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Autore: Mine_11    29/01/2016    0 recensioni
Tradita dalla sua famiglia, Liya dovrà imparare a sopravvivere. Vedrà per la prima volta con i suoi occhi com'è il mondo al di fuori delle quattro mura e scoprirà il suo destino.
Arrendersi o lottare?
Vivere o morire?
Cosa sceglierà di fare Liya?
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Primo

«Principessa, siete sveglia? La colazione è pronta».
Fujiko bussò alla porta in legno bianco, non ricevendo però risposta. Preoccupata, entrò nella stanza vuota e silenziosa. Le coperte erano stropicciate, l'anta dell'armadio socchiusa e le ciabatte rosa erano state abbandonate ai piedi del letto.
Della principessa nessuna traccia.
Possibile che, una ragazza dormigliona come lei, si fosse già alzata?
Non erano nemmeno le dieci.
Si richiuse la porta alle spalle e percorse il lungo corridoio, il rumore dei tacchi che rimbombava tra le pareti. Provò a guardare se la principessa si trovava in biblioteca dato che sapeva benissimo che era il suo posto preferito, ma stranamente non la trovò. Passò dal salotto alla cucina e infine nel grande giardino.
Sentì due risate soffocate.
«Principesse!» sbottò Fujiko, posando le mani sui fianchi.
Dietro a un cespuglio comparvero due teste: la prima, quella a destra, aveva i capelli rosso fuoco che le solleticavano le spalle e un paio di occhioni viola, mentre la seconda portava i capelli arancioni e due occhi azzurro vetro.
«Ci ha beccate» rise la bambina dai capelli rossi.
«Principessa Liya, di grazia, venga via da quel cespuglio. Non vede che sta' sporcando tutto il vestito» la riprese la domestica, tirandola per un braccio e alzandola. «Vostra madre vi sta aspettando nella sala da pranzo. Lo sapete che non sopporta i ritardi» le lisciò il vestito bianco, sistemando le grinze che si erano formate.
«Scusa Fu. Volevamo solo giocare. Ultimamente ci vediamo poco» disse lei, lanciando un'occhiata alla sorella.
Fujiko sospirò e sorrise. «Mi inventerò qualcosa allora. Ma solo per questa volta che sia chiaro».
Gli occhi innocenti di Liya s'illuminarono di gioia. «Grazie, grazie!» e l'abbracciò.
«Adesso però andiamo. Principessa Alaja» si rivolse all'altra bambina. «è pronta?».
Alaja aveva 13 anni, era tranquilla e posata, invece Liya aveva 11 anni ed era allegra e vivace. L'esatto opposto, insomma. I ricevimenti e le lezioni che dovevano frequentare le tenevano separate e questo le costringeva a uscire di nascosto, a infrangere le regole più importanti. A colazione erano rare le volte che si vedevano, a pranzo e a cena non era concesso parlarsi.
Quindi, quale altra scelta avevano?
Fujiko sapeva bene che loro facevano tutto quello solo per passare il tempo come due vere sorelle, però dovevano regolarsi.
