia...
io... ehm, Scott mi aveva detto che eri andata via» disse a
disagio.
Odiava quell'odore.
«Ah
sì? Strano, perché poco fa mi ha indicato la via
del bagno»
rispose fingendosi distratta, senza staccare gli occhi dal
disinfettante.
Stiles si era allontanato da lei senza darle
spiegazioni, e dopo lei aveva preferito non trascinarlo nel suo
tragico quadretto familiare. Sapeva che prima o poi si sarebbero
trovati da soli, faccia a faccia, anche se non così in
fretta e,
soprattutto, non nel bagno di Scott.
Lui però stava lì impalato,
sembrava intenzionato a restare, ed era preda di così tante
emozioni
che Malia non riuscì più a distinguerle.
«Cosa...
cosa stai facendo?» le disse piano, muovendo altri passi fino
a
raggiungerla.
«Io...» gettò la testa all'indietro e
sospirò
«sto solo cercando di capire come si usa questo»
gli mostrò il
flacone evitando accuratamente di guardarlo.
Stiles
non disse niente, ma le prese il disinfettante dalle mani e
bagnò un
dischetto di cotone.
«No, me la cavo da sola...» protestò
debolmente, mentre lui si inginocchiava davanti a lei.
La ferita
era grande e profonda e lui la valutò con attenzione prima
di
iniziare a pulire il sangue rappreso. Si mosse con calma e
delicatezza, senza toccarla dove non fosse necessario.
Come
un estraneo.
Represse
l'impulso di affondare una mano tra i capelli scuri e perennemente
spettinati, strinse forte i pugni e serrò la mascella,
mentre
ricordi dolceamari riaffioravano facendosi strada tra i pensieri.
La
felicità era un miraggio nella fredda desolazione della sua
vita.
Non aveva nulla a parte se stessa...
«Perché non me ne hai parlato?» le chiese a bruciapelo strappandola ai propri pensieri.
«Non volevo coinvolgere te, né Scott»
«E quindi hai preferito rivolgerti a Theo invece di...»
«Sì,
lui era sacrificabile, ma non credevo mi avrebbe usata. Ero convinta
gli bastasse pensare di avermi separata da...» te
«da Scott e il resto del branco»
«Cosa è successo al deposito?
Sai, con tua madre» si alzò sulle punte dei piedi
per prendere il
cerotto sul bordo del lavandino.
Sua madre, Corinne, la Lupa del
Deserto, sangue del suo sangue. Le parole che le aveva rivolto si
erano impresse a fuoco nella sua mente e sarebbero rimaste
lì per
sempre, una cicatrice impossibile da cancellare.
«Mi
ha accusata di averle rubato i poteri ed era pronta a tagliarmi la
gola, ma c'è stata una strana esplosione, come un urlo
intenso e
prolungato, subito dopo è arrivata la Bestia e il resto
della storia
lo conosci già, quindi...» fece cadere il
discorso. Sentiva un
groppo in gola e temeva di crollare da un momento all'altro, ma non
poteva permetterselo perché non desiderava ricevere
pietà da
nessuno, tanto meno da lui.
Stiles, nel frattempo, aveva applicato
il cerotto e ne appiattì i lembi, sfiorandole la pelle
intorno con
la punta delle dita. Non disse nulla, ma Malia avvertì il
suo cuore
battere più in fretta e il respiro farsi irregolare,
finché non
appoggiò la fronte contro il suo ventre nudo e si
lasciò andare a
un sospiro.
«Mi
dispiace» le soffiò contro la pelle e
depositò un bacio poco sopra
l'ombelico, cingendole i fianchi fra le braccia.
Un brivido le
attraversò la schiena, mentre alcune lacrime pungevano agli
angoli
degli occhi.
Gli carezzò la nuca e Stiles, forse incoraggiato da
quel gesto, si alzò in piedi.
Il suo viso era stravolto, quasi
quanto quello di Malia. Gli occhi lucidi, le labbra arricciate in una
smorfia.
«Tu hai rischiato di morire e io non c'ero, non ero
lì
con te» disse con voce spezzata.
«Stiles...!»
«No, no,
Malia. Io e Scott avevamo dei sospetti, lui ne era quasi certo. Avrei
dovuto badare a te, fermarti prima che fosse troppo tardi. Non
credevo che la Lupa fosse così vicina e ho rimandato per
tutto
questo tempo perché non sapevo cosa dirti. Devo ancora fare
i conti
con la morte di... di Donovan, non c'è attimo in cui io non
mi senta
in colpa, ma ho sbagliato. Con te più che con chiunque
altro» aveva
parlato in fretta, senza pause, come se avesse ripetuto più
volte
quel discorso fino a impararlo a memoria.
Il
suo sguardo agitato continuava a vagare per la stanza, Malia gli
prese il volto tra le mani.
«Non importa quel che è successo, né
se ci sia qualcuno a cui dare la colpa. Promettimi soltanto che non
mi escluderai più così dalla tua vita, senza una
spiegazione o un
motivo valido».
Aveva covato quelle parole per settimane,
immaginando il momento in cui le avrebbe pronunciate e come avrebbe
reagito Stiles. Si era preparata al peggio, ovviamente.
Era
consapevole del fatto che né l'istinto né la
logica giocavano a suo
favore.
Stava ancora imparando a mettere da parte l'istinto, aveva
un carattere difficile e una madre assassina che le dava la caccia,
perché avrebbe dovuto volerla al suo fianco?
Abbassò le mani
sulle sue spalle e gli diede un casto bacio sulla guancia, con la
consapevolezza che non le sarebbe capitata mai più
un'occasione del
genere.
Stiles ebbe un fremito, lo sentì attraversargli il corpo
facendolo vibrare come un corda di violino.
E poi l'attirò a sé
con un'urgenza tale da ferirsi, lei sentì in bocca il sapore
del suo
stesso sangue, ma lui non sembrò farci caso.
Continuò a baciarla,
rubandole ogni respiro, azzerando ogni suo pensiero razionale, fino a
quando, a corto di fiato, non scese giù verso il collo dove
era
ancora visibile il segno lasciatole dalla siringa e ne lambì
i
contorni con indolenza.
Malia si lasciò sfuggire un sospiro e
aprì gli occhi mentre Stiles appoggiava il viso sulla sua
spalla,
stringendola come se potesse sparire da un momento all'altro.
«Mi
sei mancata» le disse e rimasero così, uno tra le
braccia
dell'altra, cuore contro cuore, perdonandosi a vicenda del male che
aveva causato all'altro e a se stessi.