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Autore: rora02L    29/01/2016    8 recensioni
Dicono che, quando si viene traditi, è una sorpresa. Non avremmo mai pensato che quella persona, con cui abbiamo passato tanti bei momenti, ci avrebbe infine traditi. Che stronzata. Uno se lo sente dentro, quando si sta per essere traditi. Così è successo a me. La mia è una storia che ha quasi del surreale e che per questo sembra quasi banale o inventata. Ma andiamo con ordine, altrimenti non capirai nulla di tutto questo. Io sono Lucrèce e ho venticinque anni. Tra tre settimane mi sposo. O almeno, così pensavo. Prima di scoprire il tradimento di François, il mio fidanzato. E me lo sentivo che mi stava tradendo. Era come avere un brivido ad ogni sua risposta fredda, solitamente via messaggio. Perché quel vigliacco non ha avuto nemmeno la forza di parlarmi né di decidere tra me e lei.
Partecipa alla sfida su FB "Sfida: Una idea, diversi autori" di Christine Carter. La mia consegna era una storia che parla di un tradimento, dal punto di vista del tradito e del traditore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Est-ce que tu m'aimes?

 



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A pranzo ero da sola, quel giorno. Mio fratello doveva finire le lezioni per le quattro ed i miei genitori sarebbero tornati verso le sei a casa, giusto in tempo per preparare qualcosa per cena. Quindi il pranzo lo avrei consumato da sola.
Ma avevo compagnia, in un certo senso: il mio ragazzo mi aveva chiamata. Mentre giravo la pasta nella pentola, gli domandavo se era libero questo fine settimana. Mi rispose che venerdì finiva di lavorare tardi in azienda, che sabato aveva preso un impegno già con un suo amico che non vedeva da tempo e che forse domenica avrebbe trovato un modo per vederci, dopo cena. Non ero entusiasta all’idea, perché lunedì avrei avuto lezioni all’università. Così decidemmo di saltare.
Nessun problema, fin qui. Finché non mi parlò di una sua vecchia compagna delle superiori che gli aveva chiesto di prendere un caffè, tra amici. Sobbalzai, stringendo i denti per il fastidio. Gli chiesi subito di lei.
Mi disse che si chiamava Marguerite e che non la trovava molto attraente, ma frequentando anche lei il suo corso di ingegneria civile si erano ritrovati. Non mi aveva mai parlato prima di questa ragazza. Ma mi fidavo ciecamente di lui e gli dissi che, se ci teneva così tanto, poteva andare tranquillamente e poi mi avrebbe raccontato del caffè.
Contento per il fatto che non mi ero arrabbiata né avevo fatto una scenata di gelosia delle mie, François mi lasciò al mio pranzo in solitaria.
Accesi la tv, per cercare di non pensare alle parole del mio ragazzo. Su Real Time facevano un programma assurdo, “Alta infedeltà”. Tradimenti coniugali di ogni tipo, con svariate tecniche e sotterfugi da romanzo rosa. Ridacchiai, pensando che nessuno sano di mente farebbe una cosa del genere. Se non ami più la tua partner, basta dirglielo in faccia e mollarsi, no? Semplice.
Pare però che non sia così.

~

La guardai ancora una volta, confuso da me stesso. Perché avevo quello strano desiderio? Perché ogni volta che ero con lei, pensavo di provare qualcosa di più che semplice amicizia? Non doveva essere così.
Stavo con Lucrèce da quando avevamo sedici anni. Lei era la mia migliore amica, la mia confidente e la amavo davvero. O almeno così credevo, non ci capivo più niente.
Abbassai il capo, tirandomi un po’ i corti capelli bruni riccioluti. Sospirai, guardando la mia amica in volto. La trovavo bellissima e desiderai baciarla. E nemmeno il pensiero della mia dolce Lucrèce mi fermò. Lo feci.
Solo dopo mi accorsi di essere appena entrato in un tunnel.
Questo casino è solo colpa mia.