Alaja annuì e si scostò una ciocca di capelli dal viso. A lei piaceva essere ordinata e mettersi in mostra davanti alla madre. Non dimentichiamoci che una delle due potrebbe salire al trono, un giorno. Se c'era una cosa che voleva assolutamente era un fidanzato fedele e serio. La madre le aveva detto che ci sarebbero volute ancora altre quattro settimane. L'idea la spaventava ed emozionava al tempo stesso. Non le piaceva il fatto che tutte le sue amiche ne avessero uno e lei no.
Fujiko condusse le due sorelle nella sala da pranzo dove, accomodata a capotavola, c'era una donna. I capelli -identici a quelli di Alaja solo un po' più chiari- erano legati in un elegante cipolla alta e il ciuffo tenuto a bada dalle mollette fatte di pietre preziose. Appena la domestica chiuse la grande porta alle sue spalle, gli occhi viola scuro della donna si posarono sulle due bambine.
Freddo era il suo sguardo. Freddo e privo di emozione, capace di paralizzare una persona sul posto.
«Come mai questo ritardo?» chiese, dura.
«E' stata colpa mia» s'intromise Fujiko, facendo un passo avanti. «Mi sono dilungata troppo nelle chiacchiere. Le chiedo scusa» piegò il busto in avanti.
Attimi di silenzio.
Il rumore della sedia che struscia sul pavimento lucido lo rompe, seguito poi dal ticchettio dei tacchi. La donna si avvicinò alle figlie e le guardò dall'alto, come se fossero esseri inferiori prive di valore.
«Io non ti pago per dire bugie, Fujiko, ma per eseguire il tuo lavoro» sibilò. «Visto e considerato che non mi hai mai causato problemi, chiuderò un occhio. Ma da oggi in poi, non dovrai più occuparti di loro» vide un sussulto da parte di Liya. «Puoi andare» concluse, sollevando il mento.
La domestica non ribattè e fece come le era stato chiesto, evitando di incrociare lo sguardo triste di Liya.
Non poteva opporsi. Quello che Lady Nadiya ordinava, andava fatto senza obbiezioni. E se non volevi, ti sbatteva fuori dal castello a calci.
Erano queste le regole.
Quando la porta si chiuse, Lady Nadiya assentò uno schiaffo in pieno viso ad Alaja. «Sei una vera e propria delusione. Come speri di conquistare un Principe se non sai nemmeno rispettare le regole?! Cosa farai al primo appuntamento, eh? Arriverai in ritardo, inventando la prima scusa che ti capita a tiro?» sbraitò, gli occhi incorniciati dalla rabbia. «Queste piccolezze finiranno col distruggerti, perciò vedi di imparare in fretta. Vuoi le cose ancor prima di aver capito come funzionano. Stupida» sputò l'ultima parola con disprezzo. «Da domani voglio il massimo da te. Se farai anche un solo errore, verrai punita severamente» si rivolse a Liya e le puntò un dito contro. «E' colpa tua se Alaja si sta distraendo. Lo vuoi capire? Il tempo di giocare è finito. Stalle lontano».
Questi furono i suoi ordini prima di dar loro spalle e andarsene con l'espressione disgustata. Lady Nadiya non sopporta le imperfezioni; deve essere tutto perfetto, altrimenti non funzionerà mai. Per lei, il potere era vita. Senza quello, non potevi sopravvivere, non eri niente. Voleva insegnare ad Alaja che cosa significasse essere il più forte e prendere in mano le redini dell'intero regno. Aveva grandi aspettative per lei. Non poteva assolutamente permettere che qualcosa andasse storto.