~

“Avrei dovuto amarti,
ma ho visto il rovescio,
Ho strizzato gli occhi,
non eri più la stessa
Io ti amo ?
Non so se ti amo
Tu Mi ami ?
Non so se ti amo”

Tre settimane. Erano tre settimane che non uscivamo insieme. Trovava sempre una scusa per evitarmi. Gli chiesi cosa avesse, perché non riusciva a trovare del tempo per me. Mi rispose che era a causa degli esami e del lavoro. “Ah, però del tempo per andare a prendere un caffè con Marguerite lo avevi trovato!?” ribattei, infuriata, stringendo ancora di più il cellulare.
“Non sono uscito nemmeno con lei, Lu! Devi credermi, è solo una cosa temporanea… ti prometto che questo fine settimana ci vedremo” riprese lui, cercando di calmarmi. Ma io non ne potevo più di quel suo comportamento: “ Tu mi hai promesso tante cose, François! Io… non ti riconosco più!”
Spensi la chiamata, gettando il cellulare sul mio letto e gridando per sfogarmi: “Fanculo!”
Mi buttai anche io sul morbido materasso, ricoperto dal piumone e da una copertina con due gattini bianchi su uno sfondo rosa. Sospirai, guardando il soffitto color panna.
Mi chiesi cosa stesse accadendo tra noi due. Eravamo sempre andati d’accordo, ci eravamo sempre detti tutto e lui faceva sempre i salti mortali pur di vedermi, anche solo per un'ora.
Perché invece adesso accampava mille scuse? Me lo sentivo che non era né per gli esami, né per il lavoro e nemmeno per quell’influenza che diceva di avere. I miei occhi si appannarono, riempiendosi di lacrime che versai sulla calda e morbida copertina infantile che copriva ancora il mio letto.
Serrai i denti e borbottai tra me e me: “Stronzo. Stronzo. Stronzo! Se scopro cos’hai in mente… giuro che ti ammazzo!”
La verità era che reagivo così perché ero io quella che sarebbe morta, se avessi scoperto che François non mi amava più. Perché io avrei dato l’anima per lui.

~

“Mi dispiace tanto, tesoro… - mi prese per mano, accarezzandomela dolcemente- non volevo farti soffrire. Anche per me è stato brutto starti lontano in questi giorni. Perdonami.” Mi guardò con i suoi occhi color nocciola e vidi del sincero dispiacere. Lo perdonai, senza pensarci su troppo, perché volevo e desideravo con tutta me stessa che quelle parole fossero vere.
Lui sospirò sollevato e mi sorrise, chiamando poi il cameriere di quel locale in cui mi aveva portata per quella sera, per farsi perdonare. Ma c’era dell’altro.
Mangiammo con appetito il filetto di manzo con patate e mi domandò se gradivo una fetta di torta al cioccolato. Io inizialmente rifiutai, ma lui insistette: “Dai, facciamo una fetta a metà, amore!” Mi fece l’occhiolino e non seppi resistere.
Appena arrivò il dolce, impallidii. Sul bordo del piatto di porcellana c’era una scritta fatta con della cioccolata fusa che diceva: “Vuoi sposarmi?” ed accanto un cuoricino. La fetta di torta era impreziosita da un anello, adagiato su un batuffolo di panna montata. Iniziai a balbettare, confusa. Il primo pensiero fu che quel piatto non era destinato a me, ma ad una qualche ragazza fortunata.
Ma il sorriso radioso del mio ragazzo mi diede l’ultima conferma: era per me. François si alzò dalla sedia, prese l’anello dalla fetta di dolce e si inginocchiò davanti a me. Stavo per piangere e non sono una che si commuove facilmente.
Lui mi guardò dritto negli occhi, emozionato quasi quanto me: “Lucrèce, amore mio. Stiamo insieme da molti anni. Tu ormai sei diventata uno chef a tutti gli effetti ed io il prossimo mese mi laureerò. Ho già trovato un impiego qui vicino. L’unica cosa che potrebbe rendere la mia vita ancora più perfetta, sarebbe averti come moglie… - iniziai a piangere per la felicità, facendo colare del mascara nero sulle mie guance rosse- vuoi sposarmi?”
La risposta fu immediata, accompagnata da un sorriso radioso: “Sì.”
Risposi senza riflettere, senza dire che avrei avuto bisogno di tempo per pensarci o cose simili. Perché lo amavo, incondizionatamente.

~

“Eravamo cosi tanto complici, abbiamo spezzato i nostri complessi
Per farti capire dovevi solo da alzare un ciglio
Solo alzare un ciglio”

Pensavo che, dato che portavo quel fardello chiamato “fidanzamento”, i dubbi sui miei reali sentimenti fossero svaniti. Mi bastò passare una serata con lei per farli risorgere. O uscire fuori dal loro nascondiglio, non saprei.
Forse la verità era che non se ne erano mai andati, ma ero io a volerli ignorare. Baciai un’altra volta quella ragazza dai capelli neri e lisci, così diversi dai riccioli biondi della mia amata Lucrèce.
Mi specchiai in quegli occhi scuri e languidi, totalmente differenti dai verdi e pieni di amore e affetto della mia fidanzata. Ma non mi importava in quel momento.
Non riuscivo a pensare ad altro che alla morbidezza di quelle labbra scarlatte, per niente uguali a quelle di Lucrèce, sempre leggermente smangiucchiate dal suo solito nervosismo. Non mi rendevo conto che pensavo a tutte quelle differenze perché, in realtà, amavo davvero Lucrèce.
Non mi resi conto che, baciare quell’altra ragazza, era un terribile sbaglio. Conoscevo ogni increspatura della mia fidanzata, ogni espressione, ogni modo di dire ed ogni difetto. Dicevo di disprezzarli, che avrei voluto smettesse di mettersi quell’ombretto pieno di brillantini o quei tacchi a spillo che non riusciva a portare. La verità era che amavo con tutto me stesso tutte quelle cose.
Perché, in cuor mio, sapevo che lei le faceva solo ed esclusivamente per me. Ma ero troppo cieco per capirlo.

~

“Che cosa?!” esclamò la mia amica Elise, mentre praticamente sputava il suo tè. Le avevo appena comunicato il mio fidanzamento ufficiale con François.
Non mi aspettavo certo che avesse una reazione simile, ma mi dissi che era perché non se lo aspettava di certo. Anche io ero rimasta sorpresa, quando si era inginocchiato davanti a me con quell’anello in mano e con le dita ancora sporche di panna.
Elise mi guardò poi coi suoi occhi di ghiaccio: “Sei sicura che sia la scelta giusta?” Io le risposi quello che pensavo: stavo con lui da anni, ci conoscevamo bene e lo amavo con tutta me stessa. Avevamo entrambi un lavoro o almeno lo avremmo avuto a breve, anche in zona. Qual era il problema?
La mia amica mi disse solo: “Vieni. Ho bisogno di parlarti in privato … in questo bar c’è troppa gente.” Ci alzammo dalle sedie in ferro battuto stile liberty di quel bar in centro a Parigi e ci allontanammo. Fu allora che successe. Elise mi bloccò mentre stavamo passando per il ponte sulla Senna e mi raccontò ciò che non avrei mai voluto sapere, ma che dovevo sapere.
Inizialmente non trovava le parole, poi sospirò e decise di dirmelo in fretta, come quando si toglie un cerotto: “François ha una relazione con mia sorella Beatrice. Credevo che sarebbe stata una cosa passeggera, dato che loro sono amici da molto… ma mi sbagliavo. Lei crede che François voglia mollarti. E… pare che lui non abbia alcuna intenzione di sposarti. Non ti ama più.”

~

“Mi avresti trovato noioso se ti avessi amato a tuo modo
Se ti avessi amato a tuo modo”