**


Un anno.
Era passato un anno dall'ultima volta che Liya aveva visto sua sorella. Aveva provato ad aspettarla davanti alla porta della sua camera -stando ben attenta a non farsi vedere dalle guardie e domestiche-, ma senza successo. Durante il pranzo e la cena, vedeva sempre il suo posto vuoto e ogni volta che provava a chiedere spiegazioni alla madre, lei la liquidava con un'occhiataccia. All'inizio era convinta che l'avesse rinchiusa nelle segrete, com'era già successo in passato, ed era andata a controllare, finendo col farsi beccare da Fujiko. Dopo lo spavento iniziale, avevano preso a raccontarle che cosa stava succedendo e del motivo per cui era scesa. La domestica aveva sorriso di fronte alla tenerezza della ragazzina, eppure, dentro di sè, sentiva che c'era qualcosa che non andava. Ultimamente le guardie erano raggruppate di più nell'ala ovest del castello, dove c'era la stanza di Alaja e il secondo studio di Lady Nadiya che usava solo se doveva incontrare qualcuno di importante. Insomma: quella era la zona più tranquilla. Le sue colleghe non le parlavano quasi mai e sembravano a disagio e infastidite dalla sua sola presenza. Forse erano convinte che avesse combinato qualcosa di grave, visto che non badava più alle principesse e volevano tenerla alla larga per non avere problemi. A lei, sinceramente, andava bene così. Troppe doppie facce. Adesso, si occupava di pulire la biblioteca e la sala da pranzo e del bucato di Lady Nadiya, il che era una vera rottura dato che lei voleva tutto alla perfezione: le maglie dovevano essere piegate in quattro, senza pieghe e i vestiti dovevano essere appesi in ordine di colore, dal più chiaro al più scuro. Metodi strani a cui ci facevi per forza l'abitudine. La famiglia di Fujiko aveva sempre avuto problemi di denaro e questo li aveva portarti alla rovina: suo padre era diventato un ladro e stava finendo i suoi giorni in carcere, mentre sua madre era morta per via di un tumore. Grazie a una sua amica e a un ottimo curriculum era riuscita a trovare lavoro come domestica al castello. E se voleva vivere, doveva tenerselo stretto anche se era dura. Preferiva obbedire agli ordini di un superiore che abitare sotto un ponte.
Liya conosceva la sua storia ed era per questo che cercava in tutti i modi di difenderla. Non le importava se veniva punita, le bastava sapere che Fujiko avrebbe continuato a restarle accanto. Un pomeriggio di febbraio, dopo che Liya ebbe finito di studiare la Storia in biblioteca, salì le scale fino ad arrivare al secondo piano e aprì la grande porta in legno bianco. Il corridoio era silenzioso: c'erano solo due guardie che erano appostate ai lati della camera di sua sorella.
A questo punto, forse era meglio chiedere. Provare di nuovo non costava nulla.
«Miss» dissero all'uniscono appena si avvicinò.
«Posso sapere dov'è mia sorella?» chiese lei.
Fu l'uomo sulla destra a rispondere: «Spiacente, miss. Ma vostra madre ci ha ordinato di non dirglielo».
Liya si guardò intorno. Eccola: da una piccola fessura sul soffitto era sbucata una lucertola verde che la stava osservando con particolare attenzione. La ragazzina sapeva che lei era occhi e orecchie di sua madre. Se loro avrebbero vuotato il sacco, la lucertola sarebbe andata a riferirglielo.
Maledizione, era ovunque!
Con uno sbuffo fece per andarsene, ma la serratura scattò improvvisamente e la porta cigolò piano. Sull'uscio comparve la figura di Alaja: indossava uno dei suoi abiti preferiti, il che voleva dire che aveva un incontro importante. Il corsetto bianco come la neve le stringeva il petto, mettendo in risalto il seno e i suoi fianchi; la gonna a forma di campana scendeva lungo le gambe, sfiorando appena il pavimento. Alcune ciocche di capelli erano lasciate libere di ricaderle sulle spalle e lungo il collo, mentre le altre erano raccolte in una cipolla alta. Era diventata più alta e più bella; il trucco la faceva sembrare più matura e adulta. Spalle dritte e testa alta, Alaja fece un inchino e la sorella la imitò.
«Non ci si vede da un po', eh» commentò Liya.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese Alaja.
Il suo tono freddo e distaccato non passò inosservato.
«No, io... volevo soltanto sapere come stavi e chiederti se più tardi volevi fare una passeggiata con me in giardino» spiegò, sentendosi a disagio dalla sua freddezza.
«Passeggiare?» inarcò un sopracciglio. «Non sei cambiata affatto, Liya. Tu pensi solo a te stessa, non te ne importa niente del regno. Prendi sempre tutto alla leggera. Sei una bambina viziata. Se dovessi vivere da sola per una settimana, non sopravvivresti nemmeno un giorno. Invece di andare in giro per il castello a fare l'idiota, perchè non ti metti a studiare? Pensi che passerai tutta la vita a farti mantenere da nostra madre, vero?» una smorfia di disprezzo le dipinse la bocca sottile. «Razza di stupida».
Liya spalancò gli occhi lucidi.
Che fine aveva fatto sua sorella?
Che cosa le era successo?
Era diventata proprio come la madre, dura e distaccata. Non c'era più l'affetto che provava per lei. Non c'era più niente in quello sguardo. La sua più grande paura, alla fine, si era avverata: Alaja si era allontanata da lei.
Per sempre.











N.a:

Ciao a tutti!

Mi sono appena iscritta ed è da un po' che mi frulla in testa questa storia e quindi mi sono detta: perchè non provare?
Spero che siate generosi e che mi farete sapere cosa ne pensate. Ho deciso di pubblicare questa storia perchè vorrei migliorarmi, mettermi in gioco e per farlo ho bisogno dei vostri consigli. Intanto, inizio col ringraziarvi per averla letta. Per me, è già un passo avanti.
Al prossimo capitolo, allora!

~Mine_11




   
 
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