Lo colpii forte, con un bel ceffone, tanto che mi fece male anche la mano. Dico anche perché avevo il cuore a pezzi. “Con quale coraggio osi presentarti in casa mia!?” gridai, tra le lacrime. Questa volta di pura rabbia e delusione. Lui aprì la bocca per parlare, ma non volevo sentire altre bugie. “Vai via. Subito!” ordinai, indicandogli la strada. François allungò una mano verso di me ed iniziò a parlare dicendo il mio nome, ma io mi voltai, ferita a morte.
Non volevo più vederlo. Come aveva potuto farmi questo? Sapevo che tra lui e Beatrice c’era un rapporto speciale, essendo amici fin dalle superiori e condividendo passioni come il tiro al bersaglio o i film d’azione. Ma non avrei mai immaginato che mi tradisse con lei, che era anche una mia cara amica.
Era stata proprio Beatrice a presentarci, alla festa di compleanno della sorella. Ricordo come fosse ieri quella serata. Festeggiavamo i diciotto anni di Elise. Io, Beatrice e François ne avevamo sedici. Beatrice ci presentò.
Rivedo ancora il suo sorriso gentile, i suoi capelli mossi sbarazzini e quegli occhi bruni dolci. Era vestito come un vero gentiluomo, in giacca e cravatta. Mi aveva poi chiesto di danzare con lui ed io, seppure timidamente, avevo accettato. Non avevo mai avuto un ragazzo ed il mio primo bacio aspettava.
Non mi fece niente, ma sentirmi cullata tra le sue braccia era piacevole. Nonostante la canzone fosse moderna, noi stavamo ballando un dolce lento, con passi che nessuno dei due comprendeva. Mi innamorai di lui piano piano, ma profondamente.
Quando seppi del suo tradimento nei miei confronti, il mio cuore perse un battito ed una parte di me morì. Questo bel ricordo, che tenevo nel petto come un gioiello, si tinse d’inchiostro, nero come l’odio e la rabbia cieca che provavo per lui. E pensare che … volevo sposarlo. Renderlo l’uomo della mia vita, donandomi completamente a lui come non avevo mai fatto.

~

“Per non farti soffrire bastava che io dicessi "ti amo"
Mi fa male farti male, non ho mai sofferto così tanto
Non ho mai sofferto così tanto
Quando ti ho messo l'anello al dito, mi sono messo le manette”

Mi rigiravo tra le dita quell’anello, che era stato nel suo anulare per troppo poco. Sospirai, ricordando il primo regalo che le avevo fatto: una collana con un ciondolo a forma di cuore, in stile liberty. Oltre che un’amante della cucina d’alta classe, lei è anche una appassionata d’arte.
Ripensai anche al nostro primo appuntamento, in cui mi ero offerto di portarla ad una mostra d’arte di Picasso, uno dei suoi preferiti.
Era stato lì che, davanti ad un quadro dai colori rossi e rosa, l’avevo baciata per la prima volta. Non era stato un gesto meditato, non sapevo nemmeno se l’amavo davvero. Sentivo sintonia, certo, e non era la prima volta che stavo con lei solo. Ma quel giorno, nel silenzio della galleria d’arte, l’avevo baciata di getto.
Lei era rimasta immobile, sorpresa dal mio gesto improvviso. Allora mi ero avvicinato nuovamente a lei, le avevo accarezzato il volto e, guardandola negli occhi, le avevo chiesto il permesso di rifarlo senza usare la voce. Lucrèce aveva solamente chiuso gli occhi. La baciai con più dolcezza e lei rispose timidamente, premendo le sue labbra scarlatte contro le mie. Già allora erano morsicchiate, ricordo bene il leggero retrogusto di sangue. Ma adesso pagherei per risentirlo.
Mi misi a piangere, nel buio della mia stanza, stringendo in mano quell’anello carico di promesse e sogni, quasi ad imprimerne la sagoma nel mio palmo. Lucrèce, perdonami.

~

“Ho ritrovato il sorriso quando ho visto la fine del tunnel
Dove ci porterà questo gioco di maschio e femmina?”

Non ci posso credere. La vedo qua, davanti a me. Coi suoi boccoli biondi, gli occhi verdi spenti dal dolore e dal pianto, ed addosso ha un delizioso abito giallo con del pizzo floreale bianco ai bordi.
Sorrido, pensando che l’ultima volta che l’avevo vista indossava un pesante maglione rosa cipria. Era inverno, allora. Adesso è estate.
Lucrèce mi fissa, aspettandosi qualcosa. Inspiro, cercando di calmarmi. Infilo la mano nella tasca dei jeans grigi dove tengo i biglietti per la mostra di Matisse, che si svolgerà tra poche ore nella stessa galleria dove ci eravamo baciati anni prima. Li estraggo e glieli porgo. Lei li prende in fretta, quasi scottassero, per poi esaminarli, con uno sguardo indagatore. Quasi cercasse un qualche segno di inganno. Ma non voglio più ingannarla, né ferirla. Ci siamo fatti del male a sufficienza.
“Pensi che questi risolveranno ogni cosa?” mi domanda arrabbiata, scuotendo i biglietti al vento. Scuoto la testa: “Ti chiedo di poter ricominciare. Anche da zero, non importa. Non volevo ferirti. Non volevo nemmeno perderti. Sono stato stupido e… non commetterò mai più lo stesso errore. Questi mesi senza di te, mi hanno fatto capire quanto sei importante. Avrei voluto vederti alla mia laurea. Ti immaginavo al primo banco, mentre mi sorridevi incoraggiante. Eri sempre la prima persona che volevo chiamare appena mi svegliavo e prima di andare a dormire. Stare senza di te è stato terribile. Mi ha fatto capire quanto ti amo. Dammi una seconda possibilità, Lucrèce. Ti prego.”
Mi guarda impassibile. Sembra non voglia rispondermi. Abbasso il capo, passandomi una mano sulla fronte e temendo il peggio: l’ho persa. Questo è ciò che penso. L’ho persa per sempre.
“Dimostramelo…- mi guarda dritto negli occhi, altera e fiera- dimostrami che mi rivuoi con te davvero. E che farai qualsiasi cosa per riprendermi. Ma ti avviso: non mi fiderò più di te come prima. Non so quanto tempo ci vorrà prima che io… possa amarti come prima.” Annuisco, capendo benissimo la situazione. Mi avvicino a lei, la prendo per mano e le infilo l’anello, sussurrando al suo orecchio: “Questo ti appartiene. Non è mai stato di nessun altra. E come lui, anche il mio cuore. Non ha mai amato nessun altra. Perdonami… Lucrèce, tu mi ami?”
Lei spalanca la bocca, in cerca di una risposta. Ma la richiude subito, non trovandola. La guardo negli occhi smeraldini, cercando di trovare una sfumatura che mi riveli i suoi sentimenti. Nulla. I miei occhi si riempiono di lacrime, come hanno fatto in questi ultimi mesi, a causa del dolore e del rimorso. Li asciugo con un braccio, cercando di riprendermi.
Non posso biasimarla se non mi ama più come prima. Io stesso, alcune volte, mi odio per ciò che ho fatto. Ho tradito la fiducia dell’unica persona che sarebbe venuta a prendermi anche all’Inferno. La prova è che, dopo tutto questo, mi sta dando una seconda occasione per amarla come avrei dovuto. Le porgo il braccio, chiedendole gentilmente, con un sorriso abbozzato sul volto: “Andiamo?”

 

~

“Tu Mi ami?
Non so se ti amo...”

Scosto lo sguardo dal quadro multicolore, sentendo gli occhi bruni di François puntati verso di me. Quando li incontro, mi limito a dire con un tono basso, ma stizzito: “Dovresti guardare il quadro. Siamo qua per questo.”
Lui sorride, con quel suo tipico sorriso sghembo. Lo odiavo, perché sembrava sempre che mi prendesse in giro quando compariva sul suo volto. Ora non più, perché mi era mancato.
François risponde a bassa voce, con una nota sensuale: “Non siamo qui per questo.” Mi bacia.
Senza darmi modo di replicare o di oppormi. Ma chi voglio prendere in giro? Ho gli occhi chiusi. Non appena le mie labbra hanno incontrato le sue, le mie palpebre si sono abbassate e la mia bocca ora preme contro la sua. I miei occhi cercano di non piangere, ma qualche lacrima sfugge al loro controllo. Le mani di François si posano una sul mio volto e l’altra tra i miei capelli. So che gli piacciono tanto.
Allungo la mano destra timidamente, sentendola tremare, finché non tocco la sua guancia, pungente a causa della leggera barba. Mi era mancato tutto questo. Ogni cosa. François si allontana dal mio volto e lo scruta poi, in cerca di qualche mio segno di rabbia o dispiacere, lo noto dal suo sguardo preoccupato. Ma vede solo le mie guance arrossate ed i miei occhi liquidi.
Apro la bocca e, in un sussurro, confesso un segreto: “François… io detesto Matisse.”




Metto qui il link della canzone da cui ho preso ispirazione e di cui ho messo alcune frasi tradotte: https://www.youtube.com/watch?v=3GJ5FqHIFso
Il banner inserito NON è fatto dalla mia testolina incapace di cotanta bellezza, ma dalla gentilissima Balder Moon *^* (io l'ho appena assunta, è MIA!) XD
  
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